NASA

4 Ottobre 2016

ROMA – Ancora un caso “sospetto” di avvistamenti UFO dalla Stazione Spaziale Internazionale.

E, ancora una volta, le comunicazioni video sono state sospese dalla NASA con il classico messaggio di scuse.

Il video è stato caricato il 30 settembre sul popolare canale YouTube Streetcap1, che registra costantemente il live feed dalla NASA e conta quasi 40.000 utenti registrati.

Nel filmato è ben visibile una luce blu luminosa in lontananza, la cui fonte è sconosciuta.

Ecco il video in questione.

UFO avvistato dalla ISS oppure…
Ci sono molte spiegazioni possibili sulla misteriosa luce blu, ad esempio detriti (ci sono più di 500.000 pezzi di “spazzatura spaziale” in orbita intorno alla Terra) o, ancora più semplicemente, il riflesso della luce sulla sporcizia della lente della telecamera.

Ma perché la NASA ha sospeso la trasmissione?
Sebbene gli scettici sostengano che la luce sia solo un riflesso della lente, in molti si domandano come mai questi problemi tecnici avvengano sempre in concomitanza di “strani fenomeni”.
ufo-iss

Tuttavia, come ha spiegato già in passato la NASA, il video proviene dall’esperimento High Definition Earth Viewing (HDEV) a bordo della ISS, che è montato esternamente sulla Stazione.

Questo esperimento comprende diverse videocamere HD che puntano alla Terra, racchiuse in un contenitore a pressione e temperatura controllata.

L’esperimento è su controlli automatici che passano da una telecamera all’altra.

La stazione passa regolarmente fuori dalla portata del Tracking and Data Relay Satellites (TDRS), utilizzato per inviare e ricevere video, audio e telemetria dalla stazione.

Per il video, ogni volta che si perde il segnale, le telecamere mostreranno una schermata blu (che indica nessun segnale) o una lista di video preimpostati.

Fonte:www.diregiovani.it/

 


4 Settembre 2016

Nasa: clima, mai così caldo da mille anni.

Clima, allarme della Nasa sulla Terra: caldo record

Terra, allarme della Nasa su clima e caldo record. Ma sullaTerra si sono registrate diverse variazioni del clima che hanno condotto il pianeta ad attraversare diverse ere glaciali alternate a periodi più caldi detti ere interglaciali.

hot warning

Queste variazioni sono riconducibili principalmente a mutamenti periodici dell’assetto orbitale del nostro pianeta (cicli di Milankovic), con perturbazioni dovute all’andamento periodico dell’attività solare e alle eruzioni vulcaniche (per emissione di CO2 e di polveri).

 

Il riscaldamento globale è il fenomeno di innalzamento della temperatura superficiale del pianeta, con particolare riferimento all’atmosfera terrestre ed alle acque degli oceani.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (IPCC) ha sottolineato nel 2005 che la temperatura del pianeta Terra è aumentata di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100 anni, osservando che “la maggior parte dell’incremento osservato delle temperature medie globali a partire dalla metà del XX secolo è molto probabilmente da attribuire all’incremento osservato delle concentrazioni di gas serra antropogenici”.

Si tratta di una tesi sostenuta da oltre trenta associazioni scientifiche internazionali.

Secondo Gavin Schmidt, coordinatore dei climatologi dell’agenzia americana, c’è “il 99% di probabilità” che l’intero 2016 stabilirà un nuovo record annuale sul termometro, “superando” il 2014 e il 2015.
Già luglio 2016 aveva battuto ogni record precedente, diventando il più caldo in assoluto almeno dal 1880, cioè da quando sono iniziate le registrazioni della temperatura.

“Non c’è alcun periodo che ha il trend visto nel XX secolo“, ha sottolineato Schmidt. Una situazione, secondo la Nasa, confermata anche da carotaggi di ghiaccio e analisi di sedimenti.

Quest’anno la temperatura media globale ha raggiunto il picco di 1,38 gradi centigradi rispetto ai livelli registrati nel XIX secolo. E’ molto improbabile che il mondo riesca a rimanere entro un limite di aumento di temperatura di 1,5-2 gradi come concordato nel dicembre scorso alla Conferenza mondiale dell’Onu sul clima a Parigi da 195 paesi.

“Negli ultimi 30 anni – ha spiegato Schmidt, direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa – ci siamo mossi in un territorio eccezionale, mai visto negli ultimi mille anni.

Oltre tale limite, osservano gli esperti, il riscaldamento del pianeta può provocare effetti devastanti”.

