PIERGIORGIO GOLDONI

8 Dicembre 2013

Ore 09.04 . Dopo un ora esatta di volo dall’Aeroporto di Roma Ciampino  (IATA: CIA, ICAO: LIRA) è atterrato all’Aeroporto di Modena-Marzaglia  (IATA: ZMO, ICAO: LIPM) un bellissimo Pilatus PC-12-47 LX-JFM (c\n 812)  della JetFly Aviation, Compagnia Executive Privata lussemburghese.

Dopo quattro chiacchere con l’affabilissimo Primo Ufficiale del velivolo è arrivato “il carico pagante” , un passeggero diretto all’Aeroporto di Parigi-Le Bourget  (IATA: LBG, ICAO: LFPB).

Alle 10.26 la messa in moto,  4 minuti dopo , alle 10,30  il velivolo ha staccato le ruote dallla pista 29 dello scalo emiliano virando verso Nord per  l’inserimento IFR, come da piano di volo, con l’avvicinamento di Bologna .

GUARDA VIDEO

http://www.youreporter.it/video_PC-12_47_LX-JFM_JETFLY_AVIATION_A_MODENA

Il monomotore raggiungerà poi lo scalo parigino in circa 2 ore.

Per

www.aeroclubmodena.it

Piergiorgio”pierinoinflight” goldoni


8 Dicembre 2013

Tuffo nel passato con i vertici dell’azienda che ha fatto la storia della nostra città Dagli aneddoti della famiglia Panini alla nuova produzione: 50mila auto nel 2015.

Inizia ufficialmente il centenario Maserati. Ieri sera presso lo storico stabilimento in viale Ciro Menotti, i vertici dell’azienda automobilistica hanno presentato il libro del centenario intitolato “Maserati, un secolo di storia”, edito da Giorgio Nada.

Il volume racchiude un secolo di storia denso di avvenimenti sportivi e motoristici. Ma soprattutto di uomini. Come quelli che hanno contribuito con il loro lavoro, ingegno e manualità alla creazione di un marchio diventato famoso sulle piste e nei cuori di tutto il mondo. Il Tridente si appresta per i prossimi anni a tagliare anche nuovi traguardi. «Quasi 100 anni e non sentirli», spiega Harald Wester amministratore delegato Maserati che annuncia i volumi di vendita delle vetture sul mercato globale: «Oltre ai modelli GT e Gran Cabrio, abbiamo le nuove Quattroporte e Ghibli. Queste vetture rappresentano il meglio del lusso, del comfort, della sportività e dell’italianità nel mondo. Passeremo dalle 6300 vetture prodotte alle 50 mila per il 2015 e siamo sulla buona strada.

Abbiamo lanciato la Quattroporte lo scorso gennaio e siamo a quota 23 mila ordini. Stiamo crescendo in America più di tutti, e in Cina abbiamo venduto 900 automobili rispetto alle 40 del 2009». Alla presentazione guidata da Luca Dal Monte e Franco Bay delle relazioni esterne Maserati, erano riuniti anche alcuni tra i protagonisti della storia Maserati come gli ex dipendenti Ermanno Cozza, Ennio Ascari e Cleto Grandi che hanno visto prendere forma motori e vetture, oltre ad aver partecipato come meccanici a corse epiche con il grande Fangio al volante della Maserati, e aver visto nascere modelli come Mistral e Biturbo. Punti fondamentali dell’automobilismo di tutti i tempi. Presente inoltre tutto il mondo motoristico modenese tra cui Matteo Panini che ha raccontato un episodio legato al padre Umberto, scomparso recentemente: «Mio padre acquistò 23 vetture Maserati pur di non farle vendere a un’asta. Diceva che quelle macchine erano il patrimonio della città». Presente anche l’erede diretto della famiglia Maserati. «Mio padre Ernesto progettò le vetture fino al 1947», spiega Alfieri Maserati che coglie l’occasione per raccontare aspetti poco conosciuti legati ai fratelli Maserati: «Alfieri invece era un uomo vulcanico: si inventò un motore 8 cilindri in alluminio innovativo per l’epoca. Sono contento di vedere che il gruppo Fiat ha portato il marchio a questi livelli con piani di sviluppo, e sono contento di vedere tanti giovani che portano avanti questa storia». Per il sindaco Pighi il centenario del Tridente sotto la Ghirlandina salda un grande legame con la città: «Facciamo coincidere questi 100 anni con la nostra economia: Maserati porta Modena e l’Italia nel mondo. E il centenario è una grande ricorrenza per Maserati e Modena».

Fonte:http://gazzettadimodena.gelocal.it


8 Dicembre 2013

Nell’articolo è ‘la regione dove si mangia meglio nel mondo’

(ANSA) – BOLOGNA, 7 DIC – Il mensile Forbes ha incoronato la cucina dell’Emilia-Romagna. Il periodico dedica infatti un ampio reportage alla regione Emilia Romagna, proclamandola come la regione “dove si mangia meglio nel mondo”.

“Se chiedete ad un italiano dove si trova il cibo migliore, quasi sempre la riposta sarà ‘da mia madre’. Ma se si parla di regioni la risposta più probabile sarà ‘In Emilia Romagna’, la fantastica regione del centro-nord che si trova nella fertile valle del Po”, scrive l’inviato David Rosengarten (http://www.forbes.com/sites/drosengarten/2013/11/28/italys-grea test-gastronomic-treasure-emilia-romagna-the-secrets-behind-the- secret/), che ha anche redatto un elenco dei ristoranti da non perdere: si va dall’Europa 92 di Modena, passando per “Il Cappero alle Mura” e “Zoello Ristorante” di Castelvetro di Modena, fino a “Trattoria dai Muganai” e “Ponterosso”, entrambi a Monteveglio, Bologna.

“Quando si cerca di spiegare il fenomeno solitamente si indica lo straordinario numero di prodotti e piatti della regione tra i quali il Parmigiano Reggiano, l’aceto balsamico, il prosciutto di Parma, i tortellini e molto altro. Tuttavia – prosegue il mensile americano – dopo un recente viaggio in questo paradiso gastronomico, la sensazione è che non sia solo un gruppo specifico di prodotti a contribuire alla reputazione gastronomica della regione. Anche in Emilia-Romagna, come ovunque c’è la cucina creativa: hanno un ristorante stellato Michelin di cucina molecolare, l’Osteria Francescana. Ma sul menù ci sono le tagliatelle alla bolognese.

Guardando alla cucina creativa dell’Emilia-Romagna si scopre che molti piatti si basano sull’anima gastronomica della regione. La potente connessione degli chef con la loro patria non può essere abbandonata. Chi si reca in Emilia Romagna di solito si concentra sulle Grandi 5, le città che, come gioielli di un diadema, si trovano lunga l’autostrada principale.

