II Guerra Mondiale

30 Maggio 2016

“Sono state emozioni fortissime, perché non pensavamo più di riuscirci!”, descrive così le sue sensazioni il sub genovese Massimo Domenico Bondone dopo il ritrovamento del sommergibile inglese P311, rimasto sul fondo del mare sardo per 73 anni.

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Davanti all’isola Tavolara nel pieno della II Guerra mondiale è affondato il sommergibile inglese con a bordo 71 marinai, di cui dal 1943 non c’erano più notizie… fino a qualche giorno fa. Il sub Bondone con il supporto tecnico dell’Orso Diving Club dopo diversi tentativi, quasi rassegnatosi, ha finalmente ritrovato a 100 metri di profondità il relitto, praticamente intatto.

Gli echi della II guerra mondiale arrivano fino ai giorni nostri. Tuttora vengono ritrovati, su quelli che erano all’epoca i campi di battaglia, resti delle vittime o dei semplici elmetti, degli oggetti come a ricordarci quei momenti di immane tragedia.

Il sommergibile della Royal Navy era in missione per mettere fuori uso gli incrociatori Trieste e Gorizia, il destino ha fatto sì che dopo 73 anni proprio un italiano abbia ritrovato il relitto, un vero cimitero di guerra. Il cerchio si è chiuso, le famiglie dei marinai inglesi, che ora sanno dove giacciono i loro parenti deceduti in guerra, hanno già espresso la loro gratitudine per quest’importante scoperta al sub italiano.
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Sputnik Italia ha raggiunto per una testimonianza il protagonista del ritrovamento, Massimo Domenico Bondone.

— Massimo, come ha trovato il sommergibile inglese P311 sui fondali sardi?

— L’ho trovato perché avevo in programma un viaggio per immersioni in Sardegna, sono venuto qui per tanti anni, poi sono stato assente per oltre 15 anni. Poi ho voluto fare qualcosa di nuovo, ho iniziato a fare qualche ricerca storica sui relitti mai ritrovati, quelli più sconosciuti. Il primo è stato proprio questo sottomarino, perché adesso sto facendo un viaggio da nord a sud partendo da Genova, dove vivo. Sono partito in barca, un grosso gommone Zodiac e la prima tappa era proprio qui in Sardegna.

Che emozioni ha provato trovando il relitto sui fondali marini?

— C’è un grosso interesse per i relitti della I e la II Guerra mondiale, i sommergibili hanno sempre un fascino particolare per noi che andiamo sott’acqua. Le emozioni sono state fortissime, perché io e la squadra che mi ha aiutato non pensavamo più di riuscirci.
È già da un mese che sono qui, il mare era sempre non buono, stavamo per rinunciarci. Abbiamo insistito fino all’ultimo e poi l’ultimo giorno l’abbiamo trovato!

— Lei sa già che ne sarà del sommergibile, verrà ridato all’Inghilterra o rimarrà in Italia?

— In genere la tradizione vuole che sia lasciato dov’è. Una volta riconosciuto ufficialmente il P311, credo verrà fatta una cerimonia alla presenza di rappresentanti inglesi e italiani, perché questo è da considerare come un cimitero di guerra.

— A bordo del sommergibile ci sono i 71 corpi dei marinai inglesi. Possiamo dire che questo ritrovamento ha un valore particolare anche da un punto di vista umano?

— Sì, i corpi sono tutti dentro, perché navigavano in sommersione e quindi tutto è completamente sigillato.
Non c’è possibilità di entrare, per fortuna, aggiungo io. Sono passati 73 anni e credo che oramai, e come noi ben sappiamo, i nemici di una volta, ora sono amici.

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— A distanza di tutti questi anni il cerchio si è chiuso e i parenti hanno scoperto dove si trova il sommergibile, grazie alla sua scoperta.

— Ho già ricevuto segni di gratitudine da parte di parenti delle persone morte su questo sommergibile. Mi hanno scritto in privato. Sono molto sensibili in Inghilterra.
Ci sono molti sommergibilisti, molte associazioni di famigliari e parenti delle vittime.

Sono tutti molto contenti, perché ho avuto il dovuto rispetto verso coloro che sono morti lì sott’acqua.

