Pentagono

15 Giugno 2015

Mentre gli Usa si apprestano a rafforzare la loro presenza militare in Europa dell’est, sale la tensione nel Mar Baltico, dove si è sfiorato l’incidente tra un aereo militare russo e 4 navi della Nato. Secondo fonti del Pentagono l’aereo si è avvicinato troppo, rappresentando una minaccia.

L’incidente, riporta la Cnn, è accaduto l’11 giugno. La scena dell’avvicinamento dell’aereo russo è stata ripresa dal cacciatorpediniere americano USS Jason Dunham, che stava operando nelle acque del Baltico insieme ad una nave francese, una tedesca e una britannica. Il video però non è stato ancora reso pubblico dal Pentagono.

Il velivolo russo che si è pericolosamente abbassato sulle quattro navi dell’Alleanza Atlantica, arrivando a ‘sfiorarè il ponte della nave americana a poco più di 150 metri di altezza, appartiene alla Russian Maritime Patrol, l’unità di pattugliamento della marina russa. Sebbene il passaggio degli aerei da ricognizione russi sia una routine nei cieli del Baltico, fonti del Pentagono sottolineano come sia la prima volta che un velivolo si abbassa in maniera così considerevole sulle navi della Nato dispiegate nell’area.

Intanto lo Us European Command sta valutando ulteriori passi da intraprendere per assicurare alle proprie navi da guerra nel Baltico e ai propri aerei che operano nella regione la massima sicurezza.

 

Fonte:http://www.ilmessaggero.it/


11 Aprile 2015

La mancata collisione è avvenuta sopra cieli del Mar Baltico,Washington protesta

 

07:47 – Collisione sfiorata tra un jet militare russo ed un aereo spia americano sui cieli europei.

Aircraft of Offut's History

Lo ha riferito il portavoce del Pentagono Eileen M. Lainez, secondo cui un caccia Sukhoi Su-35 “Terminator” russo ha volato pericolosamente vicino ad un Boeing Rc-135”Rivet Joint” americano nello spazio aereo internazionale, sul Mar Baltico, martedì scorso.

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Gli Usa hanno inoltrato una protesta formale a Mosca.

 

 

Fonte: www.tgcom24.mediaset.it

P.G.


1 Marzo 2014

Riduce uomini e fondi, il Pentagono, ma non rinuncia a nuovissimi aerei con la missione dello spionaggio militare. Sarebbero 16 i Boeing ordinati dal Pentagono per 2,1 miliardi di dollari. Una spesa non indifferente ma necessaria, secondo alcune fonti interne, per sostituire i vecchi aerei ormai “fuori forma“.

Molto simili a dei 737 questi Boeing da spionaggio riaprirebbero un contratto molto importante con l’azienda aeronautica americana e si baserebbe sul progetto di sostituire gli aerei di linea 767 con una nuova generazione di aerei per l’armata americana. Una sorta di “riciclaggio” utile ad entrambi, quindi.

“Trasformare gli aerei di linea commerciali in apparecchi militari potrebbe diventare la miglior linea di difesa della Boeing, mentre il Pentagono cerca i mezzi più efficaci per rimpiazzare i propri aerei di sorveglianza e trasporto che stanno invecchiando” spiega Loren Thompson, del Lexington Institute.

I lavori per la costruzione di questi nuovi aerei si svolgeranno nella fabbrica della Boeing a Seattle, nello Stato di Washington, e dovrebbero concludersi entro il 2017.

Fonte:http://news.you-ng.it


28 Maggio 2013

I voli della cancelleria tedesca saranno protetti da sistemi antimissile della Northrop Grumman. Il sistema sarà installato sui due ACJ319 in dotazione a Berlino dal 2010. I conflitti in Medio Oriente e Africa, scrive Bloomberg Businessweek, fanno temere che gruppi armati riescano a dotarsi di missili a ricerca di calore capaci di intercettare i motori degli aerei.

Il settimanale ricorda l’attacco a un Boeing 757 della Arkia Israeli Airlinese, bersaglio di due missili nel 2002 al decollo dall’aeroporto di Mombasa in Kenya. Un anno dopo toccò invece a un Airbus A300 della DHL costretto a un atterraggio di emergenza a Baghdad.

