inchiesta

12 Aprile 2016

La denuncia. Le carte raccolte da un anonimo e inviate ai magistrati, a Palazzo Chigi e al ministero della Difesa ricostruiscono l’ascesa dell’ammiraglio

di MARCO MENSURATI

ROMA – Quella che rischia di essere la bordata finale per l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già pericolante dopo l’iscrizione al registro degli indagati da parte della procura di Potenza, potrebbe arrivare da un documento anonimo. Una denuncia in piena regola, inviata da quello che sembra essere un ex collega di De Giorgi, tra gli altri, alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, al ministro della Difesa.
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Si tratta di un documento dettagliato, arricchito da numerosi atti ufficiali e pezze d’appoggio originali. Trentacinque pagine ricche di episodi scabrosi, che raccontano, però in particolare due vicende che potrebbero accelerare l’uscita di scena del Capo di Stato Maggiore della Marina.

ROMA – Quella che rischia di essere la bordata finale per l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già pericolante dopo l’iscrizione al registro degli indagati da parte della procura di Potenza, potrebbe arrivare da un documento anonimo. Una denuncia in piena regola, inviata da quello che sembra essere un ex collega di De Giorgi, tra gli altri, alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, al ministro della Difesa.

Si tratta di un documento dettagliato, arricchito da numerosi atti ufficiali e pezze d’appoggio originali. Trentacinque pagine ricche di episodi scabrosi, che raccontano, però in particolare due vicende che potrebbero accelerare l’uscita di scena del Capo di Stato Maggiore della Marina.

Lrggi:inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2012/11/08/news/mandorle-46186503/?ref=HREA-1

di FABIO TONACCI

 

La prima è quella relativa a un episodio apparentemente grottesco. Una visita che nel giugno del 2013, De Giorgi fece ad una fregata presente nei cantieri di Fincantieri a Muggiano (La Spezia).

In quei giorni si stavano completando le ultime fasi di allestimento della nave. “Non gradendo la ripartizione delle aree destinate al quadrato ufficiali ed equipaggio – scrive l’anonimo – e dei camerini destinati al comandante e all’eventuale Ammiraglio presente a bordo”, De Giorgi ordinò ai dirigenti del cantiere presenti di “attuare senza alcun indugio” alcune modifiche indicate a voce. In seguito, ricostruisce l’anonimo, De Giorgi “ufficializzò questa sua volontà specificando di avviare i lavori richiesti anche in assenza dei preventivi e dei necessari atti amministrativi“.

Non si trattava di modifiche di poco conto. 
E lo sapeva bene il direttore degli Armamenti Navali, l’ammiraglio Ernesto Nencioni, che cercò di allestire in tutta fretta una pratica amministrativa per coprire l’intemerata di De Giorgi. Nell’ambito di quella pratica, il 25 luglio 2013, Fincantieri avrebbe presentato un “punto di situazione” dove si “chiedeva il pagamento” di 12 milioni 986 mila euro per la modifica dei quadrati, e di 30 milioni di euro per i camerini.

Di fronte alle perplessità di Nencioni, De Giorgi – ammiraglio noto per la sua passione per uno stile di vita upper class – confermò la “necessità di eseguire le modifiche strutturali da lui disposte“.

Le difficoltà opposte da Nencioni – che chiedeva un documento scritto e firmato da De Giorgi – furono infine superate da una lettera dello stato maggiore della Marina che diceva di procedere. Per la gioia di Fincantieri.

Al termine della vicenda – conclude l’anonimo – Nencioni rassegnò le dimissioni e si ritirò a vita privata“.

Il secondo caso rivelato dal dossier descrive inoltre il più misterioso dei contratti varati con la Legge Navale: lo stanziamento straordinario di oltre cinque miliardi di euro per il rinnovo della flotta. Una questione determinante anche per l’indagine di Potenza.

Secondo l’accusa dei pm lucani, De Giorgi avrebbe chiesto l’intervento di Gianluca Gemelli per far sbloccare dal ministro Federica Guidi questi stanziamenti.

