l’ombra del narcotraffico


La scomparsa nell’arcipelago caraibico dell’aereo con a bordo Vittorio Missoni riporta alla luce una serie di domande relative alla reale sicurezza dell’aviazione venezuelana ed al rischio che i signori della droga sequestrino i mezzi eliminando i passeggeri per trasportare la merce in clandestinità

Ancora avvolta nel mistero la sparizione nelle acque dell’arcipelago di Los Roques del bimotore britannico Britten Norman BN2 con a bordo il figlio di Ottavio Missioni, Vittorio, accompagnato dalla moglie, Maurizia Castiglioni, e da due amici.

LA SPARIZIONE IN ACQUE CRISTALLINE – Il loro bimotore, datato 1968, è svanito nel nulla mentre era impegnato a portare il quartetto dall’aeroporto di Los Roques a quello di Maiquetia / Simon Bolivar della capitale Caracas. Il destino del velivolo bianco però si è accomunato a quello degli altri 56 aerei svaniti sull’arcipelago venezuelano negli ultimi 15 anni. Il loro destino? Ignoto. E non è tutto. La scomparsa del velivolo con a bordo Missioni è avvenuta esattamente cinque anni dopo la sparizione di un altro bimotore, questa volta un Let – 410 di costruzione cecoslovacca, svanito anche lui nel nulla, inghiottito dalle acque cristalline dell’arcipelago di Los Roques. La differenza stava nella rotta. Quello di Missoni stava venendo via dall’arcipelago, quello dei 14 italiani era in procinto di arrivare. Ma tutti e due si trovavano a circa mezz’ora di volo dall’aeroporto.

CHI CERCA TROVA – Perché è necessario sottolineare quel “cristalline”? Semplice, perché risulta alquanto improbabile che un velivolo sia scomparso nel nulla senza lasciare una traccia di sé in uno specchio di mare dalla profondità variabile da 0 a 1500 metri. Neanche una vite, non un pezzo di lamiera. Niente di niente. Per dirne una, in poco più di un anno si riuscì a recuperare il relitto, insieme alle scatole nere, dell’Airbus A330 – 200 appartenente ad Air France ed inabissatosi in pieno Oceano Atlantico, a circa 4000 metri di profondità mentre collegava Rio de Janeiro con Paris Charles de Gaulle.

IL RINVENIMENTO DEL COPILOTA – In quel caso fu addirittura possibile recuperare una cinquantina di corpi. Qui niente. Le vittime scompaiono nel nulla come i mezzi. O quasi. Pochi giorni dopo l’incidente del 2008 venne ritrovato sulla spiaggia di Adicora, nello stato di Falcon, distante circa 400 chilometri dal luogo del sinistro il corpo di Osmel Alfredo Avila, il copilota. Questi venne ripescato integro, con addosso il giubbino di salvataggio della compagnia. A confondere gli investigatori furono però tre dettagli: il viso era scarnificato, il corpo non sembrava quello di un uomo rimasto nove giorni esanime in mare ed i polsi erano abbastanza maltrattati. C’è di più. Secondo l’autopsia l’uomo morì per via di un fortissimo trauma al petto con danni gravi al cuore. Una dinamica compatibile con l’urto. Ma nei polmoni non c’era acqua. Allora vuol dire che non è annegato

L’IMPOSSIBILITA’ DI UN AMMARAGGIO – Per di più. Come fatto notare su Myaviation.com, l’Lte-410 di costruzione cecoslovacca non aveva uscite di sicurezza ma solo un portellone posto nel retro che si apre a spinta. In caso di ammaraggio quindi i passeggeri non sarebbero potuti uscire, a meno che non si fosse rotta la carlinga. Ma in quel caso l’impatto sarebbe stato tale da uccidere le persone a bordo. Allora che fine ha fatto? In Venezuela sembra che già sappiano quale sia la verità ma che nessuno abbia voglia di svelarla pubblicamente: l’aereo è stato dirottato dai narcotrafficanti i quali, dopo aver ordinato ai piloti di scendere a pelo d’acqua per non essere monitorati dai radar, li fanno sparire nel nulla.

DOMANDE OBBLIGATORIE – La scorsa settimana il settimanale “Oggi” ha dato una versione identica ma in questo caso siamo “aiutati” dalla stampa e dai blog del paese sudamericano. Non sappiamo se questa è stata la fine di Vittorio Missoni ma certo siamo costretti a porci tutte le domande, anche le più difficili. Rimanendo sull’incidente del 2008, El Universal, quotidiano locale pubblicò all’epoca un elenco di quelle che furono le stranezze di quell’incidente, il quale a quanto pare non sembra più tale. O almeno le evidenze ci rivelano una realtà del tutto nuova.

