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14 Ottobre 2016

Un centinaio di barche hanno cercato di forzare l’area off limits nel giorno della ripresa delle esercitazioni. Un sindaco: «Dopo un anno di incontri e promesse, il ministero della Difesa non ha dato risposte: c’è molta tensione. La gente chiede che i militari vadano via»

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ORISTANO – La protesta dei pescatori del Sinis (penisola a nord di Oristano, in Sardegna) contro gli aerei Nato che sganciano bombe nel mare di Capo Frasca: un centinaio di barche hanno cercato di forzare l’area off limits proprio nel giorno della ripresa delle esercitazioni.

di Alberto Pinna

Gli aerei si sono levati in volo, ma la «guerra» con i pescatori non c’è stata: i piloti non hanno sganciato gli ordigni e la Guardia costiera ha impedito alle imbarcazioni di aprirsi un varco e di arrivare nel tratto di mare segnato nella carte come «zona rossa» e interdetto alla navigazione.

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Poligono Interforze di Capo Teulada(CA)

«Per mesi non possiamo pescare»
«Torneremo qui ogni giorno», ha annunciato Gabriele Chessa, di Legacoop, «fino a che la base non sarà chiusa. Se vogliono continuare a sparare a Capo Frasca almeno ci diano gli indennizzi per compensare i mesi in cui non possiamo pescare».

Il territorio e il mare di Capo Frasca sono zona militare da più di 40 anni. La base è una delle più importanti d’Europa, è collegata all’Aeroporto Militare di Decimomannu, dal quale partono aerei supersonici dei Paesi Nato che poi simulano azioni di guerra con lancio di missili e ordigni, tiro a fuoco aria-terra e mare-terra.

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Dopo anni di proteste i comandi militari interforze hanno sospeso le esercitazioni per tre mesi e la «zona rossa» è stata riaperta alla navigazione d’estate. Negli altri mesi, i 600 che possiedono barche e i diportisti devono girare al largo.

La protesta
Martedì si sono divisi in due gruppi e 200 persone, con sindaci e amministratori di otto paesi costieri della provincia di Oristano, si sono radunati all’ingresso della base per un sit in senza incidenti.

«Nei poligoni della Sardegna, da Capo San Lorenzo a Teulada da decenni vengono dati gli indennizzi che a noi sono negati», sottolinea Franco Zucca, portavoce di un gruppo di pescatori.
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Insiste il sindaco di Cabras, Cristiano Carrus: «Dopo un anno di incontri e promesse, il ministero della Difesa non ha dato risposte: c’è molta tensione.

Ora non è più una questione di quattrini, la gente chiede che i militari vadano via».

Fonte: www.corriere.it/

 


12 Aprile 2016

La denuncia. Le carte raccolte da un anonimo e inviate ai magistrati, a Palazzo Chigi e al ministero della Difesa ricostruiscono l’ascesa dell’ammiraglio

di MARCO MENSURATI

ROMA – Quella che rischia di essere la bordata finale per l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già pericolante dopo l’iscrizione al registro degli indagati da parte della procura di Potenza, potrebbe arrivare da un documento anonimo. Una denuncia in piena regola, inviata da quello che sembra essere un ex collega di De Giorgi, tra gli altri, alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, al ministro della Difesa.
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Si tratta di un documento dettagliato, arricchito da numerosi atti ufficiali e pezze d’appoggio originali. Trentacinque pagine ricche di episodi scabrosi, che raccontano, però in particolare due vicende che potrebbero accelerare l’uscita di scena del Capo di Stato Maggiore della Marina.

ROMA – Quella che rischia di essere la bordata finale per l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già pericolante dopo l’iscrizione al registro degli indagati da parte della procura di Potenza, potrebbe arrivare da un documento anonimo. Una denuncia in piena regola, inviata da quello che sembra essere un ex collega di De Giorgi, tra gli altri, alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, al ministro della Difesa.

Si tratta di un documento dettagliato, arricchito da numerosi atti ufficiali e pezze d’appoggio originali. Trentacinque pagine ricche di episodi scabrosi, che raccontano, però in particolare due vicende che potrebbero accelerare l’uscita di scena del Capo di Stato Maggiore della Marina.

