piloti

22 Agosto 2014

Trovati i resti di uno dei due piloti ancora dispersi. Al lavoro nelle ricerche 70 tecnici del Soccorso alpino. L’Aeronautica: «Sulle cause dell’incidente ogni ipotesi è aperta»

ASCOLI PICENO
 
Sono stati ritrovati, in località Poggio Anzù, i resti di uno dei due piloti ancora dispersi dopo lo scontro fra i due Tornado dell’Aeronautica avvenuto sui cieli di Ascoli Piceno il 19 agosto. Il ritrovamento è avvenuto in un luogo piuttosto distante da quello dove il 20 agosto erano stati recuperati i resti di due dei quattro piloti che viaggiavano bordo dei due caccia precipitati in un incidente di volo, verosimilmente quelli del pilota Alessandro Dotto e del navigatore Giuseppe Palminteri. A Poggio Anzù si sono concentrate le ricerche delle ultime ore perché in quell’area erano stati individuati frammenti di aereo piuttosto grandi. È ancora impossibile fare ipotesi sull’identità del terzo corpo: all’appello mancano il Capitano Pilota Mariangela Valentini e il Capitano Navigatore Paolo Piero Franzese. Difficoltosa si presenta anche l’identificazione delle prime due vittime ritrovate: la procura di Ascoli Piceno ha affidato ieri al Medico Legale Adriano Tagliabracci l’esame del Dna sui resti, che verrà condotto in collaborazione con un consulente dell’Aeronautica Militare

 

Intanto circa 70 tecnici del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico continuano le ricerche per l’ultimo corpo del pilota disperso. Il perimetro delle operazioni si estende per circa dieci chilometri quadrati, ed è stato identificato come area primaria di ricerca dall’Aeronautica. Gli uomini del Cnsas hanno istallato un campo base operativo nel comune di Venarotta. Ieri, proprio il Soccorso Alpino ha rinvenuto un flight recorder, la “scatola nera”, di uno dei due Tornado. Tutti i resti dei due velivoli identificati dal Cnsas, come concordato con l’Aeronautica, vengono fotografati e “georeferenziati”, indicando con precisione le esatte coordinate della posizione del reperto. Anche stamani il Soccorso alpino collabora alle perlustrazioni con l’ausilio degli elicotteri dell’Aeronautica, con cui il Cnsas condivide un protocollo di intervento nei casi di incidente aereo, militare o civile. 

 

Intanto, sulle cause dell’incidente, per l’Aeronautica Militare «ogni ipotesi è aperta». Secondo una fonte non viene escluso nulla: «dall’errore umano, all’avaria, al problema tecnico, fino allo scontro con un uccello in volo o al malore di un pilota». Quanto all’ipotesi circolate sinora, comprese quelle di un mal funzionamento del radar di bordo o delle piattaforme inerziali, si tratta appunto «solo di ipotesi, dato che al momento non abbiamo elementi».

Fonte:www.lastampa.it/


20 Agosto 2014

I resti del primo corpo nella fusoliera di uno dei caccia. Smentito il ritrovamento di un paracadute, era un salvagente. Aperta inchiesta per disastro aereo colposo, già sequestrati diversi componenti dei relitti finora rinvenuti .

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20 agosto 2014  Sono stati ritrovati i corpi carbonizzati di due dei quattro piloti che viaggiavano a bordo dei Tornado che si si sono schiantati in volo ieri nei cieli sopra Ascoli Piceno. Sembra che i resti  di uno dei militari, trovati nella zona di Tronzano, fossero nella fusoliera di uno dei due caccia.

Intanto sono stati resi noti i nomi dei quattro militari che volavano sui jet: si tratta dei piloti – entrambi piemontesi – Mariangela Valentini, 31 anni di Borgomanero, in provincia di Novara, e Alessandro Dotto originario di San Giusto Canavese, nella zona di Ivrea. Con loro i capitani navigatori Paolo Piero Franzese e Giuseppe Palminteri. I due velivoli, appartenenti al 6ª Stormo, si erano levati in volo dalla base militare di Ghedi (Brescia) per una missione di addestramento in vista di un’esercitazione Nato in autunno e sarebbero dovuti tornare alla base in serata. 

