Cheli, il top gun modenese che volò tra le stelle

19 Gennaio 2014da admin

Un’esperienza unica, irripetibile. Quel 22 febbraio 1996 a Cape Canaveral la Gazzetta c’era, unico giornale modenese ad assistere dal vivo a un momento storico: il primo modenese nello spazio. Fu l’allora direttore Antonio Mascolo ad inviarmi negli Stati Uniti per assistere al lancio dello Space Shuttle con a bordo Maurizio Cheli, 36 anni da Zocca. Nonostante siano passati 18 anni, il ricordo di quell’emozionante giornata è ancora intatto.

IL GIORNO PIÙ LUNGO

Giovedì 22 febbraio 1996. La partenza dello Shuttle è fissata per le 15,18, le 21,18 italiane. Da Cocoa Beach (pittoresco paesello balneare definito, con eccesso di benevolenza, la Rimini della Florida) arriviamo alla base spaziale di Cape Canaveral alle 8 del mattino, sette ore prima del lancio. Varcato l’ingresso, il primo flash che mi riconsegna la memoria è quello di un alligatore che prende placidamente il sole sul bordo di uno dei tanti canali d’acqua che costellano la base. All’orizzonte si materializza la sagoma di una gigantesca astronave: è l’Apollo 11 che nel 1969 trasportò Armstrong, Aldrin e Collins sulla luna. Tre chilometri più avanti ecco la navetta Columbia pronta sulla rampa di lancio.

IL TOP GUN DI ZOCCA

Tra i sette astronauti pronti al lancio Maurizio Cheli – primo italiano ad avere il ruolo di mission specialist durante la missione STS-75 – è il più gettonato tra i giornalisti accorsi a Cocoa Beach. In effetti Cheli, rispetto ai compagni d’avventura, è quello che vanta storia e curriculum più curiosi. Innanzitutto è un top gun, ha un carattere estroverso che lo rende simpatico, è sposato con Marianne Merchez (ex astronauta belga) ed è l’unico a potersi fregiare di “tifosi” personali, una cinquantina in tutto, provenienti da Zocca. Una delegazione capitanata dall’allora sindaco zocchese Aldo Preci, dal presidente della Provincia Graziano Pattuzzi e dal fratello di Cheli, Giampietro. Papà Araldo e mamma Eulalia sono invece rimasti a Zocca, davanti a un maxischermo allestito sul sagrato della chiesa.

L’ATTESA

La sera prima del lancio Cheli e i suoi sei compagni d’avventura, come da tradizione, fanno un barbecue sulla spiaggia di Cape Canaveral. La mattina del grande giorno i “magnifici sette” – tra i quali l’altro italiano Umberto Guidoni – si alzano di buon’ora. Dopo la colazione, alle 10 comincia la lunga opera di vestizione: solo per indossare la tuta è necessaria un’ora. Cheli ha il volto tirato per l’emozione ed è l’ultimo a salire a bordo dello Shuttle, non prima di strizzare gli occhi e mostrare un cartello: un cuore con su scritto MC². Tra i giornalisti si scatena la gara all’interpretazione. Questa la nostra: M sta per Maurizio e Marianne, C sta per Cheli. L’astronauta di Zocca ha probabilmente giocato sui doppi sensi: MC² è anche la formula della relatività. Nel “bagaglio” di Cheli anche un pezzo di parmigiano reggiano.

ALTA TENSIONE

L’unica a non voler assistere al lancio è la moglie Marianne: “sono in apprensione, speriamo vada tutto per il meglio” – si limita a dire al telefono dopo aver salutato il marito. Il count down avanza inesorabile, scandito da un maxi cronometro. La giornata è stupenda, temperatura e umidità sono ideali per il decollo. Un leggero venticello scuote l’enorme bandiera americana che fa bella mostra di sè di fronte alla rampa. Negli ultimi minuti che precedono il lancio su Cape Canaveral cala un silenzio religioso, quasi irreale.

IL COUNTDOWN

Il conto alla rovescia si blocca per tre volte, l’ultima a nove minuti dal via. Niente paura, da Houston fanno sapere che è tutto sotto controllo, anche se la tensione si taglia a fette. Del resto negli occhi di tutti è ancora viva l’immagine dello Shuttle “Challenger” che nel 1986 esplode in volo dopo 73 secondi dal decollo. Ma anche negli anni successivi ci furono problemi: nell’89 il lancio della navetta Atlantis, destinata a sganciare verso Venere la sonda Magellano, venne fermato a 31 secondi dal via. Nel 1994 venne evitata un’ altra tragedia: a un secondo dal lancio si spensero i motori dello Shuttle che avrebbe dovuto poi lanciare la navetta Endehaviour.

CHELI NELLA LEGGENDA

L’ultimo minuto prima del decollo lo ricordo come fosse ora. Il Columbia ha ormai terminato di scaldare i motori, con abbondanti fuoriuscite di fumo bianco. Tutti siamo in apnea, da Cape Canaveral fino ai controllori di volo a Houston: meno tre, meno due, meno uno, go! Il boato causato dai motori dello Shuttle è terrificante e si sovrappone all’incontenibile entusiasmo e agli applausi della tribuna, gremita da spettatori e vip. Dopo il decollo tutti seguono trepidanti col naso all’insù il tragitto della navicella che scompare tra le nuvole dopo un minuto e 45 secondi. Lo Space Shuttle passa da quota zero e velocità zero a circa 400 chilometri di quota e a 25 volte la velocità del suono. Maurizio Cheli è già nella leggenda.

IL RITORNO DA EROE

Il viaggio tra le stelle dell’astronauta modenese dura 15 giorni, 17 ore, 41 minuti e 25 secondi. Lo Space Shuttle Columbia torna a toccare terra il 9 marzo 1996 alle 7.58 (le 14.58 ora italiana) sulla pista del Kennedy Space Center di Houston in Texas. Anche in quell’occasione la Gazzetta è lì ad aspettarlo.

Fonte:http://gazzettadimodena.gelocal.it

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