Partendo da nord-ovest si trovano Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna, la Grassa, con i suoi ristoranti e le sue simpatie comuniste. Tuttavia il mio viaggio è stato diverso, sono partito dal cuore della regione vinicola, dove si produce il vino perfetto per accompagnare questo tipo di cucina, il Lambrusco. La regione del Lambrusco – conclude il giornalista americano – è una delle ambientazioni rustiche più belle d’Italia, sembra perduta nel tempo, ed è forse il posto migliore per scoprire l’incredibile cibo dell’Emilia-Romagna”. (ANSA)

Fonte: www.ansa.it


7 Dicembre 2013

Stamane attorno alle 12,35 una lunga scia bianca tra Castelnovo ne Monti (RE) e Sassuolo annunciava il sorvolo di un Airbus A-340-211  della Royal Jordanian  ( VOLO RJ264) che decollato dall’O’Hare Intl. di Chicago e diretto ad Amman, in Giordania.  

L’A340 sfrecciava ad una velocità di  521kts (464 kmh) ad una quota  di 39000 ft (11’800 mt)

 

Fonte: www.flightrada24.com


7 Dicembre 2013

Dopo l’ordinanza del Tar del Lazio

Il ministro: «Una cosa gravissima che mi preoccupa».
Il governo valuta la possibilità di un contro-ricorso

 

Due giorni dopo l’ordinanza del Tar del Lazio che ha dato ragione a Davide Vannoni e Stamina, il Ministro della Salute Lorenzin deve fronteggiare un nuovo problema: minacce di morte recapitate sia tramite internet che direttamente nel suo ufficio. «Credo sia normale di fronte alla disperazione di genitori straziati dalla morte del figlio» aveva detto in un primo momento, ma poi ha ammesso: «Le minacce che ho ricevuto in relazione alla vicenda Stamina sono una cosa gravissima e che mi preoccupa moltissimo. È ingiustificabile arrivare alle minacce a una persona».

POSSIBILE RICORSO – Ma le grane non finiscono qui. Il Ministero della Salute e l’Avvocatura dello Stato stanno valutando se fare ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio, che ha di fatto sospeso il comitato scientifico nominato dalla Lorenzin e di conseguenza la bocciatura del metodo inventato da Vannoni. «Stamina dovrebbe, anziché fare ricorsi e appelli, rendere noto il metodo e permettere a tutti di fare la propria valutazione» ribadisce la Lorenzin.

NUOVO COMITATO – Nel frattempo prosegue il lavoro per la nomina del nuovo comitato di esperti, anche stranieri, che dovranno ricominciare la valutazione del protocollo. «Stiamo sentendo i maggiori esperti al mondo, che hanno dato la loro disponibilità – dice il ministro -, ma i nomi li daremo al momento opportuno, per non spettacolarizzare una vicenda che merita ben altro trattamento. Non stiamo facendo una valutazione politica né si tratta di un talk show. È una cosa seria che deve rimanere nell’ambito della ricerca e delle sue regole». L’Istituto Superiore di Sanità selezionerà quindi i nuovi esperti del comitato «anche in base – ha concluso Beatrice Lorenzin – alla loro disponibilità a venire in tempi brevi in Italia». Nessuna richiesta di curriculum è arrivata a Camillo Ricordi, lo scienziato italiano che dirige il Centro trapianti cellulari e il Diabetes Research Institute a Miami, favorevole a una verifica scientifica del metodo di Vannoni. Nei giorni scorsi Ricordi ha dato la propria disponibilità a effettuare i test sulle cellule usate da Stamina.

SPERIMENTAZIONE – In ogni caso, almeno in Italia, la sperimentazione (per cui erano stati stanziati tre milioni di ero) «non può ripartire», chiarisce Lorenzin. Fermo restando che le persone già in trattamento con il metodo Stamina presso gli Spedali Civili di Brescia «già per legge possono continuare con il trattamento». Tuttavia, «la sperimentazione è cosa ben diversa e deve rispettare dei parametri».

«UCCIDE SPERANZE DEI MALATI» – Durissime le parole di Davide Vannoni all’indirizzo del ministro: «È un’incompetente. Uccide l’unica speranza che hanno i malati – ha detto il presidente di Stamina a Radio24 -. Prima o poi qualche Procura interverrà e la metterà sotto indagine dopo le denunce dei pazienti, il reato potrebbe essere omicidio colposo».

Fonte:www.corriere.it


7 Dicembre 2013

Il Grumman TBF Avenger (in inglese, Vendicatore) era un aerosilurante monomotore ad ala bassa sviluppato all’inizio degli anni quaranta dall’azienda statunitense Grumman Aircraft Engineering Corporation.

File:Grumman TBF Avenger.jpg

Fu l’aerosilurante imbarcato standard della United States Navy, la marina militare statunitense, a partire dal giugno 1942 e fino al termine della seconda guerra mondiale. Negli stessi anni venne inoltre impiegato dalla britannica Fleet Air Arm e dalla neozelandese Royal New Zealand Air Force.

Nel dopoguerra, grazie all’enorme disponibilità di esemplari surplus, venne adottato da numerose aeronautiche militari mondiali concludendo la sua carriera operativa nelle forze armate di Brasile, Canada, Francia, Giappone, Paesi Bassi ed Uruguay; l’ultimo paese a dismettere l’Avenger fu il Giappone, nei primi anni sessanta.

Il prototipo

L’origine dell’Avenger risale agli ultimi mesi del 1939 quando la U.S. Navy avanzò la richiesta per il progetto di un nuovo aerosilurante con il quale sostituire il Douglas TBD Devastator che, pur entrato in servizio solo due anni prima, veniva già considerato obsoleto.

File:Grumman XTBF-1 at NACA Langley 1942.jpeg

Le aziende coinvolte nella richiesta furono la Grumman (che presentò il proprio Model G-40) e la Vought (con il progetto che avrebbe dato successivamente vita al meno fortunato Consolidated TBY Sea Wolf).

Già l’8 aprile del 1940 la Grumman ricevette la richiesta per due esemplari del velivolo che venne battezzato XTBF-1, secondo la prassi allora in vigore ( foto sopra ). Il primo di questi due prototipi venne portato in volo per la prima volta all’inizio di agosto del 1941 (secondo alcune fonti il giorno 1, mentre altre indicano il giorno 7).

A testimonianza della ferma volontà dell’U.S. Navy di introdurre in servizio l’Avenger al più presto, il primo ordine (per 286 esemplari della prima versione di serie, battezzata TBF-1) risale alla fine del 1940, circa otto mesi prima del volo del prototipo e dodici mesi prima delle prove valutative.

Il primo aerosilurante di costruzione Grumman si presentava come un grande monoplano che tradiva nei tratti esteriori le comuni origini con il caccia F4F Wildcat il cui disegno rappresentò, per i progettisti pressati dall’urgente richiesta dell’U.S. Navy, un’affidabile base di partenza.

