2012 Dicembre

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30 Dicembre 2012

Il Lockheed L-1049 Super Constellation era un quadrimotore di linea ad ala bassa prodotto dall’azienda statunitense Lockheed Corporation negli anni cinquanta e sessanta.

Versione derivata dal precedente Constellation, trovò largo impiego con alcune delle maggiori compagnie aeree dell’epoca; ne furono realizzate anche diverse versioni militari che vennero impiegate, con la denominazione C-121 Constellation, prevalentemente dall’USAF e dall’US Navy: i velivoli appartenenti ad una di queste versioni, identificata come EC-121 Warning Star, furono i primi velivoli della storia concepiti per coprire il ruolo AWACS.

Sviluppo

Sul finire degli anni quaranta la Lockheed venne sollecitata, pressoché contemporaneamente, sia dagli operatori civili che dalle forze armate a realizzare una nuova versione del Constellation che potesse garantire una maggior autonomia ed un incremento nel carico utile trasportabile.

Un Super Constellation restaurato in una foto del 2005.

La revisione progettuale che ne seguì portò alla nascita di una vera e propria “seconda generazione” del velivolo: il nuovo aereo, il cui prototipo fu lo stesso esemplare già prototipo della prima versione (L-049) modificato e portato in volo il 13 ottobre 1950, presentava la fusoliera allungata e completamente rivista nella sagoma, esteriormente riconoscibile per gli oblò quadrati anziché circolari.

Identificato come L-1049 e battezzato Super Constellation il nuovo modello impiegava ancora i motori Wright R-3350 Duplex Cyclone, in questo caso nella versione CA-1 da 2 700 hp (pari a 2 014 kW).

Le prime consegne furono appannaggio della Eastern Air Lines che impiegarono l’L-1049 in voli di linea a partire dal dicembre del 1951.

Lo sviluppo della cellula del Super Constellation proseguì di pari passo per l’impiego civile e quello militare: in sostanza pur non variando le dimensioni del velivolo, l’impiego dei nuovi motori R-3350 dotati del sistema di sovralimentazione turbo-compound e l’aggiunta di serbatoi supplementari alle estremità delle ali conferirono al velivolo maggiori capacità di carico e maggiore autonomia di volo.

Le varie combinazioni di queste due caratteristiche, unite all’utilizzo di un portellone posteriore (disposto sul lato sinistro della fusoliera)ed all’irrobustimento del pavimento della fusoliera (impiegate nelle varianti da trasporto militare e da trasporto civile cargo o combinato) portarono alla fine alla realizzazione di otto diverse versioni, per un totale di 579 esemplari costruiti, l’ultimo dei quali (un L-1049H) venne consegnato nel novembre del 1958.

Descrizione tecnica

Struttura

Dal punto di vista strutturale l’evoluzione del progetto del Constellation era rappresentata dall’allungamento della fusoliera (circa 5,5 m di diversità tra i modelli L-749A ed L-1049) e dalla sagoma cilindrica a sezione costante della fusoliera (ritenuta più razionale rispetto alla precedente sezione continuamente variata).

Rispetto al modello originario le ali rimanevano sostanzialmente invariate; l’unica modifica di rilievo era costituita dalla possibilità di installare serbatoi supplementari di carburante ad ognuna delle estremità. Invariati rimanevano anche gli impennaggi con la caratteristica tripla deriva ovale.

Motore

Anche nel caso del Super Constellation la Lockheed rimase fedele, al motore Wright Duplex Cyclone. La versione R-3350-CA1 sviluppava la potenza di 2 700 hp (2 014kW) ma con l’introduzione (nel Model L-1049B e su richiesta dell’US Navy) del motore nella versione R-3350-DA3 dotata di sistema turbo-compound, la potenza erogata da ciascuna unità motrice salì a 3 250 hp (pari a 2 424 kW) con un incremento di poco superiore al 20%.

Sistemi

Nelle versioni commerciali dell’L-1049 la Lockheed offrì la possibilità di installare un radar meteorologico nel cono anteriore della fusoliera: la sua presenza era identificabile con l’allungamento della prua del velivolo (di poco meno di un metro) ed il suo impiego consentiva di offrire, attraverso una migliore pianificazione delle rotte, un maggior comfort ai passeggeri.

Impiego operativo

Il primo collegamento commerciale realizzato con un Super Constellation (Model L-1049) fu realizzato dalla Eastern Air Lines il 15 dicembre 1951 tra New York e Miami, seguita dopo pochi giorni dalla Trans World Airlines.

Un Super Constellation della compagnia australiana Qantas all’aeroporto di Heathrow nel 1955.

La prima compagnia a mettere in volo i velivoli della versione L-1049C, il cui prototipo volò nel febbraio del 1953[7], fu l’olandese KLM che li impiegò sulla linea New York-Amsterdam a partire dal successivo mese di agosto.

La versione ad uso civile costruita nel maggior numero di esemplari fu la L-1049G: i primi velivoli vennero in questo caso consegnati alla Northwest Airlines che li impiegò a partire dal gennaio del 1951.

Le forze armate fecero largo impiego delle versioni del Model L-1049: identificati come C-121 per i compiti di trasporto e come EC-121 per l’impiego in funzioni AEW, costituirono ben 320 dei 579 esemplari complessivamente costruiti.

Diversi esemplari impiegati per il trasporto in ambito militare furono rivenduti in un secondo tempo sul mercato civile ed impiegati da compagnie minori in diverse parti del mondo.

Versioni

Dagli stabilimenti della Lockheed, situati a Burbank, uscirono i velivoli della serie L-1049, suddivisi nelle nove varianti sotto indicate:

  • Model 1049: 24 esemplari, tutti destinati al mercato civile;
  • Model 1049A: variante consistente in quattro diverse serie (per un totale di 226 di velivoli) realizzate per le autorità militari (USAF e US Navy). I velivoli impiegati come trasporti mantennero la designazione Super Constellation mentre quelli destinati ai compiti di sorveglianza elettronica vennero ufficialmente battezzati Warning Star e, in base all’acquirente ed al ruolo, furono identificati con le seguenti designazioni:
    • RC-121D: 72 esemplari acquistati dall’USAF che vennero destinati al ruolo di AEW e ridesignati EC-121D dopo il 1962;
    • R7V-2: 4 velivoli impiegati dall’US Navy come trasporti in configurazione mista (passeggeri/merci); erano dotati di muso allungato e montavano motori turbo-compound. Due di questi aerei vennero in seguito ceduti all’USAF ed indicati con la denominazione YC-121F;
    • PO-2W: designazione inialmente assegnata dall’US Navy ad una serie di 142 velivoli impiegati in funzione AEW. Dotati di serbatoi alle estremità alari, muso prolungato, radomi nel tronco di fusoliera. La designazione venne dapprima mutata in WV-2, per divenire definitivamente (dopo il 1962) EC-121K;
    • WV-3: serie di 8 velivoli, privi di serbatoi alle estremità alari, acquistati dall’US Navy e destinati a compiti di ricognizione meteorologica. Acquisirono la designazione WC-121K;
  • Model 1049B: anche in questo caso il 61 esemplari prodotti furono totalmente acquistati dalle forze armate e designati come di seguito:
    • RC-121C: primi 10 esemplari di L-1049 impiegati dall’USAF; dotati di doppio radome (ventrale e dorsale) furono destinati al ruolo di Airborne Early Warning. Nel 1962, quando vennero uniformate le designazioni di USAF e US Navy, assunsero la sigla EC-121C;
    • VC-121E: singolo esemplare che, con le matricole USAF e battezzato Columbine III, coprì il ruolo di Air Force One per il presidente Dwight D. Eisenhower tra il 1954 ed il 1961;
    • R7V-1: lotto di 50 aerei acquistati dall’US Navy ed impiegati come trasporti per passeggeri e merci (i primi 11 esemplari consegnati, fino al 1952 ebbero la designazione R7O-1). In un secondo tempo 32 di questi esemplari furono trasferiti all’USAF presso la quale assunsero la designazione C-121G; i rimanenti divennero C121-J.
  • Model 1049C: lotto di 48 esemplari, destinato interamente al mercato civile. Fu la prima variante ad uso civile ad impiegare i motori turbo-compound;
  • Model 1049D: versione prodotta in sole 4 unità che, anche in questo caso, furono tutte acquistate da compagnie aeree civili. Si trattava di velivoli impiegabili sia per il trasporto di passeggeri che di merci, in quanto dotati di portelloni di carico sul fianco posteriore sinistro e di pavimento interno irrobustito;
  • Model 1049E: nuova variante destinata al trasporto passeggeri, ne furono realizzati 28 esemplari. Sostanzialmente invariata rispetto alla 1049C, era stata omologata per un peso trasportabile più elevato;
  • Model 1049F: variante da trasporto persone, furono realizzati 33 velivoli per l’USAF;
    • C-121C: fu la designazione assegnata dall’aeronautica ai Super Constellation della serie L-1049F;
  • Model 1049G: versione che, con 102 unità, vanta il maggior numero di aerei costruiti; tutte le macchine vennero destinate al mercato civile. Montava motori R-3350-DA3 (da 3 400 hp) ed era predisposta per l’installazione di serbatoi alle estremità delle semiali;
  • Model 1049H: ultima versione della serie L-1049; costruita in 53 esemplari, anche in questo caso, destinati al mercato civile. Sostanzialmente si trattava di una configurazione che assommava le caratteristiche delle versioni 1049D e 1049G.

