armi chimiche


Biden: nessun dubbio sull’uso di armi chimiche. Cameron: prepariamo risposta militare. No di Mosca e Iran: conseguenze catastrofiche.

NEW YORK – A ritmo serrato, la potente macchina da guerra Usa scalda i motori: già da giovedi potrebbe arrivare la luce verde per una dura azione punitiva contro il regime di Damasco, accusato di aver oltrepassato la ‘linea rossà usando micidiali armi chimiche contro i ribelli e la popolazione civile in Siria.

Ufficialmente, il presidente Obama non ha ancora preso una decisione definitiva, fa sapere la Casa Bianca, ma i suoi più stretti collaboratori e i suoi alleati incalzano con dichiarazioni pubbliche inequivocabili.

L’annuncio del vice di Obama. «Non c’è dubbio» che il regime siriano ha usato i gas, ha detto il vice-presidente americano Joe Biden. «Armi chimiche sono state usate, e il regime di Damasco è il solo che le ha», ha detto Biden parlando all’American Legion a Houston.

Allo stesso tempo, la Russia continua ad ammonire sulle possibili ricadute di un intervento, anche per l’intera regione: L’occidente, ha detto il vice-premier Dmitri Rogozine, si muove nel mondo islamico «come una scimmia con una granata». Per la Russia, ha inoltre affermato, i tentativi di aggirare l’Onu «creano per l’ennesima volta pretesti artificiali e infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa».

La posizione dell’Italia. Anche l’Italia tira il freno sulla possibilità di passare all’azione senza un mandato delle Nazioni Unite. «L’Italia non prenderebbe parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha precisato il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte. Fonti governative hanno poi precisato che senza un mandato dei Quindici è escluso anche l’uso delle basi militari italiane. Ma un passaggio attraverso le Nazioni Unite sembra del tutto improbabile.

Anche Pechino – che come Mosca ha diritto di veto in Consiglio di sicurezza – attraverso un editoriale dell’ agenzia Nuova Cina ha affermato che «è imperativo che gli Usa e i Paesi che la pensano come loro si astengano da qualsiasi avventato intervento armato e lascino le Nazioni Unite giocare la loro parte nel decidere come agire». Una soluzione negoziata sembra però sempre più lontana, anche perchè le relazioni tra Washington e Mosca si fanno sempre più tese. Il Dipartimento di Stato ha infatti oggi comunicato all’ultimo momento di aver rinviato l’incontro fra diplomatici americani e russi in programma domani a L’Aia, in seguito «alle consultazioni in corso per trovare una risposta appropriata» all’attacco del 21 agosto in Siria. In attesa che sia reso noto il rapporto dell’intelligence sull’uso di armi chimiche in Siria nei prossimi giorni, continuano a rullare i tamburi di guerra.

Le forze armate Usa sono «pronte ad andare» se il presidente Obama, ‘Commander in Chief’, ordinerà di passare all’azione, ha reso noto il segretario alla difesa, Chuck Hagel. Il Pentagono, ha detto, ha spostato tutti «gli asset necessari per essere in grado di onorare e assecondare qualsiasi opzione il presidente» decidesse di seguire. Opzioni, ha poi precisato il portavoce della Casa Bianca, che non riguardano un cambio di regime a Damasco e non sono solo limitate al solo uso della forza.

Anche Londra ha fatto sapere che le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una azione militare, mentre il premier David Cameron ha affermato che «la comunità internazionale deve rispondere» all’attacco chimico in Siria, e ha richiamato il Parlamento dalle ferie, convocandolo proprio per giovedì. «L’attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta», e la Francia è «pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti», gli ha fatto eco da Parigi il presidente Francois Hollande.

Il possibile scenario. Contemporaneamente, varie fonti di stampa raccolgono da fonti dell’amministrazione Usa indiscrezioni sui possibili obiettivi e sui tempi dei raid. Secondo la Nbc l’attacco scatterebbe giovedi e potrebbe avere la durata di tre giorni. Secondo il Washington Post nel mirino di «attacchi chirurgici» ci sono obiettivi di alto valore delle difese aeree, navali e di terra del regime, così come i centri di sostegno logistico e comando delle forze armate. Secondo l’agenzia Bloomberg, i piani all’esame non considerano truppe di terra o l’imposizione di una no-fly-zone, nè tantomeno di colpire direttamente il presidente al Assad. Damasco, intanto, si mostra a sua volta bellicosa: «In caso di attacco ci difenderemo con ogni mezzo a disposizione», ha detto il ministro degli esteri Walid al Muallim, minacciando anche una risposta con «mezzi di difesa che sorprenderanno».

Di certo, di quest’atmosfera sembrano farne le spese gli ispettori dell’Onu sul campo: la loro visita prevista oggi ad un nuovo sito, hanno fatto sapere, è stata rinviata di un giorno, «al fine di migliorare la preparazione e la sicurezza per la squadra».

