tensione


Obama invia mitra e fucili ai ribelli Ma per ora niente missili anti-aerei

Gli Usa: “Superata la linea rossa”.
I repubblicani: serve no fly zone.
Ma la Casa Bianca prende tempo

Maurizio Molinari

Corrispondente da New York

Le prime consegne di armi americane ai ribelli siriani avverranno “entro qualche settimana” e riguarderanno armi leggere accompagnate da ingenti quantitativi di munizioni. A poche ore dalla firma da parte del presidente Barack Obama dell’ordine esecutivo che dà luce verde agli aiuti militari ai ribelli è la Cia di John Brennan ad occuparsi della logistica.  

La Casa Bianca chiede di fare in fretta nel timore che le truppe del regime di Bashar Assad possano dare l’assalto ad Aleppo e il primo nodo da sciogliere riguarda quali armi recapitare: il Consiglio militare dei ribelli ha chiesto missili anti-tank, per bloccare i mezzi blindari del regime, e missili anti-aerei, per ostacolare i bombardamenti aerei, ma in entrambi i casi Pentagono e intelligence esitano, nel timore che questo tipo di armi finisca nelle mani di Al Nusra, affiliata di Al Qaeda. La decisione più agile e sicura riguarda dunque l’invio di armi leggere, come fa sapere il “New York Times”, ovvero fucili, mitra e centinaia di migliaia di proiettili di calibro diverso. Ma non si può escludere che l’intelligence aggiunga nei prossimi giorni altri tipi di forniture.  

La scelta di Obama di “discutere con il Congresso” su quali armi inviare lascia la porta aperta ad ogni possibile opzione. L’opposizione repubblicana, guidata dal senatore dell’Arizona John McCain invoca l’imposizione di una “no fly zone” capace di impedire al regime di usare missili, aerei ed elicotteri contro i civili – sul modello di quanto avvenuto contro la Libia di Gheddafi – ma il Pentagono esita perché per riuscirci bisognerebbe lanciare un massiccio attacco contro le difese antiaeree di Damasco, assai più sofisticate di quelle che aveva Tripoli perché costruite negli ultimi quaranta anni con il sostegno di Mosca. 

Obama ha assegnato alla Cia il compito di armare i ribelli dopo l’annuncio, da parte della Casa Bianca, che Damasco ha “varcato la linea rossa” usando i gas – incluso il sarin – in “molteplici occasioni” causando la morte di un numero di civili e oppositori stimato fra “100 e 150” da Ben Rhodes, consigliere stategico del presidente. In particolare, secondo Rhodes, le forze di Assad hanno usato i gas in quattro occasioni: il 19 marzo ad Aleppo nel sobborgo Khan Al-Asal; il 13 aprile ad Aleppo nel quartiere di Sheikh Maksud; il 14 maggio a Qasr Abu Samra, a nord Homs; il 23 maggio in un attacco a Damasco Est. Fonti dell’amministrazione hanno spiegato al “Wall Street Journal” che l’ordine esecutivo di Obama “rivede la politica esistente di fornire ai ribelli solo aiuti non militari”. Il testo fa inoltre riferimento alla possibilità di applicare una no fly zone sulla Siria grazie all’impiego di aerei militari americani e alleati di base in Giordania. Il repubblicano John McCain e l’ex presidente Bill Clinton sono stati i due leader nazionali a premere maggiormente sulla Casa Bianca per far cadere il veto alle forniture di armi ai ribelli, contro il quale nel 2012 si erano inutilmente battuti David Petraeus, Leon Panetta e Hillart Clinton, rispettivamente ex capo della Cia, ministro della Difesa e Segretario di Stato. 

Fonte:www.lastampa.it



Preoccupazione degli Usa. Il segretario di Stato Kerry: «Forniture di armi al regime di Assad un pericolo per Israele»

Rimane alta la tensione sulla Siria. Dopo le polemiche per l’annuncio di Assad di aver ricevuto da Mosca i primi missili terra-aria anti-aerei a lungo raggio (gli s-300), si torna a parlare dell’accordo sugli armamenti tra Mosca e Damasco.

