mare

21 Agosto 2016

Ed infatti così e stato.
Il solito “dinamico trio” composto da Mirco, Robertino ed io siamo decollati venerdì mattina verso quel di Fano…

20160819_101635

Dopo il solito conciliabolo pianificatorio pre volo, siamo decollati a bordo dell’I-EMHW, il Piper Arrow dell’Aero Club di Modena.
Il piano di volo per l’andata, ci vedeva procedere dopo il decollosulla rotta standard fino ad Imola, inoltrandoci poi sulla collina romagnola verso Predappio poi giù verso Mercatino Conca per poi scendere verso l’Aeroporto di Fano.

route

Dopo l’atterraggio ci siamo ristorati al bar del terminal con un aperitivo in attesa del taxi che ci avrebbe poi portato al “Ristorante Pizzeria Da Yankee”…(www.ristoranteyankeefano.it/ )

Che dire, un gioiellino di posto, ubicato praticamente a due passi dal mare (nel vero senso della parola n.d.r.) e coperto nella parte estiva da due “teloni bianchi” sorretti da travi in legno a “V”che, unitamente al pavimento anch’esso in legno ricordano il ponte di una barca a vela.
20160819_124014 20160819_124836 20160819_134553 SAM_7394
Ottimo il pranzo a base di pesce, Mirco ed io abbiamo condiviso una Grigliata Mediterranea alla Fanese, Robby si è invece preso degli spiedini.

Contorni comprendevano verdure grigliate e patatine fritte, il tutto innaffiato da un magnifico “Bianchello del Metauro Giglio” del 2015.

Dopo il caffè ci siamo incamminati verso il Porticciolo di Fano per una “passeggiata digestiva”, in attesa del taxi che di li a poco ci avrebbe prelevato per ricondurci in aeroporto.

20160819_140117 20160819_141154 20160819_143400
Espletate solite pratiche burocratiche ci siamo incamminati……cioè siamo andati di corsa sotto uno scroscio di pioggia, verso il piccolo Piper al grido di ”dove sono le chiavi dell’aereo “…..( in tasca al pilota ovviamente 😉 ….n.d.r.)

Decolliamo…..

20160819_145057 20160819_144712 SAM_7412
Poco dopo aver staccato le ruote dalla pista in erba dello scalo marchigiano, ci eravamo già lasciati il temporale alle spalle.

Sapendo infatti che l’Appennino avrebbe nel pomeriggio ”buttato su” un po’ di cumulaglia e qualche temporale qua e la, la rotta pianificata per il rientro prevedeva il lungo costa fino a Casalborsetti, il rientro sulla terra ferma dirigendo verso Ferrara poi giù giù per Carpi, Campogalliano ed infine Modena, dove siamo arrivati un’ora e vent’otto minuti più tardi…

Bel giretto ed ottima compagnia….

….come sempre del resto…

 

P.G.


19 Maggio 2016

l relitto dell’aereo di Egyptair scomparso dai radar questa notte mentre era in volo fra Parigi e Il Cairo è stato individuato al largo dell’isola greca di Karpathos, in acque territoriali egiziane. Lo riferiscono i media francesi.

Il volo MS804, con 66 persone a bordo (56 passeggeri e 10 membri dell’equipaggio), ha fatto perdere le sue tracce quando si trovava già nello spazio aereo egiziano, a circa 280 chilometri dalla costa. Le condizioni del tempo erano buone.

L’aereo, a quanto ha detto il ministro della Difesa greco, ha compiuto brusche virate e ha improvvisamente perso quota prima di scomparire dai radar.

egy
Navi egiziane stanno convergendo sul luogo in cui è stato individuato il relitto, riferiscono i media, nel mar Egeo fra Rodi e Creta.

«La possibilità che si sia trattato di un atto terroristico è più forte di quella del guasto tecnico», ha affermato il ministro dell’aviazione civile, Sherif Fathi, aggiungendo che non è ancora il momento per trarre delle conclusioni, ma che l’ipotesi del terrorismo resterebbe una delle possibilità più accreditate.Funzionari della sicurezza egiziana stanno eseguendo controlli sull’identità dei passeggeri per verificare eventuali loro collegamenti con estremisti e quindi la possibilità che un attacco terroristico abbia abbattuto l’aereo.