Nel corso della loro carriera operativa, tuttavia, diversi esemplari subirono modifiche che vennero evidenziate mediante l’attribuzione di nuove sigle identificative: in alcuni casi si trattò di pochi esemplari (a volte anche uno solo), in altre occasioni il numero di esemplari modificato è più consistente; tra queste ultime, oltre al caso già citato del C-121G, si evidenziano:

  • EC-121H: si tratta della denominazione, attribuita a 42 cellule già EC-121D ed altre 7 già EC-121K, che identificava esemplari aggiornati nelle apparecchiature elettroniche per le missioni AEW;
  • EC-121R: fu la sigla attribuita a 30 velivoli (di diverse versioni precedenti) modificati mediante l’installazione di apparecchiature destinate alla guerra elettronica che vennero impiegati dall’USAF durante la guerra del Vietnam;
  • EC-121T: serie di 23 aerei (di cui 22 già EC-121D e 1 EC-121H) che subirono ulteriori aggiornamenti nelle apparecchiature elettroniche relative al ruolo di AEW.

Utilizzatori

Un Super Constallation in livrea TWA in rullaggio alla Barksdale Air Force Base (AFB), Louisiana.
Filmato di un Super Constellation in volo.

Militari

bandiera Francia
bandiera India
bandiera Indonesia
bandiera Israele
US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America

Civili

Lista parziale

bandiera Argentina
bandiera Brasile
bandiera Canada
Flag of Ceylon.svg Ceylon
bandiera Cile
bandiera Colombia
bandiera Cuba
bandiera Francia
bandiera Germania
bandiera India
bandiera Irlanda
bandiera Messico
bandiera Paesi Bassi
bandiera Pakistan
bandiera Portogallo
bandiera Paraguay
bandiera Spagna
US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America
bandiera Venezuela

Enti governativi

US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America
Lockheed Super Constellation
Il "Breitling Super Constellation", esemplare sopravvissuto tenuto in condizioni di volo dalla Super Constellation Flyers Association (SCFA)[1][2]
Il “Breitling Super Constellation”, esemplare sopravvissuto tenuto in condizioni di volo dalla Super Constellation Flyers Association (SCFA)
Descrizione
Tipo aereo di linea
Equipaggio 5 + vari assistenti di volo
Progettista Clarence Johnson
Costruttore Bandiera degli Stati Uniti Lockheed Corporation
Data primo volo 13 ottobre 1950
Data entrata in servizio 15 dicembre 1951
Utilizzatore principale Bandiera degli Stati Uniti Trans World Airlines
Altri utilizzatori Bandiera degli Stati Uniti Eastern Air Lines
Bandiera dei Paesi Bassi KLM
Bandiera della Francia Air France
Esemplari 579
Sviluppato dal Lockheed Constellation
Altre varianti Lockheed C-121 Constellation
Lockheed EC-121 Warning Star
Lockheed L-1649 Starliner
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza 35,42 m (116 ft 2 in)
Apertura alare 38,47 m (126 ft 2 in)
Altezza 7,54 m (24 ft 7 in)
Superficie alare 153,7 m² (1 654 ft²)
Carico alare 428 kg/m² (87,7 lb/ft²)
Peso a vuoto 36 150 kg (79 700 lb)
Peso max al decollo 62 370 kg (137 500 lb)
Passeggeri 62-95 (109 in configurazione “high-density”)
Propulsione
Motore 4 radiali Wright R-3350-DA3 turbo-compound
Potenza 3 250 hp (2 424 kW) ciascuno
Prestazioni
Velocità max 607 km/h (377 mph, 327 kt)
Velocità di stallo 160 km/h (100 mph, 87 kt)
Velocità di crociera 547 km/h (340 mph, 295 kt) a 6 890 m (22 600 ft)
Velocità di salita 8,23 m/s (1 620 ft/min)
Autonomia 8 700 km (5 400 mi, 4 700 nm)
Tangenza 7 620 m (24 000 ft)
Note dati riferiti alla versione L-1049G Super Constellation

Vedi Anche

https://aeroclubmodena.it/2012/12/lockheed-l-049-constellation/

Fonte:http://it.wikipedia.org


30 Dicembre 2012

Il Lockheed L-049 Constellation, affettuosamente soprannominato Connie, era un quadrimotore di linea prodotto dall’azienda statunitense Lockheed Corporation a partire dal 1943 negli stabilimenti di Burbank, in California.

Caratterizzato dall’impennaggio a tripla deriva verticale in coda e dalla fusoliera snella, venne prodotto in diverse versioni fino al 1949, dando successivamente vita agli sviluppi Super Constellation e Starliner; viene ancora oggi considerato dalla bibliografia specializzata uno dei più eleganti aerei di linea mai realizzati.

Sviluppo 

Il progetto originale del Constellation risale al 1939 quando la dirigenza della Lockheed venne contattata dal famoso imprenditore Howard Hughes che, divenuto principale azionista della compagnia aerea Trans World Airlines, stava cercando un velivolo che potesse dare prestigio alla compagnia e contrastare la concorrenza.

Le caratteristiche richieste per il velivolo sembravano difficilmente realizzabili: in sostanza il nuovo aereo, per il quale si prevedeva un peso a vuoto di circa 24 000 kg ed una capacità di 40 passeggeri, doveva collegare direttamente New York a Londra ad una velocità di crociera di circa 485 km/h.

La Lockheed, all’epoca impegnata nella realizzazione del progetto del quadrimotore Excalibur, decise di dar vita al nuovo velivolo utilizzando parte del lavoro già compiuto; per tutta risposta Hughes ordinò per la TWA un lotto iniziale di 40 esemplari.

Il prototipo del Constellation, ripreso nel giorno del suo primo volo.

Il primo L-049, inizialmente battezzato Excalibur A e solo in un secondo momento divenuto Constellation, uscì dagli stabilimenti Lockheed, dotato di 4 radiali Wright R-3350 Duplex Cyclone da 2 000 hp ciascuno[5]. Ritardi nella realizzazione del velivolo, da attribuire alle esigenze del tempo di guerra, fecero slittare la consegna del prototipo ma finalmente il Constellation venne portato in volo per la prima volta il 9 gennaio 1943.

In seguito all’attacco giapponese alla base di Pearl Harbor tutti i progetti relativi ai nuovi velivoli erano stati acquisiti a fini militari: ricevuta la denominazione di C-69, in base allo standard dell’United States Army Air Forces, il Constellation divenne immediatamente il più grande e veloce aereo da trasporto fino ad allora realizzato per l’aviazione militare.

Al termine del conflitto i vertici della Lockheed si trovarono di fronte all’alternativa di presentare al mercato un progetto ammodernato piuttosto che una riproposizione dello stesso velivolo così come aveva lasciato il tavolo da disegno pochi anni prima: la scelta conservativa di mantenere inalterata la struttura del Model L-049 si rivelò azzeccata, tanto che in soli nove giorni furono raccolti ordini da otto diverse compagnie, per un totale di 103 esemplari. A partire dal 1946 anche i C-69 dell’USAAF furono restituiti al mercato civile, aggiornati ed utilizzati come aereo di linea, ruolo per il quale erano stati inizialmente progettati.

Nell’autunno dello stesso 1946 uscì dalle catene di montaggio la seconda versione del Connie: portata in volo il 19 ottobre ed identificata con la sigla di fabbrica L-649, venne equipaggiata con motori R-3350 aggiornati e capaci di 2 500 hp di potenza. Rispetto alla prima versione non presentava sostanziali modifiche strutturali, ma le dotazioni interne erano improntate ad un maggior lusso; furono inoltre resi maggiormente efficaci l’insonorizzazione e l’impianto di condizionamento.

L’anno successivo venne presentata una nuova variante (denominata L-749) che garantiva, grazie all’installazione di serbatoi aggiuntivi all’interno delle semiali, un sensibile aumento dell’autonomia. Un’ulteriore modifica, riguardante l’irrobustimento delle gambe posteriori del carrello d’atterraggio, portò all’ultima versione del Constellation: usciti dalle linee di montaggio a partire dal 1948 questi velivoli vennero identificati come L-749A.

