Vittorio Missoni

22 Febbraio 2013

Verifiche in corso…

Esperti di Curacao stanno verificando se parti del relitto di un aereo trovato su una spiaggia dell’isola appartengano al bimotore su cui viaggiavano Vittorio Missoni e altri tre italiani e scomparso lo scorso 4 gennaio dopo essere partito da Los Roques.

LOS ROQUES E L’AEREO DI MISSONI – Lo rendono noto fonti locali, precisando che gli esperti dell’isola stanno verificando se si tratti proprio dei resti dell’Islander scomparso qualche minuto dopo essere partito da Gran Roque e mai arrivato a Caracas. Ormai qualche giorno fa, sempre a Curacao, e’ stato trovato un borsone che si trovava nell’aereo disperso. Successivamente sono state ritrovate due sacche su una spiaggia di Bonaire, un’altra isola non molto distante dall’arcipelago di Los Roques. (Ansa)

      

Fonte:www.giornalettismo.com


13 Gennaio 2013

(AGI) – Caracas, 12 gen. – Potrebbe esserci una svolta nelle ricerche dell’aereo scomparso il 4 gennaio in Venezuela con quattro italiani a bordo: dalla traccia di un radar militare e’ stato identificato il punto in cui il piccolo bimotore Islander avrebbe perso improvvisamente quota. Lo hanno riferito fonti dell’ambasciata italiana a Caracas, spiegando che si e’ arrivati a questo risultato incrociando una serie di dati.
L’individuazione di un’area piu’ precisa in cui l’aereo potrebbe essere caduto in mare, intorno alle 11,30 del mattino, permettera’ di concentrare le ricerche in quella zona.

Aereo Missoni non aveva permesso di volare

Il problema, hanno spiegato le fonti diplomatiche, e’ che nell’area individuata i fondali arrivano fino a 2 mila metri, una profondita’ eccessiva per le strumentazioni dei mezzi attualmente impegnati in questa operazione a cui partecipano 400 uomini. Dell’aereo con a bordo Vittorio Missoni, la moglie Maurizia Castiglioni, i coniugi bresciani Foresti e i due piloti venezuelani si erano perse le tracce pochi minuti dopo il decollo dalla Gran Roque, principale isola dell’arcipelago di Los Roques. Le ricerche hanno spaziato su un’area molto ampia ma si sono concentrate su un triangolo di mare che dista una dozzina di miglia dalla pista da cui decollo’ l’Islander.
Il ministro degli Esteri Giulio Terzi, ha assicurato che le ricerche andranno avanti finche’ non ci sara’ “qualche indicazione conclusiva”.

Venerdi’ si e’ sfiorato un altro incidente areeo in Venezuela, con un Cessna 206, decollato dall’isola di Margarita, che e’ stato costretto a un atterraggio di emergenza su una spiaggia, dopo un guasto a uno dei due motori. Illesi i piloti e i quattro passeggeri. (AGI) .

Fonte:www.agi.it


12 Gennaio 2013

Da una traccia di un radar militare venezuelano si riesce a identificare il punto” in cui “avrebbe improvvisamente perso quota” l’aereo scomparso a Los Roques con quattro italiani a bordo, tra i quali Vittorio Missoni. A renderlo noto è stata l’ambasciata italiana.

“Da una traccia di un radar militare venezuelano si riesce a identificare il punto” in cui “avrebbe improvvisamente perso quota” l’aereo scomparso a Los Roques con quattro italiani a bordo, tra i quali Vittorio Missoni.

A renderlo noto è stata l’ambasciata italiana, precisando che nella zona “i fondali arrivano fino a 2 mila metri di profondita’, troppi per le strumentazioni momentaneamente disponibili”.

Nel dare la notizia, l’ambasciata ha inoltre sottolineato che “le autorita’ venezuelane e quelle italiane si stanno accordando per un proseguimento delle ricerche oltre i previsti otto giorni, concentrando le risorse in un’area definita e utilizzando i mezzi che siano maggiormente utili”.

L’annuncio dell’individuazione della traccia arriva una settimana dopo il momento in cui – verso le 11,30 del mattino del 4 gennaio – l’Islander con i quattro italiani a bordo (Missoni, la moglie Maurizia Castiglioni e i coniugi bresciani Foresti), oltre ai due piloti venezuelani (German Merchan e Jose’ Ferrer) e’ scomparsa nel niente pochi minuti dopo i decollo dalla Gran Roque, la principale delle isole dell’arcipelago.