Con il suo grande motore Wright R-2600 Cyclone 14 (noto anche come Twin Cyclone) e le dimensioni generose, l’Avenger si presentava come una macchina robusta, ma le prime prove di volo misero in luce considerevoli problemi di stabilità che si concretizzavano in fenomeni di imbardata difficilmente controllabili. Il repentino ritorno sui tavoli da disegno permise allo staff tecnico della Grumman di risolvere il problema modificando il tronco posteriore della fusoliera mediante l’introduzione di una pinna dorsale che si raccordava con la deriva.

Venne così dato il via alla produzione dei modelli della prima versione di serie: il primo esemplare fu consegnato all’U.S. Navy il 30 gennaio 1942, a soli 45 giorni di distanza dal volo del secondo prototipo.

Durante la guerra

Le prime richieste da parte dell’U.S. Navy vennero ben presto seguite da quelle della Fleet Air Arm (FAA) britannica che era ancora alla ricerca di un valido sostituto dell’ormai datato biplano Fairey Swordfish, poiché gli autoctoni Albacore e Barracuda sviluppati dalla stessa Fairey Aviation Company Limited non erano risultati particolarmente convincenti.

La richiesta andò a far parte del materiale consegnato dagli Stati Uniti d’America secondo quanto previsto dal Lend-Lease Act ed i velivoli realizzati diedero origine alla versione TBF-1B dell’Avenger (che in questa prima versione gli inglesi denominarono Tarpon TR. Mk.I). Questi velivoli (complessivamente 402 esemplari) vennero modificati per adeguarli allo standard degli altri velivoli in forza alla FAA, in particolare mediante la sostituzione dell’impianto dell’ossigeno, del puntatore per le mitragliatrici e con l’aggiunta di razzi ai lati della fusoliera per agevolare la fase di decollo (RATO: Rocket Assisted Take Off); le modifiche furono talvolta eseguite direttamente nel Regno Unito ad opera della Blackburn Aircraft. Il primo reparto ad essere dotato dei Tarpon fu l’ 832th Squadron, all’inizio del 1943.

File:TBM-3E Avenger VMTB-234 in flight 1945.jpeg

La necessità di provvedere alla produzione delle considerevoli quantità richieste ed alla contemporanea produzione dei caccia Wildcat portò, sul finire del 1942, all’apertura di linee di montaggio dell’Avenger anche presso la Eastern Aircraft Division della General Motors: si trattava di un’azienda che raggruppava gli impianti produttivi della casa madre in precedenza destinati alla produzione di automobili per il mercato civile ed ora, dopo l’attacco di Pearl Harbor, sostanzialmente inutilizzati. I velivoli realizzati presso la Eastern Aircraft, nello specifico dagli stabilimenti di Trenton, pur identificati con la sigla TBM, secondo lo schema previsto all’epoca, erano sostanzialmente invariati rispetto a quelli realizzati dalla Grumman.

Nell’estate del 1943 comparve la variante TBF/TBM-1C: in sostanza, recependo una modifica apportata sul campo da alcuni reparti di volo, l’Avenger venne modificato nella dotazione di mitragliatrici: venne eliminata quella posta sopra il motore (calibro .30) e ne vennero installate due (calibro .50) nelle semiali, appena oltre il disco dell’elica.

La Fleet Air Arm ricevette altri 334 esemplari del velivolo, di cui una parte nella versione TBM-1C (in questo caso, indipendentemente dalla versione di appartenenza gli aerei vennero denominati Tarpon TR. Mk.II). A partire dal mese di settembre gli Avenger vennero consegnati anche alla Royal New Zealand Air Force che con i primi esemplari equipaggiò il 30th Squadron.

Il passo successivo nello sviluppo dell’Avenger riguardò l’installazione di un motore di maggiore potenza; tra la fine del 1942 ed i primi mesi del 1943vennero realizzati i prototipi denominati XTBF/M-2 e XTBF/M-3: montavano rispettivamente le nuove versioni del Twin Cyclone XR-2600-10 e XR-2600-20. La differenza tra i due motori era rappresentata dalla presenza (nell’XR-2600-10) dell’impianto di sovralimentazione (meccanica, a doppio stadio) che, a parità di potenza erogata a livello del mare, consentiva il mantenimento delle prestazioni anche alle quote più elevate[. Considerate le condizioni d’impiego dell’Avenger la U.S. Navy decise di non procedere con lo sviluppo dell’XTBF-2, dando così il via libera alla nuova versione TBM-3 (in questo caso non si ebbero esemplari denominati TBF-3 perché la produzione venne demandata completamente agli impianti della Eastern Aircraft).

La produzione dei velivoli della nuova serie ebbe inizio nel corso del 1944[: esteriormente il velivolo era riconoscibile per una diversa conformazione della cappottatura del motore che garantiva, mediante nuove prese dinamiche e sfoghi di scarico, un miglior raffreddamento del circuito di lubrificazione del motore. Sul finire dello stesso anno, grazie ad alcuni interventi sulla cellula e sulle dotazioni di bordo, venne immessa in produzione una variante alleggerita dell’Avenger: identificata TBM-3E, prevedeva un risparmio di peso di circa 2 000 lb (circa 900 kg) e si distingueva esteriormente per l’assenza della mitragliatrice ventrale (il “pungiglione”) ed un nuovo gancio d’arresto non retraibile. Anche i velivoli della versione TBM-3 vennero assegnati alla Fleet Air Arm, che ne ricevette alla fine 222 denominandoli Avenger TB Mk.III (a partire dall’inizio del 1944 anche i velivoli ricevuti precedentemente cambiarono la denominazione da Tarpon ad Avenger).

Altre varianti furono introdotte nel corso della guerra per adattare l’Avenger a compiti diversi; si trattò in ogni caso di modifiche apportate ad esemplari già consegnati ai reparti e non di varianti prodotte ex novo nelle catene di montaggio. Le fonti reperite non indicano con esattezza il numero di aerei che furono soggetti alle modifiche. Le più rilevanti, anche dal punto di vista operativo, risultano essere state le versioni destinate alla fotoricognizione (TBF/M-1P, TBF/M-1CP e TBM-3P) e quelle destinate alla lotta antisommergibile (TBF/M-1D e TBM-3D) dotate di apparecchiature elettroniche ASW, all’epoca costituite prevalentemente da un radar ASD (Airborne Search Direction-findig) impiegato per la ricerca di sommergibili in emersione.

Il progetto per una nuova versione, caratterizzata dall’irrobustimento della struttura alare, portò (nel corso del 1945) alla realizzazione di 3 prototipi designati XTBM-4; il termine del conflitto portò all’immediata cancellazione degli ordini di produzione che avevano già raggiunto la quota di 4 126 unità.

Il velivolo venne usato anche per sperimentare la tecnica della controilluminazione, un “camuffamento con illuminazione diffusa”, in cui la luce, secondo il progetto delle luci Yehudi, veniva emessa usando lampade a puntamento anteriore regolate automaticamente per uguagliare la luminosità del cielo(foto) .