E in cambio – sempre secondo le contestazioni -avrebbe fatto nominare al vertice del porto di Augusta una figura gradita al compagno della ministra.

Tra le navi finanziate con la Legge Navale una ha caratteristiche da 007: un mezzo lungo 32 metri che a pieno carico arrivi a 70 nodi, ossia 110 chilometri all’ora. Compito di questa super imbarcazione è trasportare squadre di incursori del Comsubin alla massima velocità: è previsto che tra uomini e armi, lo scafo arrivi a un carico di 36 tonnellate. Il tutto con materiali stealth invisibili ai radar.

Il contratto risulta essere stato affidato da De Giorgi alla società Aeronautical Service senza nessuna gara. Con una spesa di 30 milioni di euro.

Tutti gli atti sull’acquisto del superscafo risultano secretati e non sono mai state diffuse informazioni sul disegno del mezzo. Ma sono in molti a dubitare delle competenze dell’Aeronautical Service, un’azienda che non risulta avere realizzato progetti del genere: ha sede a Fiumicino, dove il suo fondatore – l’ingegnere Cristiano Bordignon – vanta diverse invenzioni nel campo delle tecnologie ma nessuna nave finora varata.

Nelle autorizzazioni della spesa militare ha a lungo giocato un ruolo chiave Valter Pastena, ex capo ufficio bilancio della Difesa e intimo di Gemelli, che oggi risulta indagato a Potenza: è stato intercettato mentre discute con De Giorgi di nomine e appalti, operandosi per mobilitare una rete di parlamentari Pd contrari alla riforma della Difesa voluta da Roberta Pinotti.

Fonte:www.repubblica.it/


27 Agosto 2014

Autopsia ed esame del Dna sui corpi dei militari morti nello scontro dei Tornado. Esperti dell’Aeronautica sono stati sentiti dalla Procura di Ascoli

 

di Domenico Cantalamessa

 

Ascoli, 26 agosto 2014  – Morte immediata. I quattro piloti vittime del terribile incidente aereo di una settimana fa, non hanno probabilmente avuto neppure il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo. I primi riscontri medico-legali non sembrano lasciare dubbi. Forse, meglio così. Non c’è stata alcuna agonia. Le lesioni gravissime evidenziate dalle autopsie (alcune complete, altre eseguite parzialmente per via dello stato in cui versavano i corpi) effettuate ieri all’Ospedale Mazzoni di Ascoli dalla troupe del Professor Adriano Tagliabracci, evidenziano che il decesso è stato immediato.

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Del resto, l’impatto tra i due Tornado si presume che possa essere avvenuto ad una velocità di circa 800 chilometri orari

Sembrerebbe anche da escludere l’ipotesi che uno dei due militari abbia accusato un malore poco prima dello scontro. Si dovrà invece attendere qualche giorno per avere i risultati del test del Dna, che potrà ufficialmente identificare ogni singolo corpo. 

Verranno infatti analizzati anche i campioni prelevati sui familiari delle vittime, per poterli comparare con i tessuti utili estratti dai resti dei piloti. E quindi anche per il “nulla osta” della magistratura per la consegna delle salme alle famiglie ci vorrà ancora qualche giorno. Si potrà quindi, a breve, fissare la date dei funerali di 4 piloti morti nel tragico scontro dei due Tornado avvenuto lo scorso 19 agosto sui cieli di Ascoli Piceno: Alessandro Dotto, Giuseppe Palminteri, Mariangela Valentini e Piero Paolo Franzese.

Intanto proseguono le indagini sul fronte giudiziario. 

Le scatole nere rimangono custodite dalle autorità di pubblica sicurezza locali, in attesa di essere decifrate, mentre nella mattinata di ieri sono stati sentiti dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Ascoli, Cinzia Piccioni, due ufficiali giunti da Roma che fungono da supporto investigativo ai Pm che stanno portando avanti l’inchiesta, a testimonianza – come sottolineato dalla Procura – della collaborazione che sta offrendo l’Aeronautica Militare e della volontà di mettersi a disposizione della magistratura ordinaria. 