Ad avvalorare la tesi del terrorismo le prime indiscrezioni trapelate dall’aministrazione Usa. «Le prime indicazioni sono quelle di una bomba»: così fonti dell’amministrazione Obama citate dai media Usa sull’aereo della Egyptair precipitato nel Mediterraneo. Le stesse fonti – spiega la Cnn – affermano anche di non essere a conoscenza di alcuna minaccia particolare che avrebbe preceduto la scomparsa dell’aereo.
egy4
È giallo sull’eventuale invio di un messaggio di Sos. Fonti dell’EgyptAir avevano riferito che poco prima della sparizione dai radar, alle 2.26, dall’aereo era partito un Sos, mentre un segnale di emergenza è stato captato alle 4.26, circa due ore dopo aver perso le tracce del velivolo. Quest’ultimo segnale, secondo la compagnia, potrebbe essere stato inviato dall’apparecchiatura per la localizzazione dell’aereo installata a bordo. Ma il primo ministro Sherif Ismail ha smentito la notizia, affermando che «non vi è alcuna informazione» sull’accaduto e aggiungendo che non si può escludere alcuna ipotesi, compreso l’attacco terroristico. Lo riferisce l’agenzia statale egiziana Mena.

Ad ulteriore conferma dell’ipotesi secondo cui l’aereo è precipitato in mare c’èla testimonianza del capitano di un mercantile, il quale ha detto di avere visto fiamme nel cielo questa notte a circa 240 chilometri a sud dell’isola greca di Karpathos.

I controllori di volo greci sono stati in contatto con la cabina di comando dell’Egyptair mentre l’aereo transitava nello spazio aereo ellenico e non hanno ricevuto nessuna segnalazione di problemi da parte del pilota. È quanto fa sapere il direttore dell’Aviazione civile greca confermando che il volo era a 37mila piedi e procedeva ad una velocità di 519 miglia l’ora. Secondo la stessa fonte i controllori greci hanno provato a contattare il volo Ms804 circa 10 miglia prima di lasciare lo spazio aereo greco ed entrare in quello egiziano ma non hanno ricevuto risposta. I tentativi di contatto sono proseguiti – ha aggiunto – fino alle 3.39 (le 2.39 in Italia) quando l’aereo è scomparso dai radar.

L’aereo è un Airbus A 320 costruito nel 2003, il numero del volo è MS804, decollato dall’aeroporto Charles De Gaulle alle 23.09 di ieri ora europea. L’atterraggio era previsto per le 3.15. Quando è scomparso dai radar, l’aereo era a quota 11.280 metri. Le autorità egiziane hanno perso il contatto radar con l’aereo quando il velivolo si trovava sul Mediterraneo a circa 280 chilometri dalla costa egiziana alle 2:30 ora locale. Lo rende noto la EgyptAir.

Tra i passeggeri anche un bambino e due neonati. Indagini sulla situazione sono attualmente in corso, anche con l’impiego delle forze speciali. Attivato un numero internazionale (fuori dall’Egitto) da cellulare per i parenti delle persone imbarcate, +202 25989320. Non ci sono cittadini italiani tra i passeggeri. La maggioranza dei passeggeri sono egiziani (30), oltre a 15 francesi, un britannico, un belga, due iracheni, un kuwaitiano, un saudita, un sudanese, un portoghese, un algerino, un canadese e un cittadino del Ciad.

L’Airbus 320 precipitato era stato consegnato alla compagnia egiziana nel novembre 2003 e aveva accumulato 48.000 ore di volo. L’apparecchio, precisano fonti di Airbus, era immatricolato SU-GCC e portava la linea di serie 2088. Egyptair ha comunicato tramite Twitter i dati dei piloti: il capitano ha 6275 ore di volo, di cui 2101 su un Airbus 320. Il copilota ha 2766 ore di volo.