Fonte:www.ilmessaggero.it



Obama invia mitra e fucili ai ribelli Ma per ora niente missili anti-aerei

Gli Usa: “Superata la linea rossa”.
I repubblicani: serve no fly zone.
Ma la Casa Bianca prende tempo

Maurizio Molinari

Corrispondente da New York

Le prime consegne di armi americane ai ribelli siriani avverranno “entro qualche settimana” e riguarderanno armi leggere accompagnate da ingenti quantitativi di munizioni. A poche ore dalla firma da parte del presidente Barack Obama dell’ordine esecutivo che dà luce verde agli aiuti militari ai ribelli è la Cia di John Brennan ad occuparsi della logistica.  

La Casa Bianca chiede di fare in fretta nel timore che le truppe del regime di Bashar Assad possano dare l’assalto ad Aleppo e il primo nodo da sciogliere riguarda quali armi recapitare: il Consiglio militare dei ribelli ha chiesto missili anti-tank, per bloccare i mezzi blindari del regime, e missili anti-aerei, per ostacolare i bombardamenti aerei, ma in entrambi i casi Pentagono e intelligence esitano, nel timore che questo tipo di armi finisca nelle mani di Al Nusra, affiliata di Al Qaeda. La decisione più agile e sicura riguarda dunque l’invio di armi leggere, come fa sapere il “New York Times”, ovvero fucili, mitra e centinaia di migliaia di proiettili di calibro diverso. Ma non si può escludere che l’intelligence aggiunga nei prossimi giorni altri tipi di forniture.  

La scelta di Obama di “discutere con il Congresso” su quali armi inviare lascia la porta aperta ad ogni possibile opzione. L’opposizione repubblicana, guidata dal senatore dell’Arizona John McCain invoca l’imposizione di una “no fly zone” capace di impedire al regime di usare missili, aerei ed elicotteri contro i civili – sul modello di quanto avvenuto contro la Libia di Gheddafi – ma il Pentagono esita perché per riuscirci bisognerebbe lanciare un massiccio attacco contro le difese antiaeree di Damasco, assai più sofisticate di quelle che aveva Tripoli perché costruite negli ultimi quaranta anni con il sostegno di Mosca. 

Obama ha assegnato alla Cia il compito di armare i ribelli dopo l’annuncio, da parte della Casa Bianca, che Damasco ha “varcato la linea rossa” usando i gas – incluso il sarin – in “molteplici occasioni” causando la morte di un numero di civili e oppositori stimato fra “100 e 150” da Ben Rhodes, consigliere stategico del presidente. In particolare, secondo Rhodes, le forze di Assad hanno usato i gas in quattro occasioni: il 19 marzo ad Aleppo nel sobborgo Khan Al-Asal; il 13 aprile ad Aleppo nel quartiere di Sheikh Maksud; il 14 maggio a Qasr Abu Samra, a nord Homs; il 23 maggio in un attacco a Damasco Est. Fonti dell’amministrazione hanno spiegato al “Wall Street Journal” che l’ordine esecutivo di Obama “rivede la politica esistente di fornire ai ribelli solo aiuti non militari”. Il testo fa inoltre riferimento alla possibilità di applicare una no fly zone sulla Siria grazie all’impiego di aerei militari americani e alleati di base in Giordania. Il repubblicano John McCain e l’ex presidente Bill Clinton sono stati i due leader nazionali a premere maggiormente sulla Casa Bianca per far cadere il veto alle forniture di armi ai ribelli, contro il quale nel 2012 si erano inutilmente battuti David Petraeus, Leon Panetta e Hillart Clinton, rispettivamente ex capo della Cia, ministro della Difesa e Segretario di Stato. 

Fonte:www.lastampa.it



(AGI) – Nicosia, 19 mar. – Scambio di accuse tra regime e ribelli in Siria per un missile contenente sostanze chimiche che sarebbe stato lanciato su Khan al-Assal, sobborgo rurale 11 chilometri a sud-ovest di Aleppo. L’unica certezza e’ il pensate bilancio in termini di vite umane. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede in Gran Bretagna, i morti accertati sono almeno 26, quasi il doppio rispetto a quanti ne avevano dichiarati le autorita’ che avevano parlato di vittie per lo piu’ civili. Per Rami Abdelrahman, direttore dell’Osservatorio, tra i morti ci sono 16 soldati governativi deceduti sul posto mentre in ospedale sono poi morte altre 10 persone non ancora identificate. Abdelrahman ha quindi precisato di non essere in grado di chiarire se siano state davvero impiegate armi chimiche ne’ da chi, e si e’ limitato a definire l’accaduto un “attacco missilistico”.
  Il ministro per l’Informazione di Damasco, Omran al-Zoabi, ha accusato gli insorti, definiti “terroristi”, denunciandone la “pericolosa intensificazione” delle attivita’ belliche e ha ribadito che, se anche il regime “disponesse di armi chimiche vietate dal diritto internazionale”, comunque “mai potrebbe farne uso, ne’ ora ne’ qualsiasi altro momento e neppure in passato”, per “ragioni morali, umanitarie e politiche”. L’alto comando del Libero Esercito Siriano ha replicato che “un missile a lunga portata munito di una testata chimica e’ stato lanciato su Khan al-Assal dall’Esercito regolare”, che ha inoltre “bombardato l’area con armamenti convenzionali, dall’aria e mediante le artiglierie pesanti”. (AGI) .
Fonte:www.agi.it


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