Lo sviluppo del Connie non era comunque giunto al termine: nell’estate del 1951 venne portata in volo la prima versione modificata nella struttura che, in virtù delle maggiori dimensioni, prese il nome di Super Constellation.

Descrizione tecnica

Struttura

Il posto di pilotaggio di un Constellation, nella versione L-749.

Il Constellation era un monoplano dalla struttura interamente metallica, propulso da quattro motori disposti (a coppie) nelle semiali; le linee della fusoliera presentavano un andamento sinuoso che finì col rappresentare uno degli elementi caratteristici del velivolo, conferendogli un aspetto allo stesso tempo semplice e raffinato.

La fusoliera aveva sezione circolare; nella parte inferiore, nella versione L-649, venne introdotto un elemento fissato esternamente definito Speedpack, nel quale potevano essere alloggiate merci da trasportare.

Le ali riprendevano, riproducendole in scala ingrandita, quelle del caccia P-38 e riproponevano gli stessi ipersostentatori a scorrimento (in inglese Fowler flap); presentavano inoltre un considerevole angolo diedro positivo. Un altro elemento caratteristico del Connie era rappresentato dagli impennaggi con i piani verticali costituiti da una tripla deriva dal disegno ovale.

Il carrello d’atteraggio era di tipo triciclo anteriore, costituito da tre elementi ciascuno dotato di due ruote; la gamba dell’elemento anteriore era alloggiata nell’estremità di prua della fusoliera mentre le gambe posteriori (più corte e robuste) erano alloggiate nella gondola del motore più interno.

Motore

In tutte le tre varianti del Constellation vennero impiegati i motori Wright R-3350 Duplex-Cyclone in versioni dotate di compressori meccanici a doppia velocità; la potenza erogata andò dai 2 200 hp della versione R-3350-745C-18BA-1 impiegata sull’L-049 ai 2 500 hp della versione R-3350-749C-18BD-1 che equipaggiava i velivoli della serie L-749.

In particolare questi motori, impiegati anche sul bombardiere B-29 furono assillati (almeno nella fase iniziale del loro sviluppo) da costanti problemi di surriscaldamento che generò qualche ritardo anche nello sviluppo iniziale del Constellation.

Impiego operativo

Il primo utilizzatore del Constellation fu, come detto, l’USAAF che ricevette un primo lotto di nove velivoli già destinati alla TWA ed un secondo di tredici esemplari facenti parte di un proprio ordine inizialmente previsto per 180 unità.

Caratteristica considerevole del grosso quadrimotore al momento della propria entrata in servizio era la velocità di punta: malgrado il peso al decollo superasse le 40 tonnellate, il Constellation era più veloce del famoso caccia giapponese Zero.

Un esemplare di L-049 presso l’Aeroporto di Manchester.

La conclusione del conflittò determinò la cancellazione, da parte dell’USAAF, della richiesta relativa ai velivoli non ancora realizzati; la stessa aviazione militare vendette alle compagnie private gli esemplari di C-69 in servizio. La consegna del primo esemplare uscito ex novo dalla catena di montaggio della Lockheed avvenne nel novembre del 1945 e fu il primo di una serie di 27 acquistati, ancora una volta, dalla TWA.

I primi collagamenti commerciali realizzati con l’impiego dei Constellation ebbero luogo a partire dal successivo mese di febbraio: la TWA scelse per l’esordio la rotta New York-Parigi mentre la concorrente Pan Am optò per il collegamento New York-Bermuda.

Ebbe così inizio una lunga carriera operativa durante la quale il grosso quadrimotore venne sovente descritto mediante l’impiego di aggettivi superlativi riguardanti, di volta in volta, le dimensioni, le prestazioni o l’estetica delle proprie linee. Non mancarono, tuttavia, i problemi: in particolare nei mesi estivi del 1946 i voli vennero sospesi per un periodo di sei settimane per il persistere di inconvenienti ai motori. Anche in questo frangente non venne risparmiato l’uso dei superlativi ed il Connie venne malignamente definito “il miglior trimotore al mondo”.

Una volta realizzate le modifiche necessarie (un totale di 96 interventi ai propulsori ed agli impianti interni del velivolo) i voli ripresero con regolarità e ben presto le compagnie cominciarono a ricevere anche i primi esempari della serie L-649 cui fecero seguito, nel corso del 1947, quelli della L-749.

Proprio la versione L-749, ultima del progetto originale del Constellation, vide il ritorno tra gli acquirenti del velivolo delle forze armate. L’aviazione militare, nel frattempo divenuta forza autonoma con il nome di United States Air Force, acquistò dieci velivoli assegnando loro la designazione C-121; due velivoli vennero impiegati (rispettivamente) dai generali Dwight D. Eisenhower e Douglas MacArthur. Lo stesso Eisenhower, una volta divenuto presidente degli Stati Uniti d’America si fece assegnare un altro di questi velivoli dell’USAF per utilizzarlo nella veste di Air Force One. Dal canto suo l’United States Navy acquistò due L-749 che, a partire dal giugno del 1949 divennero i suoi primi velivoli AEW con la denominazione PO-1W (successivamente mutata in WV-1) in base al sistema all’epoca in vigore.

Prima della revisione complessiva del progetto (svolta nel corso del 1950) che condusse alla realizzazione del Super Constellation, erano stati realizzati complessivamente 233 velivoli, dei quali 26 impiegati dalle forze armate.

Versioni

  • Model 049: 1 prototipo e 73 esemplari di serie;
    • C-69: 13 esemplari prodotti tra il 1943 ed il 1945 (ordini per altri 167 velivoli vennero cancellati);
    • C-69A: proposta per una versione trasporto truppe, rimasto allo stato di progetto;
    • C-69C: 1 esemplare in configurazione trasporto VIP, poteva ospitare 43 passeggeri;
    • C-69D: sviluppo della versione precedente. Ne furono ordinati tre esemplari, ma la loro costruzione non fu portata a termine.
  • Model 149: risulta essere una versione richiesta dalla Pan Am dotata di serbatoi supplementari nelle ali; secondo alcune fonti non risulterebbe essere stato costruito alcun esemplare;
  • Model 249: proposta per una versione da bombardamento (cui venne assegnata la designazione XB-30), anche in questo caso rimase allo stato di progetto;
  • Model 349: proposta per una versione dotata di autonomia estesa, per il trasporto truppe a largo raggio. Identificata con la sigla C-69B, non ebbe seguito produttivo;
  • Model 449: nuova proposta per versione da trasporto civile, scartata;
  • Model 549: nuova proposta per versione da trasporto civile, scartata;
  • Model 649: 14 esemplari;
  • Model 749: 51 esemplari;
    • VC-121B: 1 esemplare;
  • Model 749A: 68 esemplari;
    • C-121A: 9 esemplari per il trasporto di materiali e/o persone. Erano dotati di portellone di carico, pavimento rinforzato ed avevano la sezione di prua allungata. Sei velivoli di questa serie vennero in un secondo tempo modificati allo standard VC-121B;
    • PO-1W: 2 esemplari realizzati per il ruolo di Airborne Early Warning, nel 1952 vennero ridesignati WV-1;
  • Model 849: prevista versione analoga al L-749, ma dotata di motori Wright R-3350 turbo-compound. Non venne realizzata;
  • Model 949: altra versione rimasta solo sulla carta; si trattava di una proposta per una variante per il trasporto combinato di passeggeri e merci (comunemente nota come combi) motorizzata come la L-849.

Utilizzatori

Militari

US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America

Civili

Lista parziale

bandiera Algeria
bandiera Argentina
bandiera Australia
bandiera Brasile
bandiera Canada
bandiera Colombia
bandiera Corea del Sud
bandiera Cuba
bandiera Etiopia
bandiera Francia
bandiera Haiti
bandiera India
bandiera Israele
bandiera Lussemburgo
bandiera Marocco
bandiera Messico
bandiera Perù
bandiera Paesi Bassi
bandiera Regno Unito
bandiera Repubblica Dominicana
US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America
bandiera Sudafrica
bandiera Venezuela

Enti governativi

bandiera Biafra
  • Governo della Repubblica del Biafra
bandiera Francia
US flag 48 stars.svg Stati Uniti d’America

Incidenti

Dati tratti da Aviation Safety Network.

Nel corso della loro lunga vita operativa i Constellation risultano essere stati coinvolti in 82 incidenti di diverso tipo. Uno di questi, testimonianza del clima internazionale all’epoca della guerra fredda, è quello occorso al volo El Al 402 il 27 luglio 1955.

Cinematografia

Nel film The Aviator di Martin Scorsese viene documentata una parte della storia dello sviluppo del Constellation, che vide una collaborazione attiva da parte del magnate Howard Hughes.