 

MIG 29 – In particolare Serghiei Korotkov, direttore generale della compagnia russa Mig, ha annunciato che consegnerà oltre 10 aerei da combattimento Mig-29 MM2, nel rispetto di precedenti contratti. «Attualmente c’è una delegazione siriana a Mosca che sta negoziando i dettagli dell’accordo», ha affermato.

MISSILI – Riguardo alla fornitura dei missili anti aerei, Mosca difficilmente li consegnerà  alla Siria prima dell’autunno. A dirlo è una fonte dell’industria bellica che ha parlato con l’agenzia di stampa russa Interfax, aggiungendo che la tempistica per la consegna, che allarma i governi occidentali, dipenderà  dallo sviluppo della situazione in Siria. «La decisione della Russia di fornire missili al regime siriano di Assad – ha precistao il segretario di Stato Usa John Kerry – ha un impatto profondamente negativo sulla regione e mette Israele in pericolo».

LA CONFERENZA – Intanto la strada verso la nuova conferenza di Ginevra appare sempre più irta di ostacoli. Se una fonte del ministero degli Esteri russo ha annunciato una prima riunione di rappresentanti di Mosca, degli Usa e dell’Onu il 5 giugno nella città svizzera, a Istanbul le varie anime della Coalizione delle opposizioni, dopo giorni di estenuanti discussioni, hanno trovato un primo punto di accordo ponendo due condizioni per partecipare ai negoziati che difficilmente potranno essere realizzate: che l’iniziativa di pace garantisca la partenza di Assad e, ancor prima, che le milizie di Hezbollah si ritirino dalla Siria, insieme con quelle iraniane di cui ‘opposizione denuncia la presenza. Assad ha risposto che non se ne andrà. Anzi, potrà ripresentarsi candidato anche alle presidenziali del 2014.

SCONTRI – Intanto in Siria le truppe governative avrebbero attaccato un convoglio che vicino a Qusair tentava di portare in salvo feriti, uccidendo sette persone e ferendone decine. La notizia è stata diffusa dagli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Hadi Abdullah, attivista con base nella città vicina al confine con il Libano, ha dichiarato via Skype ad Associated Press che a Qusair almeno 800 persone sono ferite e alcune necessitano di «operazioni urgenti». Le truppe governative di Damasco, appoggiate da militanti del gruppo libanese Hezbollah, stanno tentando di prendere il controllo della città, in una offensiva iniziata circa due settimane fa. Decine di militari, combattenti di Hezbollah e ribelli sono rimasti uccisi negli scontri.

Fonte:www.corriere.it



“Quattro caccia turchi, due RF-4 e due F -16, sono entrati nella zona di Samo. Alle 08.43 due RF-4 hanno sorvolato sull’isola Gaidaro all’altezza di 8000 piedi. I caccia hanno abbandonato lo spazio aereo ad est di Rodi” si dice nel comunicato dello Stato maggiore della Grecia.

La Grecia accusa regolarmente la Turchia di violazione dello spazio aereo e marino. Questa volta gli aerei turchi sono rimasti nello spazio aereo greco 40 minuti.

Fonte:http://italian.ruvr.ru



Gli ordigni «come test» verso il mar del Giappone. Pechino preme per rimpiazzare il ministro della Difesa di Pyonyang

Era scomparso dai titoli dei giornali asiatici e occidentali da qualche settimana. Evidentemente Kim Jong-un, trentenne dittatore della Nord Corea ama la ribalta: sabato mattina ha rotto il silenzio facendo lanciare tre missili a corto raggio dalla costa orientale: l’allarme è stato dato dall’agenzia sudcoreana Yonhap, su informazioni del ministero della Difesa di Seul. Due ordigni sono stati sparati verso il mar del Giappone al mattino (quando in Europa era ancora notte) e uno nel pomeriggio ora locale.