File:Principle of Yehudi Lights with Avenger head-on view.jpg

Nel dopoguerra

Nei primi mesi del 1942, presso il Massachusetts Institute of Technology, venne varato il progetto CADILLAC che comportava lo studio di applicazioni pratiche delle più recenti scoperte in materia di radar; questo progetto (il cui nome derivava da quello del Monte Cadillac, nel Maine, primo lembo del territorio statunitense illuminato dal sole all’alba)portò alla realizzazione di un Avenger modificato mediante l’installazione di un radar di ricerca AN/APS-20 che venne portato in volo per la prima volta il 5 agosto del 1944: i primi test furono soddisfacenti e venne approvata la conversione di 40 aerei la cui denominazione venne stabilita in TBM-3W. Il velivolo, privato di qualsiasi armamento, ospitava il radar in un radome realizzato in fiberglass posto nella parte ventrale della fusoliera(foto).
File:TBM-3S2 TBM-3W2 VS-26 NAN7-70.jpg
La presenza di questo radome, incidendo sulle linee aerodinamiche del velivolo, richiese la modifica dei piani di coda (mediante l’aggiunta di due piccole derive poste alle estremità dei piani orizzontali) al fine di eliminare nuovi fenomeni di instabilità.

L’impiego del radar in funzione Early Warning era reso particolarmente urgente dall’utilizzo delle tattiche kamikaze contro le navi della flotta alleata; il periodo di addestramento degli equipaggi si rivelò, tuttavia, particolarmente lungo tanto che, sebbene avesse avuto inizio nei primi mesi del 1945, i velivoli di questa variante raggiunsero i reparti solamente nel maggio del 1946.

Gli Avenger TBM-3W vengono ricordati per essere stati il primo velivolo AEW nella storia e rimasero in servizio con la marina statunitense fino alla metà degli anni cinquanta quando furono sostituiti dai più moderni Guardian e Douglas AD Skyraider.

Un’altra variante di particolare interesse fu quella realizzata negli anni cinquanta e denominata TBM-3S: si trattava di una nuova versione destinata alla lotta antisommergibile, ottenuta mediante la conversione di velivoli gìà esistenti (della serie TBM-3); l’impiego di questi esemplari, dotati di radar AN/APS-4 che non impediva l’impiego del siluro o delle bombe, era previsto in abbinamento a quelli della versione 3W: in sostanza mentre i 3W operavano in funzione di “scoperta”, i 3S avevano il compito di effettuare l’attacco nei confronti del potenziale nemico; questo particolare tipo di impiego venne definito Hunter – Killer. Delle versioni TBM-3W e 3S vennero realizzate diverse varianti che, a seconda del paese che utilizzava i velivoli, si caratterizzavano per l’impiego di particolari apparecchiature elettroniche; per maggior chiarezza espositiva se ne rimanda la descrizione con maggior dettaglio al paragrafo relativo all’impiego operativo.) Una variante della versione TBM-3E fu il TBM UT (utilitaire) realizzato per la Aeronautica Francese: in pratica era una versione disarmata e senza radar adattata per il trasporto di sei passeggeri.

Descrizione tecnica

Struttura

Il Grumman TBF Avenger era un monoplano monomotore, dalla struttura interamente metallica; la fusoliera di sezione ovale manteneva, per larga parte della sua lunghezza, le dimensioni del motore Twin Cyclone disposto all’estremità anteriore. L’ala era in posizione mediana ed il bordo d’entrata era in corrispondenza della lunga cabina di pilotaggio che ospitava, allineati, i tre membri dell’equipaggio. Oltre al pilota ed al navigatore/puntatore, era presente un mitragliere (che aveva anche funzioni di marconista) alloggiato in una postazione comandata elettricamente, realizzata dalla stessa Grumman in collaborazione con la General Electric, dotata di una singola mitragliatrice dorsale.

L’ala presentava una prima sezione rettangolare al termine della quale, in corrispondenza con le cerniere del sistema di ripiegamento, la sezione più esterna presentava linee convergenti verso le estremità ed un leggero angolo diedro negativo. Il sistema di ripiegamento delle ali era il medesimo già impiegato sui Wildcat ed avrebbe costituito una costante su molti dei velivoli realizzati dalla Grumman anche in tempi successivi.

File:Tbm-1-1943.png

I piani di coda erano di tipo classico con gli stabilizzatori orizzontali situati alla base della deriva.

Il carrello d’atterraggio era di tipo triciclo posteriore, con tutti e tre gli elementi costituiti da una sola ruota e retrattili; gli elementi anteriori si ritraevano all’interno della struttura alare con movimento laterale diretto verso le estremità. All’estremità posteriore della fusoliera era presente il gancio d’arresto per l’appontaggio sulle portaerei.

Motore

Il motore impiegato da tutte le versioni dell’Avengere fu il radiale Wright R-2600: si trattava di un 14 cilindri a doppia stella, raffreddato ad aria. L’elica era una “Hamilton Standard Hydromatic” tripala a passo variabile e velocità costante.

Il prototipo e la prima versione produttiva (TBF/TBM-1) utilizzavano la versione R-2600-8, in grado di sviluppare la potenza di 1 700 hp (pari a circa 1 270 kW).

Nei prototipi XTBF/XTBM-2 fu installata la versione R-2600-10 del Twin Cyclone: in sostanza si trattava di un versione con compressore meccanico a doppio stadio, particolarmente adatto per l’impiego alle alte quote. Come già detto la modifica venne considerata superflua e la versione non passò alla produzione di serie.

Il TBM-3 venne invece equipaggiato con la versione R-2600-20 del radiale della Wright: strutturalmente identica alla 2600-10, se ne distingueva in quanto priva dell’impianto di sovralimentazione; la potenza massima sviluppata alle basse quote rimaneva la medesima (1 900 hp, pari a circa 1 420 kW) mentre il peso era (data l’assenza del compressore) inferiore; solo l’eventuale utilizzo del velivolo alle quote più alte ne avrebbe ridotto le prestazioni in modo apprezzabile.

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Grumman TBM Avenger

 https://www.youtube.com/watch?v=4h789JUBZHk

Armamento

Il TBF/TBM-1 era armato con due mitragliatrici Browning M1919 calibro .30 in: una era disposta all’estremità di prua (sparante attraverso il disco dell’elica), l’altra (definita “pungiglione”) in una postazione ventrale disposta dietro al vano bombe ed accessibile da parte del navigatore. Una terza mitragliatrice Browning M2 calibro .50 in era a disposizione del mitragliere, disposta in una torretta elettrocomandata dalla caratteristica forma sferica.

Il carico offensivo di caduta era contenuto nell’ampio vano bombe disposto nella parte inferiore del ventre della fusoliera: in genere si trattava di un siluro Mk 13, (foto)ma questo poteva essere sostituito con un massimo di 2 000 lb di bombe (pari a circa 907 kg).