Nel 1954 fu girato il film Prigionieri del cielo, quasi interamente ambientato a bordo del quadrimotore con John Wayne nella parte del comandante pilota. L’aereo che compare nel film tuttavia non è un Super Constellation, infatti non presenta la tripla deriva, ma probabilmente un Douglas DC-6.

Un terzo film, dal titolo Malabar Princess, risalente al 2004 ripercorre la vicenda del volo Air India 245 occorso ad un esemplare della serie L-749A il giorno 3 novembre 1950.

Lockheed Constellation
Il prototipo del Constellation in volo nel 1943 con le insegne militari dell'USAAF.
Il prototipo del Constellation in volo nel 1943 con le insegne militari dell’USAAF.
Descrizione
Tipo aereo di linea
aereo da trasporto
Equipaggio 5
Progettista Clarence Johnson
Costruttore Bandiera degli Stati Uniti Lockheed Corporation
Data primo volo 9 gennaio 1943
Data entrata in servizio 1943 (militare)
1945 (civile)
Utilizzatore principale Bandiera degli Stati Uniti TWA
Altri utilizzatori Bandiera degli Stati Uniti USAAF
Esemplari 233
Sviluppato dal Lockheed L-044 Excalibur
Altre varianti Lockheed L-1049 Super Constellation
Lockheed C-121 Constellation
Lockheed EC-121 Warning Star
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza 29,00 m (95 ft 2 in)
Apertura alare 37,49 m (123 ft 0 in)
Altezza 7,10 m (23 ft 3 in)
Superficie alare 153,30 m² (1 650 ft²)
Peso a vuoto 25 669 kg (56 590 lb)
Peso max al decollo 48 534 kg (107 000 lb)
Passeggeri fino ad un massimo di 81
Propulsione
Motore quattro Wright R-3350 Duplex Cyclone
radiali a 18 cilindri raffreddati ad aria
Potenza 2 500 hp (1 864 kW) ciascuno
Prestazioni
Velocità max 522 km/h (325 mph, 282 kt)
Velocità di crociera 437 km/h (272 mph, 236 kt)
Velocità di salita 6,5 m/s (1 280 ft/min)
Autonomia 6 400 km
(3 977 mi, 3 456 nm)
Tangenza 7 346 m (24 100 ft)
Note Dati riferiti alla versione “Model 749A”

Vedi anche

  https://aeroclubmodena.it/2012/12/lockheed-l-1049-super-constellation/

Fonte:http://it.wikipedia.org


29 Dicembre 2012

L’Aerfer Sagittario 2 era un aereo da caccia monomotore a getto ad ala bassa a freccia, realizzato dall’azienda italiana Aerfer nel 1958 e rimasto allo stadio di prototipo.

Progettato dall’ingegner Sergio Stefanutti, era l’evoluzione di una serie di prototipi che non raggiunsero mai la produzione in serie.

Aerfer Sagittario 2
Ambrosini (Aerfer) Sagittario 2 MM560 LeB 29.05.57.jpg
Descrizione
Tipo aereo da caccia
Equipaggio 1
Progettista Sergio Stefanutti
Costruttore Bandiera dell'Italia Aerfer
Data primo volo 19 maggio 1956
Data entrata in servizio mai
Esemplari 2
Dimensioni e pesi
 
Lunghezza 9,50 m
Apertura alare 7,50 m
Altezza 3,17 m
Superficie alare 14,50 m²
Peso a vuoto 2 300 kg
Peso carico 3 535 kg
Propulsione
Motore un turbogetto Rolls-Royce Derwent IX
Spinta 17,8 kN (1 815 kgf)
Prestazioni
Velocità max 1 050 km/h
Autonomia 780 km
Tangenza 14 000 m
Armamento
Cannoni 2 da 30 mm

 

Storia 

Sviluppo

Il Sagittario 2 venne sviluppato da un addestratore biposto ad elica, il SAI Ambrosini S.7, prodotto in un piccolo numero di esemplari ed entrato in servizio presso l’Aeronautica Militare, ma, a differenza di questo, era di costruzione interamente metallica e caratterizzato da una configurazione alare a freccia. Nelle intenzioni, doveva essere un passaggio intermedio per realizzare un caccia pienamente supersonico, ovvero l’Aerfer Leone, il cui prototipo non fu mai completato. Anche il successivo Aerfer Ariete si collocava in questa ambiziosa linea di sviluppo.

Progetto tecnicamente molto avanzato per l’epoca, fu il primo aereo costruito in Italia a raggiungere e superare il muro del suono, il 4 dicembre 1956. Il pilota che compì questa straordinaria impresa fu il tenente colonnello Giovanni Franchini, eroe di guerra, collaudatore che concluse la sua brillante carriera come generale di squadra aerea. Tra le sue particolarità vi era l’ugello di scarico posizionato sotto la fusoliera, mentre la presa d’aria era posta, come in molti aerei dell’epoca e nel Campini-Caproni C.C.2 (il primo aereo a reazione italiano), sul muso. Questa configurazione lasciava libero ampio spazio in fusoliera per il carburante, consentendo così, a differenza di altri modelli coevi, una notevole autonomia.

Il primo esemplare, costruito presso lo stabilimento Aerfer di Pomigliano d’Arco, presso Napoli, ed immatricolato MM 560, venne portato in volo per la prima volta il 19 maggio 1956 dal pilota collaudatore Costantino Petrosellini, dall’aeroporto di Pratica di Mare, sede del Reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare, confermando con le sue caratteristiche di volo l’ottima base di partenza, superiore in prestazioni ai pari ruolo dell’epoca.

Utilizzatori

bandiera Italia                                                                    

Esemplari attualmente esistenti

L’unico esemplare di Sagittario 2 conservato in Italia è l’esemplare MM 561, il secondo prototipo realizzato, esposto presso il Museo storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle.

VEDI ANCHE https://aeroclubmodena.it/2012/12/1%c2%b0-italiano-oltre-il-muro-del-suono/