La notizia giunge d’altra parte sulla scia delle ricerche portate avanti senza sosta dal giorno della scomparsa dell’aereo da parte delle autorita’ venezuelane, con l’impiego di circa 400 uomini e diversi mezzi, sia in mare sia tramite aerei ed elicotteri. Nei giorni scorsi e’ giunto d’altro lato a Caracas un team di esperti italiani per prendere parte in modo congiunto ai tecnici locali nelle ricerche.

Grazie ad una serie di dati incrociati, ora e’ stata quindi identificata un’area piu’ precisa, dove molto probabilmente l’aereo e’ scomparso. Ieri, il ministro degli esteri Giulio Terzi aveva precisato che le ricerche andranno avanti “finche’ non avremo qualche indicazione conclusiva”.

Gli esperti si sono in questi giorni impegnati in diverse aree, nelle acque a sud-ovest e a nord-ovest, compresa l’area di Curazao e Bonaire (Antille olandesi). Uno dei ‘quadranti’ dove le squadre si stanno maggiormente impegnando e’ un triangolo di mare compreso tra 10 e 13 miglia dalla piccola pista di decollo di Gran Roque. La zona che e’ stata setacciata finora e’ comunque vastissima.

Nelle ultime ore, la stampa locale ha d’altra parte reso noto un altro incidente nei cieli venezuelani. Un Cessna 206 ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza su una spiaggia in un villaggio mentre era in volo diretto verso Caracas.

L’aereo era decollato poco prima dall’isola di Margarita, un’altra nota localita’ di turismo dei Caraibi, non lontana da Los Roques. A bordo c’erano quattro passeggeri: “Sono tutti usciti illesi, solo una grande paura”, hanno precisato i media locali, sottolineando che il velivolo ha avuto un guasto a uno dei due motori.


11 Gennaio 2013

Falso allarme: le ricerche continuano

Roma – Un corpo è stato ripescato vicino a Puerto de la Guairia, in Venezuela. La notizia viene riportata dal quotidiano “El Universal”.

Il corpo sarebbe quello di un pescatore. Lo riferisce la Protezione civile locale, affermano fonti diplomatiche italiane a Caracas, precisando che il ritrovamento non avrebbe, secondo i primi accertamenti, niente a che fare con la vicenda dell’aereo scomparso a Los Roques.

In un primo momento, gli inquirenti avevano pensato che il corpo potesse appartenere a uno degli occupanti dell’ aereo scomparso il 4 gennaio mentre volava tra Los Roques e Caracas con quattro italiani a bordo: Vittorio Missoni, la moglie Maurizia Castiglioni e una coppia di amici, i coniugi Foresti. Ma la Protezione civile del Venezuela, ha subito precisato: «il corpo non è di Missoni».

Il quotidiano venezuelano “El Universal”, che cita un altro quotidiano, “Panorama”, scrive che il corpo è stato trovato in avanzato stato di decomposizione, come hanno spiegato i sommozzatori locali.

Fonte:www.ilsecoloxix.it



La scomparsa nell’arcipelago caraibico dell’aereo con a bordo Vittorio Missoni riporta alla luce una serie di domande relative alla reale sicurezza dell’aviazione venezuelana ed al rischio che i signori della droga sequestrino i mezzi eliminando i passeggeri per trasportare la merce in clandestinità

Ancora avvolta nel mistero la sparizione nelle acque dell’arcipelago di Los Roques del bimotore britannico Britten Norman BN2 con a bordo il figlio di Ottavio Missioni, Vittorio, accompagnato dalla moglie, Maurizia Castiglioni, e da due amici.

LA SPARIZIONE IN ACQUE CRISTALLINE – Il loro bimotore, datato 1968, è svanito nel nulla mentre era impegnato a portare il quartetto dall’aeroporto di Los Roques a quello di Maiquetia / Simon Bolivar della capitale Caracas. Il destino del velivolo bianco però si è accomunato a quello degli altri 56 aerei svaniti sull’arcipelago venezuelano negli ultimi 15 anni. Il loro destino? Ignoto. E non è tutto. La scomparsa del velivolo con a bordo Missioni è avvenuta esattamente cinque anni dopo la sparizione di un altro bimotore, questa volta un Let – 410 di costruzione cecoslovacca, svanito anche lui nel nulla, inghiottito dalle acque cristalline dell’arcipelago di Los Roques. La differenza stava nella rotta. Quello di Missoni stava venendo via dall’arcipelago, quello dei 14 italiani era in procinto di arrivare. Ma tutti e due si trovavano a circa mezz’ora di volo dall’aeroporto.