“NON SALITE SU QUESTO AEREO” – Tutto è partito alle 9.38 del 5 maggio 2008. Il pilota, Esteban Bessil, 72 anni, comunica alla torre di Controllo che a bordo del Let-410 ci sono 18 persone, compresi lui ed il copilota. E già qualcosa non quadra, in quanto i passeggeri registrati sono 14. Famiglia Durante.org, sito che raccoglie le analisi e le testimonianze dell’incidente, ha raccolto la storia di una donna venezuelana la quale si sarebbe dovuta imbarcare con un marito e due cognati. Al momento della salita a bordo venne detto loro che avrebbero dovuto cambiare aereo perché quello previsto non poteva caricare altri passeggeri. Eppure vennero fatte salire quattro persone prima del decollo, evidentemente al posto loro. Perché? 

INCIDENTE IMPOSSIBILE – Bessil riportò 25 minuti dopo il decollo, ad una distanza di 16 miglia nautiche, lo spegnimento di entrambi i motori e la necessità di un ammaraggio di emergenza. Guasto? Secondo gli esperti nel campo dell’aviazione un problema simultaneo ad entrambi i propulsori è impossibile. Finita la benzina? No. L’aereo partì da Maiquietia / Simon Bolivar con carburante sufficiente per tre ore di volo. Allora perché non usare le tracciature radar? Perché a Los Roques non esiste nulla del genere, come dimostra la foto sottostante la “torre di controllo” è un cassone sul rimorchio di un camion, mentre l’impianto dell’aeroporto di partenza era semplicemente guasto.

L’AUSTRALIANO CON LA TESTA FRACASSATA – Ad allarmare maggiormente è un altro caso, riportato da El Universal relativo alla sparizione di un Cessna 402 dalla sigla YV 784 avvenuta il 2 marzo 1997. In questo caso il velivolo è scomparso dai radar due minuti prima dell’atterraggio a Los Roques, ed anche qui non è stata rinvenuta neanche una vite. Il giorno dopo apparve dall’acqua il corpo di un cittadino australiano. Anche in questo caso non c’era acqua nei polmoni anche se la vittima presentava fratture in varie parti del corpo oltre ad una ferita alla testa che per alcuni doveva essere stata inferta con un colpo di pistola.

PERCHE’ RUBARE L’AEREO? – In quel volo, operato dalla Chapi Air, erano presenti anche due italiani, Mario Parolo e Teresa De Bellis, svaniti nel nulla. Il portavoce dell’ambasciata italiana definì quell’incidente inspiegabile e relativamente alla possibilità che il velivolo possa essere stato preso dai narcotrafficanti, il portavoce fu estremamente chiaro:

“Se avessero voluto rubare l’aereo, perché avrebbero dovuto aspettare fino a quasi arrivare a Los Roques a commettere l’atto? Perché tenere con sé cinque passeggeri?

Secondo le ricostruzioni venezuelane, poi, anche in quel caso vennero aggiunte a bordo due persone non iscritte nel registro passeggeri, ed anche in quel caso il pilota aveva almeno 70 anni.

PIU’ SICURO E MENO DISPENDIOSO – Ma i narcotrafficanti non possono acquistare degli aerei? No, perché viene loro più comodo affidarsi a delle carrette registrate in un Paese, il Venezuela, dove il controllo aereo è a dir poco “precario”, come vedremo più avanti. Inoltre molti voli decollano nonostante non vi sia alcuna registrazione da parte delle autorità per questo se scompaiono ufficialmente non si può dire da dove siano partiti. Gli aerei prima verrebbero privati dei sedili. Successivamente verrebbero equipaggiati con serbatoi supplementari, si cambia la loro registrazione e quindi via, si parte per una nuova avventura, generalmente Honduras o Africa occidentale. A pilotarli? Dei piloti spesso anziani e spericolati. E nel caso si possono usare delle società fittizie per operare meglio sotto copertura. Un po’ come avvenne in Lost con il velivolo dei falsi preti.

MANCAVA IL GPS – Fantascienza? Chissà. Nel dubbio si devono mettere insieme tutti i tasselli per avere in mano uno scenario quantomeno credibile. Aeroclubmodena ci spiega che il velivolo aveva benzina sufficiente per tre ore di volo -anche in questo caso- e che il Gps non era attivato, e come spiega El Universal per la legge venezuelana il bimotore doveva avere per legge l’apparecchio a bordo. Ma visto che non vi sono dati trasmessi neanche dall’apparecchiatura di emergenza chiamata “Baliza 406 mhz” vuol dire che o era assente o i piloti non lo hanno mai acceso. Insomma, gli aerei improvvisamente “fanno ciao”, come scrive “Agoramagazine“. Non c’è controllo neanche nell’aeroporto della capitale. Si sale, si decolla, si ordina una direzione e basta, chi si è visto si è visto.