Lrggi:inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2012/11/08/news/mandorle-46186503/?ref=HREA-1

di FABIO TONACCI

 

La prima è quella relativa a un episodio apparentemente grottesco. Una visita che nel giugno del 2013, De Giorgi fece ad una fregata presente nei cantieri di Fincantieri a Muggiano (La Spezia).

In quei giorni si stavano completando le ultime fasi di allestimento della nave. “Non gradendo la ripartizione delle aree destinate al quadrato ufficiali ed equipaggio – scrive l’anonimo – e dei camerini destinati al comandante e all’eventuale Ammiraglio presente a bordo”, De Giorgi ordinò ai dirigenti del cantiere presenti di “attuare senza alcun indugio” alcune modifiche indicate a voce. In seguito, ricostruisce l’anonimo, De Giorgi “ufficializzò questa sua volontà specificando di avviare i lavori richiesti anche in assenza dei preventivi e dei necessari atti amministrativi“.

Non si trattava di modifiche di poco conto. 
E lo sapeva bene il direttore degli Armamenti Navali, l’ammiraglio Ernesto Nencioni, che cercò di allestire in tutta fretta una pratica amministrativa per coprire l’intemerata di De Giorgi. Nell’ambito di quella pratica, il 25 luglio 2013, Fincantieri avrebbe presentato un “punto di situazione” dove si “chiedeva il pagamento” di 12 milioni 986 mila euro per la modifica dei quadrati, e di 30 milioni di euro per i camerini.

Di fronte alle perplessità di Nencioni, De Giorgi – ammiraglio noto per la sua passione per uno stile di vita upper class – confermò la “necessità di eseguire le modifiche strutturali da lui disposte“.

Le difficoltà opposte da Nencioni – che chiedeva un documento scritto e firmato da De Giorgi – furono infine superate da una lettera dello stato maggiore della Marina che diceva di procedere. Per la gioia di Fincantieri.

Al termine della vicenda – conclude l’anonimo – Nencioni rassegnò le dimissioni e si ritirò a vita privata“.

Il secondo caso rivelato dal dossier descrive inoltre il più misterioso dei contratti varati con la Legge Navale: lo stanziamento straordinario di oltre cinque miliardi di euro per il rinnovo della flotta. Una questione determinante anche per l’indagine di Potenza.

Secondo l’accusa dei pm lucani, De Giorgi avrebbe chiesto l’intervento di Gianluca Gemelli per far sbloccare dal ministro Federica Guidi questi stanziamenti.

E in cambio – sempre secondo le contestazioni -avrebbe fatto nominare al vertice del porto di Augusta una figura gradita al compagno della ministra.

Tra le navi finanziate con la Legge Navale una ha caratteristiche da 007: un mezzo lungo 32 metri che a pieno carico arrivi a 70 nodi, ossia 110 chilometri all’ora. Compito di questa super imbarcazione è trasportare squadre di incursori del Comsubin alla massima velocità: è previsto che tra uomini e armi, lo scafo arrivi a un carico di 36 tonnellate. Il tutto con materiali stealth invisibili ai radar.

Il contratto risulta essere stato affidato da De Giorgi alla società Aeronautical Service senza nessuna gara. Con una spesa di 30 milioni di euro.

Tutti gli atti sull’acquisto del superscafo risultano secretati e non sono mai state diffuse informazioni sul disegno del mezzo. Ma sono in molti a dubitare delle competenze dell’Aeronautical Service, un’azienda che non risulta avere realizzato progetti del genere: ha sede a Fiumicino, dove il suo fondatore – l’ingegnere Cristiano Bordignon – vanta diverse invenzioni nel campo delle tecnologie ma nessuna nave finora varata.

Nelle autorizzazioni della spesa militare ha a lungo giocato un ruolo chiave Valter Pastena, ex capo ufficio bilancio della Difesa e intimo di Gemelli, che oggi risulta indagato a Potenza: è stato intercettato mentre discute con De Giorgi di nomine e appalti, operandosi per mobilitare una rete di parlamentari Pd contrari alla riforma della Difesa voluta da Roberta Pinotti.

Fonte:www.repubblica.it/


8 Aprile 2016

Il Segretario generale dell’Allenza annuncia supporto aereo per la Coalizione.

La FOB di Trapani, in Sicilia, potrebbe ospitare il primo rischieramento degli AWACS.

Eviteremo una nuova guerra fredda”.

