Afghanistan

11 Giugno 2016

Le nuove regole di ingaggio dovrebbero scrivere la parola fine alla promessa di Obama di ritirare parte del contingente statunitense entro il prossimo dicembre.

Il presidente Barack Obama ha revocato il divieto per effettuare raid aerei contro i talebani a sostegno delle forze di sicurezza nazionali afghane.

A10

E’ quanto comunica il Segretario alla Difesa Ashton Carter.
L’aviazione, fino a ieri, poteva intervenire soltanto a protezione delle forze statunitensi ed in casi particolari.

Abbiamo conferito al generale John Nicholson, comandante delle forze USA in Afghanistan, la capacità di effettuare attacchi proattivi a supporto delle forze afghane sul campo. In questo modo potrebbero trarre vantaggio dal nostro sostegno“.

La guerra Usa in Afghanistan non è finita
Le nuove regole di ingaggio dovrebbero scrivere la parola fine alla promessa di Obama di ritirare parte del contingente statunitense entro il prossimo dicembre.

Attualmente, sono circa 9.800 i soldati americani schierati in Afghanistan. Il piano originale era di portare quel numero a 5.500 soldati entro la fine dell’anno.

Considerando il crescente ruolo delle forze afghane, dopo la maggior parte del ritiro delle forze internazionali precedentemente schierate, il ruolo degli USA potrebbe essere ben lungi dall’essere concluso.

Si legge in una nota del Ministero della Difesa afghano:
Il nostro esercito è in grado di combattere, l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è il supporto aereo.
Accogliamo con favore questa decisione dall’America che aumenterà il morale dell’esercito afghano“.

Ufficialmente, l’Air Force ha concluso le sue operazioni di attacco nel 2014, dopo il ritiro delle forze NATO.

Gli Stati Uniti si riservavano l’utilizzo della forza aerea per scopi di auto-difesa e per l’eliminazione di figure di alto profilo.

Non è ancora chiaro se l’attuale dispiegamento aereo possa svolgere le nuove missioni o se, come si crede, saranno necessarie delle implementazioni (probabilmente A-10).

Gli Stati Uniti confermano che continueranno a ricostruire la capacità aerea degli afghani, fornendo loro piattaforme di supporto A-29 Super Tucano.

Attualmente, sono otto gli A-29 consegnati all’Afghanistan.

Fonte:www.ilgiornale.it/


18 Dicembre 2013

“I conflitti in Iraq e in Afghanistan, considerati nel loro insieme, saranno le guerre più costose nella storia degli Stati Uniti, per un totale di spesa tra i 4 mila miliardi e i 6 mila miliardi di dollari“. Così, qualche mese fa, si poteva leggere in un rapporto stilato dalla Kennedy School of Government, scuola di specializzazione dell’Università di Harvard. Certo, le guerre non sono solo economia, anzi: il costo più alto di un qualsiasi conflitto armato lo pagano sempre le vittime, soprattutto civili. Ma con il passare degli anni (la guerra in Afghanistan cominciò ad ottobre del 2001, all’incirca un mese dopo il terribile attentato alle torri gemelle), con l’aumentare inesorabile e silenzioso dei morti, la spesa che un popolo affronta per mantenere una guerra che è per certi versi propagandistica ha una sua rilevanza.

Gli sprechi, lo sperpero di denaro pubblico che via via nel tempo (negli Usa così come in Gran Bretagna, ovviamente senza dimenticare l’Italia) sono aumentati, sono innegabili. Una delle più recenti fotografie della ‘fine che fanno’ i soldi dei contribuenti a ‘stelle e strisce’ è stata scattata da Bloomberg proprio in Afghanistan, per l’esattezza nell’aeroporto internazionale della capitale, Kabul. Si tratta, si legge sul sito del quotidiano, di quelli che ormai possono definirsi le carcasse di 16 aerei da trasporto, prodotti da Alenia Aermacchi, una controllata Finmeccanica e ricondizionati dalla stessa, lasciati in uno stato di completo abbandono. Secondo Bloomberg, nello specifico per quei velivoli, i contribuenti Usa hanno tirato fuori dalle loro tasche la bellezza di 486 milioni di dollari (all’incirca 352 milioni in euro), denaro che stando a quanto è riportato è servito a lasciarli marcire tra erbacce, copertoni e container.

“Persistenti problemi di manutenzione”: così il quotidiano spiega perché quei sedici G222 non voleranno mai più, nonostante sulle ‘ali’ abbiano solo 200 ore di ‘servizio’ rispetto alle oltre 4 mila e 500 inizialmente preventivate. Sulla questione è intervenuto l’ispettore generale per la ricostruzione in Afghanistan John Sopko che ha di recente visto con i suoi occhi le condizioni dei sedici velivoli: “abbiamo bisogno di risposte rispetto a questo grande sperpero di denaro pubblico” ha dichiarato a Bloomberg. “Chi ha preso la decisione di comprare questi aerei e perché? Dobbiamo andare a fondo di questa storia ed è per questo che stiamo aprendo un’inchiesta” ha aggiunto.

