tricolore

14 Febbraio 2014

A prescindere da come andrà a finire la vicenda Alitalia, nei cieli italiani il tricolore è ormai passato di moda. Il più che probabile sbarco nel nostro Paese di Etihad, prossimo partner dell’ex-compagnia di bandiera, rende ancora evidente quello che da tempo era sotto gli occhi di tutti: la fetta più grande del traffico aereo italiano se la dividono le compagnie straniere.

Siano esse le low cost britanniche o spagnole o i nuovi dominatori del trasporto aereo mondiale: Emirates, Etihad, in testa. Senza dimenticare le cugine Qatar Airways e la quasi-europea Turkish Airlines.

Fiumicino sempre più forte
A dare retta ai rumors più recenti, per il matrimonio tra Etihad e Alitalia sembra di essere davvero arrivati al capitolo finale. Soprattutto dopo che la prospettiva che il ricorso effettuato da Lufthansa all’UE – il vettore tedesco ha minacciato di ricorrere all’Antitrust contro Alitalia perché l’ingresso di Etihad configurerebbe un aiuto di Stato – possa avere successo si sta allontanando sempre di più perché l’Antitrust europeo non può intervenire se l’acquirente ha origine extra-comunitaria.
Dal punto di vista operativo, poi, le conseguenze sarebbero tali da modificare in modo significativo il quadro del trasporto aereo made in Italy. Le indiscrezioni, infatti, parlano di una decisa riduzione dei voli sulla rotta Milano-Roma, già usciti sconfitti dalla competizione con l’Alta Velocità. Risultato: a Linate, dove pur sempre si concentra il ricco traffico del Nord Italia, si libererebbero alcuni preziosi slot a disposizione di Alitalia. Il risultato sarebbe scontato: indebolire Malpensa a favore di Fiumicino che, nelle intenzioni degli arabi, è destinato a giocare un ruolo fondamentale come hub tra l’Oriente e le Americhe, Nord e Sud. E non è tutto, perché l’aeroporto romano potrebbe diventare il punto di riferimento anche per le rotte operate dai vettori regionali partecipati da Etihad: airberlin, Darwin Airlines, Air Serbia. Obiettivo: riempire gli aerei del Golfo in partenza da Abu Dhabi verso est, sottraendo alle big europee il traffico italiano diretto ai loro hub. Sul medio raggio poi la nuova Alitalia potrebbe provare a sfidare le low cost, contendendo loro le sovvenzioni che oggi gli scali locali elargiscono a piene mani.
Infine, ma non meno importante, sarà la questione tariffaria. «L’ingresso di Etihad in Alitalia porterà a un calo dei prezzi dei biglietti», ha detto Andrea Giuricin dell’Istituto Bruno Leoni. I motivi sono semplici: in primo luogo, il governo italiano ha appena tagliato le tariffe Enav di una percentuale tra il 20 e il 27%. E in secondo, Etihad può contare su forti vantaggi competitivi e fiscali: dal costo del lavoro inferiore del 33% rispetto ai competitor europei, ai risparmi di carburante garantiti dall’utilizzo di aerei di ultima generazione.

Addio alle low cost?

L’arrivo di Etihad fa sorgere alcune domande: che fine faranno le low cost che affollano il panorama nazionale? È vero quello che si vocifera, e cioè che il governo italiano ha in qualche modo promesso ai nuovi alleati arabi di intervenire contro di loro? In effetti, nella bozza del recente decreto Destinazione Italia è contenuta una norma che obbligherebbe gli aeroporti a fare bandi d’asta pubblici fra vettori per l’apertura di ogni nuova tratta. Con il risultato di rendere le procedure troppo burocratiche per chi, come Ryanair & co., vorrebbe lanciare nuove rotte. Al contrario di quanto accade ora, dove le decisioni sugli slot vengono prese con accordi diretti e lasciando ampio spazio di manovra agli scali che puntano sulle low cost.
Il colpo, per i consumatori e gli aeroporti italiani, sarebbe forte. Per i primi, perché la rivoluzione low cost degli scorsi anni ha prodotto un taglio delle tariffe; per i secondi, perché sono molti gli scali italiani dove i vettori no frills detengono la maggior parte del traffico. Per averne una conferma, basta osservare come, nel solo 2013, l’Italia sia stata più che mai al centro dei piani di investimento dei vettori a basso costo. Per occupare gli slot lascati liberi dai vettori tricolori, si sono mosse le due big del settore, Ryanair e easyJet, senza dimenticare Vueling, Volotea, Germanwings e Wizz Air.
Così easyJet inaugurerà una nuova base a Napoli da marzo 2014, oltre a potenziare con l’avvio dell’orario estivo Catania, e introdurre altre cinque rotte su Fiumicino, nuova base del vettore in Italia. Dallo scorso dicembre Ryanair ha lanciato tre nuove rotte per Catania, Palermo e Lamezia da Fiumicino, anche in questo caso diventata per il vettore una nuova base italiana dove, entro settembre, verranno posizionati 12 aerei. E le spagnole Vueling e Volotea non si tireranno indietro: la prima arriverà ad aprire a Roma la seconda base italiana dopo Firenze, posizionandovi otto A320 e triplicando l’offerta attuale; la seconda invece punta a rafforzare la sua presenza sia su Venezia che in Sicilia. Risultato: la quota di traffico a basso costo sui nostri cieli è destinata ad aumentare rispetto ai 60 milioni di passeggeri senza fronzoli che l’Enac ha stimato per il 2012. Più o meno la metà di quelli totali.

