Borsa


La compagnia low cost nata 18 anni fa con due velivoli in affitto è entrata ieri nel Ftse100, l’indice delle cento maggiori aziende quotate sul listino londinese. Oggi vale 5 miliardi con 8mila dipendenti grazie al motto: “Volare costerà come un paio di jeans, 29 sterline”

LONDRA – I voli a basso costo sono arrivati ad alta quota: la EasyJet, fondata diciotto anni fa prendendo due aerei a noleggio, è entrata ieri nel Ftse100, l’indice delle cento maggiori aziende quotate alla Borsa di Londra, un gotha del capitalismo. Oggi la compagnia contrassegnata dal color arancione che ricopre bordi e ali dei suoi velivoli è diventata un gigante dei cieli, con una flotta di 220 aerei, che trasportano 55 milioni di passeggeri all’anno su più di 600 rotte in 30 paesi. Ha un valore di oltre 4 miliardi di sterline (circa 5 miliardi di euro) e impiega più di 8 mila persone.

Non molti ci avrebbero scommesso un penny, quando nel novembre 1995 Stelios Haji-Ioannou, 28enne erede di un magnate greco dei trasporti, lanciò una linea aerea che voleva rendere più “facile” viaggiare in aereo, come suggeriva sin dal nome. Prese in affitto un hangar all’aeroporto di Luton, uno dei cinque dell’area metropolitana di Londra e iniziò a proporre voli dalla capitale a Edimburgo e a Glasgow che costavano meno di un biglietto del treno. Era l’inizio della rivoluzione dei trasporti a basso costo, di cui la EasyJet, come la rivale irlandese RyanAir, è stata la principale artefice in Europa. Entrambe copiarono l’idea e il modello da una compagnia aerea americana, la Southwest Airlines, che in pratica è stata l’inventore dei voli a basso costo. Entrambe hanno avuto una crescita vertiginosa e un successo strepitoso. E come il vulcanico presidente della RyanAir, Michael O’Leary, anche Stelios Haji-Ioannou si è distinto per provocazioni e iniziative ad effetto: come quando si imbarcò tutto vestito di arancione sul primo volo della Go, linea aerea a basso costo creata dalla British Airways, solo per distribuire biglietti gratis della EasyJet ai passeggeri; o quando stracciò il suo bancomat della Barclay Bank, dopo che la banca, parzialmente proprietaria dell’aeroporto di Luton, aveva aumentato le tariffe per atterrarvi.

I quasi vent’anni di vita della EasyJet si possono dividere in tre fasi. La prima per affermarsi, sotto la guida del fondatore. La seconda per consolidarsi, con la quotazione in Borsa e con un amministratore delegato a cui il fondatore ha ceduto i comandi, per poi contestarlo e bisticciarci pubblicamente in più di un’occasione (“l’unica cosa a cui pensa è il suo bonus”, disse di lui una volta). La terza è questa, il momento per diventare una delle “top 100”, una delle maggiori aziende britanniche e globali, sempre sotto la guida di un amministratore delegato, ma più abile a gestire i rapporti con lui e più brava a far crescere la ditta: Carolyn McCall, da poco più di anno alla guida della EasyJet, dopo essere stata a lungo l’ad del Guardian, uno dei migliori quotidiani britannici. Qualche dissidio con il fondatore c’è ancora, per esempio il progetto di acquistare 100 nuovi aerei, “attenzione a non crescere troppo e troppo in fretta” ammonisce lui (senza tenere conto, peraltro, che servono quasi tutti a rimpiazzare vecchi modelli, e che la crescita effettiva della flotta sarà solo del 5 per cento all’anno).

In ogni modo anche lui appare soddisfatto: la sua famiglia è ancora proprietaria del 37 per cento della compagnia e lui nel frattempo è diventato “sir Stelios”, perché la regina lo ha nominato baronetto. Lo slogan con cui lanciò la EasyJet, “volare costerà come comprare un paio di jeans, 29 sterline”, è rimasto valido: scegliendo il giorno, la rotta e l’orario giusto, si può ancora girare per l’Europa spendendo cifre del genere. Una rivoluzione che ha cambiato il modo di passare le vacanze, di lavorare, di comunicare, contribuendo a unificare il continente più di tanti trattati.

Fonte:www.repubblica.it


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