Il capo dello stato francese, Francois Hollande, ha parlato questa mattina al telefono con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, con il quale ha concordato una «stretta cooperazione» per stabilire le circostanze della scomparsa del volo Egyptair MS804. Lo ha reso noto l’Eliseo. Una telefonata vi è stata anche tra il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukri ed il suo omologo francese Jean-Marc Ayrault, che si sono reciprocamente scambiati le condoglianze per le vittime della tragedia aerea. Sul volo Egyptair si trovavano 15 passeggeri francesi e 15 egiziani, oltre a 7 membri dell’equipaggio. I due ministri hanno anche sottolineato l’importanza della cooperazione tra i due Paesi per accertare le cause del disastro. Lo ha riferito il portavoce del ministero degli esteri del Cairo, citato dall’agenzia Mena.Per il primo ministro francese, Manuel Valls, «non si esclude alcuna ipotesi».Valls lo ha detto rispondendo a una domanda durante un’intervista alla radio RTL

Fonte:www.ilmessaggero.it/


16 Maggio 2013

In acqua nessuna traccia del velivolo scomparso dai monitor sopra Lipari. L’elenco degli incidenti e gli ammaraggi avvenuti negli ultimi mesi.

Mercoledì 15 giugno, ore  11.25: allarme aereo in mare. Lo specchio d’acqua interessato è quello davanti alle isole Eolie, compreso tra Lipari e Tropea. Un aereo in volo in quello spazio aereo improvvisamente sparisce. Iniziano le ricerche alle quali partecipano motovedette della Guardia Costiera e anche navi mercantili in transito in quell’area.  I resti però non si trovano. Nessuna traccia di carburante o di altri materiali che potevano trovarsi a bordo del velivolo al momento dell’urto con l’acqua. La prima ipotesi  è quella di un incidente ad un aereo militare spagnolo. Ma questa ipotesi, dopo poche ore, viene “smontata” dall’Aeronautica militare italiana ma soprattutto dalle autorità iberiche che negano di avere mai perso un aereo militare in volo. Il caso dell’areo scomparso alle Eolie è però solo l’ultimo di una lunga serie di incidenti accaduti negli ultimi mesi.

27 aprile 2013: meno di un mese fa accade una cosa analoga nel Mar Tirreno. Questa volta al centro delle ricerche c’è un Cessna, con una persona a bordo, decollato da Nizza e diretto a Salerno. In mare escono gli uomini della Guardia Costiera di Imperia e la Guardia Costiera di Sarzana,La Spezia, per moltissime ore. Le operazioni di ricerca però vengono coordinate dalle autorità marittime francesi, che impiegano nelle ricerche  alcune imbarcazioni e due elicotteri. Anche delle Capitanerie di Porto italiane utilizzano un Atr 42, che effettua un sorvolo tra l’isola d’Elba e il punto della scomparsa del Cessna. Ma anche in questo caso, tutte le ricerche hanno dato esito negativo.

29 gennaio 2013. Questa volta a sparire nel mare di Cervia è un caccia americano. Il caccia F-16 statunitense era decollato da Aviano nel pomeriggio e intorno alle 20 aveva perso i contatti radio con la base mentre volava al largo di Ravenna. Il velivolo era in formazione con altri aeroplani Usa, ed era impegnato in un volo di addestramento sul mare Adriatico. Nell’ultima comunicazione con la torre di controllo, prima di sparire dai radar il pilota avrebbe segnalato un “problema” senza riuscire a specificare esattamente quale fosse. L’altro pilota, al comando dell’aereo che volava in coppia con l’F-16 disperso, ha riferito di aver ricevuto il segnale di “mayday”, ma non di averlo visto precipitare. I resti dell’aereo e del militare saranno ritrovati alcuni giorni dopo.

2 agosto 2006 a Rimini. Un piccolo aereo con due persone a bordo scompare in mare al largo di Gabicce Mare, in una zona di confine tra le Province di Pesaro e Urbino e di Rimini. L’aereo, un Cessna 152, scompare dal radar intorno alle 17, qualche minuto dopo essere partito dall’aeroporto di Rimini, all’altezza di San Bartolo, sopra Gabicce, dove avrebbe compiuto una virata prima di scomparire. I soccorritori, dopo tre ore di ricerche, hanno trovato in mare un’ampia chiazza di carburante e alcuni detriti. A bordo c’erano l’istruttore Donato Campanaro, 50 anni, docente di aeronautica all’Itis di Padova e il suo allievo.