CHI CERCA TROVA – Perché è necessario sottolineare quel “cristalline”? Semplice, perché risulta alquanto improbabile che un velivolo sia scomparso nel nulla senza lasciare una traccia di sé in uno specchio di mare dalla profondità variabile da 0 a 1500 metri. Neanche una vite, non un pezzo di lamiera. Niente di niente. Per dirne una, in poco più di un anno si riuscì a recuperare il relitto, insieme alle scatole nere, dell’Airbus A330 – 200 appartenente ad Air France ed inabissatosi in pieno Oceano Atlantico, a circa 4000 metri di profondità mentre collegava Rio de Janeiro con Paris Charles de Gaulle.

IL RINVENIMENTO DEL COPILOTA – In quel caso fu addirittura possibile recuperare una cinquantina di corpi. Qui niente. Le vittime scompaiono nel nulla come i mezzi. O quasi. Pochi giorni dopo l’incidente del 2008 venne ritrovato sulla spiaggia di Adicora, nello stato di Falcon, distante circa 400 chilometri dal luogo del sinistro il corpo di Osmel Alfredo Avila, il copilota. Questi venne ripescato integro, con addosso il giubbino di salvataggio della compagnia. A confondere gli investigatori furono però tre dettagli: il viso era scarnificato, il corpo non sembrava quello di un uomo rimasto nove giorni esanime in mare ed i polsi erano abbastanza maltrattati. C’è di più. Secondo l’autopsia l’uomo morì per via di un fortissimo trauma al petto con danni gravi al cuore. Una dinamica compatibile con l’urto. Ma nei polmoni non c’era acqua. Allora vuol dire che non è annegato

L’IMPOSSIBILITA’ DI UN AMMARAGGIO – Per di più. Come fatto notare su Myaviation.com, l’Lte-410 di costruzione cecoslovacca non aveva uscite di sicurezza ma solo un portellone posto nel retro che si apre a spinta. In caso di ammaraggio quindi i passeggeri non sarebbero potuti uscire, a meno che non si fosse rotta la carlinga. Ma in quel caso l’impatto sarebbe stato tale da uccidere le persone a bordo. Allora che fine ha fatto? In Venezuela sembra che già sappiano quale sia la verità ma che nessuno abbia voglia di svelarla pubblicamente: l’aereo è stato dirottato dai narcotrafficanti i quali, dopo aver ordinato ai piloti di scendere a pelo d’acqua per non essere monitorati dai radar, li fanno sparire nel nulla.

DOMANDE OBBLIGATORIE – La scorsa settimana il settimanale “Oggi” ha dato una versione identica ma in questo caso siamo “aiutati” dalla stampa e dai blog del paese sudamericano. Non sappiamo se questa è stata la fine di Vittorio Missoni ma certo siamo costretti a porci tutte le domande, anche le più difficili. Rimanendo sull’incidente del 2008, El Universal, quotidiano locale pubblicò all’epoca un elenco di quelle che furono le stranezze di quell’incidente, il quale a quanto pare non sembra più tale. O almeno le evidenze ci rivelano una realtà del tutto nuova.

“NON SALITE SU QUESTO AEREO” – Tutto è partito alle 9.38 del 5 maggio 2008. Il pilota, Esteban Bessil, 72 anni, comunica alla torre di Controllo che a bordo del Let-410 ci sono 18 persone, compresi lui ed il copilota. E già qualcosa non quadra, in quanto i passeggeri registrati sono 14. Famiglia Durante.org, sito che raccoglie le analisi e le testimonianze dell’incidente, ha raccolto la storia di una donna venezuelana la quale si sarebbe dovuta imbarcare con un marito e due cognati. Al momento della salita a bordo venne detto loro che avrebbero dovuto cambiare aereo perché quello previsto non poteva caricare altri passeggeri. Eppure vennero fatte salire quattro persone prima del decollo, evidentemente al posto loro. Perché? 

INCIDENTE IMPOSSIBILE – Bessil riportò 25 minuti dopo il decollo, ad una distanza di 16 miglia nautiche, lo spegnimento di entrambi i motori e la necessità di un ammaraggio di emergenza. Guasto? Secondo gli esperti nel campo dell’aviazione un problema simultaneo ad entrambi i propulsori è impossibile. Finita la benzina? No. L’aereo partì da Maiquietia / Simon Bolivar con carburante sufficiente per tre ore di volo. Allora perché non usare le tracciature radar? Perché a Los Roques non esiste nulla del genere, come dimostra la foto sottostante la “torre di controllo” è un cassone sul rimorchio di un camion, mentre l’impianto dell’aeroporto di partenza era semplicemente guasto.