Fonte:http://it.wikipedia.org


29 Dicembre 2012

E’ il 4 dicembre 1956, sull’ Aeroporto di Pratica di Mare un aviogetto rulla fino a testata pista e si allinea per il decollo.
Ottenuta l’ autorizzazione dalla torre di controllo, il pilota, Ten. Col, Giovanni Franchini, porta il motore al massimo dei giri.
Sotto la spinta del propulsore l’ aereo, trattenuto dai freni, si abbassa comprimendo gli ammortizzatori del carrello.
Constatata la regolarità di funzionamento del reattore, il collaudatore inizia la corsa di decollo.
L’argentea e snella sagoma del prototipo sperimentale si avventa lungo la pista dalla quale, dopo solo 450 metri, si stacca con facilità salendo poi rapidamente in quota.
A 13.500 metri, quando ormai l’ aereo ha quasi raggiunto il suo plafond, il Ten. Col. Franchini, avuto il benestare dal controllo aereo, mette il velivolo in picchiata a pieno motore sulla verticale del campo.
L’ aviogetto perde quota velocemente in un’affondata vertiginosa fino a seimila metri e, quando ormai la terra si sta avvicinando pericolosamente, il collaudatore lo rimette in linea di volo e sfreccia sull’aeroporto con un boato.
In cuffia gli giungono le congratulazioni del controllore di volo che ha udito i caratteristici due «bang» supersonici.
E un momento molto importante, non solo per il pilota, ma per tutta l’industria aeronautica italiana:
il «Sagittario 2°», così si chiama l’ aviogetto, è il primo aereo italiano a superare il muro del suono e il ten. col, Giovanni Franchini è il primo pilota italiano ad infrangere questa invisibile barriera con un aviogetto progettato e costruito in Italia.
Pochi minuti dopo, con manovra perfetta, il «Sagittario 2°» atterra e in brevi istanti si porta alla zona di parcheggio.
Spento il motore, il pilota scende a terra dove riceve le felicitazioni delle autorità presenti e l’ abbraccio commosso dell’ingegnere Sergio Stefanutti, progettista di questo prototipo.
Ma ecco come lo stesso pilota collaudatore, ten. col, Giovanni Franchini, descrisse quella sua impresa:
Ho volato su molti dei velivoli progettati dall’lng. Stefanutti e posso dichiarare che erano tutti aerei brillantissimi con caratteristiche molto elevate nel loro ruolo; erano molto facili e sicuri purchè messi nelle mani di piloti appena superiori alla media.
Fui incaricato dei collaudi del «Sagittario 2°» dopo un incidente occorso ad un altro pilota:
le premesse non erano quindi buone, ma avevo fiducia nell’lng. Stefanuni e conoscevo le caratteristiche teoriche dell’ aereo e quelle ricavate sui modelli nei tunnel aerodinamici svizzeri.
Il velivolo aveva elevatissime qualità di volo e notevoli possibilità di impiego, sia come aereo scuola di 2° periodo che per l’ appoggio tattico.
Era facile, maneggevole, ben controllabile, sia alle più basse che alle più alte velocità ed aveva ottime qualità di stabilità sui tre assi.
Essendo ancora allo stadio di prototipo, poteva essere migliorato, sia nelle attrezzature, sia nell’ avionica, sia montando un reattore con compressore assiale: questi miglioramenti potevano essere effettuati senza modificate strutturalmente il velivolo.
Si verificarono, è vero, alcuni incidenti, a proposito dei quali vi fu anche chi parlò di sabotaggio: certo, gli interessi in gioco erano grandi.
L’aereo aveva un limite contrattuale di Mach 0.93, ma, da approfonditi colloqui con l’lng. Stefanutti avevo appreso molto sulle sue caratteristiche costruttive ed aerodinamiche e mi ero convinto che si potesse andare oltre il muro del Suono.
Il 3 dicembre 1956, dunque, partii da Pratica di Mare alle 10,30 per una prova di salita e ricerca del numero di Mach limite:
mi recai sul mare a 12.800 metri e picchiai.
Mi accorsi subito che intorno a Mach 0,96-0,98 avevo qualche inversione nei comandi, controllabile usando i comandi stessi alla rovescia: perciò nella successiva affondata superai Mach 1: non essendo stato autorizzato, avevo interrotro il funzionamenro degli strumenti registrarori.
Atterrato alle 11,25, ripartii alle 15,50 per un altro volo di prova:
salii a 9.500 metri ed arrerrai alle 16, 15.
Il giorno seguente, 4 dicembre, decollai alle 10,40 e salii a 13.500 metri, una quota notevole per un aereo con compressore radiale: quando mi resi conto che non guadagnavo più quota, chiesi alla torre di controllo il permesso di affrontare un’ affondata supersonica.
Ottenuto il consenso, feci a tutto motore un rovesciamento sulla verticale del campo, dopo di che mantenni il velivolo quasi in verticale fino a 6.000 metri circa, quindi richiamai il più rapidamente possibile, perchè la terra si stava avvicinando un po’ troppo in fretta.
Prima dell’atterraggio la torre di controllo mi comunicò che aveva sentito due «bang» supersonici. Durante il tentativo non avevo avuto paura, ma un po’ di apprensione sì perchè, nonostante un meticoloso studio preventivo, non potevo essere cerro di quanto poteva succedere.
Perciò non ebbi indecisioni e, una volta iniziata l’ affondata, ero quasi del tutto tranquillo.
A cose fatte, poi, ero curioso di sapere come l’ avrebbero presa i responsabili dell’ Aerfer, dai quali non ero stato autorizzato.
Quando arrivai al parcheggio, la mia soddisfazione per aver effettuato il primo volo supersonico di un aereo italiano fu accresciuta dalla festosa accoglienza di numerose personalità:
anche l’lng. Stefanutti, persona abitualmente riservata, mi abbracciò.

Per quell’impresa, Franchini venne decorato con la sua terza medaglia d’argento al valor militare:
Ufficiale pilota, incaricato del collaudo di un aviogetto prototipo, ha dimostrato di possedere una eccezionale capacità tecnico-professionale, accompagnata da una fredda e ragionata determinazione che, sfruttando al massimo le possibilità della macchina, lo ha portato a superare la barriera del suono, per la prima volta con un velivolo di costruzione italiana.
Roma 4 dicembre 1956

In seguito, con lo stesso aeroplano, il ten. col. Franchini superò il muro del suono anche in volo orizzontale.
Informati di questo exploit gli americani, che già avevano messo in dubbio la precedente prestazione del «Sagittario 2°», inviarono My Murray, un asso della loro aviazione e pilota collaudatore dei primi supersonici statunitensi, per provare in volo il nuovo prototipo dell’ Ing. Stefanutti e dell’Aerfer.
Le autorità americane che, tramite l’IRI, finanziavano la nostra ricerca in questo settore, non credevano a questo successo italiano e volevano sincerarsene.
Murray giunse a Pratica di Mare ed effettuò due lunghi voli con il «Sagittario 2°» ed entrambe le volte superò il muro del suono, eliminando ogni dubbio dei suoi mandanti.
A detta di molti, questi voli e quelli del successivo caccia dell’Aerfer «Ariete», segnarono la fine prematura di tutto il programma di sviluppo di un caccia intercettore leggero italiano.

Fonte:www.aereimilitari.org


29 Dicembre 2012

In data 21 dicembre 2012, sul proprio sito, sezione Ultimi Aggiornamenti (www.enac.gov.it), l’Enac ha pubblicato per consultazione la bozza della Circolare GEN 04 “Operatività degli aeroporti e spazi aerei limitrofi al vulcano Etna” con relativi documenti.

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Fonte:www.avio-italia.com


29 Dicembre 2012

Decine di aerei sono rimasti a terra oggi nei principali aeroporti dell’est del Canada a causa di una tempesta di neve. Moltissime cancellazioni e di ritardi sono state registrate anche negli aeroporti di Toronto, Ottawa e Quebec City

snowstorm.jpg Proseguono i disagi in Canada, e in particolare in Quebec, a causa del maltempo, soprattutto per la forte tempesta di neve che ha attaccato la parte orientale dell’America. Decine di aerei sono rimasti a terra nei principali aeroporti ‘a nord del confine’. A Montreal, dove la visibilità ieri era nulla, 33 voli “principalmente a destinazione e provenienti da Toronto e dal nord est degli Stati Uniti” sono stati cancellati, ha annunciato Anne Marcotte, portavoce dello scalo.

Decine di cancellazioni e di ritardi sono stati registrati anche negli aeroporti di Toronto, Ottawa e Quebec City, sia per i voli a destinazione dell’est del Canada che del nordest degli Stati Uniti, da Boston a Washington.

La tempesta, che ha fatto almeno sette morti negli ultimi giorni negli Stati Uniti, è risalita dalla costa orientale americana nei pressi dello Stato del New Jersey. Ma anche le città hanno vissuto grossi problemi: in oltre 4mila a nord e a ovest di Montreal è infatti mancata la luce. La tempesta è attesa adesso in Nuova Scozia.

Fonte:http://canada.blogosfere.it


29 Dicembre 2012

(AGI) – Roma, 27 dic. – Enav completa il totale rinnovo della propria flotta Radiomisure con l’acquisto di un nuovo Piaggio Aero P. 180 Flight Inspections. Si tratta, informa una nota, del quarto aeromobile di cui si dota la societa’ nazionale per il controllo del traffico aereo per effettuare il servizio di Radiomisure, vale a dire le attivita’ di controllo dei radio aiuti alla navigazione aerea in Rotta e dei sistemi di precisione per l’atterraggio con cui si verificano validita’ ed affidabilita’ dei segnali radioelettrici trasmessi. Tale essenziale servizio e’ necessario per fornire ai velivoli le corrette indicazioni nelle fasi di navigazione, di decollo e di atterraggio in funzione della massima sicurezza del volo .

Fonte:www.agi.it


29 Dicembre 2012

Un semplice percorso verso le regioni impervie. Nella mappa della Russia non ci devono essere luoghi a cui è impossibile accedere, lo hanno deciso al Ministero dell’Industria e del Commercio e al Ministero dei Trasporti, dove hanno anche approvato lo standard dei piccoli aerei regionali.

In Russia stanno progettando di ripristinare, fra due anni, la loro produzione e quindi di avviare la fabbricazione seriale di nuovi velivoli.

In Russia, una nota canzone dice che il nord viene inutilmente definito “estremo”. Gli specialisti intendono dimostrarlo. Nella stessa canzone si proponeva di raggiungere l’Estremo Nord con le renne. Nei prossimi anni si intende modificare il sistema logistico. Si pianifica di produrre entro il 2025 oltre trecento aerei da nove posti e quasi lo stesso numero di velivoli a diciannove posti. Come ha raccontato a “La Voce della Russia” Roman Gusarov, esperto del Comitato per i trasporti della Duma di Stato, i problemi più grossi e sentiti sono i collegamenti regionali ed il funzionamento delle linee di aviazione locali:

Sono circa dieci passeggeri alla settimana che non è possibile trasportare. In Russia ci sono molti territori che si caratterizzano per le difficili condizioni climatiche, in primo luogo l’Estremo Nord. Serve un aereo universale, resistente, come ad esempio l’An-2, che è in grado di entrare in funzione con qualunque freddo e trasportare, ad esempio, gli allevatori di renne verso i loro accampamenti.