La Germania cerca quindi di premunirsi da considerato anche il ruolo che riveste all’interno della Nato e i 4.200 soldati tedeschi di stanza in Afghanistan. L’accordo da 26 milioni di dollari per la fornitura del sistema di contromisura direzionale a infrarossi AN/AAQ-24(V) , scrive Flight Global, è stato raggiunto attraverso il dipartimento della Difesa statunitense.

Airbus non ha commentato la notizia dell’aggiornamento dei sistemi che secondo la nota rilasciata dal Pentagono dovrebbe essere completato entro il 2016. Nothrop Grumman, ha sottolineato la difesa Usa, è inoltre in contatto con Oman e Qatar per proteggere i voli dei propri capi di Stato. Equipaggiamenti la cui lista di acquirenti comprende anche l’Arabia Saudita e il Marocco.

Fonte:www.formiche.net


17 Marzo 2013

NEW YORK Un nuovo scudo da un miliardo di dollari contro la Corea del Nord. Il Pentagono, sotto la guida del nuovo segretario alla Difesa Chuck Hagel, ha messo in moto un drastico rafforzamento dei sistemi anti-missile dispiegati lungo la costa occidentale americana, dalla California all’Alaska. E per finanziare con urgenza gli intercettori, che aumenteranno da 30 a 44 entro il 2017 e il cui compito è abbattere ordigni intercontinentali, effettuerà il parallelo ridimensionamento di un altro scudo missilistico oggi ritenuto meno efficace, quello sul teatro europeo.

L’obiettivo è politico oltre che militare. Gli intercettori hanno una funzione di deterrenza, anche se limitata dal risultato dei test che li vedono vittoriosi solo nella metà dei casi. Ma invia anche un chiaro monito agli avversari e un messaggio rassicurante agli alleati. Pyongyang, si augura la Casa Bianca, non avrà dubbi sulla determinazione Usa nel rispondere ai suoi arsenali balistici. E Giappone e Corea del Sud potranno tirare un sospiro di sollievo per l’impegno strategico di Washington a favore della sicurezza e stabilità asiatiche. Un invito è rivolto anche alla Cina, potenza regionale: una tacita richiesta di intervenire per evitare escalation frenando le provocazioni di un Paese a cui è tradizionalmente vicina.

La mossa è un significativo passo di riequilibrio nelle priorità e nell’impiego di risorse della Difesa Usa, per tenere conto dell’evoluzione dei focolai di crisi internazionali e dell’austerity che vige al Pentagono. Washington ha eliminato la fase finale, la quarta prevista in Polonia, dello scudo europeo pur confermando un sostegno ferreo all’apparato della Nato.

Quel progetto era diretto a contrastare ordigni a medio e lungo raggio e minacce dal Medio Oriente, ma era già in ritardo e osteggiato dalla Russia. Che davanti al passo indietro americano potrebbe anzi mostrarsi più aperta a un altro obiettivo strategico della Casa Bianca, i negoziati sulla riduzione di armamenti nucleari. Il Pentagono, oltretutto, ha fatto sapere di avere in mente un nuovo deterrente – simile a quello contro Pyongyang – per le minacce atomiche in arrivo dall’Iran: un generale aumento delle difese anti-Teheran, tra cui nuovi intercettori sulla costa orientale americana.

Hagel stesso ha messo in chiaro le ragioni per le nuove batterie sulla costa occidentale. «Rafforzeremo la protezione del territorio nazionale, manterremo i nostri impegni con partner e alleati e chiariremo al mondo che gli Stati Uniti rispondono con fermezza alle aggressioni», ha dichiarato. Più esplicito ancora l’ammiraglio James Winnefeld, vice-capo di stato maggiore: «Questo giovanotto – ha detto riferendosi al leader nordcoreano Kim Jong-un – dovrebbe fermarsi, altrimenti saremo pronti». Negli ultimi giorni, oltre ai continui test atomici e militari, Pyongyang ha stracciato l’armistizio in vigore nella penisola coreana dal 1953.