Ognuno di noi può fare qualcosa per combattere il fenomeno del Riscaldamento Globale e salvare la nostra Terra

Fonte: www.affaritaliani.it/


8 Aprile 2016

La Nasa ha presentato nuovi progetti per gli aerei supersonici. Questo tipo di aerei avranno la caratteristica di superare agevolmente la velocità del suono e sfrutteranno i biocarburanti: ci saranno di conseguenza basse emissioni inquinanti. 

Avranno inoltre un tasso di rumorosità talmente basso che non sarà quasi percepito dalle persone a terra.


Per la vendita di questi aerei però si dovrà aspettare quattro anni. Saranno previsti inoltre modelli privi di pilota, dotati di sistemi tecnologici di assistenza sofisticati e all’avanguardia.

Ora bisognerà vedere se in questo lasso di tempo verranno aggiunte nuove caratteristiche.

Fonte: www.lastampa.it 


8 Aprile 2016

Peso e design di un velivolo ne determinano il consumo di carburante, le emissioni e i costi per farlo volare.

Proprio nell’ottica di ridurre costi e inquinamento NASA e Boeing stanno lavorando insieme per progettare un aereo con ali più sottili e più leggere. 

aerlegger

Realizzare un’idea simile richiede la presenza di un sostegno per le ali, simile a quello che si vede sui piccoli aerei a elica.

Può sembrare un ritorno al passato, in realtà secondo le simulazioni al computer sarebbe una soluzione che consentirebbe una riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di carbonio di almeno il 50% rispetto ai velivoli da trasporto fabbricati con la tecnologia attuale.

Più in dettaglio, il modello testato nella galleria del vento ha un’apertura alare del 50% maggiore rispetto a quella di un aereo fabbricato con la tecnologia attuale.

Il design è stato progettato grazie a un lungo lavoro di modellazione al computer sulle basi dell’aerodinamica, e il risultato è che con il modello che vedete nella foto qui sopra il flusso di aria attorno al velivolo sarebbe ottimizzato.

Gli ingegneri di NASA e Boeing stanno analizzando i risultati dei test più recenti per ottimizzare ulteriormente il design di queste ali, che fanno parte del progetto Advanced Air Transport Technology della NASA, volto a migliorare l’efficienza energetica degli aerei per ridurre le emissioni e il rumore generato, senza influire negativamente sulla sicurezza

Fonte:www.tomshw.it


19 Maggio 2015

di Gianluca Casponi

Una nuova tecnologia in grado di migliorare l’efficienza delle ali degli aerei, permettendo anche di risparmiare milioni in termini di carburante. La stanno testando i ricercatori della Nasa, in collaborazione con l’Air Force Research Laboratory e l’azienda FlexSys Inc utilizzando un Gulfstream III, un piccolo aereo sul quale sono stati installati flap di nuova generazione.

L’idea si basa sulla sostituzione di alcune delle parti mobili delle ali con altre in grado di migliorare, tra le altre cose, anche la silenziosità degli aerei in fase di decollo e atterraggio. Nel dettaglio, la novità riguarda proprio i flap, elementi delle ali che durante queste fasi vengono estese per cambiare il profilo dell’ala per adattarsi alle necessità del volo. Il design delle ali “a riposo” è infatti perfetto per il volo livellato e ad alta quota ma in parte inadatto quando l’aereo deve alzarsi o prepararsi a tornare verso terra. In questi momenti è necessaria una maggiore portanza delle ali. Questa è la capacità di generare una spinta verso l’alto sfruttando lo scorrimento dell’aria sulle ali e viene potenziata proprio dall’attivazione dei flap.

I modelli attualmente installati si basano sull’estensione di superfici che però costituiscono un corpo separato rispetto all’ala, specialmente in fase di atterraggio, quando la loro inclinazione può superare i 30 gradi e creando il “gap” tra ala e flap. Si tratta di un sistema in parte inefficiente, che crea turbolenze ed effetti aerodinamici indesiderati che, sommati, rendono peggiore il rendimento dell’ala. Le superfici sperimentate dalla Nasa promettono di correggere questi difetti, costituendo un corpo unico con il resto dell’aereo. Pur modificando la propria forma e la propria angolazione, infatti, non se ne separano, ottimizzando il flusso dell’aria che scorre sulle ali.