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In un lungo discorso al Consiglio Atlantico, a Washington, il Segretario generale dellaNATO Jens Stoltenberg ha fatto il punto sul ruolo dell’Alleanza nelle diverse dinamiche globali.

RUSSIA
“Contrariamente a quanto si pensi, ci stiamo battendo per una maggiore collaborazione con la Russia. Non vogliamo una guerra con Mosca, ne vogliamo ricreare le stesse condizioni della guerra fredda.

Il Consiglio NATO-Russia non è mai stato interrotto. Durante il conflitto ucraino, l’Alleanza e Mosca hanno sempre mantenuto un dialogo politico. In realtà abbiamo avuto due riunioni del Consiglio dopo l’annessione della Crimea. La cooperazione pratica è stata sospesa, ma il dialogo politico è sempre continuato”.

Stoltenberg ha anche sottolineato che l’abbattimento del Su-24 russo ad opera dei turchi, mette in evidenza l’importanza di un dialogo aperto tra la NATO ed il Cremlino.

LA COALIZIONE ISLAMICA
“La NATO intende cooperare con la Coalizione islamica nella lotta contro lo Stato islamico. Accolgo con favore i paesi islamici che combattono l’Isis, è fondamentale che restino uniti contro il terrorismo”.
Lo scorso dicembre, 34 nazioni musulmane, tra cui l’Arabia Saudita, hanno formato una coalizione per combattere lo Stato islamico ed il terrorismo.

IL RUOLO DELLA NATO CONTRO L’ISIS
“Non abbiamo alcuna intenzione di condurre un intervento militare in Siria nel quadro della campagna contro il califfato, ma potremmo contribuire con piattaforme AWACS(sistema aviotrasportato utilizzato per la sorveglianza aerea a supporto delle forze aeree e tattiche terrestri).

E’ un argomento che abbiamo già discusso con il Dipartimento della Difesa USA.

Il supporto AWACS potrebbe essere imminente, ormai se ne parla da tempo”.
L’Allenza non è formalmente impegnata nella campagna militare contro lo Stato islamico.

La sede principale della flotta AWACS della NATO, composta da sedici aerei E-3A Sentry, è a Geilenkirchen, in Germania. Gli E-3 sono rischierati in rotazione presso le principali basi operative avanzate di Aktion, in Grecia, di Trapani, di Konya in Turchia e Orland, in Norvegia.

La base italiana garantiva il supporto AWACS durante l’intera campagna militare contro Muammar Gaddafi. Considerando i problemi legati alla sicurezza in Turchia, la FOB del 37° Stormo Trapani potrebbe essere in cima alla lista per il rischieramento degli E-3A.

Essendo un asset della NATO, i velivoli potrebbero in teoria utilizzare ogni struttura dei membri dell’Alleanza in grado di garantire supporto logistico ad un Boeing-707. Non è richiesto alcun tipo di consenso politico.

Trenta equipaggi multinazionali provenienti da 15 delle 28 nazioni della NATO sono assegnati ai due squadroni operativi E-3A.

Fonte: www.ilgiornale.it/


7 Aprile 2016

Tesla Model 3 potrebbe però rappresentare quello spartiacque di cui parlavamo poc’anzi, quel punto di svolta, quel prodotto zero che farà da apripista a tutti gli altri, rivoluzionando per sempre il settore dell’auto e rappresentando forse quello che l’iPhone è stato per il settore dei telefoni cellulari.
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L’auto elettrica ad alte prestazioni Tesla Model 3 ha registrato un enorme numero di prenotazioni, nonostante ancora non siano completamente definite le caratteristiche.

Alle porte di Melbourne, in Australia, si è tenuta una drag race che ha visto protagonista una Tesla Model S P90D e un Boeing 737-800 in fase di decollo, che hanno lottato per decretare il mezzo con la migliore accelerazione.

La risposta è sì, perché il fondatore Elon Musk ha puntato come al solito sul web per i pre ordini online, aggiungendo una cifra quasi simbolica di 1.000 dollari o 1.000 euro di anticipo che non spaventa i futuri acquirenti e i nativi digitali abituati a comprare in rete qualsiasi cosa. Lo stesso Musk, guardando alle dinamiche dei primi ordini, aveva previsto in un tweet che “ci sarà bisogno di ripensare i piani di produzione…”.