UN VELOCE RIASSUNTO – Facciamo un riassunto: abbiamo tre incidenti aerei. In due di questi c’è la certezza che sono stati imbarcati passeggeri in più rispetto a quanto certificato dalle liste ufficiali. In altri due casi il carburante era sufficiente per tre ore di volo nonostante la distanza da Maiquetia a Los Roques sia di soli 45 minuti. In attesa di un risultato relativo ai dati di volo dell’aereo su cui era a bordo Missoni sappiamo che nel caso del Let – 410 il radar della Capitale era rotto mentre per quanto riguarda il Cessna nessuno ha mai acceso -o montato- il Gps a bordo. E per finire gli aerei sono scomparsi nel nulla dopo una brusca comunicazione con la torre di controllo. Arriveranno nella regione di Apure, nell’est del Paese, dove secondo il Corriere della Sera si nasconde un’importante base del Narcotraffico? Chissà.

TRANSAVEN E CHAPI AIR? LA STESSA COSA – Basta? No. Raccogliamo infine la testimonianza di un ingegnere, Daniel Lara Farìas, ex membro dell’Inac -l’ente venezuelano per la sicurezza dei cieli- che ci racconta cosa si nasconda dietro le sigle Transaven e Chapi Air. La Transaven venne fondata nel 1987 da Efrain Rodriguez il quale volle una compagnia che collegasse il Venezuela con i Caraibi olandesi. Gli aerei già allora erano i famigerati Let-410, economici e molto pratici, anche se privi dell’attrezzatura a norma.

GLI IMPICCI CON L’INAC – Il primo a sparire nel nulla nella rotta per Los Roques fu il fondatore ed i suoi resti mai più ritrovati. I figli Efrain e Miroslaba rimasero a capo dell’azienda e di un’altra di loro proprietà, la Chapi Air. Lara Farias ha sempre sottolineato come vi fu un rapporto particolare tra i Rodriguez e l’Inac, al punto che lui stesso perse il lavoro per via di tali legami. Nel 2005 il tecnico doveva occuparsi di verificare l’effettivo stato di manutenzione degli aerei Transaven. Questi vietò alla compagnia di operare i collegamenti con Bonaire e Curaçao in quanto l’aereo destinato al viaggio era privo della copertura assicurativa. Pochi giorni dopo l’uomo venne contattato dalla polizia aeroportuale di Valencia, in Venezuela. Gli agenti dissero che un velivolo Transaven stava imbarcando passeggeri anche se nei moduli di bordo non era stata segnalata la matricola. Lara Farias spiegò che non c’era perché mancava il permesso al decollo. Allora la polizia fece scendere tutti e bloccò l’aereo.

VOLEVANO VOLARE SENZ’ASSICURAZIONE – Pochi minuti dopo il tecnico ricevette la telefonata rabbiosa di un alto graduato della compagnia che gli passò il Presidente che lo accusò a sua volta di aver creato un danno all’azienda. Lara Farias rispose sostenendo che non avrebbe mai fatto partire un aereo senza polizza di assicurazione. La telefonata si concluse con un “questa storia non finisce qui”, gridato dal Presidente. Giorni dopo venne ricevuto dal responsabile dell’Inac, l’ingegnere Olga Scott, e dall’avvocato Lanza. La Transaven voleva la sua testa.

LICENZIATO PER AVER RISPETTATO LA LEGGE – Dopo alcuni giorni vidi uscire il gerente di operazioni della compagnia e il presidente della stessa dall’ufficio della gerente di linea Ing. Olga Scott. Seppi poi che avevano richiesto un appuntamento per parlare del caso, si riunirono con l’Ing. Scott e con l’Avv. Carmen Lanza, capo della divisione di Operazioni Internazionali, alla quale appartenevo. Secondo quanto mi raccontò l’Avv. Lanza erano volati insulti e improperi contro di me e chiesero la mia testa. La stessa Scott lo licenziò pochi mesi dopo.

UN DUBBIO ATROCE – Lara Farias scoprì poi che la Scott era moglie del copilota dell’aereo incriminato e che la donna venne licenziata dall’Inac dopo poche settimane perché si scoprì che fu lei a firmare l’autorizzazione al decollo dall’aeroporto di Maiquetia di un Dc9 carico di droga. La Stampa ha riportato le voci degli italiani di Los Roques che spazzano via l’idea della presenza di narcotrafficanti in zona ed incolpano le carrette del mare. Ma questa è la storia, questi sono i rapporti e questi sono i dubbi che riguardano una vicenda, quella dei 57 aerei svaniti nel nulla, che non può essere liquidata con un “colpa delle carrette del mare”. Anche perché avremmo trovato qualcuno. Ma probabilmente di Vittorio Missoni, così come di tutti gli altri svaniti in passato, non sapremo più nulla.

(Photocredit Lapresse / Airliners.net / Panoramio)

Fonte:www.giornalettismo.com


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