Le indagini sono particolarmente complicate proprio per il fatto che ci sono molti aspetti altamente tecnici da analizzare. 
Il colloquio, durato circa tre ore, ha permesso di avere un quadro più chiaro sui meccanismi che regolano i voli, le esercitazioni militari e il tipo di assistenza offerta dai vari dispositivi radar di supporto ai piloti

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Prosegue inoltre la fase di raccolta dei reperti sul luogo del disastro, anche se la maggior parte degli elementi è stata recuperata ed è custodita in un capannone della Questura, dove ieri mattina c’è stato un sopralluogo del Pm Piccioni, assieme al Procuratore capo Michele Renzo e al Capo della Squadra Mobile Roberto Di Benedetto.

Fonte:www.ilrestodelcarlino.it


20 Agosto 2014

IMPATTO TRA I VELIVOLI È STATO PERPENDICOLARE

Rintracciati due dei quattro militari, tra i 31 e i 36 anni, che erano a bordo dei Tornado precipitati nelle Marche. Aperta inchiesta per disastro aereo colposo.

Sono andate avanti tutta la notte le ricerche per rintracciare i quattro piloti a bordo dei due Tornado dell’Aeronautica che martedì si sono scontrati in volo e sono poi precipitati in provincia di Ascoli Piceno. Verso le 11 di mercoledì mattina è arrivato l’annuncio del ritrovamento di un corpo carbonizzato, nella zona di Tronzano, appartenente a un uomo, forse nei resti della fusoliera di uno dei caccia. Poco dopo è stato localizzato anche il corpo di un altro pilota, una donna, in località Poggio Anzù, nella collina di fronte a quella in cui sono stati trovati i resti del primo militare. L’Aeronautica è stato netta sulle probabilità di ritrovare superstiti: «Escludiamo che i piloti dispersi a seguito dell’incidente aereo siano ancora vivi»

 

«Erano piloti esperti, erano capitani»

Intanto sono stati resi noti i nomi dei quattro militari che volavano sui due jet. Il capitano pilota Mariangela Valentini, 31 anni, di Borgomanero (Novara);il capitano pilota Alessandro Dotto, 31 anni di Ivrea; il capitano navigatore Giuseppe Palminteri, 36 anni, di Palermo; il capitano navigatore Paolo Piero Franzese, 35 anni, di Benevento. Fonti dell’Aeronautica hanno precisato che i quattro militari «erano piloti esperti, erano capitani»

Da sx in alto, in senso orario: Alessandro Dotto, Paolo Piero Franzese,  Giuseppe Palminteri,   e Mariangela Valentini

Aperta un’inchiesta

Mentre sono ancora in corso le ricerche dei dispersi, la Procura di Ascoli Piceno ha aperto un’inchiesta per disastro aereo colposo in relazione all’incidente. Il procuratore capo Michele Renzo l’ha affidata al sostituto Umberto Monti, che martedì notte ha tenuto una riunione in Procura con tutti i soggetti impegnati nelle operazioni di ricerca dei piloti scomparsi. Già sequestrati diversi componenti dei relitti finora rinvenuti

Impatto ortogonale

L’impatto fra i due caccia è stato ortogonale: in pratica i due aerei si sono scontrati perpendicolarmente mentre percorrevano una delle aerovie a disposizione per raggiungere il luogo di un’esercitazione. La commissione dell’Ispettorato sicurezza al volo è al lavoro per accertare le cause dell’incidente. Secondo il racconto dei testimoni, i velivoli stavano volando bassissimi quando uno ha centrato l’altro. I caccia erano partiti dalla base di Ghedi, in provincia di Brescia (dove mercoledì mattina sono arrivati i parenti dei piloti) per una missione di addestramento e sono precipitati a circa 30 km da Ascoli, fra i comuni di Venarotta e Gimigliano, provocando un vasto incendio. I due Tornado sono velivoli da combattimento acquisiti dall’Aeronautica militare a partire dal 1982.

