Attacco

10 Dicembre 2015

Perché il Pentagono, che ha tutte le informazioni, non parla di questi quattro aerei della coalizione che guida?

bomb

Quattro aerei da guerra della cosiddetta “coalizione occidentale” contro l’Isis sono stati avvistati nelle vicinanze della città siriana di Deir ez Zor, vicino al luogo dell’attentato contro le truppe siriane, il 6 dicembre scorso. Lo ha detto il portavoce del Ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. Questo nonostante il Pentagono preferisca non parlare della presenza di questi aerei nella zona.

Secondo lo Stato Maggiore siriano, l’attacco del 6 dicembre ha provocato 4 morti e 12 feriti, con la distruzione di tre veicoli da combattimento di fanteria e di quattro veicoli equipaggiati con mitragliatrici pesanti. Damasco dichiara che l’attacco aereo contro le posizioni dei suoi soldati è stata condotta dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti.

La Reuters, citando le solite fonti che vogliono restare anonime del Pentagono, ha scritto della possibile partecipazione di aerei russi nell’attacco aereo sulle posizioni delle truppe del governo siriano in ez Zor Deir il 6 dicembre.

Konashenkov ha escluso che le forze aeree russe fossero in zona al momento dell’attacco. Secondo il portavoce del ministero russo, tutte le operazioni di aerei russi sono coordinati con il siriano Stato Maggiore. Inoltre, secondo il memorandum, le forze russe comunicano ai rappresentanti della US Air Force in diretta ogni operazione, la quota di volo e le vie tracciate nel cielo siriano.

Nel frattempo, il Pentagono ha riconosciuto che, al momento dell’attacco un aereo americano ha sorvolato l’area, ma il suo obiettivo era a circa 55 chilometri dalla scena dell’attacco. Tuttavia, nei cieli di Deir ez Zor c’erano anche quattro jet da combattimento di due paesi della coalizione a guida Stati Uniti. “Se non sono coinvolti in questo attacco, perché i rappresentanti del Pentagono, così come i leader della coalizione contro lo Stato islamico, non parlano della presenza il 6 dicembre di aeromobili dei suoi alleati nei pressi di Deir ez Zor? “, ha chiesto il portavoce del ministero.

Konashenkov ritiene che sia una scelta delle autorità statunitensi non parlare della presenza di aerei alleati, perché le forze della coalizione hanno tutte le informazioni sugli obiettivi dello Stato islamico.

“Dopo l’attacco turco contro il bombardiere russo Su-24, alcuni media stranieri hanno tentato di distrarre il pubblico dalla tragedia con diverse voci. Inizialmente, un giornale kuwaitiano ha anche pubblicato informazioni su Reuters di una costruzione in corso di una nuova base aerea russa vicino Shayrat “, ha concluso Konashenkov. Tuttavia, Mosca non ha lo scopo di costruire nuove basi supplementari in Siria poiché non è necessario. “Dalla base aerea Jmeimim, dove si trova il comando dell’aviazione russa, ci vogliono solo 30-40 minuti di volo per raggiungere qualsiasi parte del paese. Di conseguenza, non vi è alcuna necessità operativa di distribuire basi aeree aggiuntive nel territorio della Siria “, ha detto il portavoce.

Fonte:www.lantidiplomatico.it/


11 Luglio 2015

A terra per 2 ore tutti i voli della United per problemi informatici

Guasto prima negli Usa e poi nel resto del mondo. Bloccati 3500 aerei

Tutti i voli della United Airlines sono stati lasciati a terra prima negli stati Uniti e poi nel resto del mondo, per un problema al sistema informatico per circa due ore. Bloccati circa 3500 voli. Lo stop è cominciato alle 8 ora della costa est degli Usa, le 14 in Italia.

Disagi
La compagnia, di base a Chicago, ha lavorato a lungo prima di risolvere il problema Secondo alcune indiscrezioni ci sarebbe stata un perdita totale di connettività all’interno del sistema informatico della compagnia. Il 2 giugno scorso per circa un ora era avvenuto qualcosa di analogo, sempre per problemi legati al sistema informatico. Molti passeggeri hanno pubblicato sul web le foto dei monitor in diversi aeroporti con lettere al posto degli orari. Al momento, sono sconosciute le cause del problema informatico che ha riguardato l’intera rete United Airlines e non si può escludere che si sia trattato di un attacco hacker.

Fonte: www.corriere.it/



Biden: nessun dubbio sull’uso di armi chimiche. Cameron: prepariamo risposta militare. No di Mosca e Iran: conseguenze catastrofiche.

NEW YORK – A ritmo serrato, la potente macchina da guerra Usa scalda i motori: già da giovedi potrebbe arrivare la luce verde per una dura azione punitiva contro il regime di Damasco, accusato di aver oltrepassato la ‘linea rossà usando micidiali armi chimiche contro i ribelli e la popolazione civile in Siria.

Ufficialmente, il presidente Obama non ha ancora preso una decisione definitiva, fa sapere la Casa Bianca, ma i suoi più stretti collaboratori e i suoi alleati incalzano con dichiarazioni pubbliche inequivocabili.

