Sicurezza aerea, è possibile superare le scatole nere?

13 Aprile 2014da admin

Le indagini sugli incidenti aerei sono strettamente legate al recupero fisico, talvolta molto difficile, delle scatole nere. Ma ci sarebbero altri modi per conservare i dati cruciali.

È passato ormai oltre un mese da quando il Boeing 777 di Malaysia Airlines, che stava operando il volo 730 tra Kuala Lumpur e Pechino, si è tragicamente inabissato in qualche punto dell’Oceano Indiano meridionale, “una delle zone più remote e pericolose del pianeta”. Non solo non si sa ancora nulla delle cause dell’incidente, ma bisogna ancora localizzare esattamente il pagliaio nel quale cercare l’ago che potrà aiutare a chiarirle. Parliamo, naturalmente, delle scatole nere, i dispositivi – che poi non sono affatto neri, ma arancioni brillanti – che monitorano e memorizzano tutto ciò che accade a bordo di un aeromobile. Ieri, dopo settimane di ricerche infruttose, come vi avevamo raccontato, è arrivata la prima timida buona notizia: la Ocean Shield, la nave della marina australiana che da giorni sta setacciando l’oceano, ha rilevato due segnaliping, in gergo – compatibili con quelli provenienti dalla scatola nera del Boeing. Incrociando le dita e aspettando la conferma dell’attendibilità dei dati (servirà ancora qualche giorno), comunque, una domanda sorge spontanea. Come è possibile che nel 2014, in piena epoca wireless, in un momento in cui si può ottenere in tempo reale qualsiasi tipo di informazione sul proprio smartphone, le indagini sugli incidenti aerei siano ancora legate al recupero fisico dei dati elettronici?

Non è una questione nuova. Già diverso tempo fa, all’indomani dell’incidente del volo Air France 447,  i colleghi di Wired.com avevano provato a fare chiarezza sulla situazione. In quel frangente, le scatole nere furono trovate sul fondo dell’Oceano Atlantico dopo anni di indagini, in quella che viene ricordata come una delle spedizioni di ricerca più costose della storia. Gli investigatori rimossero le memory card, le asciugarono con attenzione, collegarono i cavi e scoprirono che le scatole nere avevano preservato praticamente tutti i dati memorizzati – due ore di registrazioni audio della cabina di pilotaggio e migliaia di parametri acquisiti tra il decollo e il momento dell’impatto – nonostante la lunga permanenza in acqua. Il ritrovamento e l’analisi dei dati permisero di risalire alle cause della tragedia, uno sfortunato mix di guasti tecnici (malfunzionamento dei tubi di Pitot, i congegni che rilevano la velocità dell’aeromobile) e errori umani (i piloti interpretarono male i dati provenienti dai sensori e portarono l’aereo in stallo).

In ogni caso, viste le difficoltà del recupero delle scatole nere, già allora si iniziarono a esplorare metodi alternativi di backup e trasmissione in tempo reale dei dati di volo. I dirigenti di Bombardier, società canadese produttrice di aeromobili, annunciarono nel 2010 che i loro nuovi Cseries sarebbero stati i primi aerei commerciali costruiti con la capacità di trasmettere in remoto dati di telemetria, inviandoli a una stazione di terra o a un satellite. Gli aerei sarebbero dovuti arrivare sul mercato nel 2013, ma una serie di modifiche e perfezionamenti tecnici ne ha ritardato l’uscita, attualmente riprogrammata per la metà del 2015.

Nonostante tutto, c’è ancora chi è di parere contrario. E ritiene che “la trasmissione di dati in tempo reale sia la soluzione a un problema inesistente”. Wired.com racconta infatti che le scatole nere, finora, sono state quasi sempre ritrovate, presto o tardi: l’ultimo incidente in cui  non è stato possibile recuperarle è stato l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, in cui gli aerei finirono praticamente disintegrati. Per agevolare le ricerche, le scatole nere sono dotate di localizzatori che emettono ping ultasonici progettati per essere avvertiti anche a svariati chilometri di distanza. E, tra l’altro, “la maggior parte degli incidenti avvengono nelle fasi di atterraggio o decollo”, spiega Bill Voss, presidente della Flight Safety Foundation, “per cui la ricerca e il recupero delle scatole nere è molto semplice”.