Smentito ritrovamento paracadute
Non ha avuto conferme, invece, la notizia del ritrovamento dei resti di un paracadute arancione, che aveva alimentato le speranze di trovare vivo almeno uno dei piloti. Si sarebbe trattato solo dei resti di un salvagente. Intanto i Vigili del Fuoco hanno rinvenuto diversi componenti di uno o di entrambi gli aerei, tutti concentrati nell’area di Casamurana.

Aperta inchiesta per disastro aereo colposo
Fonti della Procura di Ascoli Piceno confermano stamani l’apertura di un’inchiesta per l’ipotesi di reato di disastro aereo colposo. Il Procuratore Capo Michele Renzo l’ha affidata al sostituto Umberto Monti, che ieri notte ha tenuto una riunione in Procura con tutti i soggetti impegnati nelle operazioni di ricerca dei piloti scomparsi. Un summit servito anche per stabilire con chiarezza che la competenza sulle operazioni di ricerca e sulle indagini è della magistratura ascolana, che avrà il supporto e l’ausilio di tutte le forze impegnate sul campo, comprese quelle militari. Sono stati già sequestrati diversi componenti dei relitti finora rinvenuti.

Fonte:www.rainews.it/


20 Agosto 2014

Probabile l’errore umano, i mezzi erano stati severamente controllati.

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di FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA
 
Saranno le scatole nere dei due velivoli precipitati a dire come sono andate le cose. È un fatto, però, che i testimoni oculari raccontano di aver visto i due aerei militari volare a bassa quota, sui 500 metri, e scontrarsi frontalmente uno contro l’altro. Perché?
«Per un volo addestrativo», è spiegato dall’Aeronautica. Fonti della Difesa garantiscono che i due aerei volavano «sulla rotta prescritta» e soprattutto «alla quota stabilita». Con il che si delinea meglio anche il tipo di addestramento a cui si stavano dedicando i due piloti del Sesto Stormo di Ghedi (Brescia): un volo di guerra simulata.  

 

«Il Tornado – spiega infatti il Generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e presidente della fondazione di studi dedicati alla sicurezza “Icsa” – nasce come cacciabombardiere in grado di effettuare voli a bassissima quota.

In teoria può scendere sotto i 50 metri, ma in pratica, vista l’evoluzione degli ultimi conflitti, si è capito che scendere così in basso oltre che inutile è controproducente. E perciò in genere non si scende più sotto i 500 metri».  

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Ecco, è appunto a questa quota che sembra essersi verificato l’incidente. I due equipaggi si stavano preparando in vista di una esercitazione della Nato che si sarebbe tenuta in autunno. Esercitazione multinazionale di guerra simulata. Per questo motivo i due Tornado dovevano effettuare diversi passaggi a quote diverse, sempre in tandem.  

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«I nostri piloti – dice una fonte dell’Aeronautica – devono ormai essere sempre pronti a ogni tipo di missione. Avete visto: ieri l’Afghanistan o la Libia, domani chissà, magari la Siria. E in genere sono missioni affidate a una coppia di aerei».  

Si stavano dunque addestrando alla guerra aerea. «E siccome non abbiamo poligoni nel deserto – riprende il generale Tricarico – ma anzi abbiamo un territorio densamente abitato, ricco di valori ambientali o paesaggistici, o turistici, per noi un volo addestrativo è sempre uno slalom tra le prescrizioni fisse e quelle variabili, i cosiddetti Notam. Se in una data area è previsto un lancio di paracadutisti, o una manifestazione amatoriale, chi prepara il piano di volo dev’esserne più che consapevole».  

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torncrash10La memoria di Tricarico corre all’indietro. Al terribile incidente del Cermis, quando un jet militare statunitense impattò con una funivia a Cavalese, sulle Dolomiti, e tranciò venti vite. Era il 3 febbraio 1998. Tricarico presiedette la commissione d’inchiesta: «Al termine si decise che in Italia ogni sorvolo militare a bassa quota, di qualunque nazionalità fosse, andava prima autorizzato da noi. Una regola che non c’era e ora c’è»

 

Ma il Cermis qui non c’entra, così come l’età dei Tornado: è vero che sono in esercizio dagli Anni Ottanta, ma i più vecchi sono già stati radiati e quelli che operano subiscono severi controlli. Così è stato anche per quelli precipitati ieri. Peraltro è stranoto che i Tornado siano da sostituire. Vedi polemica sugli F35 che li dovrebbero rimpiazzare.  