L’annuncio del vice di Obama. «Non c’è dubbio» che il regime siriano ha usato i gas, ha detto il vice-presidente americano Joe Biden. «Armi chimiche sono state usate, e il regime di Damasco è il solo che le ha», ha detto Biden parlando all’American Legion a Houston.

Allo stesso tempo, la Russia continua ad ammonire sulle possibili ricadute di un intervento, anche per l’intera regione: L’occidente, ha detto il vice-premier Dmitri Rogozine, si muove nel mondo islamico «come una scimmia con una granata». Per la Russia, ha inoltre affermato, i tentativi di aggirare l’Onu «creano per l’ennesima volta pretesti artificiali e infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa».

La posizione dell’Italia. Anche l’Italia tira il freno sulla possibilità di passare all’azione senza un mandato delle Nazioni Unite. «L’Italia non prenderebbe parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha precisato il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte. Fonti governative hanno poi precisato che senza un mandato dei Quindici è escluso anche l’uso delle basi militari italiane. Ma un passaggio attraverso le Nazioni Unite sembra del tutto improbabile.

Anche Pechino – che come Mosca ha diritto di veto in Consiglio di sicurezza – attraverso un editoriale dell’ agenzia Nuova Cina ha affermato che «è imperativo che gli Usa e i Paesi che la pensano come loro si astengano da qualsiasi avventato intervento armato e lascino le Nazioni Unite giocare la loro parte nel decidere come agire». Una soluzione negoziata sembra però sempre più lontana, anche perchè le relazioni tra Washington e Mosca si fanno sempre più tese. Il Dipartimento di Stato ha infatti oggi comunicato all’ultimo momento di aver rinviato l’incontro fra diplomatici americani e russi in programma domani a L’Aia, in seguito «alle consultazioni in corso per trovare una risposta appropriata» all’attacco del 21 agosto in Siria. In attesa che sia reso noto il rapporto dell’intelligence sull’uso di armi chimiche in Siria nei prossimi giorni, continuano a rullare i tamburi di guerra.

Le forze armate Usa sono «pronte ad andare» se il presidente Obama, ‘Commander in Chief’, ordinerà di passare all’azione, ha reso noto il segretario alla difesa, Chuck Hagel. Il Pentagono, ha detto, ha spostato tutti «gli asset necessari per essere in grado di onorare e assecondare qualsiasi opzione il presidente» decidesse di seguire. Opzioni, ha poi precisato il portavoce della Casa Bianca, che non riguardano un cambio di regime a Damasco e non sono solo limitate al solo uso della forza.

Anche Londra ha fatto sapere che le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una azione militare, mentre il premier David Cameron ha affermato che «la comunità internazionale deve rispondere» all’attacco chimico in Siria, e ha richiamato il Parlamento dalle ferie, convocandolo proprio per giovedì. «L’attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta», e la Francia è «pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti», gli ha fatto eco da Parigi il presidente Francois Hollande.

Il possibile scenario. Contemporaneamente, varie fonti di stampa raccolgono da fonti dell’amministrazione Usa indiscrezioni sui possibili obiettivi e sui tempi dei raid. Secondo la Nbc l’attacco scatterebbe giovedi e potrebbe avere la durata di tre giorni. Secondo il Washington Post nel mirino di «attacchi chirurgici» ci sono obiettivi di alto valore delle difese aeree, navali e di terra del regime, così come i centri di sostegno logistico e comando delle forze armate. Secondo l’agenzia Bloomberg, i piani all’esame non considerano truppe di terra o l’imposizione di una no-fly-zone, nè tantomeno di colpire direttamente il presidente al Assad. Damasco, intanto, si mostra a sua volta bellicosa: «In caso di attacco ci difenderemo con ogni mezzo a disposizione», ha detto il ministro degli esteri Walid al Muallim, minacciando anche una risposta con «mezzi di difesa che sorprenderanno».

Di certo, di quest’atmosfera sembrano farne le spese gli ispettori dell’Onu sul campo: la loro visita prevista oggi ad un nuovo sito, hanno fatto sapere, è stata rinviata di un giorno, «al fine di migliorare la preparazione e la sicurezza per la squadra».

Fonte:www.ilmessaggero.it



ROMA – Attacco aereo di Israele in Siria. Lo ha riferito la Cnn citando almeno due fonti dell’amministrazione Usa e spiegando che il blitz non avrebbe avuto come obiettivo i depositi di armi chimiche ma un carico di armi. La notizia è stata smentita dall’ambasciatore siriano all’Onu, ma confermata dall’esercito israeliano.

Una fonte della sicurezza israeliana, citata da siti online locali, ha reso noto che Israele ha compiuto nella notte fra giovedì e venerdì un singolo raid aereo sulla Siria. Secondo quanto rilanciato dalla tv al-Arabiya e da altri media internazionali, sarebbe stato preso di mira un trasferimento di «missili sofisticati». La fonte, citata in forma anonima, non ha fornito ulteriori dettagli, né ha precisato dove fossero destinati i missili. È noto peraltro il timore d’Israele sul possibile passaggio di armi di alta precisione dall’arsenale delle forze di Damasco a quello delle milizie sciite libanesi di Hezbollah (alleate dell’Iran e del regime di Assad, ma nemiche giurate dello Stato ebraico), oltre che sull’eventuale rafforzamento di gruppi jihadisti filo al-Qaida nelle file degli insorti siriani.