 

ESERCITAZIONI – Le esercitazioni con Scud a corto raggio sono diventati ormai routine nella strategia della tensione instaurata da Kim Jong-un da quando ha ereditato il potere dal padre Kim Jong-il, morto nel dicembre del 2011. Ma qualcosa forse sta succedendo a Pyongyang: dopo le settimane di minacce durante le quali il regime ha stracciato la tregua con la Corea del Sud e chiuso l’area di cooperazione industriale speciale di Kaesong, il solo risultato è stato la condanna unanime da parte della comunità internazionale. Compresa la Cina, unico alleato importante del «regno eremita». Improvvisamente Kim è tornato in un cono d’ombra, abbandonando apparentemente i progetti di guerra. E qualche giorno fa la Corea del Nord ha silurato il suo ministro della Difesa, un duro che nel 2009-2010 era stato lo stratega degli attacchi contro obiettivi sudcoreani. Fonti di intelligence hanno detto alla radiotv tedesca Deutsche Welle che la Cina sta lavorando per sostituire Kim alla guida della Corea del Nord. Il rimpiazzo dovrebbe essere un altro Kim, il fratello maggiore Kim Jong-nam, 42 anni, che era l’erede designato ma nel 2001 fu bruciato quando si fece scoprire a Tokyo, con passaporto falso, nello stravagante tentativo di andare a visitare Disneyland.

LE PRESSIONI DI PECHINO – I segnali della pressione di Pechino su Kim sono diversi: dal blocco dei rapporti finanziari con la banca nordcoreana che riforniva di valuta il regime, all’improvviso siluramento del ministro della Difesa A Kim Jong-un, secondo queste fonti, verrebbe garantito esilio di lusso con la moglie in Cina. Qualcosa si sta muovendo nel Paese più difficile da interpretare del mondo: il giapponese Abe ha spedito il suo consigliere più fidato a Pyongyang (il leader nazionalista sul fronte nordcoreano è solidale con Seul e Pechino). E a Pechino è appena venuto il responsabile del Dipartimento di Stato Usa per la Nord Corea.

Fonte:www.corriere.it



(AGI) – Roma, 18 mar. – Si acuisce ulteriormente la tensione tra Italia e India. La Corte Suprema di New Delhi ha riaffermato che l’ambasciatore italiano Daniele Mancini non ha diritto all’immunita’ diplomatica e ha prorogato fino al 2 aprile il divieto di lasciare il Paese che gli aveva imposto giovedi’ scorso. Per il 2 aprile e’ stata fissata la prossima udienza sul caso dei maro’ Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati per l’uccisione di due pescatori indiani al largo del Kerala.
 

Mancini, che non era presente in aula a rimarcare che gode dell’immunita’ diplomatica, aveva ricoperto un ruolo determinante nella nuova licenza, la seconda dopo quella natalizia, concessa ai due militari per rientrare in patria e poter cosi’ votare alle elezioni: un permesso speciale dietro cauzione che scadra’ venerdi’ prossimo. Il diplomatico si era impegnato con un affidavit a garantire il rientro dei maro’.
  “Una persona che si presenta in aula e formula una promessa del genere” poi non mantenuta, ha dichiarato il presidente della Corte, Altamas Kabir, “non gode di alcuna immunita'”.

“Ho perso ogni fiducia nel signor Mancini”, ha aggiunto. Uno degli avvocati indiani dell’ambasciatore ha ribattuto ricordando come il diritto internazionale riconosca l’immunita’ dalla giurisdizione ai rappresentanti ufficiali degli Stati stranieri, ai quali accorda altresi’ piena liberta’ di movimento. “Noi”, ha pero’ puntualizzato ancora Kabir, “abbiamo perso ogni fiducia nell’ambasciatore. Non pensavamo che si comportasse cosi'”.
  A questo punto il diplomatico italiano rischia di essere incriminato per vilipendio della magistratura, e di finire sotto processo, se non addirittura di essere arrestato.

Se il portavoce del ministero degli Esteri indiano, Syed Akbaruddin, ha ammesso l’esistenza di un “conflitto di giurisdizioni” che “va esaminato”. “Siamo consapevoli della Convenzione di Vienna e dei nostri obblighi” in materia di immunita’, ha aggiunto, ma ha puntualizzato che, “in qualita’ di funzionari del governo federale dell’India”, ci si deve “attenere alle direttive della Corte Suprema”.
  A favore di Mancini e dell’Italia e’ intervenuta frattanto l’Unione Europea: la Convenzione di Vienna “va rispettata da tutte le parti in causa”, ha sottolineato Michael Mann, portavoce di lady Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dei Ventisette.

Fonte:www.agi.it


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