La marina americana, mobilitata per manovre congiunte con la Corea del Sud, ha già reagito potenziando temporaneamente la sua presenza. Nei prossimi anni molto spetterà alle nuove batterie missilistiche rivolte al Pacifico e che, all’atto pratico, saranno di stanza presso la base militare di Fort Greely in Alaska, che oggi ospita 26 sistemi di intercettori. Quattro batterie sono invece già nella base aerea di Vandenberg in California.

Fonte:www.ilsole24ore.com


23 Febbraio 2013

«Problemi al motore, voli sospesi»

WASHINGTON – Come «misura di precauzione», il Dipartimento della Difesa Usa ha sospeso tutti i test di volo della flotta di F35 , dopo che in una pala della turbina del motore di uno dei supercaccia è stata rilevata una frattura. «Il 19 febbraio, una ispezione di routine ha rivelato una frattura alla lama di una turbina a bassa pressione del motore montato su un velivolo F35 da test», ha scritto in un comunicato una portavoce del Joint Program Office che gestisce il programma F35.

Il nuovo caccia supertecnologico è al centro del programma più costoso del Pentagono, iniziato nel 2001, e secondo il segretario alla difesa Usa Leon Panetta rappresenta «l’aereo del futuro». Ma già il 16 gennaio gli esemplari della variante B, elaborata per il corpo dei Marine, erano stati messi a terra, a causa di problemi alla valvola per il rifornimento in volo. Nove giorni fa le restrizioni alla variante B sono state revocate, ma ora c’è stata la nuova battuta d’arresto, che riguarda tutte e tre le varianti, l’intera flotta.

«Gli ingegneri stanno inviando la turbina agli impianti della Pratt e Whitney di Meddletwon, Connecticut, per condurre una valutazione e un’analisi più approfondita sulle cause», si legge nel comunicato, in cui si precisa anche che «troppo presto per conoscere l’impatto della scoperta sull’intera flotta, tuttavia, come misura di precauzione tutte le operazioni di volo degli F35 sono state sospese fino a quando l’indagine non sarà stata completata e la causa della frattura sulla lama non sarà stata totalmente compresa». «Il Joint Program Office dell’F35 lavora da vicino con Pratt e Whitney e Lockeed Martin in tutti i siti degli F35 per garantire l’integrità del motore e far tornare la flotta a volare in sicurezza al più presto possibile», conclude la nota. Questo nuovo contrattempo fa inoltre seguito ad un rapporto del Pentagono di cui si è appreso il mese scorso e in cui si afferma che il velivolo, in produzione alla Lockeed Martin – con la partecipazione di otto Paesi tra cui l’Italia – è vulnerabile ai fulmini, e non può essere al momento abilitato a volare a meno di 25 miglia da un temporale.

La Lockheed Martin ha replicato facendo notare che «il programma di test per il velivolo F-35 Lightning II prevede che i test sulla protezione antifulmine siano realizzati nella fase conclusiva del programma di prove in volo», ma la cosa ha comunque suscitato numerose polemiche, soprattutto in Italia, dove i primi tre dei 90 caccia ordinati dovrebbero essere consegnati nel 2015. Il programma dell’F35, scrive Bloomberg, è stato afflitto da una serie di problemi strutturali a di software che hanno contribuito ad accumulare un ritardo di sette anni sul suo sviluppo. Attualmente, il costo per il Pentagono, per 2.443 velivoli, è stimato ad oltre 395 miliardi di dollari, con un incremento del 70 per cento rispetto al 2001.