In meno di due mesi sono 5 gli incidenti aerei per i quali l’Ansv ha aperto delle inchieste. Due sono avvenuti   il 14 maggio: il primo a Trento, il secondo a Lariano, Roma. A Trento un aereo in fase di atterraggio si è ribaltato sul lato erboso della pista per un’imbardata. Incolume il pilota, unico occupante. A Lariano invece, un velivolo in volo tra Lamezia e Viterbo ha impattato contro alcune cime di alberi. Per fortuna non è precipitato ma è riuscito ad atterrare in emergenza sull’aeroporto militare di Pratica di Mare (Roma).

Il 3 marzo 2013 un Md 80 a Linate investe un bus. E’ avvenuto durante la fase di rullaggio sulle piste dell’aeroporto di Linate. L’aereo urta con l’estremità alare contro un bus interpista, riportando  gravi danni. L’evento è stato classificato dall’Ansv “ incidente”, con contestuale apertura dell’inchiesta di sicurezza.

27 Marzo 2013: L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo avvia un’inchiesta di sicurezza su un incidente occorso ad un bimotore Piper. Nel corso di un volo scuola, durante una serie di atterraggi e ripartenze, l’aeromobile effettuava un atterraggio forzato, per cause sconosciute oltre la testata Nord della pista dell’aeroporto dell’Urbe. Contusi i due occupanti.

Ma solo pochi giorni dopo un ATR 72 esce di pista all’aeroporto di Fiumicino: l’aereo tocca terra e rimbalza per tre volte. Nel primo rimbalzo riporta il cedimento del carrello anteriore in quelli successivi, il cedimento del carrello principale. L’aereo si adagia completamente sul ventre di fusoliera e comincia a strisciare per oltre 500 metri uscendo di pista e finendo sul manto erboso a circa 30 metri dal bordo della stessa pista. Per fortuna tutti gli occupanti sono rimasti illesi. Solo tanta paura.

Fonte:http://news.panorama.it


12 Maggio 2013

Nel 1962 un mercantile battente bandiera liberiana affonda nel Canale di Sicilia. A bordo diversi nostri connazionali. Non è mai stato trovato un corpo. Una storia dimenticata che si intreccia con la guerra Franco-Algerina, la legione straniera, silenzi e insabbiamenti. Tgcom24 ha intervistato il nipote di uno dei marinai spariti nel nulla.

Questa è una storia che, se non fosse vera, potrebbe essere un ottimo soggetto cinematografico. E’ una storia che parte da lontano, che attraversa oltre mezzo secolo e nasconde ancora tanti segreti. E’ la storia dell’Hedia, una nave sparita nel marzo del 1962 nel Canale di Sicilia con 19 marinai italiani a bordo dei quali non si è saputo più niente. L’imbarcazione sembra essere scomparsa nel nulla, come i marinai. Nello sfondo la guerra franco algerina e un carico misterioso a bordo. Le domande senza risposta sono ancora tante. Cosa trasportava l’Hedia? C’è stato un naufragio o la nave stata silurata? E soprattutto che significato ha la frase pronunciata dall’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani “Per venti persone non si può fare una guerra“?
Accursio Graffeo è nipote di Filippo, uno dei 19 italiani dei quali non si hanno più notizie da quel marzo 1962. Con lui abbiamo cercato di ricostruire questa storia fatta di silenzi, depistaggi, speranze e ancora poche certezze

Chi era suo zio, Filippo Graffeo?

Era un ragazzo che nel 1962 aveva appena vent’anni. Nell’agosto del 1961 aveva lasciato la prima volta la sua famiglia e la sua città, Sciacca, nell’Agrigentino, per andare a cercare lavoro nel Nord Italia, come tanti suoi coetanei.
 