 Non deficit strutturale, allora, ma probabile errore umano. «E mi duole dire – conclude Tricarico – che i tagli al bilancio della Difesa, per anni, hanno compresso soprattutto le spese per l’addestramento. Ma meno ore di volo significa meno confidenza con il mezzo. E ho paura che i nostri piloti siano ridotti ormai al minimo sindacale delle ore di volo».

 

Fonte:http://www.lastampa.it/


18 Dicembre 2013

Uno studio dell’agenzia statunitense per il volo parla chiaro: la tecnologia e il ricorso ai sistemi di guida automatica stanno erodendo le competenze dei comandanti. Poco reattivi e disabituati a impugnare la cloche, non padroneggiano le ultime novità dell’elettronica di bordo.

C’E’ UN RAPPORTO che, per chi ha paura di volare, rischia di peggiorare la situazione. Altro che smartphone sempre accesi: sono ben altre le preoccupazioni. Si tratta di uno studio, predisposto dalla potentissima Federal Aviation Administration statunitense, che racconta in 277 dettagliatissime pagine come la tecnologia abbia reso i piloti degli aerei poco reattivi. Non solo: i capitani che ogni estate ci portano in viaggio per il mondo sono ormai dipendenti dagli stessi sistemi automatici di cui i loro mezzi sono zeppi e dei quali tuttavia faticano a padroneggiare i più recenti aggiornamenti. Senza contare la massiccia presenza di tecnologia che ormai ha relegato la cloche praticamente ai soli decollo e atterraggio – che sta producendo un effetto deleterio sulle abilità di guida manuale dei velivoli.

Ad anticipare l’inquietante indagine, che sarà diffusa in settimana, è stato il Wall Street Journal. A quanto pare la Faa – che ha preso in considerazione oltre 9mila voli commerciali in tutto il mondo incrociando anche altri elementi come interviste e osservazioni dirette – ha sancito che i piloti stanno pian piano dimenticando come si conduce un aereo senza l’aiuto della tecnologia. Per esempio, “spesso si affidano troppo ai sistemi automatici e possono essere riluttanti a intervenire” o a disattivarli in circostanze rischiose o eccezionali. Quando invece la situazione andrebbe letteralmente presa in mano. Lo studio sottolinea inoltre come alcuni piloti “non abbiano conoscenze sufficienti e approfondite” per tenere sotto controllo la traiettoria degli apparecchi. Sul banco degli imputati diversi fattori che contribuiscono a questa sorta di inatteso digital divide fra le nuvole. Fra i motivi principali  i metodi di addestramento e il poco tempo a essi dedicato”.

Non è quindi una coincidenza che, fra le varie categorie d’incidenti esaminate dalla commissione di 34 esperti che ha compilato lo studio, in quasi due terzi dei casi i piloti abbiano avuto problemi sia nel controllo manuale del velivolo sia nell’uso dei computer di bordo. È il caso, tanto per citare un evento tristemente noto, della tragedia dell’Airbus A330 Air France in servizio fra Rio de Janeiro e Parigi, precipitato nell’oceano Atlantico il 9 giugno 2009. Oppure, fortunatamente con conseguenze assai meno gravi, del Boeing 777 della Asiana Airlines che lo scorso luglio si è schiantato all’Aeroporto di San Francisco in fase d’atterraggio.

Un bel grattacapo, insomma, se si considera che a produrre questa pressione sono proprio quei sistemi che, in fondo, hanno contribuito a elevare ai massimi livelli la sicurezza dei cieli, in particolare negli ultimi decenni. Il fatto è che, come fa notare lo studio dell’agenzia americana, con la sempre maggiore affidabilità dei motori e dei sistemi di gestione del volo, i comandanti impiegano la maggior parte del loro tempo nel cockpit a programmare e monitorare l’andamento di quegli stessi sistemi. Relegando il volo manuale ai pochi minuti iniziali o finali. Tuttavia l’eccessivo affidamento sui computer è stato da anni individuato dalla stessa industria aeronautica come un problema potenziale di portata molto ampia. Come se, spiega il documento, “la definizione delle normali competenze dei piloti fosse cambiata nel tempo“. Oggi il capitano è un manager di sistemi sottoposto a un bombardamento informativo che può condurlo in confusione, verso scelte sbagliate, aggravate dalla scarsa esperienza diretta sui comandi.