Il sistema, che è stato battezzato Acte (Adaptive compliant trailing edge), ha dimostrato di poter essere sfruttato per raggiungere inclinazioni variabili tra -2 e +30 gradi. “Siamo entusiasti dei risultati ottenuti durante i test”, ha commentato Pete Flick, uno dei responsabili della sperimentazione presso la Wright-Patterson Air Force base in Ohio, “durante i quali non abbiamo riscontrato nessun problema tecnico di rilievo. Siamo arrivati alla finalizzazione di 17 anni di evoluzione di questa tecnologia che adesso crediamo pronta a essere introdotta nell’industria aeronautica”.

Secondo quanto si legge sul sito della FlexSys, le nuove superfici potrebbero sostituire quelle attualmente montate su aerei già in servizio, oppure essere installate su velivoli di nuova produzione. Secondo stime della stessa Nasa, se i nuovi flap fossero presenti sull’intera flotta degli aerei che quotidianamente volano negli Stati Uniti, ogni anno potrebbero essere risparmiati circa 800 milioni di litri di carburante.

Riferimenti: Nasa

Credits immagine: Nasa

Fonte: www.galileonet.it/


16 Novembre 2013

La Valchiria dell’USAF

Il North American XB-70 Valkyrie era un ambizioso prototipo statunitense per un bombardiere strategico supersonico: sarebbe stato in grado di raggiungere Mach 3,1, una velocità superiore a quella di tutti i bombardieri in servizio all’epoca.

File:North American XB-70A Valkyrie in flight (SN 62-0001) 061122-F-1234P-019.jpg

I costi e le difficoltà di costruzione, nonché la mancanza di idee chiare su come affrontare le difese missilistiche sovietiche, finirono per tagliare il programma dopo soli due prototipi, uno dei quali (il secondo) precipitò dopo una collisione con un F-104 mentre l’altro, il primo, è attualmente esposto in un museo dell’aviazione a Dayton (Ohio).

Genesi

Tra le realizzazioni aeronautiche è facile che ci si imbatta in ‘sostituti’ di macchine di successo, che pur essendo superiori, non riescono a sostituire i velivoli per i quali essi sono stati intesi.

GUARDA VIDEO

Discovery Channel Wings North American Xb 70 Valkyrie

https://www.youtube.com/watch?v=Rd0mSLv7zoA

Tra gli aerei «difficili» da sostituire vi era indubbiamente il Boeing B-52 Stratofortress. Esso, negli anni cinquanta, era ancora un progetto immaturo, che non aveva raggiunto nemmeno l’operatività ma in un’epoca in cui la vita operativa degli aerei da combattimento era al più di una decina di anni, per anticipare i termini della sua uscita dalla linea venne emessa, nel 1954, una specifica chiamata GOR-38 (14 ottobre 1954), che aveva la sua essenza nel titolo: Intercontinental Weapon System Piloted Bomber. Le richieste erano, coerentemente con le tecnologie disponibili, ridotte: velocità subsonica con spunti brevi in regime supersonico, e autonomia considerevole, 11.000 km. Due anni dopo il volo del B-52 in versione prototipica e due prima dell’entrata in servizio della primissima versione, tale specifica non marcava un sostanziale passo avanti nelle prestazioni. Ma vi sarebbero stati degli sviluppi notevoli di lì a poco. A questa specifica avevano lavorato due anni la NASA e l’USAF, oltre che alcune industrie aerospaziali, e si prevedeva che entro nove anni vi sarebbero state in servizio le prime 30 macchine.

File:North American XB-70 above runway ECN-792.jpgNon passò molto tempo che la specifica fu rielaborata, con la richiesta di una velocità supersonica sostenuta per penetrare per 1600 km (1000 miglia) in territorio nemico. Non passarono che pochi altri mesi e già nel luglio 1955 venne richiesto un ulteriore aumento delle prestazioni, e il progetto, chiamato ora WS-110A (WS per Weapon System, sistema d’arma), venne anche denominato CPB ( Chemically Powered Bomber ), cioè bombardiere a propulsione chimica. Questo per distinguerlo dal mai costruito Convair WS-125A NPB ( Nuclear-Powered Bomber, bombardiere a propulsione nucleare ), e anche per porre l’accento sull’alimentazione dei suoi motori, nella quale al carburante standard era stato aggiunto un particolare additivo chimico ad alta energia (un boroderivato).

Alla fase finale del concorso parteciparono la Boeing e la N.A.A., e quest’ultima aveva elaborato il modello NA-239, con tanto di simulacro (ufficialmente il 12 settembre 1955).