Com’era arrivato dalla Sicilia a Venezia?
A differenza di molti, mio zio Filippo non si orientò verso fabbriche del triangolo industriale ma cercò di continuare ciò che già da giovanissimo aveva provato, la vita in mare iniziata come pescatore, quello era il suo mondo. 
Decise si andare nella città lagunare per cercare un imbarco su una nave mercantile, per migliorare le condizioni economiche. Una scelta che era già stata fatta dal fratello maggiore Luigi, mio padre, che a quell’epoca aveva alle spalle diversi anni di navigazione a bordo di grandi navi mercantili e petroliere battenti bandiera inglese.
 
Come mai si trovava su quella nave?
Per caso direi. Sia lui che mio padre Luigi nel mese di ottobre 1961 si trovavano a Venezia, alla prima occasione mio zio Filippo si è imbarcato senza guardare chi fosse l’armatore, la bandiera e il tipo di nave. Venne assunto sulla nave Generous, nome che poi fu cambiato in Hedia, come marinaio di coperta cinque mesi prima che la stessa nave scomparisse nel nulla. 
 
Aveva raccontato a qualcuno di quel viaggio prima di partire?
A ogni porto in cui attraccava la sua nave spediva sempre una lettera a casa nella quale comunicava la destinazione del viaggio successivo. Ma non era spaventato per quella sua nuova vita, anzi si dimostrava tranquillo e maturo nonostante quella fosse la sua prima esperienza fuori casa. Come tutti i ragazzi di vent’anni aveva tanti sogni e certo non si sarebbe immaginato ciò che sarebbe successo.
 
Cosa successe dopo il presunto naufragio della nave?
Per prima cosa bisogna sottolineare che le ricerche della nave furono oltremodo tardive. Accadde una cosa molto strana, a mio avviso un vero e proprio depistaggio. Sette giorni dopo la scomparsa della nave, avvenuta il 14 marzo 1962 nei pressi dell’arcipelago tunisino di La Galite, radio Malta fece sapere di avere intercettato da radio Tunisi un messaggio proveniente dalla Hedia. Una comunicazione in cui l’imbarcazione su cui viaggiavano i marinai italiani faceva sapere di trovarsi in difficoltà per via di una violenta burrasca che proprio in quelle ore imperversava nel Canale di Sicilia. Questo dispaccio venne accolto con speranza dalle famiglie dei membri dell’equipaggio, ma dopo poco si rivelò incredibilmente falso. Infatti radio Tunisi, interpellata dal nostro consolato, rispose prima confermando a parole il suo dispaccio e successivamente smentendo ufficialmente di averlo mai diramato.
 
Chi si mosse a cercare i marinai “spariti”?

Tutte le famiglie dei marinai fecero la loro parte, chi più chi meno. Ma tra tutti chi si distinse nelle ricerche fu Romeo Cesca, padre del marconista della Hedia Claudio Cesca. Quest’uomo, purtroppo scomparso ormai da tempo, fece tutto il possibile per ritrovare suo figlio e gli altri marinai. Contattò l’allora presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il ministro della Marina Mercantile e la Rai, ma non riuscì ad ottenere nulla se non delle blande rassicurazioni. E così si arrivò al 27 marzo 1962 quando successe un’altra cosa incredibile. Il ministero della Marina Mercantile telefonò al signor Cesca dando notizia che la Hedia stava lentamente risalendo l’Adriatico. La gioia di tutti i familiari fu grande. Alcuni parenti passati due giorni su un molo di Venezia in trepidante attesa ma la nave non arrivò. Una volta ricontattato, il ministero disse che si erano sbagliati e che in realtà della Hedia non c’erano altre notizie. Fu un colpo durissimo, ma i familiari non si arresero. Anzi, proprio il signor Cesca inviò un suo parente in Tunisia con il compito di battere palmo a palmo l’arcipelago in cerca di informazioni. Purtroppo anche in questo caso non si riuscì ad arrivare a nulla. Solo il comandante francese della base di Biserta, interpellato in merito, consigliò di inviare una relazione sulla scomparsa a Parigi. La cosa stupì tutti perché fino ad allora la Francia non aveva avuto nessun ruolo nella vicenda. Ma evidentemente proprio a Parigi dovevano essere a conoscenza di qualcosa dal momento che bastò un semplice articolo sulla Hedia, pubblicato dal giornale tunisino La Presse, per provocare le proteste del ministero della Guerra francese. 
Proprio a seguito di ciò, in Italia cominciarono ad uscire degli articoli in cui veniva ipotizzato il siluramento della nave da parte della Marina Militare francese che a quei tempi pattugliava le coste al confine tra Algeria e Tunisia. Forse si trattò di un errore.
Non posso sapere con certezza se questa sia la verità, ma di sicuro ancora oggi in famiglia ci chiediamo perché le autorità tunisine e francesi si dimostrarono infastidite dalle semplici richieste di chiarimenti sul destino toccato ad una nave da carico civile.
 