Attualmente, i dispositivi fanno parte della dotazione standard di tutti gli aeromobili, eccezion fatta per quelli più piccoli. Le scatole nere furono introdotte negli anni cinquanta, dopo una serie di incidenti che coinvolsero il de Havilland Comet, primo jet commerciale. Fino alla metà degli anni novanta, tenevano traccia di una dozzina di parametri, tra cui altitudine, velocità, direzione, beccheggio e rollio. Gli ultimi modelli, invece, sono estremamente più sofisticati. La Federal Aviation Administration impone espressamente il monitoraggio 88 parametri di volo, generalmente un paio di volte al secondo, ma i registratori sugli aerei moderni fanno molto di più: tengono traccia di circa 3mila punti, compreso lo stato dei sistemi di bordo, la posizione dei comandi in cabina (cloche e pedaliera, per esempio), le letture di pressione e temperatura dei serbatoi di carburante. Praticamente un check-up completo e continuo.

Le scatole nere, inoltre, devono superare una serie di test durissimi prima di poter essere montate a bordo di un aereo. Vengono letteralmente sparate da un cannone ad aria compressa che le sottopone a una forza pari a quasi 4mila volte la gravità terrestre. Schiacciate in una pressa da 2 tonnellate per cinque minuti. Immerse in carburante, olio lubrificante e acqua marina per due mesi. Se le prove hanno esito positivo, sono dichiarate finalmente idonee e entrano in servizio. Visti i risultati con il volo Air France 447 – e auspicabilmente con il Malaysia Airlines – regole di sicurezza così stringenti, alla fine, danno i loro buoni frutti.

D’accordo. Le scatole nere sono sicure e fanno bene il loro dovere. Ma, nonostante le obiezioni, è innegabile che un sistema di trasmissione in tempo reale, anche se solo parziale o integrativo, sarebbe certamente d’aiuto. Perché, allora, non è stato ancora implementato? Bisogna, anzitutto, distinguere tra parametri dell’aereo e registrazioni vocali della cabina. Per quanto riguarda queste ultime, Wired.com spiega che uno dei problemi maggiori è legato alla reticenza dei piloti. “Per legge, le registrazioni vocali in cabina possono essere ascoltate solo dagli investigatori dopo un incidente. Quando un aereo arriva a destinazione, il pilota cancella tutti i dati (ma non è possibile farlo durante la fase di taxi o in volo)”. Anche nel caso di incidenti, le trascrizioni rese pubbliche sono solo una parte di tutti i dati reali. I piloti, sostanzialmente, vogliono che le registrazioni delle loro voci restino fisicamente a bordo dell’aeroplano, sotto il loro controllo, perché temono che le compagnie aeree le usino per analizzare troppo da vicino il loro operato – e in effetti il sindacato piloti americano, nel 2010, si è esplicitamente opposto a una proposta di questo tipo: “Lo streaming vocale non ci sarà”, disse esplicitamente Voss. “Non vogliamo che il pilotaggio si trasformi in un reality.

In merito ai dati di volo, la questione è ancora più delicata. “In linea di massima, l’associazione dei piloti”, racconta Wired.com, “si è opposta anche alla trasmissione dei dati di volo, anche se in un caso, quando sono serviti a scagionare un collega che era stato accusato di volare troppo basso, hanno accettato volentieri di usarli”. E poi, naturalmente, ci sono tutte le considerazioni economiche e tecnologiche. La conservazione dei dati non è un problema, ma la loro trasmissione potrebbe esserlo, dato che inviare un kilobyte via satellite costa più o meno un dollaro. E la banda richiesta, secondo Krishna M. Kavi, docente di informatica alla University of North Texas, è di circa 64 megabit per secondo. D’altro canto, c’è anche da tener conto che un sistema di trasmissione in tempo reale comporterebbe dei ritorni economici per le compagnie aeree, che potrebbero usare i dati per raccogliere più efficacemente le informazioni sulle operazioni di volo e ottimizzare la programmazione di manutenzione e il consumo di carburante.

La previsione è che si adotterà presto un sistema ibrido, in cui “la trasmissione in tempo reale viene automaticamente attivata quando alcuni parametri di sicurezza, come velocità, tasso di discesa verticale, rollio o beccheggio diventano anomali”. Nell’attesa, purtroppo, possiamo solo continuare a scandagliare il fondo dell’oceano. E incrociare le dita

Sandro Iannaccone

Fonte:www.wired.it

admin

SOCIAL NETWORKS

Seguici sui Social

Aeroclub Modena è presente sui maggiori canali Social. Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci. Sapremo rispondere puntualmente ad ogni vostra necessità.