americani

13 Ottobre 2016

La notizia rimbalza su vari blog e pagine facebook da un paio di giorni: gli americani hanno dipinto dei loro cacciabombardieri (nello specifico di tratta di F/A-18 “Hornet”) con lo stesso schema mimetico dei cacciabombardieri russi impiegati in Siria.

Questo quindi, secondo alcuni, lascerebbe presagire che stiano preparando un “false flag”, o che potrebbero farlo, per avere l’occasione di allargare il conflitto in Medio Oriente, visto che, come si legge “non sarebbe la prima volta”.

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Qui opra il Sukhoj, 34 e in alto l’Fa-18C che ne riprende la livrea come aggressore

Tutto nasce da un tweet di un giornalista canadese,Christian Borys, che il 6 ottobre scorso scrive “US is painting their F/A-18’s to match the paint scheme of Russian jets in Syria. Standard training but interesting nonethless”.

Questo è bastato per scatenare i complottisti della rete, più o meno famosi, che subito hanno parlato della volontà degli Usa di creare un falso incidente per aver modo di mettere in atto un’escalation militare in Siria ed arrivare ad un conflitto con la Russia passando per vittime: l’idea è che se un cacciabombardiere russo, in questo caso l’F/A-18, attacca le posizioni del Free Syrian Army, gli Stati Uniti sarebbero poi autorizzati a reagire, con tutto quello che ne potrebbe seguire.

Non sono servite le parole di smentita dello stesso Borys a placare gli animi dei cospirazionisti: il giornalista canadese ha infatti scritto sempre via Twitter che “US uses aggressors units to train pilots. The paint schemes make fighters similar to Russian counterparts. Stop with conspiracies” ma nella rete c’è ancora chi sostiene a spada tratta che comunque è interessante perché tali velivoli potrebbero essere usati per creare un “false flag” e c’è chi si interroga sul perché siano ancora dipinti con uno schema mimetico simil russo dopo che la Guerra Fredda è terminata da quasi 30 anni.

Per fare chiarezza occorre quindi spiegare il perché gli Stati Uniti utilizzino i propri aerei con una tale mimetizzazione.

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Gli stormi di “aggressors” sono nati verso la fine degli anni ’60 come esigenza della Us Navy, esigenza poi condivisa anche dalle altre forze aree americane, di addestrare i propri piloti al combattimento aereo manovrato (la Fighter Weapons School meglio nota come Topgun): le alte perdite che stavano subendo in Viet Nam dovute alla modificazione delle tattiche di combattimento a causa di velivoli progettati “tutti missili” richiesero un cambio di rotta sia nell’addestramento sia nella progettazione di aviogetti.

Occorreva perciò, in mancanza di veri Mig da utilizzare per esercitarsi, che si utilizzassero velivoli americani dalle caratteristiche di volo ritenute simili a quelli del nemico (l’Unione Sovietica ed i suoi satelliti ma qualsiasi nazione che avesse in dotazione aerei di fabbricazione sovietica) e soprattutto utilizzati con le stesse modalità del nemico: la “scuola sovietica” per la guidacaccia era molto centralizzata ed aveva un controllo da terra molto stretto rispetto alla controparte occidentale.

Pertanto vennero creati veri e propri stormi di aerei “aggressors” utilizzando aviogetti, come l’A-4E/F “Skyhawk” o l’F-5E “Freedom Fighter”, pilotati da istruttori che si comportavano esattamente come se fossero piloti del Patto di Varsavia e soprattutto dipinti con lo stessa schema mimetico dell’avversario, con tanto di stella rossa sulla fusoliera.
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18th Aggressor Squadron
Logo del 18th Aggressor Squadron

Ovviamente dal 1968 ad oggi la tecnologia aeronautica ha fatto progressi pertanto anche gli stormi di “aggressors” si sono dotati di nuovi aviogetti in grado di imitare le caratteristiche delle nuove costruzioni sovietiche e poi russe, da qui l’utilizzo di F/A-18, F-16, F-15, ma anche, per un breve periodo, la copia israeliana del Mirage III francese, lo Iai “Kfir” C1.

Tutti velivoli il cui camouflage è sempre aggiornato in base a quello del corrispettivo nemico, che non è solo russo ma anche mediorientale o cinese: per cui esistono diversi schemi che vanno dai toni di blu, come quelli osservati per gli F/A-18, ai toni di grigio passando per quelli di marrone.

Il motivo per cui si utilizzino ancora certi schemi (e certi aerei) è duplice: innanzitutto la Russia rappresenta un Paese dal comportamento ambiguo per gli Stati Uniti, o per meglio dire una minaccia, secondariamente la Russia vende i propri aviogetti a Paesi (come la Siria, l’Iran ma anche l’India) che non sono propriamente nel registro degli “amici” del Dipartimento di Stato americano.

Pertanto i piloti americani, sia quelli della Us Navy, dell’Usaf o dei Marines, utilizzano ancora stormi di “aggressors” per addestrarsi al combattimento aereo manovrato dando spazio a tutta la gamma di minacce possibili che potrebbero incontrare nei vari teatri di crisi del mondo.

Paolo Mauri

Fonte: www.ilprimatonazionale.it/


5 Agosto 2016

Cittadella di 4-5.000 militari statunitensi e struttura che si rivela cruciale in ogni crisi.

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SIGONELLA – L’Aeroporto «Cosimo Di Palma» di Sigonella è un Aeroporto Militare italiano, sede del 41° Stormo AntiSom e dell’11° Reparto Manutenzione Velivoli dell’Aeronautica militare italiana. Ma ospita anche, e soprattutto, la Naval Air Station (Nas) della Marina Americana (US NAVY ndr.).

 

Nella struttura sono impiegati tra i 4 mila e i 5 mila uomini, con numeri che oscillano a secondo delle “crisi” politiche e militari nell’area del Mediterraneo e Medio orientale, rispetto alle quali Sigonella riveste un ruolo logistico cruciale.

Sigonella NAS4
Tra gli aeromobili di stanza in questa base vi sono gli efficientissimi droni armati Reaper e gli aerei spia Global Hawk ed U-2, oltre a varie tipologie di velivoli da trasporto, da rifornimento in volo, da pattugliamento marittimo e anti-sommergibile, come i P-3 Orion.

Presenti anche elicotteri con incursori per missioni di recupero, ricerca e soccorso.

Sigonella NAS
Sigonella è stata la base di appoggio per gli Usa durante la Guerra del Golfo con l’Iraq di Saddam Hussein nel febbraio del ’91. Nel 1995 l’istallazione fu al centro della crisi Italia-Usa, quando il governo di Bettino Craxi rifiutò di consegnare Abbu Abbas e quattro palestinesi, responsabili del dirottamento dell’Achille Lauro e della morte di un suo passeggero, Leo Klinghoffer, ebreo, cittadino Usa.
Sigonella NAS3
L’aereo egiziano sul quale i palestinesi viaggiavano era stato intercettato in volo da caccia Usa e costretto ad atterrare a Sigonella.

Più recentemente, nel Marzo 2016, la base ha ospitato anche F-16 danesi e aerei di altri Paesi alleati nell’operazione ‘Odissey Dawn‘, fornendo supporto alle forze internazionali impegnate in quella crisi libica.

FONTE:www.lasicilia.it/


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