I G222 (che nel prossimo futuro saranno sostituiti da velivoli da trasporto della Lockheed Martin), ‘ristrutturati’ da Finmeccanica, avrebbero dovuto trasportare truppe, funzionari ed essere utilizzati anche per operazioni di evacuazione, costituendo così il 15% degli oltre 105 aerei delle forze afgane. Intanto, mentre le indagini che saranno condotto da Sopko dovranno stabilire le responsabilità sull’acquisto dei G222, così come dell’acquisto, della manutenzione e dello smaltimento dovranno essere calcolati i costi, un report indipendente stilato dal Pentagono ha rivelato che oltre ai 16 aerei a Kabul (di cui sei sono già stati ‘depradati’), ce ne sarebbero altri 4 in Germania.

Inoltre, visto l’innegabile coinvolgimento nella vicenda della controllata di Finmeccanica, quest’ultima si difende: “nel momento in cui l’esercito ha deciso di non rinnovare il contratto gli aerei erano perfettamente in funzione per le missioni in Afghanistan e oltrepassavano gli obiettivi programmati. Per quanto delusi rispettiamo la loro decisione di non continuare la manutenzione”. In effetti, come sostiene il portavoce di Alenia, Dan Hill, gli Usa non hanno confermato la commissione all’azienda il marzo scorso.

Fonte:http://it.ibtimes.com



L’agguato avvenuto nei dintorni di Shewuan, nella provincia di Farah mentre i mezzi stavano scortando un’unità dell’esercito afgano

Due elicotteri italiani A 129 Mangusta sono stati attaccati stasera in Afghanistan con armi portatili: nessuno militare dell’ equipaggio è rimasto ferito. Solo uno degli elicotteri ha subito lievi danni causati dai colpi. Lo ha reso noto lo Stato Maggiore della Difesa. L’attacco è avvenuto nei dintorni di Shewuan, nella provincia di Farah, mentre i due elicotteri scortavano un’unità dell’esercito afgano.Gli italiani hanno risposto al fuoco ed hanno completato regolarmente la missione rientrando all’aeroporto di Farah. 

Fonte:http://lastampa.it



Oggi 2 maggio il sito del Ministero della Difesa comunica l’ennesima operazione delle forze militari italiane in Afghanistan.

Riportiamo alla lettera l’articolo del Ministero della Difesa facendo un’unica considerazione. Queste operazioni non rappresentano un “felice esempio”, ma una triste realtà, uno spreco di risorse economiche per azioni di guerra invece che utilizzate per gli italiani stessi che non vivono più una vita dignitosa, soldi che possono risolvere annosi problemi nel mondo del lavoro, del sociale, dell’ambiente. Ci piacerebbe sapere come vengono informati i parlamentari del nuovo governo e quali sono le loro posizioni in merito. Via gli italiani dall’Afghanistan.

2 maggio 2013 – Herat

Afghanistan: duro colpo inflitto dai militari italiani alle comunicazioni degli insorti

Con un’unica vasta operazione congiunta che ha visto sul campo uomini e mezzi di diverse unità dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare in forza al Regional Command West (RC-W), i militari del contingente italiano di stanza a Herat hanno inferto nei giorni scorsi un duro colpo all’attività degli insorti distruggendo tre distinti ripetitori radio nella provincia di Farah, nella parte sud della regione sotto responsabilità italiana.

Gli apparati, nascosti in una vasta area tra i picchi di alcune montagne rocciose, facilitavano le comunicazioni dei ribelli della provincia durante il posizionamento di ordigni esplosivi che, il più delle volte, finivano per colpire la popolazione civile inerme e permettevano il coordinamento di attacchi anche complessi contro le forze di sicurezza locali e le truppe del contingente ISAF operanti nella zona a sostegno del processo di transizione in corso.

Due dei ripetitori, individuati nel corso di precedenti ricognizione aeree, sono stati distrutti attraverso il fuoco diretto dei cannoni a canne rotanti da 20mm di quattro elicotteri A-129 ‘Mangusta’ della Task Force ‘Fenice’, sotto il controllo degli operatori acquisitori obiettivi della Task Force ‘Victor’ che, a bordo di due elicotteri NH-90, prima di autorizzare l’apertura del fuoco, hanno confermato la posizione degli apparati e verificato che non vi fosse la possibilità di danni collaterali (‘zero civilian casualties’: nessuna vittima civile). Altri uomini della ‘Victor’ e della ‘Fenice’, a bordo di un elicottero CH-47, garantivano in caso di necessità il recupero del personale eventualmente rimasto isolato sul terreno e il soccorso medico immediato per mezzo del Forward Medevac Team (FMT).

un elicottero mangusta in azioneIl terzo ripetitore radio è stato distrutto mediante l’impiego di armamento a guida GPS impiegato da una coppia di velivoli AMX in forza al Task Group ‘Black Cats’ della Joint Air Task Force (JATF) dell’Aeronautica Militare. Anche in questo caso, l’autorizzazione allo sgancio del munizionamento è stato fornito dagli operatori della ‘Victor’ che, attraverso le immagini trasmesse da un velivolo a pilotaggio remoto ‘Predator’ del Task Group ‘Astore’ della JATF, hanno sorvegliato l’area al fine di evitare possibili danni collaterali.

