sopravvivere

14 Febbraio 2013

SASSARI.  La Sardegna vive una crisi economica e occupazionale senza precedenti e nemmeno il turismo, comparto che dovrebbe essere trainante per una regione con una storia millenaria e bellezze naturalistiche senza eguali, riesce a decollare. L’insularità obbliga coloro i quali vogliono visitarla a raggiungerla o via mare, con costi e tempi ormai anacronistici, o per via aerea. “Sardegna in volo”, il weblog che da anni monitora il mercato aeronautico sardo, in occasione dell’apertura della Borsa Internazionale del Turismo che si svolge a Milano dal 14 al 17 febbraio, ha voluto dare il proprio contributo alla discussione sulle strategie da adottare per permettere al sistema dell’ospitalità di diventare il volano della crescita economica del territorio.
 
E lo ha fatto con la redazione del suo primo rapporto annuale sullo stato del trasporto aereo in Sardegna nel quale vengono analizzati i volumi di traffico dei passeggeri in arrivo e in partenza dall’isola, lo stato dei principali aeroporti, le compagnie che collegano le città sarde con il resto del mondo e gli strumenti adottati dalle Istituzioni per favorire la mobilità aerea dei nati e residenti in Sardegna e di coloro i quali la raggiungono per lavoro o per svago. Dall’analisi dei dati emerge che negli ultimi anni, grazie all’arrivo delle compagnie low cost (Ryanair, EasyJet e Volotea), il numero dei passeggeri trasportati da e per le destinazioni nazionali e internazionali è cresciuto in tutti gli aeroporti sardi. A Cagliari si è registrato un vero e proprio boom di traffico: dai poco più di due milioni di transiti/anno del 2000 si è arrivati agli oltre 3,5 milioni del 2012 (da notare il +523% su base decennale per i trasferimenti internazionali). Buoni risultati anche quelli registrati dall’aeroporto di Alghero: grazie all’inserimento dello scalo tra quelli serviti dalla continuità t-erritoriale e l’apertura della seconda base sarda di Ryanair (nel 2008, dopo quella di Elmas), i passeggeri sono più che raddoppiati: 1,5 milioni nel 2012 contro i 650mila del 2000.  Discorso più complesso, invece, quello relativo allo scalo di Olbia: rispetto agli altri è quello che più risente della stagionalità, alternando un’intensa attività nei mesi da giugno a settembre a una sorta di stallo in tutto il resto dell’anno. Nello specifico, il numero di passeggeri provenienti o diretti verso destinazioni domestiche è rimasto sostanzialmente stabile (nell’ordine di 1,1-1,2 milioni di transiti/anno) mentre quello degli internazionali è cresciuto fino a raggiungere le 700mila unità (da notare infine che il 90% dei voli da e verso l’estero è concentrato durante l’estate).

“I dati forniti dall’Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile) mostrano in maniera chiara la patologia di cui soffre il sistema turistico sardo – spiega Giuseppe Bassi, fondatore di Sardegna In Volo e redattore del Rapporto -. I viaggiatori affollano il territorio isolano solo nei mesi estivi mentre, per mancanza di collegamenti e per un vuoto di programmazione strutturale, durante tutto l’anno si assiste a un calo vertiginoso delle presenze. Per cercare di invertire la tendenza serve il lavoro congiunto delle Istituzioni e degli enti preposti: la Regione Sardegna ha il compito non facile di scrivere un nuovo bando di Continuità Territoriale che garantisca però anche la libera concorrenza tra tutte le compagnie aeree; le società di gestione aeroportuale devono cercare di attrarre sempre più vettori e stimolare l’attivazione di nuove rotte; e i Comuni e le Province dovrebbero fare rete ed elaborare proposte turistiche lungo tutto l’arco dell’anno”.

Fonte:www.sassarinotizie.com


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