L’AUSTRALIANO CON LA TESTA FRACASSATA – Ad allarmare maggiormente è un altro caso, riportato da El Universal relativo alla sparizione di un Cessna 402 dalla sigla YV 784 avvenuta il 2 marzo 1997. In questo caso il velivolo è scomparso dai radar due minuti prima dell’atterraggio a Los Roques, ed anche qui non è stata rinvenuta neanche una vite. Il giorno dopo apparve dall’acqua il corpo di un cittadino australiano. Anche in questo caso non c’era acqua nei polmoni anche se la vittima presentava fratture in varie parti del corpo oltre ad una ferita alla testa che per alcuni doveva essere stata inferta con un colpo di pistola.

PERCHE’ RUBARE L’AEREO? – In quel volo, operato dalla Chapi Air, erano presenti anche due italiani, Mario Parolo e Teresa De Bellis, svaniti nel nulla. Il portavoce dell’ambasciata italiana definì quell’incidente inspiegabile e relativamente alla possibilità che il velivolo possa essere stato preso dai narcotrafficanti, il portavoce fu estremamente chiaro:

“Se avessero voluto rubare l’aereo, perché avrebbero dovuto aspettare fino a quasi arrivare a Los Roques a commettere l’atto? Perché tenere con sé cinque passeggeri?

Secondo le ricostruzioni venezuelane, poi, anche in quel caso vennero aggiunte a bordo due persone non iscritte nel registro passeggeri, ed anche in quel caso il pilota aveva almeno 70 anni.

PIU’ SICURO E MENO DISPENDIOSO – Ma i narcotrafficanti non possono acquistare degli aerei? No, perché viene loro più comodo affidarsi a delle carrette registrate in un Paese, il Venezuela, dove il controllo aereo è a dir poco “precario”, come vedremo più avanti. Inoltre molti voli decollano nonostante non vi sia alcuna registrazione da parte delle autorità per questo se scompaiono ufficialmente non si può dire da dove siano partiti. Gli aerei prima verrebbero privati dei sedili. Successivamente verrebbero equipaggiati con serbatoi supplementari, si cambia la loro registrazione e quindi via, si parte per una nuova avventura, generalmente Honduras o Africa occidentale. A pilotarli? Dei piloti spesso anziani e spericolati. E nel caso si possono usare delle società fittizie per operare meglio sotto copertura. Un po’ come avvenne in Lost con il velivolo dei falsi preti.

MANCAVA IL GPS – Fantascienza? Chissà. Nel dubbio si devono mettere insieme tutti i tasselli per avere in mano uno scenario quantomeno credibile. Aeroclubmodena ci spiega che il velivolo aveva benzina sufficiente per tre ore di volo -anche in questo caso- e che il Gps non era attivato, e come spiega El Universal per la legge venezuelana il bimotore doveva avere per legge l’apparecchio a bordo. Ma visto che non vi sono dati trasmessi neanche dall’apparecchiatura di emergenza chiamata “Baliza 406 mhz” vuol dire che o era assente o i piloti non lo hanno mai acceso. Insomma, gli aerei improvvisamente “fanno ciao”, come scrive “Agoramagazine“. Non c’è controllo neanche nell’aeroporto della capitale. Si sale, si decolla, si ordina una direzione e basta, chi si è visto si è visto.

UN VELOCE RIASSUNTO – Facciamo un riassunto: abbiamo tre incidenti aerei. In due di questi c’è la certezza che sono stati imbarcati passeggeri in più rispetto a quanto certificato dalle liste ufficiali. In altri due casi il carburante era sufficiente per tre ore di volo nonostante la distanza da Maiquetia a Los Roques sia di soli 45 minuti. In attesa di un risultato relativo ai dati di volo dell’aereo su cui era a bordo Missoni sappiamo che nel caso del Let – 410 il radar della Capitale era rotto mentre per quanto riguarda il Cessna nessuno ha mai acceso -o montato- il Gps a bordo. E per finire gli aerei sono scomparsi nel nulla dopo una brusca comunicazione con la torre di controllo. Arriveranno nella regione di Apure, nell’est del Paese, dove secondo il Corriere della Sera si nasconde un’importante base del Narcotraffico? Chissà.