File:TBF-1 4-T-2 dropping torpedo NAN8-79.jpg

La versione TBM-1C vide l’eliminazione della mitragliatrice sul muso che venne sostituita da due armi disposte una per ciascuna semiala, da .50 in mentre l’irrobustimento della struttura consentì di installare dei punti d’attacco subalari che potevano essere utilizzati per l’installazione di razzi aria-aria.

Impiego operativo

Durante la guerra

Domenica 7 dicembre 1941, in concomitanza con una speciale giornata durante la quale le famiglie dei dipendenti potevano visitare lo stabilimento Grumman di Bethpage (un sobborgo di New York), vi fu l’occasione di mostrare per la prima volta al pubblico il nuovo aerosilurante TBF. Ironicamente quello stesso giorno la Marina Imperiale Giapponese attaccò Pearl Harbour, come presto sarebbe divenuto noto.

Da quello stabilimento sarebbero usciti, tra il 1941 ed il 1943, ben 2 293 Avenger, altri 7 546 vennero realizzati negli impianti della Eastern Aircraft. Nell’impiego del velivolo gli equipaggi incontrarono difficoltà causate dal malfunzionamento dei siluri Mk. 13 che non si dimostrò mai un’arma affidabile malgrado le migliorie apportate nel corso degli anni. Per ovviare a questi inconvenienti i piloti svilupparono ben presto tecniche di bombardamento in picchiata, sfruttando la versatilità del vano bombe che poteva ospitare una serie di 4 ordigni da 500 lb (circa 225 kg). Per questa ragione l’Avenger finì, nel corso della seconda guerra mondiale, per lanciare un maggior numero di bombe che non di siluri.

La vita operativa degli Avenger ebbe inizio il 29 maggio 1942, quando venti TBF-1 vennero consegnati, via nave, alla base di Pearl Harbor ed assegnati al Torpedo Squadron 8 (VT-8), di stanza sulla portaerei USS Hornet.

Sei di questi velivoli, il 1º giugno furono trasferiti in volo all’atollo di Midway e presero parte alla successiva battaglia decollando dalla locale base aerea. L’impiego in assenza di caccia di scorta e la limitata esperienza dei piloti, fece dell’esordio in combattimento dei TBF un’esperienza poco felice: uno solo dei sei velivoli tornò alla base, con molti danni[16][19]. Come ricorda Gordon Prange nel suo libro “Il Miracolo delle Midway” l’obsoleto Devastator e la carenza di nuovi aerei contribuì non poco al determinarsi di una vittoria “parziale” ed alla perdita della portaerei USS Yorktown.

Nel corso degli sbarchi che quell’estate portarono i marines a sbarcare sull’isola di Tulagi, gli Avenger dell’ 832th Squadron della Fleet Air, imbarcati sulla USS Saratoga rappresentarono il primo caso di unità britanniche impiegate a bordo di portaerei statunitensi.

Il 24 agosto 1942 nel corso della battaglia delle Isole Salomone Orientali, i TBF delle due portaerei impegnate (la Saratoga e la USS Enterprise) contribuirono, unitamente ai bombardieri Dauntless, all’affondamento della portaerei giapponese Ryūjō. Ancora nel corso della Campagna di Guadalcanal, questa volta nel mese di novembre del 1942 (in quella che viene ricordata come battaglia navale di Guadalcanal), gli Avenger della U.S. Navy ebbero un ruolo determinante nell’affondamento della corazzata Hiei.

Sempre nel mese di novembre del 1942 gli Avenger fecero la loro comparsa nella campagna del Nordafrica partecipando agli attacchi alle navi della marina militare della Francia di Vichy, nel corso dell’operazione Torch[10].

Gli Avenger ebbero una parte di primo piano nel corso della battaglia del Mare delle Filippine, che si risolse con una considerevole sconfitta per la Marina giapponese. Tra i 216 apparecchi che presero parte all’attacco lanciato dall’ammiraglio Marc Mitscher nel pomeriggio del 20 giugno furono 54 gli Avenger impiegati. Otto TBF, provenienti dalla Yorktown e dalla USS Belleau Wood, colpirono a più riprese la portaerei Hiyō che si inabissò poco dopo.

La battaglia è ricordata, nella storiografia, anche per le operazioni di rientro dei velivoli attaccanti che si svolsero mentre l’oscurità si infittiva ed al limite (quando non oltre) dell’autonomia di carburante. L’ammiraglio Mitscher, consapevole dei rischi che la decisione comportava, decise di far illuminare il ponte di ciascuna portaerei all’arrivo degli aerei e concesse agli equipaggi la libertà di appontare su qualunque delle navi riuscissero a raggiungere[22]. Si registrarono numerosi incidenti e molti velivoli non riuscirono a raggiungere le portaerei: dei 100 velivoli che mancavano all’appello solo 20 vennero abbattuti nel corso dei combattimenti. Nel complesso erano 209 gli uomini che non avevano fatto ritorno, ma il numero venne drasticamente ridotto grazie ad una fruttuosa opera di ricerca che portò al recupero di 160 aviatori nei giorni immediatamente successivi[23].

Tra le principali navi giapponesi al cui affondamento contribuirono gli onnipresenti aerosiluranti della Grumman si ricordano le corazzate Musashi (il 24 ottobre 1944, nel corso della battaglia del Golfo di Leyte) e Yamato (il 7 aprile 1945, non lontano da Okinawa).

Oltre al contrasto del naviglio di superficie, gli Avenger collezionarono circa 40 affondamenti di sommergibili[24] tra cui il sommergibile giapponese da trasporto I-52, che venne affondato dai TBM della USS Bogue il 24 giugno del 1944 ed il cui relitto fu trovato solo nel 1998. Nelle missioni antisommergibile vennero impiegati apparecchi modificati con l’impiego di radar ASD, la cui designazione venne modificata in TBF/TBM-1D; questi velivoli venivano frequentemente impiegati per missioni notturne: dotati di scarichi antifiamma, disarmati ma muniti di serbatoi supplementari di carburante effettuavano lunghi pattugliamenti notturni (per cui vennero ribattezzati night owl, gufo notturno) alla ricerca dei sommergibili nemici. In caso di intercettazione provvedevano a richiedere l’intervento di velivoli per l’attacco, illuminando l’area mediante il lancio di razzi luminosi paracadutati.

Tra le vicende legate alla carriera degli Avenger, vengono ricordati alcuni piloti che sarebbero entrati (anche per altre ragioni) nella storia: nel giugno del 1943 il futuro Presidente degli USA George H.W. Bush divenne il pilota dell’aviazione navale più giovane della sua epoca. (foto)

File:TBF GeorgeBush.jpg

Il 2 settembre, mentre volava su un Avenger, decollato dalla USS San Jacinto fu abbattuto e precipitò sull’isola Chichi Jima; i suoi due compagni morirono, tuttavia poiché riuscì a sganciare il proprio carico bellico sull’obiettivo prima di mettersi in salvo fu insignito della Distinguished Flying Cross.