Fonte:it.sputniknews.com/


27 Marzo 2014

Miscela Strategica – Il combattimento aereo manovrato, che risale agli albori dell’aeronautica militare, è ancora possibile nel moderno campo di battaglia? Scopriamolo insieme.

Duello aereo di altri tempi: Nieuport vs. Fokker Duello aereo di altri tempi: Nieuport vs. Fokker 

LE ORIGINI – L’utilizzo dell’aereo in battaglia risale alla Prima Guerra Mondiale (1914-1918), quando i biplani a elica svolsero inizialmente missioni da ricognizione. 

I piloti ben presto si resero conto che potevano infastidire gli avversari sparando con la propria pistola in dotazione e da quest’intuizione la Francia riuscì nel 1915, subito seguita dagli altri belligeranti, a montate sui velivoli mitragliatrici sincronizzate con i giri d’elica. Nacque così il dogfight (combattimento tra cani), lo scontro aereo ravvicinato, che consiste nel compiere manovre acrobatiche con l’obiettivo di posizionarsi alle spalle dell’avversario per utilizzare efficacemente le armi di bordo a corto raggio. Il termine inglese deriva dal fatto che nelle battaglie aeree i velivoli spesso giravano l’uno intorno all’altro con un movimento che richiamava quello di cani che si azzuffano rincorrendosi in cerchio. 

Inizialmente i piloti non fecero ricorso a tattiche particolari, ma con l’esperienza due assi tedeschi, Oswald Boelcke e Max Immelmann, svilupparono tecniche e manovre ancora valide oggi. Con i “Dicta Boelcke”, infatti, sono state codificate le prime regole del dogfight, tra le quali spiccano le seguenti: garantirsi una posizione migliore prima di attaccare (il sole alle spalle), attaccare sempre l’avversario in coda, formare gruppi di quattro o sei velivoli, attaccare lo stesso nemico con due aerei.

Immelmann, invece, ha dato il nome a una virata acrobatica utile a cambiare rapidamente direzione, spiazzando l’avversario. Queste tattiche, unite all’opportunismo in battaglia, hanno consentito a un allievo di Boelcke, Manfred von Richthofen, noto come il “Barone rosso”, di conseguire ben 80 vittorie. 

3 giugno 1967: un F-105D dell'USAF abbatte un Mig-17 nordvietnamita 3 giugno 1967: un F-105D dell’USAF abbatte un Mig-17 nordvietnamita 

DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE… – Le innovazioni tecnologiche come il passaggio dalla doppia ala a quella singola, l’incremento delle prestazioni e la varietà del carico bellico, hanno separato chiaramente i velivoli in base alle missioni da svolgere, distinguendo i caccia dai bombardieri.  

Ancora una volta i tedeschi hanno innovato le strategie, facendo utilizzare alla Legione Condor, impegnata nella guerra civile spagnola (1936-1939), la tattica degli “sciami” (schwarm), ideata dal pilota Günther Lützow

In pratica i caccia tedeschi attaccavano in formazioni da 4 oppure 6 aerei – gli “sciami” – suddivise in coppie (rotten) in cui era chiaro il ruolo del leader e del gregario in copertura. Questa tattica della Luftwaffe ha fortemente influenzato le altre aviazioni militari durante il secondo conflitto mondiale. 

Verso la fine della guerra (1944), i tedeschi schierarono per primi un caccia a reazione, il Me-262, precursore dei progetti degli aerei postbellici che avrebbe potuto ribaltare le sorti delle battaglie aeree. Ciò non accadde per una serie di motivi: sia perché questo velivolo rivoluzionario entrò in servizio troppo tardi, quando gli Alleati imposero la superiorità aerea alla Germania, ma anche per la mancata familiarizzazione dei piloti. Questi ultimi, infatti, invece di approfittare delle prestazioni velocistiche dell’aereo, ricorrevano alle vecchie tattiche da caccia legate agli affidabili Messerschmitt Bf-109, che però godevano di una manovrabilità maggiore. Bisogna tener presente che i piloti della Luftwaffe si trovarono in difficoltà a controllare il velivolo quando si avvicinava al muro del suono, visto che i comandi tendevano a irrigidirsi, e non erano preparati ad affrontare le consistenti accelerazioni di gravità – la “forza g” – che spesso li portavano a perdere conoscenza (G-Loc) con esiti disastrosi.

