Aerei, l’allarme della Faa: “Piloti pigri e fuori allenamento. Capitani dipendenti dai computer”

18 Dicembre 2013da PIERGIORGIO GOLDONI

Uno studio dell’agenzia statunitense per il volo parla chiaro: la tecnologia e il ricorso ai sistemi di guida automatica stanno erodendo le competenze dei comandanti. Poco reattivi e disabituati a impugnare la cloche, non padroneggiano le ultime novità dell’elettronica di bordo.

C’E’ UN RAPPORTO che, per chi ha paura di volare, rischia di peggiorare la situazione. Altro che smartphone sempre accesi: sono ben altre le preoccupazioni. Si tratta di uno studio, predisposto dalla potentissima Federal Aviation Administration statunitense, che racconta in 277 dettagliatissime pagine come la tecnologia abbia reso i piloti degli aerei poco reattivi. Non solo: i capitani che ogni estate ci portano in viaggio per il mondo sono ormai dipendenti dagli stessi sistemi automatici di cui i loro mezzi sono zeppi e dei quali tuttavia faticano a padroneggiare i più recenti aggiornamenti. Senza contare la massiccia presenza di tecnologia che ormai ha relegato la cloche praticamente ai soli decollo e atterraggio – che sta producendo un effetto deleterio sulle abilità di guida manuale dei velivoli.

Ad anticipare l’inquietante indagine, che sarà diffusa in settimana, è stato il Wall Street Journal. A quanto pare la Faa – che ha preso in considerazione oltre 9mila voli commerciali in tutto il mondo incrociando anche altri elementi come interviste e osservazioni dirette – ha sancito che i piloti stanno pian piano dimenticando come si conduce un aereo senza l’aiuto della tecnologia. Per esempio, “spesso si affidano troppo ai sistemi automatici e possono essere riluttanti a intervenire” o a disattivarli in circostanze rischiose o eccezionali. Quando invece la situazione andrebbe letteralmente presa in mano. Lo studio sottolinea inoltre come alcuni piloti “non abbiano conoscenze sufficienti e approfondite” per tenere sotto controllo la traiettoria degli apparecchi. Sul banco degli imputati diversi fattori che contribuiscono a questa sorta di inatteso digital divide fra le nuvole. Fra i motivi principali  i metodi di addestramento e il poco tempo a essi dedicato”.

Non è quindi una coincidenza che, fra le varie categorie d’incidenti esaminate dalla commissione di 34 esperti che ha compilato lo studio, in quasi due terzi dei casi i piloti abbiano avuto problemi sia nel controllo manuale del velivolo sia nell’uso dei computer di bordo. È il caso, tanto per citare un evento tristemente noto, della tragedia dell’Airbus A330 Air France in servizio fra Rio de Janeiro e Parigi, precipitato nell’oceano Atlantico il 9 giugno 2009. Oppure, fortunatamente con conseguenze assai meno gravi, del Boeing 777 della Asiana Airlines che lo scorso luglio si è schiantato all’Aeroporto di San Francisco in fase d’atterraggio.

Un bel grattacapo, insomma, se si considera che a produrre questa pressione sono proprio quei sistemi che, in fondo, hanno contribuito a elevare ai massimi livelli la sicurezza dei cieli, in particolare negli ultimi decenni. Il fatto è che, come fa notare lo studio dell’agenzia americana, con la sempre maggiore affidabilità dei motori e dei sistemi di gestione del volo, i comandanti impiegano la maggior parte del loro tempo nel cockpit a programmare e monitorare l’andamento di quegli stessi sistemi. Relegando il volo manuale ai pochi minuti iniziali o finali. Tuttavia l’eccessivo affidamento sui computer è stato da anni individuato dalla stessa industria aeronautica come un problema potenziale di portata molto ampia. Come se, spiega il documento, “la definizione delle normali competenze dei piloti fosse cambiata nel tempo“. Oggi il capitano è un manager di sistemi sottoposto a un bombardamento informativo che può condurlo in confusione, verso scelte sbagliate, aggravate dalla scarsa esperienza diretta sui comandi.

Niente paura, però. Nella stragrande maggioranza dei casi i piloti sono in grado di individuare e correggere le eventuali anomalie riscontrate nei sistemi prima che possano produrre conseguenze più gravi. Il vero rischio rimane, come spesso accade anche in altri ambiti, il fattore umano. Per esempio la loro passività, stando almeno a quanto racconta una parte del documento che raccoglie alcune interviste con gli addestratori. Quando i piloti devono passare alla guida manuale tendono infatti “a osservare quel che capita piuttosto che a essere proattivi” e prendere una decisione. Un atteggiamento che sembra appunto un’altra conseguenza diretta dell’ecosistema hi-tech nel quale vivono immersi ormai da anni. Come se fossero diventati più pigri. Anche a causa, secondo la British Pilots Association, delle troppe ore di volo sulle loro spalle. Da parte sua, la Faa ha pubblicato 18 nuove indicazioni per cercare di tamponare questo fenomeno. Vere e proprie regole per aiutare i piloti a recuperare le loro competenze di base: si va dall’invito ad allenarsi di più, tornando a sollecitare le proprie capacità manuali, alla progettazione di pannelli di controllo, console e cabine di pilotaggio “più comprensibili dal punto di vista dell’equipaggio” fino a esercitazioni più avanzate sulla complessità dei computer di bordo. Il rapporto consiglia infine ai piloti di allenarsi a far fronte a malfunzionamenti rari ma potenzialmente catastrofici “per i quali non sono previste procedure particolari“.

Fonte:www.repubblica.it

PIERGIORGIO GOLDONI

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