Sono piovute le richieste, via Twitter sui tempi di consegna e Musk ha spiegato che non inizieranno prima della fine del 2017e partiranno dalla West Coast degli Stati Uniti per poi procedere per aree geografiche: “Non possiamo consegnare in tutte le regioni simultaneamente, troppo complesso”.

Scopriamo inoltre che “la due ruote motrici avrà un’ottima trazione sul ghiaccio grazie alla risposta rapida della distribuzione della coppia Tesladrivetrain”.

Proposta ad un prezzo di partenza pari a 35.000 dollari, la Model 3 vanta batterie a litio in grado di offrire – secondo i dati dichiarato dal Costruttore – un’autonomia di ben 345 km, più che sufficienti ad affrontare un viaggio di medio raggio senza effettuare soste.

Fonte:yellowmotori.com/


7 Marzo 2016

Esclusiva. In Kuwait nella base da cui partono i nostri aerei spia contro IsIS

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Nel sud del paese un contingente italiano collabora con gli americani per individuare i target dello Stato islamico Kuwait meridionale. Il comandante dell’aviazione kuwaitiana, il generale Abdullah al Foudari, spiega al Foglio come sono organizzate le operazioni aeree degli italiani che hanno base nel paese del Golfo per partecipare alla coalizione internazionale contro lo Stato islamico.

 

Il contingente, quasi duecento persone, è diviso in due tronconi: due droni Predator non armati sono al nord, nella base di Ali al Salem, vicino al confine iracheno – sono più lenti in volo e sono quindi piazzati più vicini alle aree da sorvegliare, che cominciano all’altezza della capitale Baghdad, quindi al centro del paese.

Quattro Tornado sono qui, al confine sud, nella base Ahmed al Jaber, assieme a un aereo cisterna per il rifornimento in volo che, dice il generale arabo, ha un ruolo strategico perché cambia il modo di pensare le operazioni aeree. Entrambi, Predator e Tornado, rispondono alla stessa richiesta, portano in volo sopra il territorio occupato dallo Stato islamico un crocchio di telecamere che cattura in video quello che succede sul terreno.

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Le immagini possono essere usate nella sorveglianza dei cosiddetti High Value Target, i leader dello Stato islamico che più contano nella catena di comando del gruppo. I quattro Tornado usano per la ricognizione un pod attaccato alla carlinga che è lo stesso usato dai quattro caccia Amx che a metà gennaio il governo italiano ha spostato nella base aerea di Birgi, vicino Catania, per effettuare voli di ricognizione sopra la Libia.

Il Kuwait per la Coalizione e per gli aerei italiani che ne fanno parte è come la Sicilia: un ultimo lembo di terra sicura da dove affacciarsi sopra un territorio che è necessario tenere sotto sorveglianza. “Questa è la guerra come si fa oggi, non ci sono più nemici convenzionali. L’ultimo conflitto combattuto nel modo classico fu qui in Kuwait nel 1991, per respingere le divisioni di Saddam Hussein”, sospira il generale, che quell’anno, da pilota, fu costretto a bombardare la base dove siamo seduti perché era occupata dagli iracheni.

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Nei corridoi del comando, alcuni piloti italiani nelle tute di volo kaki parlano di un atterraggio in Iraq a Baghdad da fare oggi (venerdì 26) e della necessità di chiedere documenti all’ambasciata italiana, il che sarebbe fuori da questo schema consueto: decollo in Kuwait, ricognizione e sorveglianza dall’alto in Iraq in volo sopra il territorio dello Stato islamico, ritorno in Kuwait.

I Tornado si alzano in missione tutti i giorni, uno imbocca la pista e decolla anche mentre parla il generale arabo, ma per ragioni di sicurezza non è possibile scattare foto Durante la guerra convenzionale del 1991 i giornali scrissero che i piloti della Coalizione avevano soltanto l’imbarazzo della scelta quando si trattava di trovare bersagli: l’autostrada che porta verso nord, verso l’Iraq, si trasformò – si disse – in un videogioco. Lo scenario oggi è opposto.

Le informazioni sui possibili obiettivi scarseggiano, gli aerei americani tornano alle basi senza avere completato le missioni in un numero importante di casi, per ogni missione d’attacco c’è molto più tempo da consumare in ricognizione.