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Grumman Avenger (like one that George Bush flew) – HD

https://www.youtube.com/watch?v=uJ6elOGQkvs

Un altro personaggio famoso ad aver volato sugli Avenger fu Paul Newman che, non essendo riuscito a passare la visita per diventare pilota a causa del suo daltonismo, era impiegato come mitragliere posteriore. Quando il Boeing B-29 SuperfortressEnola Gay” sganciò la prima bomba atomica su Hiroshima Newman si trovava a bordo della USS Hollandia ad appena 500 miglia di distanza.

Nel dopoguerra

Con la conclusione della seconda guerra mondiale il ruolo degli Avenger nei reparti della U.S. Navy e della FAA venne progressivamente ridotto ma la versatilità messa in mostra dalla cellula consentì, grazie all’installazione di diverse apparecchiature elettroniche, di prolungarne la vita operativa e di diversificarne i ruoli.

Come già detto l’impiego di apparati radar diede vita alle versioni TBM-3W e 3S (che in seguito ad aggiornamenti nell’avionica divennero rispettivamente TBM-3W-2 e 3S-2), impiegate operativamente anche in modo combinato nella tattica Hunter – Killer.

In patria gli Avenger vennero impiegati fino al 1954 e trovarono impiego, seppur limitato, anche nella guerra di Corea: si trattò prevalentemente di utilizzi legati a compiti di addestramento per la conversione operativa degli equipaggi (in reparti assegnati alle portaerei USS Kula Gulf, USS Siboney e USS Boxer) o di trasporto; questi ultimi erano affidati ad una versione appositamente studiata (definita TBM-3R) che poteva trasportare fino a sette passeggeri oppure una barella per il trasporto di un ferito o, mediante l’impiego di un contenitore appositamente studiato, carichi di materiale (molto apprezzato fu il trasporto della posta da e per le portaerei).

La versione TBM-3S venne acquistata anche dalla Fleet Air Arm (presso la quale divenne Avenger AS. Mk.4) che provvide successivamente ad aggiornamenti nell’avionica (AS. Mk.5) ed all’utilizzo di alcuni esemplari per la cosiddetta guerra elettronica dotandoli di apparecchiature ECM (Avenger ECM. Mk.6) analogamente a quanto avvenuto nell’U.S. Navy con la versione TMB-3Q.

Nell’ambito del Mutual Defense Assistance Program gli Avenger furono assegnati anche a Canada,(foto) Francia, Giappone e Paesi Bassi. In particolare la Royal Canadian Navy ricevette esemplari per la lotta antisommergibile (TBM-3S) che vennero immessi in servizio con la designazione di Avenger AS. Mk.3; il loro successivo aggiornamento, mediante l’installazione di un rilevatore MAD per la ricerca di sottomarini in fase di immersione, diede origine alla variante AS. Mk.3M. Quantitativi minori vennero acquistati anche da Brasile ed Uruguay.

File:Avenger AS3.jpg

Versioni

Il particolare sistema di designazione dei velivoli utilizzato dalla U.S.Navy (che rimase in vigore fino al 1962) consentiva di identificare sia il ruolo che il costruttore del velivolo; nel caso dell’Avenger le lettere TB identificavano il ruolo di aerosilurante (Torpedo Bomber in inglese) mentre la lettera F era il codice assegnato alla casa costruttrice Grumman. Gli esemplari di Avenger realizzati presso le linee di montaggio della Eastern Aircraft (azienda controllata dalla General Motors) erano identificati con il codice costruttore M. Pertanto lo stesso tipo di velivolo era identificato con la sigla TBF o TBM a seconda dell’azienda di provenienza ma (nella sostanza) le differenze tra i due tipi erano marginali, per cui (per maggior chiarezza espositiva) l’elenco sottostante riporta affiancati i due codici identificativi delle versioni del velivolo.

File:TBF mid1942.jpg

  • XTBF-1: designazione assegnata ai due prototipi costruiti. La designazione di fabbrica era Model G-40;
  • TBF/TBM-1: prima versione di serie. Come già il secondo prototipo aveva la sezione posteriore della fusoliera modificata, con un diverso raccordo ai piani di coda al fine di migliorare la stabilità del velivolo. Ne vennero costruiti 2 076 esemplari;
    • TBF-1B: sigla identificativa dell’U.S. Navy relativa a 402 velivoli assegnati, sulla base della legge “Affitti e prestiti” alla Fleet Air Arm che li mise in servizio con il nome di Tarpon TR.Mk. I;
    • TBF/TBM-1C: seconda versione di serie. Dotata di una mitragliatrice per semiala anziché una sola sopra il motore, venne prodotta a partire dal 1943 e realizzò complessivamente 3 101 esemplari. Tra questi 334 andarono alla Fleet Air Arm che assegnò loro il nome di Avenger TR.Mk. II;
      • TBF-1CD: velivoli modificati con interventi analoghi a quelli della versione TBF/M-1D;
      • TBF/TBM-1CP: esemplari destinati alla fotoricognizione, derivati dalla versione TBM/F-1C;
    • TBF/TBM-1D: esemplari modificati per l’impiego di radar ASD (Airborne Search Direction-finding) AN/APS-3 per compiti ASW (lotta antisommergibile);
    • TBF/TBM-1E: esemplari modificati per la sperimentazione di apparecchiature radar;
    • TBF/TBM-1J: velivoli modificati per l’impiego operativo in zone artiche;
    • TBF/TBM-1L: esemplari dotati di proiettore di ricerca nella stiva bombe;
    • TBF/TBM-1P: velivoli destinati a compiti di fotoricognizione;
  • XTBF-2: prototipo di una versione con motore Cyclone XR-2600-10, non realizzata; venne impiegata una cellula di TBF-1;
  • XTBM-2: omologo del precedente, realizzato dalla Eastern Aircraft usando una cellula di TBM-1;
  • XTBF-3: due prototipi per una nuova versione con motore Cyclone XR-2600-20, realizzati utilizzando 1 cellula di TBF-1 ed 1 di TBF-1C;
  • XTBM-3: quattro prototipi per la nuova versione, costruiti partendo da esemplari di TBM-1C;
  • TBM-3: versione di serie, dotata del nuovo motore; ne vennero completati 4 011 esemplari, di cui 222 assegnati alla Fleet Air Arm che li assegnò ai reparti battezzandoli Avenger TB.Mk. III. Un ordine per altri 145 velivoli venne cancellato al termine della guerra;
    • TBM-3D: velivoli modificati con l’installazione del radar per la ricerca di sommergibili;
    • TBM-3E: versione caratterizzata dalla cellula irrobustita, dall’installazione del radar di ricerca e dall’eliminazione della postazione ventrale per la mitragliatrice. Furono costruiti 646 velivoli ed altri 254 vennero cancellati;
      • TBM-3E2: sigla identificativa assegnata ad esemplari aggiornati nell’avionica nel dopoguerra;
    • TBM-3H: esemplari modificati con l’installazione di radar di ricerca di superficie;
    • TBM-3J: identificativo assegnato ai velivoli modificati per l’impiego nelle zone artiche;
    • TBM-3L: velivoli dotati di proiettore di ricerca nella stiva bombe;
    • TBM-3M: esemplari modificati, nel dopoguerra, per l’impiego di missili;
      • TBM-3M2: velivoli della serie 3M dotati di aggiornamenti nelle dotazioni di bordo;
    • TBM-3N: esemplari modificati per l’impiego in missioni notturne, privi della torretta posteriore;
    • TBM-3P: esemplari dotati di apparecchiature per la ricognizione fotografica;
    • TBM-3Q: velivoli completamente rinnovati, dotati di apparecchiature elettroniche per l’impiego in ruoli ECM (Electronic countermeasures) ed EW (Electronic warfare);
    • TBM-3R: esemplari privati della torretta posteriore e trasformati in trasporti (negli anni cinquanta);
    • TBM-3S: velivoli delle serie TBM-3 e -3E ricostruiti per compiti antisommergibile. Gli esemplari che andarono alla Royal Canadian Navy furono designati Avenger AS.Mk. 3 e AS.Mk. 3M, quelli impiegati dalla Fleet Air Arm ebbero l’identificativo di Avenger AS.Mk. 4 (ulteriori modifiche a questi ultimi diedero origine alla nuova versione antisommergibile AS.Mk. 5 ed alla ECM.Mk. 6 per le contromisure elettroniche);
      • TBM-3S2: velivoli della serie precedente aggiornati nell’avionica;
    • TBM-3U: identificativo assegnato ad esemplari impiegati per compiti di utilità generale e/o il traino di bersagli;
      • TBM-UT (utilitaire): velivoli in uso presso l’aeronautica francese: privati delle apparecchiature radar e dell’armamento, vennero adattati per il trasporto di sei passeggeri;
    • XTBM-3W: prototipo per una versione AEW (Airborne Early Warning);
    • TBM-3W: versione AEW ottenuta modificando esemplari della serie TBM-3 con l’installazione del radar di scoperta in un radome ventrale;
    • TBM-3W2: velivoli della serie precedente, aggiornati nell’avionica;
  • XTBM-5: due prototipi per una versione alleggerita che non ebbe seguito produttivo.