TRANSAVEN E CHAPI AIR? LA STESSA COSA – Basta? No. Raccogliamo infine la testimonianza di un ingegnere, Daniel Lara Farìas, ex membro dell’Inac -l’ente venezuelano per la sicurezza dei cieli- che ci racconta cosa si nasconda dietro le sigle Transaven e Chapi Air. La Transaven venne fondata nel 1987 da Efrain Rodriguez il quale volle una compagnia che collegasse il Venezuela con i Caraibi olandesi. Gli aerei già allora erano i famigerati Let-410, economici e molto pratici, anche se privi dell’attrezzatura a norma.

GLI IMPICCI CON L’INAC – Il primo a sparire nel nulla nella rotta per Los Roques fu il fondatore ed i suoi resti mai più ritrovati. I figli Efrain e Miroslaba rimasero a capo dell’azienda e di un’altra di loro proprietà, la Chapi Air. Lara Farias ha sempre sottolineato come vi fu un rapporto particolare tra i Rodriguez e l’Inac, al punto che lui stesso perse il lavoro per via di tali legami. Nel 2005 il tecnico doveva occuparsi di verificare l’effettivo stato di manutenzione degli aerei Transaven. Questi vietò alla compagnia di operare i collegamenti con Bonaire e Curaçao in quanto l’aereo destinato al viaggio era privo della copertura assicurativa. Pochi giorni dopo l’uomo venne contattato dalla polizia aeroportuale di Valencia, in Venezuela. Gli agenti dissero che un velivolo Transaven stava imbarcando passeggeri anche se nei moduli di bordo non era stata segnalata la matricola. Lara Farias spiegò che non c’era perché mancava il permesso al decollo. Allora la polizia fece scendere tutti e bloccò l’aereo.

VOLEVANO VOLARE SENZ’ASSICURAZIONE – Pochi minuti dopo il tecnico ricevette la telefonata rabbiosa di un alto graduato della compagnia che gli passò il Presidente che lo accusò a sua volta di aver creato un danno all’azienda. Lara Farias rispose sostenendo che non avrebbe mai fatto partire un aereo senza polizza di assicurazione. La telefonata si concluse con un “questa storia non finisce qui”, gridato dal Presidente. Giorni dopo venne ricevuto dal responsabile dell’Inac, l’ingegnere Olga Scott, e dall’avvocato Lanza. La Transaven voleva la sua testa.

LICENZIATO PER AVER RISPETTATO LA LEGGE – Dopo alcuni giorni vidi uscire il gerente di operazioni della compagnia e il presidente della stessa dall’ufficio della gerente di linea Ing. Olga Scott. Seppi poi che avevano richiesto un appuntamento per parlare del caso, si riunirono con l’Ing. Scott e con l’Avv. Carmen Lanza, capo della divisione di Operazioni Internazionali, alla quale appartenevo. Secondo quanto mi raccontò l’Avv. Lanza erano volati insulti e improperi contro di me e chiesero la mia testa. La stessa Scott lo licenziò pochi mesi dopo.

UN DUBBIO ATROCE – Lara Farias scoprì poi che la Scott era moglie del copilota dell’aereo incriminato e che la donna venne licenziata dall’Inac dopo poche settimane perché si scoprì che fu lei a firmare l’autorizzazione al decollo dall’aeroporto di Maiquetia di un Dc9 carico di droga. La Stampa ha riportato le voci degli italiani di Los Roques che spazzano via l’idea della presenza di narcotrafficanti in zona ed incolpano le carrette del mare. Ma questa è la storia, questi sono i rapporti e questi sono i dubbi che riguardano una vicenda, quella dei 57 aerei svaniti nel nulla, che non può essere liquidata con un “colpa delle carrette del mare”. Anche perché avremmo trovato qualcuno. Ma probabilmente di Vittorio Missoni, così come di tutti gli altri svaniti in passato, non sapremo più nulla.

