Duomo di Modena

16 Dicembre 2013

Un libro di Artestampa svela l’anima della nostra cattedrale: dall’apertura di via Lanfranco ai bombardamenti del 1944

Il Duomo segreto, quello che non avete mai visto, quello che ha un’anima, quello attorno al quale la nostra città è cresciuta, finalmente è svelato. La sensazione è questa sfogliando le pagine di “C’era un volta il Duomo – Once upon a time” libro della collana Artestampa Arte, più che scritto è meglio dire raccontato da Matteo Al Kalak, il cui sapore storico sembra proprio racconti una favola.

Il lieto fine è quello dell’effetto che provoca a chi la frequenta, tra fede e ragione.

Le pagine scorrono veloci, ci si immerge, dalla morte di San Geminiano ai giorni nostri: ci sono i resti delle sepolture di epoca longobarda, i segreti di Lanfranco e Wiligelmo, i lavori di rifacimento del 1913, l’apertura dell’attuale via Lanfranco nel 1898, i bombardamenti del maggio 1944, l’apertura del sarcofago del Santo Patrono.

Scrive il curatore Al Kalak, che Carlo Bonacini ha scelto per dare un’emozione ancora più profonda tra un’immagine e l’altra (i crediti fotografici sono dell’archivio capitolare, dell’archivio Panini – Fondazione Fotografia, dei Musei Civici e di Ghigo Roli): «Ma proprio come un bambino, anche il Duomo cambiò linguaggio nel corso dei secoli, o per meglio dire lo arricchì: i maestri Campionesi lo resero più prezioso e aggraziato, insegnarono alla cattedrale una grammatica nuova e, con il rosone, le donarono un grande occhio sulla città. Alle storie di Wiligelmo – tratte essenzialmente dall’Antico Testamento – si aggiunsero quelle dell’età adulta. L’Ultima Cena e le storie della passione parlavano della redenzione e del sacrificio di Cristo dando così pienezza di linguaggio alla cattedrale. Sul suo fianco si apriva poi la più sontuosa delle porte, la porta Regia, destinata a interagire con la piazza e le magistrature civiche che in essa celebravano i loro riti. Si suggellava così un rapporto speciale con la città di cui il Duomo era lo specchio e, con le ultime aggiunte gotiche, le linee essenziali della fabbrica potevano dirsi ultimate».

L’opera, perché di opera si tratta, è stata accolta con soddisfazione anche in Curia. E lo si legge nelle parole del vescovo, monsignor Antonio Lanfranchi: «I monumenti innalzati nei secoli sono il segno di una costante ricerca. Ricerca di un senso, di un significato, tentativo di dominare gli eventi e comprenderli fissandoli nella pietra. Ciò che è inciso sembra, allo sguardo dell’uomo, destinato all’eternità, scolpito e stabilito per sempre nelle pieghe della materia. Questo è il messaggio che ancora oggi ci consegnano le grandi cattedrali del Medioevo, luoghi in cui i nostri avi hanno scritto una storia e custodito i loro tesori, anzitutto le reliquie dei santi e dei martiri. Il Duomo di Modena sta ancora oggi a dimostrarlo. Ripercorrerne la storia non significa solo sfogliare un album dei ricordi e ripensare come la cattedrale cambiò nel corso degli anni e dei restauri; vuol dire in primo luogo vedere in azione la cura dei modenesi per la casa del loro patrono, l’amore di una città che attraversa i secoli mantenendosi stretta ad alcuni punti di riferimento. San Geminiano e il suo tempio sono tra questi ed è ripartendo da qui che sarà possibile rendere quella casa aperta e accogliente per tutti di fronte ai tempi nuovi. Questa è, infatti, la missione di una cattedrale: essere un luogo di insegnamento in cui potersi ritrovare, svolgendo una riflessione sul futuro che ci attende. Con Geminiano e dietro di lui».

@dvdberti

Fonte:http://gazzettadimodena.gelocal.it


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