L’operazione rappresenta un felice esempio di coordinamento delle diverse capacità che il contingente italiano è in grado di esprimere sul territorio, al fine di rendere più sicura l’area e accrescere la fiducia della popolazione locale nell’abilità delle forze di sicurezza di contrastare la criminalità e gli insorti nell’attuale delicato periodo di transizione.

Fonte:www.informarexresistere.fr


26 Ottobre 2012

Il Caporale Tiziano Chierotti, 24enne di San Remo (Imperia), uno dei quattro militari rimasti feriti nello scontro a fuoco di oggi a Bakwa, è deceduto alle ore 19.45 locali.

Il militare – effettivo dal  2008 al 2° Reggimento Alpini di Cuneo, inquadrato nella Brigata Alpina “Taurinense” –  gravemente ferito all’addome, era stato trasferito dall’ospedale da campo di Farah alla struttura sanitaria di livello superiore di Camp Bastion, ma  è deceduto per il repentino aggravarsi delle condizioni cliniche, nonostante i tentativi di rianimazione.

Gli altri tre militari coinvolti nell’evento non sono in pericolo di vita.

Fonte:www.difesa.it

Una distesa aspra di sabbia e pietraie ai piedi delle montagne, all’orizzonte la polvere dell’Afghanistan sollevata dal vento, in un’atmosfera quasi irrespirabile, giallastra e abbagliante; un paesaggio immobile, soffocante di giorno, con un freddo pungente di notte: è questo il Far West dell’Oriente, la provincia di Farah dove ieri è stato ucciso il caporale degli alpini Tiziano Chierotti, 24 anni, in pattuglia con altri tre militari rimasti feriti in uno scontro a fuoco nel villaggio di Siav, a venti chilometri dalla base “Lavaredo” di Bakwa.

Improvvisamente, nel mezzo delle diatribe politiche interne e dei problemi in cui si dibatte il Paese, l’Afghanistan, quasi dimenticato, irrompe di nuovo per ricordarci che dal 2004 sono morti 52 soldati, molti proprio in questa remota provincia, ai confini tra Herat e Helmand, che porta un nome leggiadro, il Gulistan, il giardino delle rose.

Ma nel giardino delle rose non c’è niente di poetico, questa è un sorta di “zona comanche” dei talebani, all’incrocio delle strade più frequentate dalla guerriglia, dove l’80% della popolazione è pashtun, l’etnia maggioritaria che alimenta le schiere degli uomini armati. Insieme ai guerriglieri ci sono dozzine di bande armate che lavorano ai fianchi le truppe Nato e a volte sono in concorrenza per controllare le vie delle armi e della droga.

Qui, nella provincia di Farah, l’Afghanistan presenta uno dei suoi volti più inafferrabili e insidiosi. Stiamo combattendo un conflitto in cui il vero nemico, oltre alla guerriglia, è la motivazione. Una guerra che va avanti da oltre dieci anni, la più lunga mai combattuta dagli americani, che dopo l’uccisione di Bin Laden sembra avere perso gran parte del suo significato.

I soldati sono isolati in avamposti come quelli di Farah mentre si è creato una sorta di scollamento tra chi rischia la pelle sul campo e le ragioni che ci hanno portato tra i picchi dell’Hindukush. In questo paese aspro, gelido o bruciato dal sole, l’Italia ha pagato il più alto tributo di sangue dopo la seconda guerra mondiale: come scrive l’inviato Gian Micalessin nel suo ultimo libro dedicato alla missione, Tiziano Chierotti è uno di quelli che hanno staccato un biglietto di sola andata.

Ma l’Afghanistan è anche un impegno politico ed economico oltre che militare e un’aula vuota di senatori, pronti alla partenza con la valigia in mano, ha mancato ieri per assenza del numero legale la ratifica dell’accordo di partenariato e cooperazione tra Roma e Kabul, come se nella provincia di Farah, sulla famigerata strada 515, non fosse successo nulla. Questa è la nostra sensibilità nei confronti di una vicenda iniziata nel 2001 dopo l’attacco alle Torri Gemelle.

Eppure per l’Afghanistan ci siamo mobilitati, abbiamo investito capitali umani e finanziari, speso parole commosse sul sacrificio degli italiani e degli altri militari del contingente internazionale. Ora – per quanto il premier Monti abbia ancora ieri auspicato che «tutto il mondo politico e istituzionale si raccolga intorno alle Forze armate italiane, confermando il pieno sostegno al loro impegno » – tutto sembra quasi dimenticato.

Abbiamo un’emotività labile, una capacità di impegno così riprovevole che ha lasciato di stucco anche il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura che fu rappresentante speciale dell’Onu a Kabul: i nostri soldati in Afghanistan oggi, nei loro avamposti, ci appaiono ancora più soli.

Fonte:www.ilsole24ore.com


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