Niente paura, però. Nella stragrande maggioranza dei casi i piloti sono in grado di individuare e correggere le eventuali anomalie riscontrate nei sistemi prima che possano produrre conseguenze più gravi. Il vero rischio rimane, come spesso accade anche in altri ambiti, il fattore umano. Per esempio la loro passività, stando almeno a quanto racconta una parte del documento che raccoglie alcune interviste con gli addestratori. Quando i piloti devono passare alla guida manuale tendono infatti “a osservare quel che capita piuttosto che a essere proattivi” e prendere una decisione. Un atteggiamento che sembra appunto un’altra conseguenza diretta dell’ecosistema hi-tech nel quale vivono immersi ormai da anni. Come se fossero diventati più pigri. Anche a causa, secondo la British Pilots Association, delle troppe ore di volo sulle loro spalle. Da parte sua, la Faa ha pubblicato 18 nuove indicazioni per cercare di tamponare questo fenomeno. Vere e proprie regole per aiutare i piloti a recuperare le loro competenze di base: si va dall’invito ad allenarsi di più, tornando a sollecitare le proprie capacità manuali, alla progettazione di pannelli di controllo, console e cabine di pilotaggio “più comprensibili dal punto di vista dell’equipaggio” fino a esercitazioni più avanzate sulla complessità dei computer di bordo. Il rapporto consiglia infine ai piloti di allenarsi a far fronte a malfunzionamenti rari ma potenzialmente catastrofici “per i quali non sono previste procedure particolari“.

Fonte:www.repubblica.it


19 Ottobre 2013

Un pilota rivela che è abbastanza frequente avvistare oggetti non identificati. Ma nessuno dei suoi colleghi lo racconta, per paura degli accertamenti psichiatrici

di Sabrina Pieragostini

Avvistamenti ad alta quota, incontri a tu per tu con oggetti volanti di difficile interpretazione. Accade spesso ai piloti militari e civili, molto più spesso di quanto non immaginiamo. “Tra di noi ne parliamo spesso, il materiale e le notizie circolano, ma non escono all’esterno se non molto raramente”, ammette infatti Marco Guarisco, da oltre 20 anni ai comandi di un aereo.

Sarebbero centinaia i casi, forse anche di più, ma chi può dirlo? Quelle chiacchiere tra piloti restano quasi sempre solo aneddoti da raccontare agli amici più fidati, mai agli estranei. Il motivo è presto detto. “Essenzialmente perché rischiamo di perdere il posto di lavoro. Con quello che costa conseguire un brevetto di volo, in termini di tempo e di denaro, ci si pensa due volte prima di minare la propria sicurezza.  Andare in giro a dire di aver visto un Ufo può dare spiacevoli conseguenze. Se l’evento non è eclatante, si preferisce tacerlo”,  dice il nostro pilota.

Le procedure, tuttavia, prevedono che sia steso un rapporto ogni volta che in quota accade qualcosa di imprevisto. “Certo, ci sono dei moduli prestampati, nei quali indicare esattamente cosa è avvenuto, che tipo di oggetto è stato visto, a che altezza, quanto si è avvicinato”, spiega Guarisco. “Ma di solito, i rapporti vengono stilati solo quando non se ne può proprio fare a meno, ovvero quando l’oggetto era a distanza ravvicinata e si è rischiata una collisione. Ma anche in questo caso, i documenti restano in ambienti ufficiali: non vengono divulgati, se non i rarissimi casi o dopo molto tempo.”

Per pilotare un caccia o un aereo carico di passeggeri, si richiedono nervi saldi e una stabilità psicologica a prova di bomba. E dire di aver visto un Ufo sfrecciare accanto alla cabina di pilotaggio certo non depone a favore della solidità mentale di chi lo racconta. “Infatti. Se dici una cosa del genere, come minimo trascorri tre giorni presso il Centro di igiene mentale dell’Aeronautica militare a fare test ed esami di ogni tipo. Poi ti fanno firmare un documento nel quale dichiari quello che hai visto. A tuo rischio e pericolo.”

