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11 Agosto 2016

Passeggeri in aumento e concorrenza sfrenata: nei prossimi vent’anni boom della richiesta di comandanti. La «compravendita» in Cina

di Leonard Berberi – lberberi@corriere.it

In certi angoli del mondo è più facile trovare un diamante. In Asia si è innescato un vero e proprio «aeromercato». In altre zone si cancellano collegamenti proprio nella stagione di picco. E tutto perché mancano i piloti. Sarà, dicono alcuni, che è venuto meno il fascino per la divisa.

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E l’interesse a girare le grandi città, in un paio di giorni — ovvio — perché poi c’è da ripartire. I più pratici guardano alle dinamiche e alle compagnie che devono adeguarsi a un mercato ormai fuori controllo.

E il futuro sembra già segnato: fino al 2035 serviranno 617 mila nuovi comandanti soltanto per i voli commerciali, calcola l’ultimo dossier della Boeing, il colosso che costruisce aerei civili e militari, che arrivare a parlare di «richiesta straordinaria».

Soprattutto in Asia-Pacifico (248 mila), Europa (112 mila) e Nord America (104 mila). Quasi 31 mila — di media — all’anno. A questi bisognerebbe aggiungere 814 mila nuovi profili per l’equipaggio di cabina e altri 679 mila tecnici per la manutenzione dei velivoli.

I voli cancellati
In parallelo i grandi costruttori annunciano un numero di aerei nuovi di zecca mai registrato in precedenza: ogni settimana dagli hangar escono una trentina di velivoli per passeggeri. Velivoli che, secondo il «Global Market Forecast di Airbus», nel 2015 erano 17.354 e nel 2034 diventeranno 35.749: un aumento del 106 per cento.

Del resto, fa notare l’International air transport association (Iata) «tra 18 anni ci saranno 7,4 miliardi di passeggeri, quasi il doppio di oggi». Per ogni jet che entra in attività bisogna assumere e addestrare una dozzina di piloti che poi si dovranno dare il cambio nell’arco della giornata. I segnali che arrivano indicano già la crisi in atto.
Quest’estate saranno almeno 600 i voli cancellati dalle compagnie europee per la mancanza di comandanti.

Migliaia di chilometri più a est, in Asia, la situazione è ancora più complicata. «Sono mesi che cerchiamo di inaugurare nuove rotte ma non riusciamo a farlo perché non ci sono piloti a sufficienza», dice al Corriere della SeraHiroshi Kitahara, vice presidente di Vanilla Air, low cost giapponese di proprietà di All Nippon Airways.

Le cause
Secondo i dirigenti dei grandi vettori cinesi, ormai a Pechino e dintorni è in atto una specie di «aeromercato».

E dato che la domanda di comandanti di volo è altissima, sono le società a sostenere i costi dei corsi di formazione. In compenso, quando poi assumono i piloti, fanno firmare loro un contratto che prevede la restituzione del denaro sborsato per le lezioni se passano a lavorare per altri vettori.

Una clausola che non spaventa le tante low cost appena nate nel gigante asiatico che approcciano i comandanti offrendosi di sostenere loro stessi le spese della rescissione. E poi c’è pure il boom dei jet privati, quelli dei miliardari. Come si è arrivati a questa situazione? Per diversi motivi.

L’11 settembre, per esempio. Ma anche la crisi economica del 2008. Intanto le condizioni di lavoro dei piloti si sono fatte generalmente più faticose. Così come è aumentato il numero di ore necessarie per diventare primo ufficiale: negli Stati Uniti, per esempio, le hanno portate da 250 a 1.500 dopo l’incidente del volo Colgan Air 3.407 del 2009 (50 morti).

Non solo. Perché negli ultimi tempi molti piloti sono andati nel Golfo Persico, attratti dagli stipendi e dalla crescita vertiginosa di compagnie come Emirates, Qatar Airways ed Etihad. Altri sono finiti nelle low cost dove i tempi per diventare comandanti sono ridotti dei 10-15 anni che servono per i vettori «tradizionali».

I costi per la formazione
«Eppure la retribuzione non è male», fa notare un pilota. «Se con le low cost si guadagnano 9-10 mila euro lordi al mese, con un minimo di carriera nelle compagnie tradizionali si arriva a 25 mila euro, con tanto di quindicesima mensilità e bonus vari».

Alti sono anche i costi per la formazione. All’interno della Ue servono 100 mila euro a pilota che però spesso vengono ammortizzati attraverso un pre-contratto con la compagnia che ha intenzione di assumere.

Gli europei vanno a formarsi soprattutto a Jerez de la Frontera (Spagna) e Ponte de Sor (Portogallo) dove il tempo è buono, in media, per 350 giorni all’anno.

Fonte:www.corriere.it/


5 Agosto 2016

“Non apriamo nuove rotte perché non ci sono i comandanti”, è l’allarme di una compagnia low cost nipponica.

Quest’estate verranno cancellati almeno 600 voli perché mancano comandanti. E in futuro la domanda è destinata ad aumentare.

Pilota di aerei cercasi

Nel 2035 serviranno617mila nuovi comandanti, secondo l’ultimo dossier della Boing, il colosso che è ormai sinonimo di aeromobili.

A proposito di aerei, ne stanno costruendo sempre di più. Il Global Market Forecast di Airbus non ha dubbi, nel 2034 i velivoli saranno 35.749, nel 2015 erano 17.354.

Adesso, anche chi non è ferratissimo in matematica può capire che l’aumento supera il 50 per cento. Il motivo è semplice, aumentano i passeggeri, sempre più gente preferisce viaggiare tra le nuvole, piuttosto che su rotaie.

L’International air transport association (Iata) sostiene che “tra 18 anni ci saranno 7,4 miliardi di passeggeri, quasi il doppio di oggi”.

Diventare un pilota, però, non è semplice.

Ci vuole un fisico bestiale, o almeno serve l’idoneità psicofisica certificata dall’Istituto medico legale dell’Aeronautica militare o da un ambulatorio della Sanità marittima.

Bisogna poi seguire un corso in una scuola di volo certificata e approvata dall’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile. Superato un esame teorico-pratico si ottiene la licenza.

Tutto sistemato, si decolla? Dipende, negli Stati Uniti per diventare primo ufficiale bisogna avere sulle spalle mille e 500 ore di volo. Faticoso, però, è il fascino della divisa.

FONTE:it.finance.yahoo.com


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