La rapidità degli sviluppi aveva portato un aereo che, come è facile immaginare, superava di molto le specifiche, anche perché già esisteva il bombardiere supersonico B-58 Hustler da Mach 2,2. La progettazione venne influenzata dalle specifiche dell’USAF, che era ancora una volta intenzionata a chiedere prestazioni superiori, stavolta con una velocità di Mach 3 in crociera. Una variante da ricognizione, WS-110L, venne presto lasciata decadere dopo essere stata inizialmente richiesta a sua volta.

Il problema di ottenere tali velocità elevatissime comprendeva molti aspetti, come quello aerodinamico e di consumo di energia. Il peso della macchina, che ci si aspettava avrebbe raggiunto le 340 tonnellate, sembrava davvero troppo anche per le ambizioni dell’USAF.

Nel luglio del 1957, tuttavia, apparve uno studio completo sulla ‘regola delle aree’ che rivoluzionò la tecnica degli aerei supersonici, che fino ad allora erano stati quantomeno deludenti. In seguito a questo studio, il dibattito su quale tipo di bombardiere supersonico dovesse essere realizzato divenne particolarmente acceso.

Il 23 dicembre 1957 venne dichiarata vincitrice la NAA, mentre la General Electric ebbe un contratto per i motori YJ93-GE-3, che avevano alimentazione convenzionale rispetto a quanto originariamente pianificato. Lo sviluppo della versione del J93 che utilizzava il carburante “vitaminizzato” al boro (denominato zip fuel), la versione –GE-5, venne cancellato nel settembre 1959.

A quel punto le cose, che già erano andate speditamente, accelerarono ulteriormente e nonostante un’ulteriore modifica delle specifiche il 31 dicembre (a seguito della quale la sigla del progetto fu mutata in NA-264), già il 2 gennaio 1958 il progetto venne finito. In realtà il progetto ebbe numerose altre versioni con sigle differenti, come nel caso dei prototipi designati NA-274 (21 settembre 1960) e NA-278 (10 aprile 1961).

Se la confusione delle sigle indicava problemi, le opinioni in ambito dell’USAF erano talmente divise che vennero fatte e ritirate varie richieste innumerevoli volte, come quella della versione da ricognizione, nuovamente richiesta nel 1961 e definitivamente bocciata il 3 maggio 1964.

Il primo duro colpo al costosissimo e difficile programma arrivò già il 3 dicembre 1959, quando vennero cancellati due dei tre prototipi e i vari esemplari di preserie richiesti. All’inizio degli anni sessanta venne richiesto invece anche il secondo prototipo, assieme a una cellula per prove statiche e 12 aerei operativi. Ma ancora nel 1961 il Presidente Kennedy affermò, in un discorso rimasto famoso, che lo sviluppo degli ICBM aveva reso il B-70 “inutile ed economicamente ingiustificato”.

Progetto

Il Valkyrie, concepito come bombardiere ma in pratica realizzato come aereo sperimentale, utilizzava la configurazione canard ed un’ala a delta, come altre macchine (quali l’odierno Eurofighter Typhoon) avrebbero fatto in seguito, ed era costruito per la maggior parte in acciaio inossidabile ad alto tenore di nichel, pannelli a nido d’ape e titanio. Le prese d’aria si trovavano sotto l’ala, i motori tra le due code verticali. I carrelli erano posti sotto la struttura delle prese d’aria.

Il Valkyrie era progettato per sfruttare un fenomeno chiamato compression lift ( portanza di compressione ), ottenuto quando le onde d’urto generate da un aereo che voli a velocità supersoniche sostengono parte del peso dell’aereo stesso. Per il verificarsi di questo fenomeno, l’XB-70 ed altri progetti simili sono anche chiamati waveriders ( “cavalcatori di onde” ) con riferimento alle onde d’urto che essi cavalcano. La portanza di compressione rimane, a tutt’oggi, una teoria controversa quando viene applicata all’XB-70.

Inoltre, l’XB-70 è l’unico aereo della sua grandezza ad avere estremità alari mobili: non per ripiegarle negli hangar, bensì per aumentare la stabilità aerodinamica a velocità supersoniche. Il Valkyrie poteva abbassare le estremità alari di 25 (oltre i 500 km/h) o 65 gradi (oltre Mach 1,4). Le estremità alari mobili dell’XB-70 sono ancora oggi le più estese superfici aerodinamiche mobili mai installate su un aereo.