Fonte:www.corriere.it/


20 Agosto 2014

Probabile l’errore umano, i mezzi erano stati severamente controllati.

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di FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA
 
Saranno le scatole nere dei due velivoli precipitati a dire come sono andate le cose. È un fatto, però, che i testimoni oculari raccontano di aver visto i due aerei militari volare a bassa quota, sui 500 metri, e scontrarsi frontalmente uno contro l’altro. Perché?
«Per un volo addestrativo», è spiegato dall’Aeronautica. Fonti della Difesa garantiscono che i due aerei volavano «sulla rotta prescritta» e soprattutto «alla quota stabilita». Con il che si delinea meglio anche il tipo di addestramento a cui si stavano dedicando i due piloti del Sesto Stormo di Ghedi (Brescia): un volo di guerra simulata.  

 

«Il Tornado – spiega infatti il Generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e presidente della fondazione di studi dedicati alla sicurezza “Icsa” – nasce come cacciabombardiere in grado di effettuare voli a bassissima quota.

In teoria può scendere sotto i 50 metri, ma in pratica, vista l’evoluzione degli ultimi conflitti, si è capito che scendere così in basso oltre che inutile è controproducente. E perciò in genere non si scende più sotto i 500 metri».  

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Ecco, è appunto a questa quota che sembra essersi verificato l’incidente. I due equipaggi si stavano preparando in vista di una esercitazione della Nato che si sarebbe tenuta in autunno. Esercitazione multinazionale di guerra simulata. Per questo motivo i due Tornado dovevano effettuare diversi passaggi a quote diverse, sempre in tandem.  

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«I nostri piloti – dice una fonte dell’Aeronautica – devono ormai essere sempre pronti a ogni tipo di missione. Avete visto: ieri l’Afghanistan o la Libia, domani chissà, magari la Siria. E in genere sono missioni affidate a una coppia di aerei».  

Si stavano dunque addestrando alla guerra aerea. «E siccome non abbiamo poligoni nel deserto – riprende il generale Tricarico – ma anzi abbiamo un territorio densamente abitato, ricco di valori ambientali o paesaggistici, o turistici, per noi un volo addestrativo è sempre uno slalom tra le prescrizioni fisse e quelle variabili, i cosiddetti Notam. Se in una data area è previsto un lancio di paracadutisti, o una manifestazione amatoriale, chi prepara il piano di volo dev’esserne più che consapevole».  

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torncrash10La memoria di Tricarico corre all’indietro. Al terribile incidente del Cermis, quando un jet militare statunitense impattò con una funivia a Cavalese, sulle Dolomiti, e tranciò venti vite. Era il 3 febbraio 1998. Tricarico presiedette la commissione d’inchiesta: «Al termine si decise che in Italia ogni sorvolo militare a bassa quota, di qualunque nazionalità fosse, andava prima autorizzato da noi. Una regola che non c’era e ora c’è»

 

Ma il Cermis qui non c’entra, così come l’età dei Tornado: è vero che sono in esercizio dagli Anni Ottanta, ma i più vecchi sono già stati radiati e quelli che operano subiscono severi controlli. Così è stato anche per quelli precipitati ieri. Peraltro è stranoto che i Tornado siano da sostituire. Vedi polemica sugli F35 che li dovrebbero rimpiazzare.  

 Non deficit strutturale, allora, ma probabile errore umano. «E mi duole dire – conclude Tricarico – che i tagli al bilancio della Difesa, per anni, hanno compresso soprattutto le spese per l’addestramento. Ma meno ore di volo significa meno confidenza con il mezzo. E ho paura che i nostri piloti siano ridotti ormai al minimo sindacale delle ore di volo».

 

Fonte:http://www.lastampa.it/



Un gruppo di ricercatori americani dell’Oregon ha appena proposto, sulla rivista Cell, una nuova tecnica di clonazione.