Si progetta di elaborare e mettere in produzione dei nuovi apparecchi fra cinque anni. Al Ministero dell’Industria e del Commercio ritengono che si potrebbero prendere come modello i piccoli aerei “Rysačok” e “Gžel’”. Gusarov ritiene che sono proprio questi gli apparecchi più economici e convenienti:

Il mercato ci dice che oggi sulle linee locali gli aerei più richiesti sono quelli che arrivano sino a 19 posti. Tutti quelli che ne hanno di più appartengono già ad un’altra classe di aerei, quelli grandi a turboelica. In questa classe la domanda parte dai quaranta posti a sedere. E’ un fenomeno mondiale confermato anche dalle ricerche di marketing in Russia.

L’industria russa praticamente non produce aerei di questa classe. Gli specialisti devono ancora decidere quale sarà il modello che diventerà il prototipo per lo sviluppo della piccola aviazione del Paese, ma c’è scelta. Come evidenzia Andrej Fomin, il redattore capo della rivista “Vzlet” (“Decollo”), nei mercati europei ed americani ci sono diverse proposte:

Parlando degli aerei della classe dei “Rysačok”, troviamo in primo luogo l’aereo L 410, prodotto in Repubblica Ceca. A produrlo è l’impresa “Aircraft Industries”, che viene diretta dalla russa SMMU (Ural’skaja gorno-metallurgičeskaja kompanija, Società Mineraria e Metallurgica degli Urali). Alla sua direzione troviamo degli specialisti russi. Questo spiega ampiamente il posto occupato dagli ordini di questo velivolo fra le compagnie russe. Durante quest’anno e l’anno scorso hanno ricevuto un significativo numero di ordini e sono state effettuate le forniture. Anche gli aerei del tipo “Gžel” vengono acquistati all’estero. Gli americani “Cessna Grand Caravan” sono già in possesso di alcune compagnie russe.

Le compagnie russe devono attualmente rinnovare il loro parco aereo acquistando apparecchi stranieri. Per i produttori russi far loro concorrenza è un compito tutt’altro che semplice. Nonostante ciò possono contare sul sostegno statale.

I “Rysačok e “Gžel” devono ancora esser sottoposti a modifiche e certificazioni. Entro il 2019 si pianifica di elaborare ed avviare la produzione di nuovi apparecchi. Questi dovrebbero risvegliare interesse non solo dentro le compagnie aeree ma anche presso gli appassionati della piccola aviazione, il cui numero in Russia cresce ogni anno.

Fonte:http://italian.ruvr.ru


28 Dicembre 2012

Il  pomeriggio è appena iniziato, ma alle 15:30 ci si ritrova tutti in aula briefing; un rapido “check” per tutto il personale che rimarrà “in base”, un riassunto degli orari di massima per l’infermeria, l’antincendio, il rifornitore, le squadre di supporto, la mensa…


Alla fine rimangono solo gli equipaggi dei due elicotteri che svolgeranno l’addestramento; finalmente si parla di “Volo”: questa sera sbarcheremo due squadre nel posto “X” alle 22:30 Local Time in configurazione NVG (Night Vision Goggles), la tipica missione del nostro amato AB-205.
I “passeggeri” sono personale esperto, già addestrato nei giorni precedenti, e reduce da parecchie missioni all’estero. 

Non ci rimane che dedicarci ai dettagli della missione; gli elicotteri e gli equipaggi sono quelli del programma redatto il giorno prima; rotte, quote e frequenze sono standard, ma le ripetiamo, a scanso di equivoci. Si decidono gli alternati, le procedure con le luci (missione svolta in silenzio radio…) e gli eventuali  Rendez-Vous in caso di perdita della formazione. All’andata farà strada un elicottero (sul quale sarò “legato” io ), mentre per il ritorno, la navigazione sarà devoluta al ”2”.

Le carte al 25.000 e al 50.000 ci danno un’idea del punto di sbarco, l’aggiunta di qualche foto satellitare aggiornata chiarisce ulteriormente la questione. Un’occhiata ai grafici delle potenze disponibili e necessarie riferita alla quota e alla temperatura stimata dell’area non guastano. Passiamo all’analisi delle meteo (anche se i bollettini più attendibili per l’arco di tempo che ci interessa, verranno emessi solo alle 19:30), si controllano le “effemeridi” solari e lunari; questa sera, avremo un quarto di luna calante ed elevazione di poco meno di 30° sull’orizzonte al momento dello sbarco. Se le meteo ci azzeccano, dovremmo disporre di condizioni ottimali d’illuminazione; magari fossero sempre così! Terminiamo con una breve carrellata di avarie che  potrebbero interessare il profilo della missione: avaria ai visori, avarie elettriche, ingresso accidentale IMC….

A questo punto gli specialisti si sganciano e raggiungono la linea per controllare i velivoli, mentre i piloti si dedicano agli ultimi dettagli: la compilazione del piano di volo, controllano i Notams, ritirano i giubbotti di sopravvivenza e “gli occhiali” (NVG), controllano le batterie delle torce, si adeguano le modalità di imbarco/sbarco con i terricoli; si prosegue poi in linea, per ispezionare il “cammello” con la luce diurna, per regolare i fari di atterraggio ( luce “normale” ed il faro di “ricerca IR” ), scegliere, preparare e ripiegare opportunamente le carte…. Nel frattempo si è fatta ora di cena; tutti insieme, appassionatamente, attorno ad un piatto di pasta, per le raccomandazioni del caso ai nuovi e gli immancabili sfottò… caffè alla macchinetta, telefonata a casa e via in Sala Operativa. Gli ultimi bollettini confermano le previsioni dei precedenti, l’esame finestra certifica entrambi: sé po’ fà….

Accendiamo le luci rosse nei corridoi e nella SOB per abituare gli occhi all’oscurità,  si montano  i visori sui caschi e si cerca un a stanzetta buia per iniziare a regolarli, si testano le torce, le lip-lights e le finger-lights : sembriamo alberi di Natale,  con tutte queste lucine verdi. Manca un’ora e mezza all’ora “X”, ultimo “sguardo in faccia” tra tutti gli equipaggi, quindi ci si avvia agli elicotteri. Accompagniamo i passeggeri all’imbarco, ulteriori precisazioni e raccomandazioni… e si sale a bordo. Legati come salami, approfittiamo per gli ultimi “rintocchi al trucco”, mentre via radio otteniamo l’autorizzazione alla messa in moto dalla SOB.
Ora si inizia a fare davvero sul serio.
 

I gesti tra l’equipaggio ed il personale di supporto a terra sono ben collaudati, e dopo pochi secondi il rassicurante flap-flap  riempie le orecchie di tutti.  Ultime regolazioni all’ NVG, ed il mondo appare solo in verde e nero, mentre regolo le luci all’interno del cockpit al minimo. Questa sera piloterò io, mentre il collega legato alla mia sinistra si divertirà a carteggiare, parlare alla radio ed impartire gli ordini ai passeggeri.

Un  flash  di torcia verde per dare l’OK, come convenuto, e stacchiamo dalla piazzola l’elicottero. Finalmente in volo! Certo, solo 4 metri da terra ed a passo d’uomo, ma comunque in volo…
Rulliamo fino all’ “H”, mentre lo specialista, dal portellone socchiuso, ci dà le indicazioni di altezza dal terreno e ci rassicura sulla coda che ondeggia 16 metri dietro alle nostre spalle.  Man mano che mi allontano dalla  linea di volo , il buio ci avvolge.
Raggiungo la piazzola di decollo ed attendo in hovering a 3mt. da terra il pronti dal “2”. Uno decolla”… “Due segue”… sono l’ultimo scambio di  comunicazioni via radio fino al rientro tra i 2 elicotteri. Contattiamo il Radar (quello è obbligatorio,  al decollo siamo in un CTR piuttosto trafficato…), che ci assegna un codice trasponder e ci conferma che saremo l’unico traffico lungo la rotta prevista. 

Raggiungiamo i 1000ft. AGL che sarà la quota massima per la prima tratta.  Lo specialista ci conferma che il “2” è in formazione con noi, un centinaio di metri dietro. Con la coda dell’occhio vedo alla mia sinistra il dito guantato del collega che scorre lento la cartina illuminata da una fioca luce verde (fioca e verde come tutte le altre all’interno del velivolo), seguendo passo passo il nostro tragitto. Stiamo ormai lasciando alle nostre spalle le zone densamente abitate (e quindi illuminate…), ed il buio prende il sopravvento. Raggiunto il punto convenuto, iniziamo una lenta discesa che ci porterà a 500ft. AGL . Seguiamo il corso del fiume che scorre sotto a noi, una macchia nera di inchiostro che si dipana tra i campi ed i boschi più o meno intensamente verdi dietro le lenti dei nostri visori. “All’ansa destra del fiume con quella stradina a 45°, nuova prua…”scandisce il “navigatore” . Stiamo per lasciare il letto del fiume per avviarci verso Nord,  sorvolando un mare di risaie allagate, con solo qualche podere isolato che sembra sbucare come un’isola dall’Egeo.  L’operatore del Radar ci chiede conferma della quota indicata dal “C”; confermiamo sorridendo sotto i baffi: tra poco dovremo scendere ancora…

Un controllo agli strumenti da sotto il visore, lo specialista conferma che il ”2” è sempre dietro e che gli “ospiti” sono OK; si guardano intorno, scorgendo solo poche luci sparse nel buio. Stiamo raggiungendo il poligono che contiene la Landing Zone; una macchia ancor più scura, se possibile, fra le scarne luci delle abitazioni a ridosso dell’area. Un Flash con il faro IR indica al gregario che ci siamo. Rispondono allo stesso modo, invisibile ai più, ma chiarissimo a noi “che ci vediamo”.  Rallentiamo dolcemente ed iniziamo ad abbassarci ulteriormente. Siamo ora ad una decina di metri sopra la cima degli alberi, 50-60 Kts di velocità. Le indicazione del navigatore ora sono costanti e “pratiche”, senza i gesti tipici del volo diurno (tanto non si vedrebbero, con i visori calati).