Il sofisticato sistema di pilotaggio prevedeva anche due alette canard vicino all’abitacolo, a pianta trapezoidale, che erano piuttosto singolarmente di alto allungamento. Il muso, a differenza di quello del Concorde, non era abbassabile durante il decollo, per migliorare la visibilità dell’equipaggio. A questo scopo era invece presente un raffinato parabrezza (che si raccordava col muso) a geometria variabile tra due posizioni: una subsonica, caratterizzata da un’inclinazione ripida, atta a consentire una migliore visibilità in decollo, in atterraggio e in genere alle basse velocità (da tenere presente il fatto che l’equipaggio di due persone si trovava a qualcosa come 33 metri oltre il carrello d’atterraggio e a circa 10 metri dal suolo), e una supersonica, molto più liscia e aerodinamica, continua nel profilo del muso del Valkyrie, che veniva appunto adottata per il volo ad alta velocità.

La fusoliera, a sezione pressoché circolare e caratterizzata da una raffinatissima aerodinamica, andava a rastremarsi dolcemente sopra l’ala, la quale, dotata di una struttura a delta semplice, con estremità acute, aveva una pianta a triangolo rettangolo quasi perfetta.

I comandi di volo erano variamente suddivisi, con degli elevoni sulle ali interne, flaps sulle alette canard, piani di coda quasi totalmente mobili, perfettamente verticali e paralleli tra di loro.

I motori da soli meritavano più di una nota, essendo gli YJ93 macchine termodinamiche particolari. Esse formavano un’autentica batteria di 6 reattori sistemati tutti allineati fianco a fianco, nella parte posteriore della fusoliera e tra le derive verticali. Essi erano turboreattori relativamente convenzionali (provvisti però di un “augmentor”, un postbruciatore, modulabile), ma non essendo a ciclo variabile erano vulnerabili al surriscaldamento dovuto alle altissime velocità di cui il B-70 era capace. Ecco quindi perché erano alimentati con un carburante speciale, il JP-6 a bassa volatilità, che serviva anche a raffreddare le strutture della turbina. La versione con additivo al boro era stata accantonata nel 1959, ma nella versione convenzionale persistevano vari e complessi problemi di affidabilità e di messa a punto che era necessario risolvere per riuscire a far volare il Valkyrie tanto veloce (e continuativamente) come previsto.

Infatti un motore di tipo convenzionale, come quello installato sul MiG-25, è in difficoltà sempre crescenti al suo avvicinarsi a Mach 3 soprattutto per motivi di surriscaldamento e per i problemi legati alle onde d’urto dell’aria che si abbatte a tre volte la velocità del suono sulle prese.

La soluzione univoca trovata era un complesso sistema di geometria variabile applicato alle prese d’aria dei sei reattori: uno dei primissimi esempi di prese d’aria a geometria variabile controllata da un calcolatore, anche nelle condizioni più estreme di volo era perfettamente in grado di far sì che il flusso d’aria in ingresso rallentasse, da oltre Mach 3 a meno di Mach 1.

La capacità di trasporto carburante era di 136 000 kg, 165 000 litri, con serbatoi sparsi in tutta la fusoliera e le ali e caratterizzati da un rivoluzionario, computerizzato sistema di centraggio e autotravaso al fine di ottimizzare sempre il centro di gravità in ogni momento del volo. Le prese d’aria erano sotto la fusoliera, con sezione rettangolare, tridimensionali. Esse si congiungevano con l’estremità posteriore della fusoliera nella zona motori, sotto le ali.

Il carrello era di tipo particolare: due elementi principali con due coppie di ruote in tandem, di grande diametro, e un carrello mobile con una sola coppia, molto arretrato rispetto al muso per non avere una gamba troppo lunga.

In termini strutturali e di progettazione di dettaglio, il B-70 aveva una struttura in acciaio inossidabile a nido d’ape, che riguardava il 69% della superficie della cellula, mentre acqua e 2 000 litri di combustibile venivano usati per disperdere il calore, come una sorta di circuito di raffreddamento, perché la temperatura era il principale problema da risolvere. Gli pneumatici avevano carcassa metallica (di una formula innovativa brevettata dalla BF Goodrich) , i sedili eiettabili erano racchiusi in speciali capsule di salvataggio, mentre nel radome di prua avrebbe dovuto essere presente un radar, mai installato.