1 In che cosa differisce da quella usata per Dolly nel 1996?
Le due tecniche sono un po’ diverse. Per creare Dolly i ricercatori hanno «fuso» una cellula di ghiandola mammaria, con tutto il suo patrimonio genetico, con un ovocita privo, invece, del nucleo: il risultato fu una pecora «fotocopia» della donatrice di cellula mammaria.
In Oregon hanno utilizzato il metodo del trasferimento nucleare: hanno preso il nucleo di una cellula della pelle di un individuo e lo hanno trapiantato in una cellula uovo privata del suo Dna. Quest’ultima ha dato origine a staminali embrionali con le stesse caratteristiche genetiche di quelle dell’individuo di partenza. Si tratta della stessa metodica che aveva già usato John Gurdon sulle rane nel 1962.

2 Qual è la novità del metodo americano?
La novità proposta da Shoukhrat Mitalipov, a capo dell’équipe di ricercatori, sta nell’utilizzo dei terreni dove le cellule sono coltivate: in questo caso sono stati usati fattori particolari, come la caffeina, capaci di rendere i cromosomi più stabili e di aumentare l’efficienza delle cellule prodotte.

3 Qual è l’obiettivo di questi esperimenti?
È quello di produrre cellule staminali pluripotenti, capaci di differenziarsi in quasi tutti i tipi di cellule dell’organismo, da utilizzare per riparare tessuti danneggiati da malattie (infarto, Parkinson, lesioni midollari, diabete e via dicendo). Il vantaggio è che queste staminali possono essere prelevate dal paziente stesso e ne hanno le stesse caratteristiche genetiche: una volta trapiantate, non subiscono cioè un rigetto da parte dell’organismo.

4 Ci sono altre strade per produrre cellule staminali capaci di dare origine a tutti i tessuti dell’organismo?
Esiste un altro metodo chiamato «riprogrammazione genetica»: è stato messo a punto da Shinya Yamanaka (Nobel insieme a Gordon nel 2012). Il ricercatore giapponese è partito da cellule cutanee adulte di topo e ha inserito nel loro nucleo quattro geni della staminalità: geni cioè capaci di ringiovanirle e di trasformarle in staminali pluripotenti.

5 È possibile ottenere staminali per altre vie?
C’è una terza via, quella più controversa sul piano etico, che sfrutta gli embrioni stessi per ricavare cellule totipotenti. A parte le questioni etiche, queste cellule, se utilizzate per riparare tessuti malati, subirebbero un rigetto da parte dell’organismo ricevente.

6 In passato si è parlato di false clonazioni. Che cosa è successo?
Nel dicembre del 2002, Rael, leader della setta dei Raeliani (un movimento che crede negli extraterrestri e nell’immortalità) aveva annunciato, insieme alla scienziata Brigitte Boisselier, la clonazione di una bambina, Eva. I giornali di tutto il mondo ne avevano parlato, ma la vicenda si è poi rivelata, come c’era da aspettarsi, una bufala.

7 Ci sono altri casi?
Un altro «falso» ha ingannato per un po’ anche la comunità scientifica: il sud-coreano Hwang Woo-suk aveva pubblicato, su Science, nel 2004 e nel 2005 alcuni esperimenti di clonazione: in alcuni casi aveva utilizzato ovuli di donne e nuclei prelevati dalle loro stesse cellule, in altri aveva eseguito trasferimenti nucleari in cellule di malati. Alla fine si è scoperto che i dati erano stati falsificati, così i lavori sono stati ritirati dalla rivista e il ricercatore è stato condannato per frode. La falsificazione, però, non riguardava tanto gli esperimenti, che erano riusciti, ma le percentuali di successo che erano state esagerate dal ricercatore.