Utilizzatori

Brasile Brasile
  • Força Aeronaval
    • utilizzò tre velivoli, alla fine degli anni cinquanta, per l’addestramento dell’equipaggio della portaerei NAeL Minas Gerais (A 11);
Canada Canada
Francia Francia
Giappone Giappone
  • Kaijō Jieitai
    • utilizzò gli Avenger impiegando formazioni “Hunter-Killer” negli anni cinquanta e sessanta. Il Giappone fu l’ultimo paese a dismettere dal servizio il monoplano della Grumman, al termine di vent’anni di carriera.
Nuova Zelanda Nuova Zelanda
Paesi Bassi Paesi Bassi
Regno Unito Regno Unito
  • Fleet Air Arm
    • Ebbe in servizio gli Avenger (inizialmente chiamandoli Tarpon) tra il 1943 ed il 1955, quando furono sostituiti dal Fairey Gannet;
Stati Uniti Stati Uniti
Uruguay Uruguay

L’incidente della Squadriglia 19

File:TBM VT-90 CV-6 Jan1945.jpgIl 5 dicembre 1945, nel corso di un’esercitazione, cinque Grumman TBF Avenger (identificati come Squadriglia 19) ed i loro 14 membri di equipaggio scomparvero in circostanze non chiarite nell’area nota come triangolo delle Bermude. Durante le operazioni di ricerca un Martin PBM Mariner esplose in volo, anche in questo caso per ragioni ignote e senza che vi fossero superstiti fra i 13 uomini a bordo.

La vicenda della Squadriglia 19 è ricordata nel film fantascientifico di Steven SpielbergIncontri ravvicinati del terzo tipo” (del 1977) che ha inizio con il ritrovamento dei cinque Avenger nel deserto di Sonora.

Grumman  Avenger

Descrizione
Tipo aerosilurante imbarcato
Equipaggio 3
Progettista William T. Schwendler
Costruttore Stati Uniti Grumman
Data primo volo 7 agosto 1941
Data entrata in servizio giugno 1942
Utilizzatore principale Stati Uniti US Navy
Altri utilizzatori Stati Uniti USMC
Regno Unito FAA
Nuova Zelanda RNZAF
Esemplari 9 839
Dimensioni e pesi

File:TBF-1 BuAer 3 side view.jpg

 

Lunghezza 12,19 m (40 ft 0 in)
Apertura alare 16,52 m (54 ft 2 in)
Altezza 5,03 m (16 ft 5 in)
Superficie alare 45,52 m² (490 ft²)
Peso a vuoto 4 788 kg (10 555 lb)
Peso max al decollo 7 876 kg (17 364 lb)
Propulsione
Motore un Wright R-2600-8 Twin Cyclone, radiale a 14 cilindri raffreddato ad aria
Potenza 1 700 hp (1 268 kW)
Prestazioni
Velocità max 430 km/h (267 mph, 232 kt)
Autonomia 1 778 km
(1 105 mi, 960 nm)
Tangenza 6 830 m (22 400 ft)
Armamento
Mitragliatrici due Browning M1919 calibro .30 in (7,62 mm)
e una Browning M2 calibro .50 in (12,7 mm)
Bombe (in alternativa al siluro) fino a 225 kg (500 lb)
Siluri 1 Mk 13

 

Fonte:http://it.wikipedia.org & www.youtube.com


6 Dicembre 2013

Foto 16

La notizia è stata data in tv dal presidente sudafricano, Jacob Zuma. L’eroe della lotta all’apartheid aveva 95 anni ed era malato da tempo. Ha fatto 27 anni di carcere: una volta libero non ha mai parlato di vendetta.

Foto 12

22:50 – Nelson Mandela è morto a 95 anni. Il Sudafrica era da mesi con il fiato sospeso per le condizioni di salute dell’eroe della lotta all’apartheid. Nel 1993 fu insignito del premio Nobel per la Pace. Icona di un popolo, Mandela è stato stroncato dalle infezioni causate dalla tubercolosi contratta nei 27 anni di detenzione. Vittima del regime segregazionista, non ha mai pronunciato la parola vendetta. E’ stato uno dei Grandi dell’umanità.

Foto 10

“Voglio ricordare con semplici parole la sua umiltà, la sua grande umanità per la quale il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre”, ha detto nel suo annuncio tv il presidente Zuma, che si è rivolto ripetutamente a Mandela col suo popolare e affettuoso soprannome: Madiba. L’ex presidente è morto serenamente nella sua casa di Johannesburg.