“Segui quella stradina sterrata che converge da Dx…OK, bene, dritto così per un  Km e mezzo…OK, ora segui quell’impluvio ad ore due…Ok così…Questa prua va bene…dopo questo bosco troviamo una stradina a che ci porta dritti alla radura della LZ…”. 

Il faro IR sciabola nel buio, ad illuminare le zone d’ombra create dalla luce lunare, in cerca di eventuali ostacoli, riferimenti, nemici… Siamo giusti con i tempi, ormai mancano pochi minuti all’atterraggio. I Passeggeri iniziano le procedure per lo sbarco. Alla luce rossa del copilota, urlano tutti in coro, diligentemente, “PREPARARSI”. Smaltiamo ancora un po’ di velocità, siamo sotto i 50 Kts, lo specialista controlla le distanze dagli ostacoli e dal “2”. La LZ appare puntualmente sotto di noi; carta, pilota, GPS e Doppler sono concordi. Rallentiamo ulteriormente, ora siamo a 20 Kts, sempre qualche metro oltre la sommità delle piante. Lo specialista inizia il suo personale GCA di altezze dal suolo e distanza dagli ostacoli; 

“30 metri, a sinistra libero, ostacoli a 100 metri, 20 metri… il “2” è dietro a 100 metri, sotto buono, pianeggiante…15 metri…”.

La discesa è lenta, attaccata alla potenza, con faro l’IR che continua a muoversi quasi animato di vita propria, alla ricerca instancabile di ostacoli non scorti e per dare una mano a capire se davvero il terreno sotto l’erba alta è pianeggiante e non riserva qualche sgradita sorpresa. Non sarei il primo che si infila qualche paletto “non visto” nella fusoliera o che si ribalta lungo qualche canale di scolo occultato dalle sterpaglie. Noto il movimento dell’IR di “2”; anche lui ci stà dando dentro, col pollice sinistro, a muovere senza sosta  il faro. A 15mt di altezza, il copilota urla “PORTE”, ed il coretto alpino risponde urlando all’unisono, spalancando completamente i portelloni. Ventata di fresco ed odore di erba…. Siamo a buon punto.  Cerco di lasciare più spazio possibile a sinistra e dietro al “2”, il decollo tanto sarà scarico di passeggeri e con quasi un’ora di carburante in meno.

5mt… dietro buono… 2metri… 50centimetri… CONTATTO!” scandisce lo specialista. Il terreno è effettivamente pianeggiante, tocchiamo soffici e in pari; non siamo ancora del tutto al suolo che il collega accende il torcione verde ed urla “SBARCO!!!”.

Coretto di risposta, rumore di cinture che si sganciano e sbattono sulla piantana, strascico di zaini ed armi, e dopo alcuni secondi iniziano a scorrere delle ombre a fianco dell’elco, poi rumore di portellone sbattuto in chiusura. Lo specialista annuncia con aria sollevata che sono tutti fuori ed il portellone dal lato opposto è chiuso. Le ombre spariscono nel bosco di fonte a noi, rimane solo fuori il caposquadra che con un rapido flash indica che tutto è OK, fa’ un vago cenno di saluto, si infila lo zainone e sparisce anche lui nel bosco. Ad un centinaio di metri da noi si stà replicando la scena, ma con protagonisti diversi ed in differita di una decina di secondi. Lo specialista continua la sua personale radiocronaca; attendo il flash dell’altra squadra, riaccendo il faro IR e decollo.

“Il “2” decolla e ci segue…. siamo fuori dagli ostacoli” è il commento dello specialista, che richiude il portellone e si riaccomoda sul seggiolino, dopo aver passato mezza serata in ginocchio e sporto fuori dal portellone. Alleggerito dal carico, il cammello schizza in alto senza problemi, facendo il pelo alle chiome degli alberi. Non acquistiamo subito la velocità prevista, aspettiamo che il “2” ci sorpassi, dopodiché ci mettiamo in formazione a scalare sinistro. Manteniamo quota e velocità basse fino al limite del poligono, per poi risalire ai 500AGL. Il Radar ci stà chiamando preoccupato, avendo visto sparire la traccia. Tranquillizzato l’operatore sulla nostra incolumità, passo i comandi al “navigatore” esclamando…. “Ma che è… devo fare tutto io qui?!?! Lavora un po’ anche Tu!!!”  Mi becco il primo vaffa della serata ed inizio a controllare la navigazione del “2” stiracchiando i piedi che sono stati incollati per un’ora alla pedaliera ed il fondoschiena che ha litigato costantemente con l’imbottitura scarna del sedile corazzato. Ripercorriamo a ritroso la traccia dell’andata. Stessa quota, prua invertita di 180°. Le tracce sul mio GPS coincidono pressoché al metro. Se abbiamo svegliato qualcuno all’andata, ora stiamo tornando per terminare il lavoro… All’orizzonte le luci dei centri abitati iniziano a farsi scorgere intense;  mezz’ora e siamo a  casina.

Il rientro sembra una consegna del latte a domicilio; qualche commento in interfono sui personaggi che abbiamo lasciato “al campeggio” e qualche azzardo sul “Toto-Equipaggio”. Chi andrà a riprendere i “villeggianti” la settimana prossima, stessa ora ma a qualche Km di distanza? Ma ormai siamo in dirittura d’arrivo: l’ H di atterraggio si staglia cupa e buia sul pratone verde-fostori; continuiamo a seguire “2” a debita distanza fino al suolo, per poi continuare a marcarlo stretto nel pigro rullaggio, tipico del 205. Siamo in piazzola, il motore è già spento, mentre il rotore prosegue a girare sempre più lento e fiacco. Gli specialisti già si avvicinano col carrello per rimessare il cammello dopo il meritato rifornimento. Sfiliamo il casco, e mentre compilo il libretto, lancio un ringraziamento a chi a collaborato per far filare lisci questi 110 minuti di volo ed a chi stà lavorando per far ripartire il  velivolo domattina.

“Domani è un altro giorno”. Rossella O’Hara non sarebbe riuscita a dire di meglio…

Fonte:www.italianvipers.com


28 Dicembre 2012

Il 3 febbraio 1998 alle ore 15:13 un Grumman EA-6B Prowler,  aereo militare statunitense del Corpo dei Marines al comando del capitano Richard Ashby, decollato dalla base aerea di Aviano alle 14:36 per un volo di addestramento, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia del Cermis, in Val di Fiemme. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, precipitò da un’altezza di circa 150 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. Il velivolo, danneggiato all’ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base.

Nella strage morirono i 19 passeggeri e il manovratore, tutti cittadini di Stati europei: tre italiani, sette tedeschi, cinque belgi, due polacchi, due austriaci e un olandese.

Strage del Cermis
EA-6B Prowlers over Mount Rainier.jpg

Coppia di Grumman EA-6B Prowler in volo

 
Stato bandiera Italia
Luogo Cavalese
Data 3 febbraio 1998
Tipo omicidio plurimo colposo
Morti 20
Responsabili cap. Richard Ashby, pilota
cap. Joseph Schweitzer, navigatore

 

L’inchiesta

Nonostante la presenza di testimoni, la dinamica dei fatti non apparve subito chiara. Solo la prontezza dei magistrati trentini, che sequestrarono immediatamente l’aereo incriminato nella base di Aviano, ha permesso di chiarire le responsabilità. In effetti l’aereo era già pronto per essere smontato e riparato. La dinamica poté essere provata solo dopo che all’interno del taglio sull’impennaggio di coda furono trovati resti della fune tagliata. Le autorità militari statunitensi, visti alcuni precedenti, provarono a insinuare che la funivia fosse caduta da sola: infatti, vent’anni prima nella stessa zona era accaduta una simile tragedia, il Disastro della funivia di Cavalese, nella quale erano morte 42 persone.