Un F-16C aggressor durante la "Red Flag" del 2006 Un F-16C aggressor durante la “Red Flag” del 2006 

…ALLE GUERRE DI COREA E VIETNAM – Il conflitto coreano (1950-1953) è stato il primo in cui si scontrarono aerei a reazione, come il Mig-15, di costruzione sovietica, e l’F-86 statunitense. Gli americani ottennero una schiacciante vittoria, legata alla superiorità dei piloti, quasi tutti veterani della Seconda Guerra Mondiale, esperienza che mancava ai nordcoreani, malgrado il supporto degli istruttori russi. Un’ulteriore svolta nel dogfight è avvenuta all’inizio degli anni Sessanta, quando le due superpotenze schierarono missili aria-aria a guida infrarossa e radar che sostituirono i cannoni come armi principali. Durante la guerra del Vietnam (1965-1975), gli USA si trovarono in difficoltà durante l’operazione Rolling Thunder (1965-1968), che prevedeva bombardamenti intensivi sulle infrastrutture civili e militari del Vietnam del Nord. L’operazione fu un grave insuccesso, sia per la mancanza di poli industriali e infrastrutture da colpire, che per la dura resistenza della contraerea e dei caccia avversari.

Il numero di abbattimenti diminuì drasticamente rispetto alla guerra di Corea, quindi la Marina Usa decise di istituire nel 1969 la United States Navy Fighter Weapons School, nota come Top Gun. La scuola, dal 1996 inglobata nel Naval Strike and Air Warfare Center, insegna tattiche avanzate di dogfight e gli istruttori, inquadrati in “agressors”, simulano il comportamento di piloti avversari con aerei agili dipinti con gli schemi mimetici dei potenziali nemici. Anche l’USAF ha reparti “aggressor” che utilizza durante l’esercitazione “Red Flag”, prevista dal 1975 una volta l’anno presso la base aerea di Nellis (Nevada), e alla quale da anni partecipano gli alleati. Scuole simili sono presenti in altri Paesi e in Russia, dove attualmente l’addestramento si svolge nella base aerea di Lipetsk a circa 500 chilometri da Mosca. 

 MiG-29 Fulcrum in addestramento MiG-29 Fulcrum in addestramento

 LA‘SUPERMANOVRABILITÀ’ RUSSA – Dal conflitto vietnamita alla fine della Guerra fredda, a parte alcuni incidenti e le guerre arabo-israeliane, i combattimenti aerei sono stati limitati. Le novità tecnologiche e gli adeguamenti strategico-tattici hanno ridotto ulteriormente l’importanza del dogfight, basti pensare all’operazione Desert Storm in Iraq (1991). Le forze della coalizione non faticarono a imporre la propria superiorità aerea con attacchi missilistici sui centri di comando e controllo, unite a missioni di controaviazione e di soppressione delle difese antiaeree (wild weasel). Gli scontri aerei furono pochi anche perché buona parte dell’aviazione irachena riparò in Iran. Malgrado quest’evidente tendenza, la Russia punta sulla “supermanovrabilità” dei propri caccia di quarta generazione, con nuove versioni dei modelli della famiglia del Mig-29 Fulcrum e del Sukhoi Su-27 Flanker. Proprio ai russi si deve la sperimentazione di alcune manovre acrobatiche impressionanti, come la “Cobra” e la “Kulbit”, quest’ultima possibile solo per i velivoli dotati di spinta vettoriale (cioè gli ugelli dei motori direzionabili). Gli USA invece hanno puntato sulla stealthness, con l’F-22 Raptor e l’F-35 Lightning II in sviluppo, su droni e su missili “lancia e dimentica” (stand-off).

CONCLUSIONI L’importanza del dogfight è stata ridimensionata nel corso degli anni e la possibilità di uno scontro del genere, tra forze tecnologicamente sbilanciate, è minima. La comparsa dei droni, la guerra elettronica, lo sviluppo di missili terra-aria avanzati, armi stand-off sempre più efficaci e la tecnologia stealth sono tutti elementi che in un campo di battaglia contemporaneo fanno la differenza e possono in parte agevolare o impedire non solo il dogfight, ma addirittura il decollo dei velivoli avversari.

Francesco Tucci

Fonte:www.ilcaffegeopolitico.org 


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