L’abbassamento delle estremità alari aumentava altresì l’effetto di portanza di compressione, poiché l’onda d’urto causata dal cuneo posto al centro dell’ala (e ospitante i motori) veniva ulteriormente intrappolata sotto le ali invece che lasciata sfuggire oltre il bordo d’uscita dell’ala stessa. Si crede comunemente che grazie a questo effetto l’XB-70 abbia il più alto rapporto portanza-resistenza mai ottenuto per un aereo con equipaggio. Questa informazione è citata anche in testi specializzati.  Sebbene ci sia effettivamente un miglioramento delle prestazioni, il rapporto non è comunque migliore di quello della maggior parte degli alianti. L’affermazione più corretta sarebbe che l’XB-70 ha il più alto rapporto portanza-resistenza di qualsiasi altro aereo supersonico con equipaggio.

Il ruolo che l’XB-70 doveva ricoprire era quello di bombardiere supersonico ad alta quota, scortato dall’XF-108 Rapier, un caccia trisonico sviluppato dalla North American Aviation in parallelo con l’XB-70. Il Rapier era anche inteso come intercettore per la difesa da un bombardiere sovietico dotato di capacita simili a quelle dell’XB-70. Per contenere i costi, i motori e molti impianti di bordo erano progettati in comune tra i due aerei. In pratica esso era un modello in scala del B-70, ridotto del 50%, ed equipaggiato di soli due motori (i quali però era previsto fossero due YJ93-GE-5 alimentati con combustibile zip fuel al boro).

Questo ruolo era l’estrema evoluzione della filosofia d’impiego classica, ma a Mach 3 davvero pochi caccia, per non dire nessuno, avrebbero potuto insidiare il B-70, meno che mai richiedere la presenza dell’F-108. Un problema più immediato era quello del calore: la stiva portabombe superava ampiamente i 300 gradi centigradi, cosa che rendeva il volo supersonico automaticamente ‘disarmato’ in quanto non si trovò all’epoca alcun ordigno capace di resistere a tale temperatura né un valido sistema di raffreddamento per la stiva. Ma la storia avrebbe reso superata la ricerca di tali armamenti, visti i problemi di altro genere incontrati.

A seguito dell’abbattimento dell’U-2 pilotato da Gary Powers, le certezze residue circa l’utilità dell’XB-70 come bombardiere vennero messe in dubbio, e il progetto XB-70 venne tramutato in un programma di ricerca aerodinamica avanzata, propulsione e altri aspetti legati ai grandi aerei supersonici, in particolare al programma statunitense SST. I progetti iniziali prevedevano la costruzione di tre aerei, ognuno dei quali incorporava le modifiche derivate dall’esperienza acquisita dai collaudi dell’aereo precedente, ma il programma venne interrotto, quando erano stati realizzati solo i due primi prototipi, nel luglio 1964.

Storia operativa

Nonostante il diniego del presidente, il B-70 era ancora sulla breccia. Kennedy e i democratici erano assai contrari alla macchina anche per il costo elevatissimo, ma il trasporto passeggeri a velocità supersoniche era una prospettiva concreta e il nuovissimo bombardiere era quantomeno un banco di prova di assoluto interesse. L’USAF riuscì a tenere vivo il programma, che andò avanti anche quando il presidente Kennedy era già stato ucciso. Ma era un programma oramai decaduto di importanza, e praticamente morto anch’esso.

Il primo XB-70 (Bu.No.62-0001) uscì di fabbrica presso la celebre Air Force Plant 42 dell’aeroporto di Palmdale, sobborgo di Los Angeles, l’11 maggio 1964 e da lì effettuò il primo volo il 21 settembre successivo.

Il primo aereo soffrì problemi di vario genere, come la debolezza nella costruzione dei pannelli a nido d’ape, principalmente dovuti all’inesperienza nella costruzione di questo materiale relativamente nuovo. La costruzione dei pannelli a nido d’ape risultò molto più difficile di quanto anticipato dai progettisti. Un problema più immediato si materializzò nel blocco dei freni del semicarrello principale sinistro, che all’atterraggio determinò la distruzione delle relative ruote, ma il collaudatore Al White e il colonnello J.Cotton riuscirono a evitare che avvenissero problemi peggiori.

Inoltre il primo aeromobile venne afflitto da perdite nel circuito idraulico, nel circuito di alimentazione e da problemi al carrello d’atterraggio, che era complicato in modo inusuale.

Nondimeno, al terzo volo venne superato Mach 1 e il 24 ottobre si raggiunsero mach 1,42 per 40 minuti. Il secondo esemplare, Bu.No.62-0207, effettuò il roll-out il 29 maggio 1965 e venne fatto decollare per la prima volta il 17 luglio 1965.