Cosa le hanno raccontato di quando fu pubblicata la foto circa sei mesi dopo la sparizione della nave in cui la sua famiglia pensò di riconoscere Filippo?
Fu l’ennesimo colpo di scena di questa storia, sicuramente il più clamoroso. Era il 2 settembre del 1962. La guerra franco-algerina era terminata da pochissimo e c’erano ancora diversi prigionieri europei nelle mani degli indipendentisti. E proprio informando sugli sviluppi della situazione in Algeria un giornale italiano pubblicò una telefoto (quella a sinistra, ndr) che ritraeva alcuni prigionieri in procinto di essere liberati nel Consolato francese di Algeri. A questo punto un amico di mio zio che abitava a Chioggia, uno che lo conosceva bene, lo riconobbe in mezzo a quei prigionieri e subito dopo altre cinque famiglie dissero di riconoscere nella stessa immagine i loro cari imbarcati sulla Hedia. All’inizio la gioia fu incontenibile anche perché mio zio Filippo era stato ritratto proprio in primo piano, quindi era impossibile sbagliarsi. Ci fu l’illusione che tutto potesse risolversi per il meglio. 
 
Dopo quella pubblicazione cosa successe?
La foto venne pubblicata in Italia il giorno 14 settembre e su richiesta dei parenti si riuscì a risalire al nome del fotografo e alla data dello scatto. Si scoprì quindi che la foto risaliva al 2 settembre, cioè dodici giorni prima della sua pubblicazione sul giornale. Ciò smorzò un po’ gli entusiasmi. Ci si cominciò a chiedere come mai dopo tutto quel tempo nessuno dei marinai fosse riuscito a mettersi in contatto con l’Italia per dire che era vivo. Un’inchiesta giornalistica provò a risolvere l’enigma tentando di capire che fine avevano fatto quegli uomini, ma i risultati furono sconfortanti. Secondo la stampa infatti nessuno dei prigionieri ritratti nella telefoto era italiano, ma si trattava di pied-noir in procinto di essere rimpatriati in Francia. In particolare l’uomo che secondo mia nonna era suo figlio Filippo, venne identificato come tale Pierre Cocco, barista di Algeri riparato a Marsiglia. Ovviamente alcuni non si rassegnarono a questa versione dei fatti alquanto discutibile e vennero accusati di essere in preda a psicosi collettiva. Ma è possibile che una madre non riconosca più suo figlio dopo solo sei mesi? 
 
Che tipo di motivazione ufficiale ha dato lo stato italiano per la sparizione dell’Hedia?
Per lo stato italiano la Hedia è affondata quel 14 marzo 1962, nonostante dalle poche interrogazioni parlamentari presentate sul caso si evinca chiaramente che le ricerche furono lacunose per non dire inesistenti. La giustificazione che si diede fu che la Hedia non era un’unità navale italiana e battendo bandiera liberiana il nostro paese non aveva possibilità di svolgere indagini approfondite. Un paradosso perché ben 19 membri dell’equipaggio su 20 erano nostri connazionali. 
 
Sua nonna continua a sperare e a cercare la verità. In questi 50 anni che idea pensa si sia fatta?
La speranza è l’ultima a morire, tutto è possibile. A 97 anni cosa vuole che le dica, lei ricorda le parole dell’allora Presidente del Consiglio Amintore Fanfani “per venti persone non si può fare una guerra”. 
 