Cosa accade nel mondo

Se in Italia il modello low cost continua a mietere successi, altrove le cose vanno ancora meglio. In Africa, ad esempio, da più di un anno sono partiti i voli della nuova low cost panafricana fastjet, fondata da Stelios Ioannou, padre di easyJet, mentre nei primi mesi del 2014 dovrebbe finalmente debuttare anche Jambo Jet, la low cost di Kenya Airways (ma entro il 2020 nasceranno almeno sette nuove compagnie no frills). In Medio Oriente, Flydubai, la low cost collegata ad Emirates, sarà presto affiancata dai vettori a basso costo creati da Qatar Airways e Oman Air, mentre in Asia Singapore Airlines vuole aumentare la sua quota di partecipazione in Tiger Airways, budget airline basata a Singapore e concorrente di AirAsia e Jetstar Airways.
Ma è ancora una volta è l’Europa la regione dove il modello a basso costo sta subendo le più grandi trasformazioni. Nel Vecchio Continente, dagli inizi degli anni Duemila i vettori economici sono arrivati a detenere quasi il 40% del traffico continentale, ed entro il 2020 il 53% dei viaggiatori all’interno dell’Unione Europea salirà a bordo di un volo low cost.
E nei prossimi mesi un’altra novità potrebbe dare un’accelerazione a tutto il settore. «Accadrà quando le low cost faranno il loro ingresso nel mercato del lungo raggio, andando così a sottrarre quote alle legacy sulle tratte più redditizie», ha detto David Jarach, esperto di trasporto aereo e chairman della società diciottofebbraio, a un seminario organizzato da Carlson Wagonlit. La data è già fissata: il 29 marzo 2014, quando la giapponese Skymark lancerà il primo volo sulla Tokyo-Los Angeles. Da parte sua Norwegian ha appena aggiunto alla propria flotta un B787 Dreamliner, per inaugurare a luglio una base a Londra Gatwick per raggiungere New York, Los Angeles e Fort Lauderdale.
Cambiamenti in vista anche per i vettori a basso costo che operano sul breve e medio raggio. «In Europa stanno aprendo nuove basi negli aeroporti principali, come Fiumicino e Bruxelles», ha proseguito Jarach. Senza contare che le compagnie low cost e quelle tradizionali hanno modelli di business sempre più simili. «Le une introducono servizi ancillary propri dei vettori tradizionali. Le altre si legano a vettori low cost di proprietà, come Lufthansa con Germanwings e Air France KLM con transavia.com e Hop!, e come farà la russa Aeroflot con Dobrolet, un vettore con tariffe più basse del 40% rispetto ai prezzi attuali». Quanto alle compagnie regionali, «sono in via di estinzione perché hanno aerei troppo piccoli e il feederaggio viene ormai assegnato ai vettori low cost dei gruppi aerei», ha concluso Jarach.
Insomma, le tendenze sono già delineate: consolidamento nei cieli, dove «i piccoli resteranno esclusi dalla competizione, perché le regole per entrare nei mercati deregolamentati sono stringenti e ci vogliono tanti aerei», un mercato globale dove non si opera da soli, «ma attraverso partnership e integrazioni». A fare da corollario al tutto, il successo sempre più spiazzante dei vettori del Golfo e mediorientali, in grado di rendere più competitive le rotte di connessione fra Europa e Asia. I motivi? Il costo del carburante, ma anche la collocazione geografica dei loro hub: a metà strada del mondo, quindi in grado di massimizzare i ricavi dei voli di feederaggio e di quelli intercontinentali veri e propri.

Giorgio Maggi
 

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