Durante un volo del primo Valkyrie, il 7 maggio 1965, il divisorio fra la sezione di destra e quella di sinistra della presa d’aria dei motori si ruppe e venne aspirato dai motori, danneggiandoli irreparabilmente tutti.

Il 4 ottobre 1965, nel primo volo a una velocità superiore a Mach 3, i pannelli a nido d’ape cedettero di nuovo sotto sforzo: 60 cm del bordo d’attacco della semiala sinistra vennero letteralmente strappati via.

I problemi strutturali fecero sì che il primo esemplare venne limitato ad una velocità massima di Mach 2,5.

Questi difetti nella struttura a nido d’ape furono completamente risolti durante la costruzione del secondo velivolo, che volò per la prima volta il 17 luglio 1965. Il 19 maggio 1966 l’aereo numero due volò per 3840 km in 91 minuti, volando a 3.270 km/h (Mach 3,08) a 22.860 metri per 33 minuti. Fu il volo più veloce mai registrato dell’intero programma.

 
L’8 giugno 1966, però, l’aereo andò distrutto a seguito di una collisione con un F-104 Starfighter; la collisione avvenne mentre i due aeromobili, assieme ad altre macchine supersoniche che avevano in comune il fatto di essere propulse da motori General Electric, volavano in formazione stretta per una sessione fotografica voluta dalla General Electric stessa per pubblicizzare i suoi motori.

Ad un certo punto lo Starfighter si avvicinò molto alla coda, e la urtò, asportandone i timoni orizzontali. Passarono alcuni interminabili secondi, nei quali, mentre il caccia precipitava in una palla di fuoco, tutti rimasero col fiato sospeso, nel chiedersi se il gigantesco aereo avrebbe potuto sopravvivere al danno. Dopo avere volato un po’ in assetto corretto, il Valkyrie piegò inesorabilmente il muso, ruotando le ali, fino ad assumere un assetto rovesciato e precipitando di piatto, esplodendo in una colossale colonna di fuoco sul deserto.

Il pilota collaudatore capo della NASA Joseph A. Walker, che pilotava l’F-104, e Carl Cross, copilota a bordo dell’XB-70, rimasero uccisi nell’incidente, mentre Al White, il pilota dell’XB-70, riuscì a usare la capsula di eiezione di cui l’XB-70 era dotato (simile a quella usata nel Convair B-58 Hustler).

La causa esatta della collisione è ancora materia di dibattito.

Ci sono molti fattori concomitanti che hanno provocato l’incidente, alcuni riconducibili a errori dei piloti e a cause aerodinamiche ( il “risucchio” di scia che il grande esareattore avrebbe esercitato sul piccolo Starfighter, “attirandolo” inesorabilmente su di sé ).

GUARDA VIDEO

XB-70 Valkyrie Mid-air collision June 8, 1966

https://www.youtube.com/watch?v=fCORwUxlNQo

 

Sebbene sia stato asserito che i vortici abbiano causato la collisione, il tenente colonnello Joe Cotton, il pilota collaudatore capo dell’USAF per il B-70, che volava quel giorno in formazione a bordo di un T-38, ha ipotizzato che Walker, non familiare con il volo in formazione con un grande aereo con ala a delta, abbia perso il riferimento di posizione rispetto al B-70, avvicinandosi troppo finché la coda dell’F-104 ha urtato l’estremità alare del Valkyrie.

  

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XB-70 Crash Sequence( The Only ONE!!!!!!!!!!!!!!!!)

https://www.youtube.com/watch?v=nEP7niGqiNg

Il primo esemplare continuò i voli di ricerca nei limiti delle sue prestazioni ridotte finché, a partire dal 25 aprile 1967, venne preso in carico dalla NASA per continuare i voli-test sul regime supersonico. Raccolse una messe inestimabile di dati portando a termine 33 voli (23 per la NASA).

Il 4 febbraio 1969 il Valkyrie numero uno venne ritirato dal servizio e trasportato al Museo Nazionale dell’Aeronautica degli Stati Uniti alla base Wright-Patterson vicino Dayton (Ohio). Esso è ancora presente nella sua livrea bianca ‘anti-nucleare’ (per riflettere il lampo di esplosioni vicine), e con la sua mole ben spiega perché venne soprannominato The Thing (la cosa) o The Great White Bird ( il grande uccello bianco).