Eppure, non parlare del fenomeno non significa che il fenomeno non esista. “Gli Ufo li vediamo noi piloti, li vedono e li fotografano i passeggeri, li vedono anche nella torre di controllo. Fanno quasi parte del traffico aereo ordinario. Anche se a volte, quelle presenze sono visibili ad occhi nudo, ma non compaiono sulle strumentazioni, oppure al contrario risultano sui radar, ma non si vedono in cielo. Effettivamente, è un fenomeno parecchio complesso”, chiosa Marco Guarisco.

Per lui, se vogliamo, è un po’ più facile parlarne perché la sua prima esperienza in fatto di Ufo l’ha avuta quando era solo un bambino ed insieme ad altre due persone vide un enorme oggetto misterioso. “Avevo 6 anni, era poco prima di Natale. Aveva tre luci bianche e una rossa al centro, era nero e perfettamente triangolare. Si muoveva lentamente sopra di noi senza emettere rumore, poi si è fermato-immobile- per qualche minuto prima di sparire in un millesimo di secondo.” Da quel giorno, Guarisco ha iniziato un suo personale approfondimento sull’argomento, che lo ha portato da adulto ad entrare nel Centro Ufologico Nazionale.

L’esperienza si è poi ripetuta nel 2000: mentre si preparava al decollo, in un piccolo aeroporto lombardo, vide qualcosa di assolutamente anomalo. “Nel cielo, sulla verticale di un altro velivolo già decollato, c’era qualcosa di strano. Lo osservavo con attenzione, il cielo non era limpido e non capivo cosa fosse. Ma poi ho capito. Era una sfera grigio chiaro, opaca, metallica, senza ali e senza motore, grande circa 6 o 7 metri che girava sopra l’aeroporto.

Compiva evoluzioni al di fuori della nostra portata, perché ancora non siamo in grado di virare ad angolo retto oppure di restare fermi, sospesi per poi accelerare di colpo: tutto ciò va oltre le leggi dell’aerodinamica. Eppure decine di persone hanno visto quell’oggetto, anche sull’aereo in volo. Ad un certo punto, la sfera se ne è andata. Tutto è avvenuto in pieno giorno, non sto parlando di lucine in lontananza: era lì ed era ben visibile, impossibile che tutte quelle persone insieme abbiano avuto una svista.”

Domanda: cosa ha provato? Più paura o più curiosità? “Devo essere sincero: ho provato principalmente una bella soddisfazione. Perché io ero già coscio della presenza degli Ufo, ma molti dei colleghi che erano con me quel giorno e che hanno assistito a quella scena ne avevano sempre riso. Da quel giorno, hanno cambiato idea: forse hanno capito che qualcosa di strano, lassù, c’è davvero.”

Tratto da:www.extremamente.it

Fonte:http://scienza.panorama.it



NEW DHELI – L’incredibile episodio risale al mese scorso, ma è stato reso noto solo oggi: hostess ai comandi al posto dei piloti.  E’ accaduto a bordo di un volo della “Air India, quando il pilota de un Boeing 747 con 160 passeggeri a bordo ha lasciato (insieme al co-pilota) i comandi del jet a due assistenti di volo mentre loro andavano a farsi una pennichella in prima classe.

Riposo breve perché, come era facile immaginare, 40 minuti dopo l’inizio del loro “riposino” a 11 km di quota una delle due hostess ha disinserito per errore il pilota automatico rendendo l’aereo ingovernabile.

Il jet era decollato da Bangkok e diretto a New Delhi. Ei due piloti, naturalmente, sono stati sospesi.

Dopo il “risveglio”, l’aereo ha proseguito il volo normalmente con i piloti ai comandi. Ma l’episodio alimenta i timori dell’affidabilità delle compagnie aeree indiane, come sottolinea il britannico Daily Telegraph ricordando che all’inizio dell’anno un piloto indiano era stato trovato completamente ubriaco poco prima di mettersi i comandi.

Nel 2010, inoltre, venne scoperto che alcuni piloti avevano false licenze di volo, mentre a marzo un rapporto dell’Onu ha accertato che l’India è tra i 13 peggiori Paesi al mondo per la sicurezza aerea.

