aerei low cost


Aerei low cost e crollo yen: vola il turismo giapponese

E ora si pensa di allentare procedure per visti

Ad aprile in Giappone, in piena era ‘Abenomics’, i visitatori stranieri sono cresciuti del 18,1% su base annua, al record di 923.000 unità.  Il dato, diffuso dalla Japan National Tourism Organization,  ha beneficiato della popolarità delle compagnie low cost e frantumato il precedente massimo di 879 mila unità di luglio 2010, toccato prima del sisma/tsunami dell’11 marzo 2011, con la successiva crisi nucleare di Fukushima. “Una cifra incoraggiante, ma c’é ancora molto da fare”, ha ammesso Norifumi Ide, alla guida della Japan Tourism Agency, sul target a lungo inseguito di 10 milioni di visitatori annui.   
A tal proposito, sono in corso le procedure per allentare gli obblighi di visto per i Paesi del sudest asiatico: il lavoro, ha osservato Ide, “sarà completato per maggior parte entro l’estate”, in modo da affrontare al meglio i maggiori flussi.   
Quanto ai Paesi d’origine, i sudcoreani conquistano la fetta principale (204.200, in rialzo del 33,7%), seguiti dai taiwanesi (197.900 e +42,5%). Livelli record da Thailandia, Vietnam, Francia e Russia, mentre i flussi cinesi segnano una contrazione del 33%, a 100.200 unità, scontando le tensioni tra Tokyo e Pechino sulla sovranità delle isole Senkaku/Diaoyu, controllate dal Giappone e rivendicate dalla Cina.  

Fonte:www.travelnostop.com


6 Settembre 2012

Altro che aerei low cost. Ora si paga di più per imbarcare le valige, per sedersi accanto al finestrino. Costi extra che hanno permesso al settore di guadagnare 108 miliardi di euro nel 2011. Tutto quello che i passeggeri devono sapere.

 
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Roma – Quanto costa veramente un biglietto aereo? La domanda se l’è posta Newsweek insieme ai circa sette milioni di passeggeri che ogni giorno viaggiano in aereo. Non più tardi di dieci anni fa le tariffe erano tutte incluse nel costo del biglietto. Il prezzo che vedevi era quello che pagavi, meno le tasse.

Niente sovrapprezzo per l’imbarco del bagaglio o per la scelta del posto. Oggi invece il tutto compreso è un eccezione, la maggior parte delle compagnie aeree – con le low cost in testa – spacchetta ogni servizio economy e ne fa una tariffa a sé ( unbundling lo chiamano). E lo fa non sempre in modo trasparente al momento dell’emissione del biglietto.

Vuoi imbarcare bagagli? Prego, da 15 a 130 euro per la prima valigia (a seconda del peso, della stagione e della modalità di pagamento: se si fa l’errore di dare per scontato l’imbarco gratuito del primo bagaglio da stiva la tariffa in aeroporto è quattro volte più salata che on line).

Vuoi sederti accanto al finestrino? Sono altri 10 euro. Hai dimenticato di stampare la carta di imbarco e chiedi la sua riemissione in aeroporto? Nessun problema, risponde Ryanair, fanno 60 euro.

Il mercato degli «extra» ha fruttato nel 2011 qualcosa come 18 miliardi di euro: il 66% in più rispetto a due anni prima, rivela un’indagine su 108 compagnie condotta da IdeaWorks e Amadeus (la prima società di consulenza per l’analisi di questo tipo di ricavi, la seconda leader nella distribuzione di tecnologie avanzate per l’industria dei viaggi).

E negli Stati Uniti è iniziata una battaglia sulla trasparenza delle tariffe aggiuntive i cui effetti potrebbero investire l’intero sistema del trasporto aereo internazionale. Le autorità di regolamentazione del trasporto aereo Usa, scrive il settimanale americano, stanno prendendo in considerazione «un giro di vite sulle pratiche tariffarie ingannevoli che hanno ingiustamente arricchito le compagnie aeree nascondendo il reale costo del volo». Da inizio anno una nuova norma obbliga le nazionali a indicare tariffe, tasse incluse. E una commissione del Dipartimento federale dei trasporti ha chiesto al governo un passo in più.

È la United Continental la regina dei ricavi da servizi extra (i cosiddetti ancillari): 4 miliardi e 162 milioni. Le low cost EasyJet e Ryanair sono al sesto e settimo posto, con ricavi di 890 e 886 milioni: rispettivamente il 20,8 e il 20.5% di tutti i loro introiti che le posizionano al quarto e quinto posto nella classifica quanto a percentuale degli «extra» sui ricavi totali. Sono infatti i vettori a basso costo a incassare di più con gli «extra»: la statunitense Spirit arriva al 33,2%.

La nostrana Alitalia nel 2011 ha incassato 150 milioni di euro per i servizi accessori, con un incremento del 6% rispetto al 2009. «La direzione è questa, anche se le compagnie low cost e statunitensi sono più agguerrite, a partire dall’imbarco dei bagagli», spiega Aureliano Cicala, responsabile Servizi ancillari di Alitalia.

«Noi non vogliamo lowcostizzare i servizi, ma segmentare (chi paga di più ha di più) e fornire delle esperienze di viaggio differenziate». Check-in, prenotazione posto, noleggio macchina, albergo. Alitalia offre persino il personal shopper in aeroporto. «Oggi siamo di fronte a uno scenario in evoluzione sia per quanto riguarda i viaggiatori, che richiedono esperienze di viaggio complete e ricche, sia di opportunità create dalle innovazioni tecnologiche», afferma Fabio Maria Lazzerini, ad di Amadeus Italia. Se possono scegliere in modo trasparente i passeggeri acquistano come primo «extra» un posto più comodo (61%), poi la possibilità di imbarcare un bagaglio più pesante o più bagagli.

Fonte:www.wallstreetitalia.com


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