8 Qual è la differenza fra clonazione terapeutica e clonazione riproduttiva?
La prima ha lo scopo di produrre staminali da usare nella medicina rigenerativa: per riparare cioè organi e tessuti danneggiati dalle malattie. Con la clonazione riproduttiva si vuole, invece, fabbricare la copia di un essere vivente. Dopo Dolly sono state clonate, con la tecnica del trasferimento nucleare, molte altre specie di animali, fra cui conigli, mucche e gatti. Secondo alcuni, la nuova metodica, proposta dai ricercatori dell’Oregon, potrebbe essere così efficiente da rendere possibile la clonazione delle scimmie. Quella dell’uomo resta, comunque, molto lontana.

di Adriana Bazzi

Fonte:www.corriere.it


14 Febbraio 2013

ROMA – L’inchiesta su Finmeccanica mette a rischio la commessa indiana per 12 elicotteri, ballano 500 e passa milioni. Sarebbe una “botta” per l’industria italiana, una botta che fa male ma che si assorbe, come un dolorosissimo livido. Se però alla prima botta aggiungi la seconda, cioè la sconfitta diventata ora più probabile nella gara per fornire agli Usa l’aereo base per l’addestramento dei piloti, allora i milioni diventano miliardi e la botta diventa sanguinosa ferita, altro che doloroso livido. Se poi ci aggiungi ancora le conseguenze, già all’Italia minacciate, dalla rinuncia totale o parziale degli F35, cioè meno commesse e soldi per le fabbriche italiane del settore, allora sommi e vedi che butta male dal cielo per l’industria aeronautica italiana. Lassù qualcuno…non ci ama e l’Italia che fabbrica ali rischia l’osso del collo.

I guai vengono dal cielo, sotto forma di elicotteri, aerei, F35. L’Italia li produce come quasi nessun altro al mondo, in termini di qualità, e li vende all’estero. E ne compra anche in notevole quantità, ne compra l’Aeronautica italiana, e quello che spende è almeno in parte compensato dagli investimenti delle aziende estere nel nostro Paese. Un cane che si morde la coda, un “Rischiatutto” che l’Italia sta giocando.

L’inchiesta della magistratura italiana sui 12 elicotteri venduti da Finmeccanica all’India ha fatto emergere l’accusa di tangenti e la conseguenza è stata che Nuova Delhi, in attesa della fine dell’inchiesta, non ritirerà altri elicotteri oltre i tre già consegnati. Cosa rischia l’Italia? A stretto giro un impatto sulla produzione e sul fatturato delle fabbriche italiane. Ma il rischio è anche più ampio se di diffondesse nel mondo l’idea che noi italiani paghiamo tangenti e attiriamo inchieste, o anche solo che la nostra magistratura è “più brava” a scovare l’intoppo. Finmeccanica è un colosso in Italia, che muove miliardi di euro, che colpo sarebbe sull’economia italiana si può facilmente intuire.

Se l’India non volesse più gli Aw-10 dagli stabilimenti di AgustaWestland a Vergiate, a Yeovil e a Filadelfia uscirebbero 9 elicotteri in meno su una produzione totale di 200 macchine l’anno, un danno non indifferente ma neanche irrimediabile. Gli effetto a lungo raggio non sono così indolori, come si legge su La Stampa:

Ma se si considerano i riflessi a lungo raggio Finmeccanica rischia di diventare un fornitore meno appetibile nel mondo? Si dice che possa finire in una specie di lista nera. Un analista del settore, Pietro Batacchi (direttore della rivista Rid) minimizza il pericolo: «Intanto mi pare improbabile che l’ordine indiano venga cancellato. Non è facile trovare in giro per il mondo aziende con le macchine di AgustaWestland. E quanto alla black list, anche se le mazzette fossero dimostrate, il che è tutto da vedere, non mettiamoci in testa che l’Italia sia un caso speciale. Anni fa la britannica Bae System è stata coinvolta in un grosso scandalo in Arabia saudita per i Tornado ma poi è tornata a vendere allo stesso cliente i Typhoon». E udite udite, c’è del marcio persino in Scandinavia: «Che cosa c’è di più pulito, onesto e trasparente della Finlandia? Eppure la finlandese Patria, un grande produttore di blindati, tempo fa è finita nei guai per una storiaccia dello stesso genere».