Gli aerei italiani sono parcheggiati alla fine di un rettangolo di asfalto assieme ai velivoli usati dalle altre forze della Coalizione (sei jet canadesi sono andati via la settimana scorsa) in una sequenza così lunga che per percorrerla bisogna salire in auto: ci sono quattro C-130 da trasporto, una quindicina di F-18 kuwaitiani, almeno quattro V-22 Osprey, che hanno anche eliche in verticale perché sono un ibrido tra l’aeroplano e l’elicottero.

 

Questi ultimi sono usati anche per le operazioni delle forze speciali e per le missioni di salvataggio nel caso un pilota precipiti. Perché i mezzi e le squadre di salvataggio americani sono così lontani dalle possibili zone di pericolo, non sarebbe meglio sistemarli più vicino?

Da qui a Tikrit, per fare un esempio, è un’ora di volo. C’è prima da attraversare il Kuwait e poi tutto il sud dell’Iraq. Un ufficiale americano che comanda queste missioni dice al Foglio che le squadre sono sparpagliate in tutte le basi aeree attorno al teatro di guerra, ma non all’interno dell’Iraq, perché in quel caso la presenza americana si amplierebbe, servirebbero anche altri soldati per far funzionare le basi allargate. “Politics”, dice, e l’Amministrazione preferisce di no (in questi giorni in America si sta discutendo la possibilità di aprire nuove basi in Iraq).

 

La base è un poligono molto irregolare nel deserto, dal piattume non si alzano punti di riferimento, se non quelli artificiali: a nord c’è il campo petrolifero di Burgan, il più grande del paese, e per questo a tratti si vede un filo di fumo nero prodotto da qualche sfiato del greggio che brucia, ma si confonde con facilità nel cielo. In direzione opposta, vicino alla linea dell’orizzonte, ci sono alcuni vecchi hangar, “hanno ancora i buchi lasciati dalle bombe del 1991, durante la guerra contro Saddam Hussein”, dice il generale al Foudari.

Poi, circondato dagli attendenti, mostra da vicino un caccia americano F-18 Hornet con i colori del Kuwait dentro un hangar. Un suo pilota elogia l’evoluzione successiva, il super Hornet, che in questo momento può essere considerato un rivale per l’industria italiana. Non si parla però, in modo esplicito, del contratto enorme ancora in sospeso per l’acquisto da parte del Kuwait di 28 caccia Eurofighter, un affare da otto miliardi in cui è parte anche Finmeccanica, che secondo le stime del Sole 24 Ore prenderebbe il 50 per cento Gli ufficiali dello staff del generale raccontano che quando il ministro Roberta Pinotti è venuta in visita in Kuwait nel luglio scorso ha portato in regalo, nelle due basi dove sono gli italiani, l’equipaggiamento per costruire due forni da pizza. “Su a nord hanno chiesto in uso uno spazio supplementare, sempre per cucinare”, dice al Foglio il generale Mohammed, comandante della base di Ali al Salem.

“Quaggiù invece il forno era vicino alla pista, perché lavorano a ciclo continuo e non possono allontanarsi, ma adesso abbiamo dovuto spostarlo più indietro per ragioni tecniche”. “E’ una pizza gigante, quando me l’hanno offerta la prima volta credevo fosse da dividere tra tutti, invece mi hanno spiegato che era per me”, aggiunge un altro membro dello staff.

Duole dirlo, per chi soffre i luoghi comuni sugli italiani all’estero, ma questo tema della cucina è stato sollevato in separata sede anche dall’ufficiale americano che fa parte delle squadre di recupero e salvataggio.

“Ho portato controvoglia due dei miei, al ritorno mi hanno detto: mai più pizza americana”.

Fonte:www.ilfoglio.it/


5 Gennaio 2016

“L’America è grande. Trump è disgustoso”, “Trump è un dittatore fascista” oppure “Chiunque, ma non Trump”.Sono i messaggi aerei apparsi sopra il Rose Bowl, stadio di Pasadena, in California.

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L’idea è stata del magnate Stan Pate, dell’Alabama, sostenitore del Senatore della Florida Marco Rubio, anche lui candidato alla nomination repubblicana come Trump.

Non c’è posto per lui – ha detto Pate, citato da Cbs News – deve tornare in una delle sue alte torri e costruire edifici. E’ un uomo spregevole”. E l’imprenditore ha poi assicurato: “Non è finita, è solo l’inizio“.

Fonte:www.adnkronos.com/


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