Conseguenze immediate

Il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton si scusò per l’incidente alcuni giorni dopo, e promise alle famiglie delle vittime risarcimenti in denaro. L’episodio creò un clima di tensione tra statunitensi e italiani. Il primo ministro italiano Romano Prodi presenziò dopo pochi giorni una rappresentanza del governo in terra statunitense.

I media italiani diedero forte risalto all’episodio.

I pubblici ministeri italiani richiesero di processare i quattro marine in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari di Trento ritenne che, in forza della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 sullo statuto dei militari NATO, la giurisdizione sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense.

Inizialmente tutti e quattro i membri dell’equipaggio furono indagati, ma solo il pilota cap. Richard Ashby e il suo navigatore cap. Joseph Schweitzer comparirono effettivamente davanti al tribunale militare americano per rispondere dell’accusa di omicidio colposo.

L’equipaggio del Prowler

Processo

Il processo contro Ashby fu celebrato a Camp Lejeune nella Carolina del Nord. La Corte militare accertò che le mappe di bordo non segnalavano i cavi della funivia e che l’EA-6B stava volando più velocemente e a una quota molto minore di quanto permesso dalle norme militari. Le prescrizioni in vigore al tempo dell’incidente imponevano infatti un’altezza di volo di almeno 2000 piedi (609,6 m). Il pilota dichiarò che egli riteneva che l’altezza di volo minima fosse di 1000 piedi (304,8 m). Il cavo fu tranciato ad un’altezza di 360 piedi (110 m). Il pilota sostenne che l’altimetro dell’aereo era mal funzionante, e affermò di non essere stato a conoscenza delle restrizioni di velocità. Nel marzo del 1999 la giuria assolse Ashby, provocando l’indignazione dell’opinione pubblica italiana ed europea. Anche le accuse di omicidio colposo nei confronti di Schweitzer non ebbero seguito.

I due militari furono nuovamente giudicati dalla corte marziale USA per intralcio alla giustizia per aver distrutto un nastro video registrato durante il volo nel giorno della tragedia. Per tale capo d’accusa furono riconosciuti colpevoli nel maggio del 1999. Entrambi furono degradati e rimossi dal servizio. Il pilota fu inoltre condannato a sei mesi di detenzione, ma fu rilasciato dopo quattro mesi e mezzo per buona condotta.

Nel febbraio 2008 i due piloti hanno impugnato la sentenza e richiesto la revoca della radiazione con disonore, allo scopo di riavere i benefici finanziari spettanti ai militari; hanno anche affermato che, all’epoca del processo, accusa e difesa strinsero un patto segreto per far cadere l’accusa di omicidio colposo plurimo, ma di aver voluto mantenere l’accusa di intralcio alla giustizia «per soddisfare le pressioni che venivano dall’Italia». È comunque stato riconosciuto che l’aereo viaggiava a bassa quota e che la velocità era eccessiva considerati gli ostacoli presenti in zona..

La confessione di Joseph Schweitzer 

Nel gennaio 2012, un’inchiesta di National Geographic fa luce su alcuni retroscena della vicenda grazie alla testimonianza inedita degli investigatori americani che tentarono invano di far condannare i responsabili e di Joseph Schweitzer, navigatore dell’aereo, che per la prima volta parla e descrive il video turistico distrutto per impedire che si arrivasse alla verità (e per la cui distruzione fu accusato di intralcio alla giustizia): «Ho bruciato la cassetta. Non volevo che alla Cnn andasse in onda il mio sorriso e poi il sangue delle vittime».

Risarcimenti ai familiari

Nel febbraio 1999 il Senato degli Stati Uniti ha stanziato circa 40 milioni di dollari per i risarcimenti ai familiari delle vittime e per la ricostruzione dell’impianto di risalita, ma nel maggio dello stesso anno lo stanziamento, respinto da una commissione del Congresso, non è stato confermato dal governo nella persona del ministro della difesa William Cohen.

Dei risarcimenti hanno quindi dovuto farsi carico, quantomeno in prima istanza, la Provincia Autonoma di Trento e il Parlamento Italiano.

Nell’immediatezza del fatto, la Provincia Autonoma di Trento ha stanziato cinquantamila euro per ogni vittima come concorso alle spese immediate, ed è intervenuta per finanziare la ricostruzione dell’impianto di risalita. Tali somme sono state rimborsate alla Provincia dallo Stato italiano nel settembre del 2004.

Il 13 luglio 1998, la Federazione italiana lavoratori trasporto della provincia di Trento e altri avevano convenuto in giudizio davanti al tribunale di Trento gli Stati Uniti d’America, chiedendo che fosse accertato e dichiarato che l’attività di addestramento svolta dai velivoli militari statunitensi sopra il territorio della provincia autonoma arrecava grave pericolo all’incolumità fisica degli abitanti, chiedendo in via principale la pronuncia di una condanna del governo statunitense alla cessazione immediata dell’attività pericolosa accertata, e in particolare il sorvolo del territorio con i caccia militari, e in via subordinata l’adozione di ogni più opportuna cautela per limitare tale attività, al fine di escludere qualsiasi pericolo per la vita, la salute e l’integrità fisica dei lavoratori addetti ai trasporti su fune. Tuttavia, con regolamento preventivo di giurisdizione, gli Stati Uniti d’America e il Governo italiano proposero ricorso alla Corte di Cassazione perché dichiarasse il difetto assoluto di giurisdizione del giudice italiano, in forza del principio di diritto internazionale generalmente riconosciuto della cosiddetta immunità dalla giurisdizione civile dello Stato estero; le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 530/2000, in accoglimento del ricorso, pronunciarono il difetto assoluto di giurisdizione e la condanna della Federazione dei lavoratori trentini a rifondere le spese di lite. La Suprema Corte precisò nella circostanza che, in base all’art. 10, comma 1 Cost., le consuetudini internazionali formatesi anteriormente all’entrata in vigore della Costituzione, come l’immunità dalla giurisdizione civile dello Stato estero in relazione alle attività in cui si esplica il suo potere sovrano (acta iure imperii), sono recepite automaticamente e senza limiti nell’ordinamento interno, sicché doveva essere dichiarato il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano, che non poteva quindi entrare nel merito e concedere il provvedimento inibitorio urgente richiesto.

La legge del Parlamento italiano su risarcimenti

Nel dicembre del 1999 il Parlamento Italiano ha approvato una legge, che prevedeva un indennizzo per i familiari dei deceduti, pari a 4 miliardi di lire per ogni vittima. In conseguenza di tali provvedimenti delle autorità italiane, e in ottemperanza ai trattati NATO, il governo degli Stati Uniti ha dovuto risarcire allo Stato italiano il 75% delle somme complessivamente erogate.

Una tragedia simile avvenne in Francia nell’agosto 1961, quando sei persone morirono dopo che un aereo militare francese, che volava a bassa quota, tranciò i cavi di una funivia tra la Punta Helbronner e l’Aiguille du Midi, sul versante francese del Monte Bianco.

Vittime

  • Hadewich Antonissen (24, Vechelderzande), belga;
  • Stefan Bekaert (28, Lovanio), belga;
  • Dieter Frank Blumenfeld (47, Burgstädt), tedesco;
  • Rose-Marie Eyskens (24, Kalmthout), belga;
  • Danielle Groenleer (20, Apeldoorn), olandese;
  • Michael Pötschke (28, Burgstädt), tedesco;
  • Egon Uwe Renkewitz (47, Burgstädt), tedesco;
  • Marina Mandy Renkewitz (24, Burgstädt), tedesca;
  • Maria Steiner-Stampfl (61, Bressanone), italiana;
  • Ewa Strzelczyk (37, Gliwice), polacca;
  • Philip Strzelczyk (14, Gliwice), polacco;
  • Annelie (Wessig) Urban (41, Burgstädt), tedesca;
  • Harald Urban (41, Burgstädt), tedesco
  • Sebastian Van den Heede (27, Bruges), belga;
  • Marcello Vanzo (56, Cavalese), manovratore della Cabina in discesa, italiano;
  • Stefaan Vermander (27, Assebroek), belga;
  • Anton Voglsang (35, Vienna), austriaco;
  • Sonja Weinhofer (22, nata a Monaco, domiciliata a Vienna), austriaca;
  • Jürgen Wunderlich (44, Burgstädt), tedesco;
  • Edeltraud Zanon-Werth (56, nata ad Innsbruck, residente a Bressanone), italiana.
Nazionalità Vittime
Bandiera della Germania Germania 7
Bandiera del Belgio Belgio 5
Bandiera dell'Italia Italia 3
Bandiera della Polonia Polonia 2
Bandiera dell'Austria Austria 2
Bandiera dell'Olanda Paesi Bassi 1
Totale 20

 

Fonte:http://it.wikipedia.org


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