Fonte:www.ilmessaggero.it


6 Febbraio 2013

Washington taglia le commesse dei cargo italiani e a Roma tutti tacciono

di Gianandrea Gaiani

La spesa militare non porta voti. Se ne sono accorti in questi giorni tutti i leader politici italiani impegnati a smarcarsi dal programma per il cacciabombardiere F-35 che negli ultimi 15 anni tutti i governi avevano sottoscritto. Con i costi in crescita e i mille problemi tecnici da risolvere il programma militare più costoso e sofisticato della storia è al centro del dibattito politico e industriale negli Stati Uniti e in molti Paesi che hanno aderito al programma mentre in Italia il cacciabombardiere è diventato un “orfanello” del quale tutti negano la paternità. Eppure proprio la politica e soprattutto il governo dovrebbero alzare i toni con gli Stati Uniti circa le scelte sulle acquisizioni militari. Perché mentre l’Italia si è impegnata a spendere una quindicina di miliardi di euro (almeno) per dotare Marina e Aeronautica dei cacciabombardieri americani F-35 il Pentagono, impegnato a far quadrare i conti con i tagli imposti da Barack Obama, cancella le commesse per gli aerei italiani da trasporto C-27J Spartan destinati alle forze armate e alla Guardia Nazionale e per i vecchi G-222 che gli americani avevano acquistato ammodernati da Alenia Aermacchi (Gruppo Finmeccanica) per consegnarli alle forze aeree afghane.

Nel primo caso il taglio al programma dei cargo tattici ha fatto infuriare la Giardia Nazionale statunitense che aveva selezionato l’aereo italiano (che sta ottenendo un buon successo di export nel mondo) perché meno costoso sotto tutti i profili del più grande aereo cargo C-130 e degli elicotteri da trasporto CH-47 .
Il Pentagono ha però deciso di cancellare l’ordine che prevedeva 38 aerei (inizialmente erano 78) e i 21 già in servizio (costati 1,6 miliardi di dollari) verranno probabilmente venduti sul mercato dell’usato. Una decisione che danneggerà ulteriormente l’azienda italiana che avrà maggiori difficoltà a vendere aerei nuovi se gli Stati Uniti metteranno sul mercato C-27J a “chilometri zero”.

Nel caso dei G-222 (il predecessore del C-27J) lo smacco al “made in Italy” ha il sapore della beffa. Gli Stati Uniti hanno cancellato il programma per 20 aerei da trasporto alle neonate forze aeree afghane lamentando improvvisamente la scarsa operatività dell’aereo, della quale si soni accorti stranamente solo dopo che 16 velivoli su 20 erano stati consegnati a Kabul. Inoltre una disponibilità giornaliera di 8/10 aerei su 16 non sembra certo scandalosa se si considerano i turni manutentivi e l’incompleto addestramento dei tecnici afghani. La decisione del Pentagono di cancellare i G-222 comporterà inoltre risparmi solo per 60 milioni di dollari a fronte dei quasi 600 già spesi ma priverà gli afghani dei velivoli sui quali stanno addestrandosi da due anni.
Il taglio dei programmi C-27J e G-222 pare in realtà pretestuoso e teso non a risparmiare denaro ma a passare le commesse sottratte all’industria italiana a quella statunitense. Basti considerare che i tagli avvantaggeranno Lockheed Martin , la stessa azienda che produce il cacciabombardiere F-35, che fornirà i suoi cargo C-130 Hercules sia alla Guardia nazionale statunitense sia alle forze afghane al posto dei velivoli italiani. Un’ulteriore conferma dell’applicazione della linea “autarchica” varata da Barack Obama già nel 2009 e sintetizzabile con lo slogan “buy american” che impone al Pentagono di acquistare prodotti “made in USA” .

Spiace però constatare che Roma ingoi il rospo e taccia senza reagire o minacciare “rappresaglie” commerciali. Già molti Paesi hanno espresso perplessità sui costi e le prestazioni degli F-35 e se anche l’Italia lo facesse le sorti del mega-programma  americano diverrebbero ancora più incerte. E’ accettabile che a Roma nessuno negozi l’acquisizione dei 90 jet con il rispetto delle commesse americane di aerei italiani? A metà gennaio è giunto in visita a Roma il Segretario alla Difesa, Leon Panetta (in procinto di lasciare l’incarico a Chuck Hagel ) che ha firmato molti dei tagli apportati al bilancio del Pentagono. E’ ammissibile che nel governo Monti nessuno abbia lamentato i danni inflitti alla nostra industria aeronautica?

Fonte:http://news.panorama.it


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