I sovietici realizzarono il Sukhoi T-4, un prototipo di bombardiere a medio raggio progettato sulla base delle scoperte fatte durante lo sviluppo dell’XB-70. Di fatto sembrava una copia rimpicciolita (e semplificata) del Valkyrie, e venne sperimentato fino agli anni ottanta. Aveva tra l’altro un sistema di pilotaggio fly-by-wire, e una batteria di motori sistemata come nell’XB-70, ma costituita da soli quattro propulsori. Le prove di volo andarono avanti, ma la comparsa all’orizzonte del Tu-160 “Blackjack” segnò definitivamente il suo destino nei programmi sovietici per un nuovo bombardiere strategico a favore del velivolo Tupolev, più lento ma di maggiori capacità complessive (in pratica della medesima classe del B-1 Lancer).

Poco noto è che gli inglesi emisero a loro volta, sempre nel 1954, un requisito per un bombardiere quasi altrettanto avanzato, e nacquero diversi progetti fra i quali l’Avro Type 730 era giunto quasi al completamento quando nel 1957 il Libro bianco della difesa lo cancellò di colpo, con una decisione politica che frustrò definitivamente le grandi capacità tecniche dell’industria inglese, ancora negli anni cinquanta competitiva, ma poi, come successe anche in Canada, devastata dal concetto di difesa e offesa affidato ai soli missili (cosa risultata largamente errata, come si vide poi), che sembrava economicamente vantaggioso.

Esemplari e ordinativi

  • Un modello in scala 1:1 venne completato nel febbraio 1959.
  • XB-70A/1: (NA-278) 62-0001: 83 voli; tempo totale: 160 ore, 16 minuti. Al museo dell’Aeronautica statunitense a Dayton (Ohio).
  • XB-70A/2 (NA-278) 62-0207: 46 voli; tempo totale: 92 ore – 22 minuti. Caduto l’8 giugno 1966 a nord di Barstow, California uccidendo il maggiore dell’Aeronautica Carl S. Cross.
  • XB-70B/3 (NA-274) 62-0208: pensato come il primo YB-70A (preserie) nel marzo 1961, questo prototipo avanzato venne cancellato nel marzo 1964 mentre era in costruzione.
  • YB-70A: 10 ulteriori prototipi avanzati cancellati nel dicembre 1960. Questi YB-70 sarebbero stati portati alle specifiche B-70A una volta completata la fase di test.
  • B-70A: flotta di 50 bombardieri (con serbatoi alari) cancellata nel dicembre 1959.
  • RS-70: flotta alternativa di 50 aerei da ricognizione (con equipaggio da 4 membri e sonda per il rifornimento in volo) valutata nel febbraio 1959.
Descrizione
Tipo bombardiere strategico
Equipaggio 2
Costruttore Stati Uniti North American
Data primo volo 21 settembre 1964
Data ritiro dal servizio 4 febbraio 1969
Utilizzatore principale Stati Uniti USAF
Altri utilizzatori Stati Uniti NASA
Esemplari 2
Costo unitario 1,5 miliardi US$ (programma)
 Dimensioni e pesi

 
Lunghezza 56,60 m (185 ft 10 in)
Apertura alare 32 m (105 ft)
Altezza 9,4 m (30 ft 90 in)
Superficie alare 585 m² (6 296 ft²)
Peso a vuoto 93 000 kg (210 000 lb)
Peso a pieno carico 242 000 kg (534 700 lb)
Peso max al decollo 250 000 kg (550 000 lb)
 Propulsione
Motore 6 turbogetti General Electric
YJ93-GE-3
con postbruciatore
Spinta da 84 a 128 kN ciascuno
 Prestazioni
Velocità max 3,1 Mach
(3 309 km/h in quota)
Autonomia 6 900 km
Tangenza 23 600 m

 

Fonte:http://it.wikipedia.org -o- www.youtube.com


6 Settembre 2012

aereo supersonico nasa rotante

La NASA sta finanziando lo studio di uno speciale velivolo in grado di volare oltre la velocità del suono, così da coprire distanze notevoli in un tempo relativamente breve. Il modello concettuale SBiDir-FW letteralmente impronunciabile e meglio ricordabile come supersonic bi-directional flying wing svela già dal nome la sua caratteristica peculiare: decolla e raggiunge l’altitudine desiderata poi ruota di 90 gradi e cambia “lato” superando la barriera del suono e raggiungendo velocità comprese da 1.6 fino a 2 Mach ossia fino a circa 2400km/h. Significa collegare un capo all’altro degli USA, ad esempio da Los Angeles a New York, in meno di due ore oppure attraversare l’Atlantico da Roma alla Grande Mela in meno di quattro ore. Qui sopra un rendering fotografico.

Fonte:www.tecnocino.it


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