 

E sono in bilico anche le commesse negli Stati Uniti. Loren Thompson, analista del Lexington Institute, dice: “Il programma più importante che vede in corsa Finmeccanica in questo momento riguarda il jet di addestramento per tutti i piloti delle forze armate americane. È il primo velivolo sul quale un pilota sale per apprendere a volare. Finmeccanica è in gara contro Lockheed Martin e Bae System, due aziende americane. Questo significa che già in partenza è più debole. Lo scandalo delle tangenti rischia di diminuire ancor più la possibilità di prevalere”.

Sugli F35 un altro “Rischiatutto”. L’Italia spenderà 15 miliardi ma nel frattempo 27 aziende, la maggior parte delle quali appartenenti al gruppo Finmeccanica, godranno di contratti per 9 miliardi di dollari. “Non è elegante dirlo -dice Stephen O’Bryan, prossimo direttore operativo del programma F35 – , ma se un paese acquista un aereo non può aspettarsi la quantità di investimenti dell’Italia che ne compra 90″.

Fonte:www.blitzquotidiano.it


25 Ottobre 2012

Roma, Italia – Pozzessere: “Mi chiese ‘Una provvigione’, ma io rifiutai”

(WAPA) – Spunta un nuovo nome nell’inchiesta napoletana su Finmeccanica, che ieri ha portato all’arresto dell’ex-direttore commerciale del gruppo Paolo Pozzessere ed all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex-ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola (AVIONEWS): si tratta di Esteban Caselli, senatore eletto nella ripartizione Sudamerica della circoscrizione Estero.

Nel verbale dell’interrogatorio di Pozzessere dell’11 novembre scorso, pubblicato oggi da numerosi organi di stampa italiani, l’ex-dirigente Finmeccanica dichiara che nel marzo-aprile 2001 fu contattato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che gli chiese se Finmeccanica fosse interessata ad una commessa di aerei ed elicotteri per l’Indonesia. “A tale domanda -dice Pozzessere– io risposi affermativamente e lui mi disse che c’era un suo amico, il senatore Esteban Caselli, che poteva esserci utile, nel senso che Caselli conosceva una persona che poteva esserci utile per la trattativa in Indonesia; dopo qualche giorno mi chiamò il senatore Caselli e mi disse che mi avrebbe presentato tale Tsatsiky, che era l’uomo che poteva aiutarci nella trattativa”.

Il senatore fissò un appuntamento con Tsatsiky nell’ufficio di Pozzessere per il 27 giugno 2011, ma l’incontro non si svolse: secondo Caselli l’intermediario indonesiano “Non aveva fornito sufficienti garanzie”. Secondo l’ex-dirigente Finmeccanica le cose sarebbero però andate diversamente: “Un mio collega responsabile di Finmeccanica a Londra Alberto De Benedictis, mi disse di aver incontrato Tsatsiky il quale gli aveva detto che il senatore Caselli gli aveva chiesto dei soldi per farlo incontrare con me e per avere un mandato di agenzia da Finmeccanica, o meglio da Alenia”.

I rapporti tra Pozzessere ed il senatore non sono però limitati a quell’episodio: l’ex-manager riferisce che, tempo dopo, Caselli andò a trovarlo nel suo ufficio, proponendo la vendita di un elicottero al ministero dell’Interno. “Gli dissi di mettersi in contatto con Agusta e cioè la società del gruppo che si occupa di elicotteri; a tal riguardo gli diedi il nominativo della persona di Agusta. Nella medesima circostanza mi chiese quale sarebbe stata la ‘Provvigione’ e io gli risposi freddamente che lui era un senatore della Repubblica e che, semmai, in presenza di presupposti commerciali, la provvigione per un mediatore/agente esperto del settore e per un affare di quel tipo, pari a 4,5 milioni di Euro, poteva andare dal 5% al 10%. Ritengo che anche tale vicenda non sia andata in porto”. (Avionews)
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Fonte:www.avionews.it


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