(Photocredit Lapresse / Airliners.net / Panoramio)

Fonte:www.giornalettismo.com



Le tracce del piccolo velivolo si sono perse ieri mattina: andava dall’arcipelago di Los Roques all’aeroporto di  Caracas. Un percorso di 140 chilometri. A bordo il figlio dello stilista, la moglie e due amici. Sulla stessa tratta il 4 gennaio 2008 scomparì un bimotore con 18 persone, tra cui 8 italiani, di cui non si ebbero più notizie. L’ipotesi di un dirottamento da parte dei narcos

CARACAS – Un breve tragitto, circa 140 chilometri: un piccolo aereo con sei persone a bordo, di cui quattro italiani, è scomparso dai radar mentre viaggiava dall’arcipelago di Los Roques all’aeroporto Simon Bolivar di Maiquetia, lo scalo della capitale Caracas. Le tracce si sono perse ieri mattina, dopo le 11 ora locale (le 18 in Italia), poco dopo il decollo da Los Roques.

Sul velivolo, un bimotore Britten Norman BN2 YV2615  di colore bianco, viaggiavano Vittorio Missoni, figlio maggiore dello stilista Ottavio Missoni, sua moglie Maurizia Castiglioni e due amici della coppia, Elda Scalvenzi e Guido Foresti. Oltre a loro il pilota German Merchan e il copilota Juan Fernandez. “Non sappiamo altro“, ha detto Pietro Foresti, il figlio di uno degli scomparsi: “Solo che hanno interrotto le ricerche

Vittorio Missoni, 58 anni, è amministratore delegato di Missoni Spa ed è, di fatto, l’ambasciatore del marchio nel mondo.La guardia costiera locale ha avviato le ricerche, che sono però state sospese per la notte. Finora non sono state trovate tracce e le ricerche riprenderanno alle prime luci dell’alba.

La Farnesina ha già attivato tutti i canali di informazione in Venezuela e il consolato italiano, in accordo con l’Unità di crisi, è in stretto contatto con le autorità di Caracas. Oltre ai quattro turisti a bordo dell’aereo, il gruppo di connazionali era composto da altre due persone che hanno preso un altro volo dall’arcipelago a Caracas.

Il precedente. Sull’incidente pesa una triste coincidenza: esattamente cinque anni fa, sempre il 4 gennaio, un bimotore turboelica LET-410  di fabbricazione Ceca che viaggiava sulla stessa tratta scomparì con 18 persone a bordo, tra cui otto italiani. Non furono mai ritrovati né i resti dell’aereo né i corpi delle persone a bordo, ad esclusione di quello del copilota che fu recuperato in alto mare.

Il bimotore della compagnia Transaven trasportava una famiglia trevigiana – Paolo Durante, quarantenne; sua moglie Bruna Guerrieri e le loro figlie Sofia e Emma di sei e otto anni – insieme ad altre due coppie di italiani: Annalisa Montanari, 42 anni e Rita Calanni Rindina, 46, entrambe residenti a Bologna, e i romani Stefano Frangione e Fabiola Napoli. 

Ed è proprio di questi giorni la notizia che forse quell’aereo non precipitò mai: in un servizio pubblicato da Oggi, si fa l’ipotesi che quel velivolo sia stato dirottato dai narcos colombiani, che l’avrebbero poi usato per il trasporto di una partita di cocaina. Questa tesi sarebbe supportata dal fatto che a bordo, secondo le registrazioni della scatola nera, c’erano 4 persone in più di quelle dichiarate, presumibilmente i dirottatori.

Le ricerche di quel volo riprenderanno il 29 gennaio prossimo, dopo un accordo con la Farnesina. “La ricerca in mare – ha detto Mario Pica, ex pilota dell’Aeronautica militare e consulente delle famiglie degli otto italiani dispersi nell’incidente – è un’operazione decisiva. Se non lo troviamo, vuol dire che non è mai precipitato e dovremo cercarlo altrove”.

L’arcipelago. Los Roques è un arcipelago del Mar dei Caraibi situato nel nord del Venezuela, proprio di fronte a Caracas. E’ formato da una cinquantina di isole e almeno 250 isolotti, la più importante delle quali si chiama Gran Roque, ed è uno dei ‘paradisi’ del paese sudamericano, sempre al centro del turismo nazionale e internazionale.Gran Roque è l’unica popolata, ed è anche l’area in cui trova l’aeroporto. Nel 1972 è stato dichiarato Parco Nazionale per la sua importanza ecologica e le spiagge bianche di origine corallina, le acque cristalline e il fondo marino.Vi è anche una stazione di biologia marina denominata ‘Dos Mosquises’ in cui si effettuano programmi di ricerca sul mare e dove si può osservare la riproduzione della quasi estinta Tartaruga Marina. Alla ‘Gran Roque’ si arriva da Caracas, sia con voli aerei sia con imbarcazioni dal porto della capitale.

Fonte www.repubblica.it


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