E voi familiari, come pensate siano andate veramente le cose?
La Hedia aveva sempre attraversato il Mediterraneo e l’arcipelago della Galite è lungo 15 km, un luogo sufficiente a trovare riparo. E poi nell’ultimo cablogramma inviato dalla nave pare chiaro che la situazione non era poi cosi allarmante. Noi pensiamo che ci siano stati troppi fatti e comportamenti strani, alcuni addirittura inspiegabili.
 
C’era anche una pista che portava alla legione straniera: è stata mai battuta?
Sì, un ex legionario raccontò ad un mio familiare di aver incontrato uno dei marinai della Hedia mentre si trovava arruolato nella Legione Straniera in Nord Africa. Costui disse di essere certo di ciò perché era proprio questo marinaio diventato legionario a comandare il suo plotone. Proprio recentemente, dopo tanti anni, sono riuscito a rintracciare questo signore che vive all’estero che però purtroppo non ha voluto incontrarmi e si è rifiutato anche di smentire questa sua testimonianza.
 
Voi parenti ora cosa pensate di fare? Avete già fatto qualcosa per smuovere le acque e cercare di svelare i segreti che si nascondono dietro la sparizione dell’Hedia?
Nonostante siano passati ormai cinquant’anni, noi familiari siamo più attivi e motivati che mai nel cercare di capire cosa accadde ai nostri cari. Eppure  fino a qualche mese fa, io stesso sapevo poco o nulla sui particolari di questo mistero dimenticato. Devo quindi ringraziare chi per primo ha riscoperto il giallo della Hedia dopo decenni di silenzio, evidenziandone tutte le stranezze e riportando questa storia all’attenzione delle cronache. 
Per quanto riguarda noi parenti, attualmente stiamo cercando di ristabilire i contatti con tutte le altre famiglie degli scomparsi. Con alcuni di loro stiamo lavorando sodo per provare a riaprire il caso. L’obiettivo è quello di fondare un’associazione per far conoscere alla gente ciò che accadde a diciannove nostri connazionali, letteralmente spariti nel nulla. Inoltre stiamo anche cercando di riallacciare i rapporti con chi nel 1962 si interessò alla Hedia nella speranza di riuscire a ricavarne indicazioni utili per continuare le nostre ricerche. Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono ma il desiderio di rendere giustizia ai nostri cari ci spinge comunque ad andare avanti.  
 
Nel concludere vorrei fare un appello: chiunque sia a conoscenza di qualsiasi informazione sull’ Hedia si faccia avanti. Anche dopo mezzo secolo è giusto che venga finalmente alla luce la verità. Scrivetemi all’indirizzo mail accursio.graffeo@gmail.com

 
Domenico Catagnano Twitter @Dcatagnano
 

13 Aprile 2013

Choc a Santo Domingo, aereo si schianta in mare

Un velivolo della Forza Aerea Dominicana è precipitato in mare mentre partecipava a uno show sul lungomare di Santo Domingo, causando la morte di due piloti militari. L’aereo, un ENAER T-35 Pillán – un monomotore turboelica cileno che viene usato come velivolo di addestramento – partecipava allo “Show Aereo dei Caraibi”, seguito da centinaia di persone durante lo scorso week end nella capitale dominicana. Secondo le ricostruzioni dei media locali, mentre i piloti stavano tentando una piroetta particolarmente difficile a bassa quota, un’ala dell’aereo ha toccato l’acqua, rendendo incontrollabile l’apparecchio, che si è schiantato in mare (ansa)

Guarda video

http://video.corriere.it/aereo-militare-si-schianta-mare-lo-choc-folla/ca466a06-a063-11e2-b85a-0540f7c490c5

Fonti:www.repubblica.it / www.ilcorriere.it /www.ansa.it


SOCIAL NETWORKS

Seguici sui Social

Aeroclub Modena è presente sui maggiori canali Social. Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci. Sapremo rispondere puntualmente ad ogni vostra necessità.