Fonte:www.repubblica.it



Gli assistenti di volo della compagnia low cost sciopereranno per 4 ore, dalle 10 alle 14

Anche i dipendenti easyJet incrociano le braccia. Gli assistenti di volo della compagnia low cost sciopereranno lunedì 27 maggio per 4 ore, dalle 10 alle 14. “Di fronte alla chiusura totale dell’azienda sul contatto unico del Trasporto Aereo e su diverse altre istanze dei lavoratori non vediamo altra strada che quella del conflitto”, afferma il responsabile sindacale Filt-Cgil, Roberto Pesaresi.
“Abbiamo proposto diverse rivendicazioni ad EasyJet compreso l’entrare nella trattativa per la stipula del contratto nazionale del trasporto aereo in fase di negoziazione con le associazioni datoriali, ma tutte le nostre proposte di soluzioni sono state rigettate”, ha osservato Pesaresi.

Fonte:www.guidaviaggi.it



Alla guida del nuovo simulatore del Sukhoi Superjet-100: ogni mese da Venezia escono 10 comandanti e un aereo.

VENEZIA — L’operatore di terra alza il braccio, arriva l’autorizzazione al decollo. Il rombo dei motori che cresce, l’aereo comincia a muoversi, prende velocità. La pista dell’aeroporto di Innsbruck è corta (due chilometri): «Qui anche i metri sono preziosi», dice il comandante Agostino Frediani. L’accelerazione prende corpo, l’aereo quota, le macchine dell’autostrada che passa sotto, scorrono rapidamente, le montagne che circondano la città sono innevate. Ormai siamo alla quota di viaggio: 3.500 metri di altitudine, il comandante ha inserito il pilota automatico che segue la rotta stabilita in partenza.

Tutto vero. In realtà non c’è nessun aereo, solo la cabina di comando dei Superjet 100 — gli aerei realizzati dalla joint venture tra Alenia Aermacchi e Sukhoi Holding che vengono allestiti nell’hangar di Tessera — e i finestrini che trasmettono al dettaglio quello che c’è fuori (grazie a impostazioni preinserite), come se l’aereo stesse volando sopra la città austriaca. Si parte con il sole, ma presto arriva la pioggia e la turbolenza. Il vento, il temporale, il comandante Luciano Fornari (16 mila ore di volo alle spalle) dalla sua postazione retrostante, può simulare qualsiasi condizione meteo e ogni tipo di avaria (siamo partiti da Innsbruck, potevamo volare da Malpensa, New York, Madrid perché in sistema ci sono tutte le città e gli aeroporti).

I piloti lo sanno bene, sono qui per questo: chi per avere dimestichezza con i nuovi dispositivi del Superjet 100, chi per imparare a volare, tutti per l’addestramento necessario per usare l’aereo «vero». Stanno un mese a Tessera tra i corsi in aula con l’istruttore, al computer e le ore sul simulatore installato vicino all’aeroporto di Venezia che riproduce fedelmente i sistemi della cabina di pilotaggio del nuovo aereo, prima delle prove in volo (con sei decolli e altrettanti atterraggi) e il rilascio dell’abilitazione. Ce ne sono due in tutta Italia: uno ce l’ha Alitalia, l’altro Superjet (a Tessera, e a Mosca). Visto da fuori sembra una navicella spaziale, dentro è la perfetta riproduzione di una cabina di comando. «Qui si invertono le cose, non è il pilota che comanda l’aereo, ma l’aereo che comanda il pilota», dice Frediani. Dodici missioni di quattro ore ciascuna in tutte le situazioni di emergenza e condizioni metereologiche.

«Too far ahead»: l’aereo scende troppo veloce, la pista è vicina, bisogna rifare la procedura di atterraggio. Il comandante decide di riprendere quota e di rinviare le operazioni. Tre equipaggi di Interjet, la compagnia messicana che ha firmato un contratto per l’acquisto di 20 Sukhoi Superjet 100 e dieci opzioni, hanno già completato il corso di addestramento. A regime saranno cinque al mese, dieci piloti, contemporaneamente alla consegna di un aereo: il primo è previsto per maggio. A Tessera si preparano anche gli assistenti di volo con attività di training fino a che la compagnia non ha il velivolo a casa (tre giorni per prendere familiarità con la cabina), e il personale di terra e di manutenzione (un mese con lezioni a computer e sull’aereo che c’è a Tessera). Da qualche settimana Superjet ha deciso di aprire la porte anche ai giovani allievi della scuola di volo professionale F.T.O. di Padova, utilizzando il simulatore integrale di volo per l’addestramento degli aerei della famiglia Airbus A320.

