Nel mondo iniziano a mancare i piloti…

16 Maggio 2016da admin

Diversi aerei costretti a restare a terra
Dagli Stati Uniti all’Asia (via Europa) sempre più compagnie iniziano ad affrontare la crisi di nuove leve ai comandi.

Da qui al 2034 servono oltre mezzo milione di esperti.

pilot

L’andazzo è lo stesso da diversi mesi. Voli annullati. Rotte cancellate e poi ripristinate, salvo essere di nuovo eliminate. Decine di aerei che restano lì, parcheggiati, per diverse settimane. Persino qualche compagnia — definita «regionale» — che fallisce. Passeggeri, ovviamente, arrabbiati. A cui, spesso, viene spiegato che la causa è il maltempo. Succede negli Stati Uniti. Ma i primi segni sono evidenti anche in Asia e in Europa. Tutto perché nel mondo iniziano a mancare i piloti. Proprio in un periodo in cui i vettori si stanno espandendo a livelli mai visti.

«Servono oltre mezzo milione di piloti»
In un recente dossier Boeing, il colosso americano che realizza gli aeromobili, parla di richiesta «senza precedenti» di piloti e tecnici nell’aviazione civile. «Tra il 2015 e il 2034 serviranno 558 mila tra comandanti e primi ufficiali per i velivoli commerciali», spiegano gli analisti di Boeing. Di questi 226 mila serviranno per il mercato asiatico, l’area che trascinerà l’aviazione nei prossimi anni. Altri 95 mila saranno essenziali per i cieli europei e altrettanti per quelli americani. Il Medio Oriente ne richiederà 60 mila, mentre l’America Latina circa 47 mila. A questi vanno aggiunti i 609 mila addetti alla manutenzione dei jet.

Nel 2034 flotta raddoppiata
Ogni settimana dalle megastrutture di Boeing, Airbus, Bombardier ed Embraer escono una trentina di nuovi velivoli. Secondo l’ultimo «Global Market Forecast» di Airbus se nel 2015 i jet in attività in tutto il mondo erano 17.354, nel 2034 diventeranno 35.749. Più del doppio. Per ognuno di questi bisogna assumere e addestrare una dozzina di piloti che poi si dovranno dare il cambio nell’arco delle 24 ore. Ma se gli aerei nuovi di zecca arrivano negli scali di base delle compagnie, sono proprio le persone che dovranno farle volare a non vedersi. Soprattutto in Asia dove ogni anno si aggiungono cento milioni di nuovi passeggeri. Tanto da spingere Airbus, il rivale (europeo) di Boeing, e Singapore Airlines a inaugurare proprio nella città-Stato di Singapore un centro di addestramento per circa diecimila aspiranti piloti che si alterneranno negli otto simulatori. La megastruttura si aggiunge alle altre tre che Airbus ha aperto a Tolosa, Miami e Pechino.

Le cause e i nuovi mercati
L’allarme, a dire il vero, da vent’anni è lo stesso. Ma per diversi motivi — l’11 settembre, la crisi economica, l’innalzamento dell’età pensionabile dei piloti da 60 a 65 anni — la questione non si è mai presentata davvero. Finora. Perché, denunciano diversi esperti, «nei prossimi 4-5 anni le compagnie aeree non riusciranno a trovare piloti sufficientemente addestrati per portare in volo i loro aerei». Ma come si è arrivati a questa «crisi»? Un po’ per gli retribuzioni che non hanno tenuto il passo con l’inflazione. Un po’ — è il caso degli Usa — perché dopo l’incidente del volo Colgan Air 3407 del 2009 (50 morti) — l’autorità federale ha innalzato da 250 a 1.500 le ore di volo necessarie per diventare primo ufficiale. Negli ultimi tempi, poi, molti sono andati nel Golfo Persico, attratti dagli stipendi e dalla crescita vertiginosa di compagnie come Emirates, Qatar Airways ed Etihad. Altri sono finiti nelle low cost — anche europee — dove i tempi per diventare comandanti sono decisamente più ridotti dei 10-15 anni che servono per un dipendente di British Airways o Air France. Risultato: quei pochi piloti sul mercato si sono concentrati in due blocchi creando uno scompenso e dei veri e propri buchi. «Finirà che i vettori dovranno pagare spazi pubblicitari per invitare i giovani a diventare piloti», scherzano gli esperti. Un po’ come succedeva negli anni

Fonte:www.corriere.it/

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