Un esercito di ufficiali e poca truppa.

12 Aprile 2016da admin

Mandorle e champagne per l’ammiraglio…

La “spending review” delle Forze Armate sembra limitata a taglia della “bassa forza”. Ma anche tra le divise si riscontrano situazioni di evidenti sprechi. A partire dal numero spropositato di generali e al supestipendio dei vicecapi di Stato Maggiore .

esrcito

Le mandorle dell’ammiraglio non si toccano. La spending review delle forze armate faccia pure il suo sporco lavoro, ma da un’altra parte. Si riduca la truppa, se serve, o si taglino i marescialli, però a Giuseppe De Giorgi, il comandante in capo della flotta italiana, non devono mancare le sue mandorle quando sale sulle navi. Meglio se tostate al momento, altrimenti vanno bene anche salate.

Quell’accoglienza da impero borbonico riservatagli a Taranto l’8 settembre scorso a bordo dell’incrociatore “Mambella” (camerieri, tartine, champagne e ovviamente mandorle), di cui hanno dato conto i giornali, si era vista anche a maggio sulla “Caio Duilio” a La Spezia.

E chissà quante altre volte, perché per la casta militare le vacche grasse non dimagriscono mai. Le indennità sono calcolate come se ancora ci fosse la Guerra Fredda, le pensioni rimangono dorate, c’è ancora qualcuno a lucidare le maniglie d’oro degli sfarzosi appartamenti di rappresentanza.

Chi sono i privilegiati della Difesa?

LE MANDORLE DELL’AMMIRAGLIO.

Bisogna leggerla tutta la mail che il Capitano di Vascello Liborio Francesco Palombella spedisce ai suoi sottoposti, il 3 maggio 2012, per capire fin dove arriva oggi l’anacronistico sfarzo concesso al militare privilegiato.

Scrive Palombella, alla vigilia della visita di De Giorgi: “All’arrivo del Cinc (comandante in capo della squadra italiana, ndr) prevedere in quadrato l’aperitivo con vino bianco ghiacciato, mandorle salate, grana, olive verdi, pizzette, rustici, tartine. Prepararsi a servire caffè d’orzo o thé verde“.

Poi un altro ufficiale entra nel dettaglio dei gusti dell’ammiraglio, guai a sbagliare: “Il caffè con orzo in tazza grande, senza zucchero, macchiato caldo. Il tè verde, senza zucchero”.

Stona, tutto questo. A La Spezia si domandano se l’ammiraglio gradisca il caffè in tazza grande o piccola, a Kabul ai militari italiani non è più concesso di andare a mangiare alla mensa americana, più abbondante e costosa.

Stona, nell’era della crisi, qualsiasi forma di sperpero di denaro pubblico. Tutti i privilegi, tutto ciò che è casta non è più sopportabile. E quella dell’ammiraglio De Giorgi è solo una delle 400 e passa storie di benefit e favori goduti da chi ha il grado di generale, nelle forze armate italiane.

LA CASTA DEI GENERALI. Già i numeri crudi, di per sé, parlano. Tra Esercito, Marina e Aeronautica ci sono 425 generali per 178 mila militari.

Negli Stati Uniti sono in 900, il doppio, ma guidano un comparto che con 1.408.000 uomini è quasi dieci volte quello italiano.

Per dire, noi abbiamo più generali di Corpo D’Armata, 64, che Corpi d’armata, circa una trentina.

In Aeronautica 20 generali di Divisione per tre divisioni effettive. “Ad essere generosi, in Italia basterebbero 150 generali per svolgere gli stessi compiti“, scrive Andrea Nativi nel rapporto 2011 della Fondazione Icsa, che si occupa di Difesa e intelligence.

E così siamo arrivati al punto, paradossale, che i comandanti sono più dei comandati: 94 mila ufficiali e sottoufficiali, 83.400 uomini e donne della truppa.

Nei prossimi due anni il personale, civile e militare, sarà tagliato di 8.571 unità. Entro il 2024, si legge nel testo del ddl di revisione appena approvato dal Senato, i 178 mila (somma di graduati e truppa) scenderanno a 150 mila. Ma i generali no, loro non si toccano. Perché avere la greca sulla spallina significa godere di uno status privilegiato. Significa uno stipendio annuale da 120 mila euro per i generali di Corpo d’armata (quelli col grado più alto, le tre stellette), circa 7 mila euro netti al mese. E si ha diritto all’alloggio di servizio gratuito nelle zone migliori della città, al telefonino, in alcuni casi all’autista (l’anno scorso sono state acquistate dalla Difesa 19 Maserati per gli alti ufficiali), a soggiorni low cost a Bardonecchia o a Milano Marittima. Significa attraversare le sforbiciate della spending review e uscirne illibati.

IL SUPERSTIPENDIO DEL VICE. Si chiama Sip l’eldorado dei generali. Speciale indennità pensionabile, un emolumento ad personam che fa schizzare lo stipendio dei dirigenti in alto. Molto in alto. Spetta al Capo di stato maggiore della Difesa, il generale Biagio Abrate, (482.019 euro all’anno), ai tre capi di stato maggiore di Esercito, Aeronautica e Marina (481.006 euro), al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Leonardo Gallitelli (462.642 euro) e al segretario generale della Difesa Claudio De Bertolis (451.072).

Cifre che superano i 294 mila euro annuali (il trattamento riservato al Primo presidente di Cassazione) indicati dal decreto ” salva-Italia” come tetto degli stipendi dei manager pubblici. In sei costano al ministero 2,8 milioni di euro. Gli stessi soggetti quando lasciano ricevono una liquidazione che sfiora il milione di euro e una pensione da 15 mila netti al mese.

La Sip però viene misteriosamente concessa anche al vice comandante dei Carabinieri. Ciò aveva un senso fino a quando c’era un generale dell’Esercito a ricoprire il ruolo di vertice dell’Arma, non ancora promossa a forza armata. Dal 2000 in poi c’è un Comandante carabiniere, ma la Sip al suo vice è rimasta. E non è un caso che per quel ruolo si siano avvicendati, dall’inizio del 2012 ad oggi, già tre ufficiali e di media si rimane in carica non più di un anno. La cerchia dei privilegiati così si allarga un po’.

Fonte:inchieste.repubblica.it/

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