Il comandante Frediani (19 mila ore di volo) apre gli spoiler per diminuire la portanza delle ali e rallentare la velocità di discesa dell’aereo. «Qui bisogna stare attenti, ci sono le montagne vicine», spiega. Esce il carrello, siamo sopra Innsbruck, sotto ci sono i palazzoni. «One thousand», dicono i comandi, mancano ancora mille metri, la pista si avvicina, l’aereo scende, tocca terra, il pilota frena, rallentiamo. Frediani accende il motorino ausiliare per fare le procedure di terra, si avvicina l’operatore con la scaletta, l’autobus con i passeggeri. Si aprono le porte, anche quelle del simulatore: si scende, il viaggio è finito. Innsbruck? No, l’hangar di Tessera. Adesso tocca ai piloti cominciare la loro «missione» quotidiana.

Francesco Bottazzo

Fonte: http://corrieredelveneto.corriere.it



Anpac, ma Agenzia europea vuole estendere tempi volo equipaggi.

(ANSA) – ROMA, 3 MAR – Il 70% dei piloti aerei ha ammesso errori in cabina dovuti all’eccessiva stanchezza. Lo riferiscono i sondaggi della categoria, evidenziando un fenomeno che non e’ isolato e mette in pericolo la sicurezza del trasporto aereo. A denunciare il problema e’ Francesco Peverini, direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus. E al suo allarme si aggiunge quello del comandante Giovanni Galiotto, presidente dell’ANPAC, l’associazione dei Piloti dell’Aviazione Commerciale, che lamenta come il regolamento che l’EASA-European Aviation Safety Agency sta modificando contiene, invece, norme che estenderanno ulteriormente i tempi di volo degli equipaggi.

In Europa, affermano i due esperti, la stanchezza dei piloti ”contribuisce al 15-20% di tutti gli incidenti mortali di volo causati dal fattore umano e gli scienziati hanno avvertito che gli effetti di grave affaticamento in cabina sono paragonabili a quelli provocati dall’alcool”. Tuttavia, ”mentre l’alcool e’ proibito nel trasporto aereo, la fatica dei piloti e’ tollerata”, afferma Peverini, rilevando come ”lavorare di notte, subire lunghi turni di attivita’ e il jet lag causino sonnolenza eccessiva e subdola, con colpi di sonno improvvisi, facendo cadere la soglia di veglia e di attenzione”.

Nonostante la denuncia della categoria, sottolinea Galiotto, ”l’EASA sta pero’ modificando l’attuale regolamento introducendo norme che consentiranno, se approvate dal Parlamento Europeo, di estendere ulteriormente i tempi di volo degli equipaggi. Questo e’ evidentemente inaccettabile. Per contro, le autorita’ federali USA preposte alla sicurezza aerea – afferma – hanno rivisto le norme sui tempi di volo e di servizio riducendoli”.

Fonte:www.ansa.it


24 Ottobre 2012

Monomotori , bimotori , acrobatici ,da turismo , monoposto o biposto in tandem o affiancati .
Trainatori di alianti o “Crop Dustiners” gli aerei “spargi grano ” usati nelle immense distese  agricole degli Stati Uniti, validissimi abche come “Water Bombers” usati per la lotta antincendio come “Bombardieri d’Acqua“.

Di aerei ce ne sono un mondo e oper tutti i gusti.  Ognuno ha il suo “Cockpit” , l’abitacolo.

Pieno di “orologi” luci pulsanti leve rosse blu e nere, oggi sono addirittura personalizzabili con vari “Layout” , piu semplici per il “pilota della domenica” , o dotati di G.P.S. dalle caratteristiche sempre più avanzate.

Fino ai più complicati e costosi  “Glass Cockpit“, ( ABITACOLO DI VETRO )  i cui stumenti sono visualizzati in uno o più schermi digitali multifunzione  M.F.D. ( MULTI FUNCTION DISPLAY ), propedeutici per l’istruzione dei nuovi piloti di linea che voleranno su JETLINER ed EXECUTIVE JET   moderni dotati delle medesime tecnologie.
Insomma di tutto un po’.
Una breve carrellata di queste meraviglie della tecnologia al servizio dei piloti di ieri ma soprattutto  di oggi.

Guarda il video

http://www.youreporter.it/video_Aircraft_Cockpits

Fonte: ww.youreporter.it/mio/pierinoinflight


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