Spazio: il primo vagito del cosmo fotografato dal telescopio Planck, l’universo è più vecchio del previsto

Universo

La prima luce del cosmo. Un vagito luminoso dopo il quale l’universo ha cominciato a muoversi, formarsi, differenziarsi.

Accadeva quasi 14 miliardi di anni fa, 13,8 per l’esattezza. Grazie alle prime informazioni che ci ha restituito il telescopio spaziale Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), l’universo è stato fotografato ai suoi albori.

Non si tratta delle prime “foto” che immortalano l’origine del cosmo, ma ad oggi sono le più accurate e precise mai prodotte e al progetto partecipa anche l’Italia, con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).

Grazie a queste mappe cosmologiche, risultato di una perlustrazione dell’intero cielo, è stato possibile arrivare a nuove conclusioni e porre nuovi interrogativi.

Si è scoperto, ad esempio, che la materia oscura, della quale ancora oggi non si conosce quasi nulla, è più di quella che si riteneva presente nell’universo e rappresenta circa il 26,8 per cento degli elementi che lo compongono.

Oppure che il cosmo si è espanso più lentamente di quanto gli astrofisici avevano ipotizzato finora con la costante di Hubble; da questo ne deriva che lo spazio è un po’ più vecchio di quel che si credeva: ha un milione di anni in più.

“Abbiamo fotografato una sinfonia cosmica”, racconta entusiasta alla presentazione ufficiale dei dati a Parigi, Marco Bersanelli, professore associato dell’Inaf. “Il lavoro del telescopio Planck, che si trova ora a 1500 milioni di chilometri dalla terra, è stato quello di registrare oscillazioni che avvenivano nell’universo primordiale quando l’età dell’universo era lo 0,003 per cento dell’età attuale. In quel momento la materia cominciava a organizzarsi”.

“Dove c’era una densità più alta della media – prosegue Bersanelli – veniva attratta più materia che a quel punto rimbalzava producendo delle oscillazioni acustiche: un suono cosmico dal cui spettro abbiamo ricavato le proprietà di quel mezzo primordiale da cui è nato l’universo che abitiamo”, conclude il professore.

In quella luce fossile primigenia (in gergo tecnico si chiama radiazione cosmica di fondo) risalente a quando l’universo aveva appena 380 mila anni, si possono infatti rintracciare tutti gli elementi in nuce che compongono le strutture osservabili oggi, dalle galassie alle stelle.

Venti anni di preparazione e tre di osservazione per questo telescopio lanciato nello spazio nel maggio del 2009 dalla base di Kourou, in America del Sud, vicino all’Equatore.

Italia, Francia, Regno Unito, Finlandia, Spagna, Germania, Stati Uniti, Olanda, Svizzera, Norvegia, Svezia e Danimarca sono i Paesi che hanno formato un consorzio di scienziati e istituti di ricerca per contribuire al progetto.

Forse è ancora presto per dirlo, ma per tentare di spiegare le tre anomalie osservate – alcuni segnali dello spettro che non corrispondo alle previsioni, una zona fredda del cosmo molto più vasta di quello che si credeva e uno scarto inatteso tra le temperature medie nei due emisferi del cielo – potrebbe un domani servire una nuova fisica.

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Fonte:www.huffingtonpost.it

PIERGIORGIO GOLDONI

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