Una lunga assenza
– Era da tempo che non si vedeva più, che l’uomo stimato anche dai nemici non parlava nelle manifestazioni pubbliche e dagli schermi tv. Ma per i molti nati dopo la fine del razzismo di stato e per quelli che ricordano i tempi dei ghetti, del massacro a Soweto nel 1976, delle lotte dell’African National Congress,l’immagine di Mandela e’ impossibile da cancellare. Con il peso della sua grandezza, ma anche con la sua ironia e quel filo di civetteria delle camicie disegnate per lui dallo stilista ivoriano Pathe’ O.

Bandiere a mezza’asta e funerali di Stato
– Nelson Mandela “avrà funerali di Stato”, ha annunciato Zuma. Le bandiere saranno a mezz’asta in tutto il Paese da domani al giorno delle esequie. “La sua anima riposi in pace. Dio benedica l’Africa”, ha detto ancora Zuma.

Foto 2

Folla commossa sotto la casa di Madiba – Una folla si è radunata sotto l’abitazione della famiglia Mandela, a Johannesburg, per rendere omaggio a Madiba. Le immagini in diretta dalla Cnn mostrano molte persone in lacrime, tra cui molti giovani.

Foto 5

Fonte:www.tgcom24.mediaset.it


6 Dicembre 2013

È stato recuperato il relitto dell’aereo caccia della Regia Aeronautica «Reggiane Re 2000», affondato al largo di Porto Venere (La Spezia) durante la Seconda guerra mondiale. Il velivolo, pilotato dall’allora ventisettenne spezzino maresciallo Luigi Guerrieri, medaglia d’argento al valor militare, ammaro’ il 16 aprile 1943 a causa di un’avaria al motore.

Dopo appena tre giorni di attività operativa preparatoria, ieri pomeriggio la società Micoperi ha proceduto al recupero del relitto che ora, grazie al concorso di diverse amministrazioni dello Stato, potrà essere restaurato ed esposto nel Museo Storico dell’Aeronautica militare.

 

Fonte: www.corriere.it & www.ansa.it


5 Dicembre 2013

L’istituto Demoskopea sta intervistando i cittadini sui diritti degli stranieri sui problemi di criminalità nei quartieri e sui sistemi per evitare furti in casa.

Una mappa dei luoghi insicuri secondo i modenesi, il via libera al diritto di voto e l’apertura di moschee e luoghi di culto per stranieri sotto la Ghirlandina. Sono due tra i principali temi che il Comune di Modena affronta nel sondaggio telefonico, affidato all’istituto milanese Demoskopea, in corso di svolgimento in questi giorni. Obiettivo: tastare il polso dei modenesi su temi quanto mai attuali come la criminalità e l’incremento della percezione di insicurezza, ma anche il rapporto con chi proveniente dall’estero ha deciso di abitare, vivere e lavorare in città. Tante le domande che vengono sottoposte ai modenesi in un sondaggio della durata di circa 15 minuti.

LA PAGELLA. Si parte con una sorta di “pagella della città”: viene richiesto di valutare con un “molto, abbastanza o poco” i livelli di sicurezza stradale a Modena, il livello di criminalità, la sicurezza ambientale, l’assistenza e i servizi forniti sul fronte del welfare, la sicurezza economica della nostra realtà, la sicurezza sui luoghi del lavoro. Dal generale si passa poi al primo dei due principali temi di indagine al centro del sondaggio: sicurezza e criminalità.

COSA VI FA PAURA? E qui, sulla scia dell’indiscutibile escalation di reati legati soprattutto alla microcriminalità nel corso dell’ultimo anno, i modenesi sono chiamati a raccontare cosa avviene a Modena e soprattutto nella zona in cui risiedono. Viene così chiesto se si ritiene, o meno, sicuro il quartiere in cui si vive, e se lo è più o meno rispetto ad altri della città; se si conoscono persone che sono rimaste vittime di furti o violenze nel corso dell’ultimo periodo, se nel quartiere di residenza ci siano rifiuti abbandonati, siringhe, gruppi di persone che disturbano, ubriachi molesti, locali rumorosi; e ancora: se per le strade del proprio quartiere ci sono tossicodipendenti, spacciatori, prostitute, persone che si rendono protagoniste di atti vandalici.

CASE FORTINO? Poi si passa al capitolo furti e sicurezza delle abitazioni. Alla persona intervistata viene chiesto se sia a conoscenza di furti avvenuti negli ultimi tre anni nella zona in cui vive, se ha subito furti. Il Comune vuole sapere dall’istituto che conduce il sondaggio come i modenesi si difendono. Ad esempio, se si ha o si pensa di acquistare un’arma, se si è in possesso di una assicurazione contro i furti, o di una sulla vita, se si è dotata la propria casa di sistemi antifurto, porte blindate, inferriate, telecamere e se si ha intenzione di partecipare a corsi di autodifesa personale. Il sondaggio sulla criminalità prosegue con la richiesta di elencare quali sono le vie e le zone ritenute insicure del proprio quartiere e perché. Ultima annotazione riguarda uno dei progetti di riqualificazione avviato dal Comune, quello per via Attiraglio. L’intervistato è invitato a spiegare se ne è a conoscenza e se ritiene che tale progetto sia servito oppure no.

NOI E GLI STRANIERI. Dalla sicurezza si passa al tema stranieri e immigrati, con una serie di domande che vanno a toccare temi quantomai “spinosi” soprattutto sul fronte della polemica politica. Ad esempio, quello della cittadinanza: se sia giusto o meno dare il diritto di voto amministrativo (per il sindaco, ad esempio) agli stranieri, dopo alcuni anni di vita e lavoro a Modena. Si passa poi al diritto di cittadinanza ai bimbi nati in Italia da genitori stranieri (ius soli), al diritto di aprire luoghi di culto nella nostra città, alla possibilità di partecipare alle graduatorie per ottenere case popolari o altri servizi al pari degli italiani. Si chiede se sia giusto che per la concessione di questi diritti o servizi gli stranieri siano trattati allo stesso modo dei modenesi o se si ritenga che ci debba essere una sorta di diritto di prelazione per gli italiani rispetto agli stranieri. Infine viene chiesto un giudizio sul rispetto delle regole e degli usi italiani da parte degli stranieri e se secondo l’intervistato tutti questi stranieri non finiscano con il togliere lavoro agli italiani…

MODENA DEL DUEMILA. Come si può intuire un carnet di domande che potrebbe fornire una fotografia attuale su come i modenesi si pongano sul tema sicurezza, criminalità e accoglienza degli stranieri. Non resta che attendere i risultati e le percentuali. Risultati che potrebbero risultate particolarmente interessanti, soprattutto in prospettiva politica. E che potrebbero tornare utili a chi si prepara programmi elettorali per guidare la città dopo dieci anni di era Pighi.

Fonte:http://gazzettadimodena.gelocal.it


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