A livello ufficiale, in ogni modo, le autorità israeliane – nel pieno del riposo del sabato – tacciono rifiutando qualunque dichiarazione. Interpellato sulle prime notizie di fonte americana a proposito del raid, un portavoce dell’ambasciata d’Israele a Washington si è da parte sua limitato a dire: «Noi non possiamo commentare queste informazioni, ma possiamo dire che Israele è determinato a prevenire il trasferimento di armi chimiche o di altro armamento che possa cambiare le carte in tavola (nei rapporti di forza regionali) dal regime siriano verso gruppi terroristici, e in particolare verso Hezbollah».

Un’incursione analoga d’Israele sulla Siria era già stata rivelata nelle settimane scorse. Giovedì, inoltre, giusto poche ore prima del presunto ultimo raid, il premier israeliano Benyamin Netanyahu -a quanto riferisce l’agenzia Reuters citando fonti proprie- aveva presieduto a Gerusalemme una riunione riservata del gabinetto della sicurezza nazionale.

«Gli Stati Uniti – riporta la Cnn – ritengono che Israele abbia condotto un’incursione aerea in Siria. L’intelligence americana e quella dei paesi occidentali sta rivedendo le informazioni, che sembrano indicare che l’attacco sarebbe avvenuto fra giovedì e venerdì». La notizia – spiega la tv Usa – arriva direttamente da due fonti dell’amministrazione americana. Si tratta dello stesso arco temporale in cui ci sarebbero indicazioni di sorvolo del Libano da parte di numerosi aerei da guerra israeliani. Una delle due fonti citate dalla Cnn afferma che al momento gli Stati Uniti hanno limitate informazioni al riguardo e che Washington non ritiene che l’obiettivo dell’incursione aerea israeliana in Siria
avesse come fine un attacco.

Il sito dell’esercito libanese indica intanto che 16 voli di aerei da guerra israeliani hanno penetrato lo spazio aereo del Libano fra giovedì e venerdì sera. L’esercito israeliano – aggiunge la Cnn – non commenta. Ma il commento arriva poco dopo da Bashar Jaafari, ambasciatore siriano all’Onu: «Non sono a conoscenza di alcun attacco in questo momento», taglia corto.

La situazione in Siria si fa sempre più complessa anche se al momento non appare probabile un intervento degli Usa: il presidente degli States, Barack Obama, ha infatti detto di recente di non prevedere a priori di inviare truppe statunitensi in territorio siriano. Anche se fosse provato che il regime di Bashar al-Assad ha usato le sue riserve di armi chimiche.

Fonte:www.ilmessaggero.it



La Corea del Nord sta per effettuare un altro test missilistico, denuncia il direttore della sicurezza nazionale sudcoreana, Kim Jang-soo. ”Le provocazioni di Pyongyang sembrano coincidere con un lancio missilistico che potrebbe accadere con grande probabilità mercoled씑, ha dichiarato. L’escalation di minacce verbali sembra essere ”uno schema ben calcolato per catturare le prime pagine dei giornali”.

Gli Stati Uniti hanno intanto deciso di rimandare un test missilistico in programma da tempo martedi’ in California per evitare i provocare la Corea del Nord in questo momento di tensione nella Penisola Coreana. Una fonte del Pentagono ha spiegato che l’Amministrazione ha preso una decisione ”saggia e prudente” per evitare ”incomprensioni e valutazioni sbagliate”.

”Nessun paese ha il diritto di far precipitare una regione e a maggior ragione il mondo intero nel caos”, ha dichiarato intanto il presidente cinese Xi Jinping senza citare esplicitamente alcuna nazione. ”E’ necessario agire in modo concertato per risolvere le grandi difficoltà al fine di assicurare la stabilita’ in Asia minacciata da nuove sfide”, ha aggiunto Xi nel suo intervento al forum economico Boao.

Fonte:www.lindipendenza.com


14 Gennaio 2013

“Ci ha attaccato, la colpiremo al cuore”

 

Oltre 60 miliziani uccisi nei bombardamenti notturni sulla città di Gao. Dalla Somalia, dopo il fallito blitz per liberare un ostaggio, Shabaab annuncia la morte di un secondo militare francese. E pubblica le foto su twitter. Islamisti avanzano verso sud e occupano la città di Diabaly. Berlino valuta supporto medico e logistico e chiede vertice straordinario Ue

 

BAMAKO – Gruppi di jihadisti basati nel nord del Mali, le cui posizioni sono sotto attacco dalle forze francesi, hanno annunciato oggi che colpiranno il “cuore della Francia”. Lo ha reso noto un responsabile del gruppo armato Mujao, Abou Dardar: “La Francia ha attaccato l’Islam. Colpiremo il cuore della Francia”, ha detto.

Stando al racconto di alcuni testimoni, gli intensi bombardamenti dell’aviazione francese hanno provocato ieri la morte di oltre 60 jihadisti nella città di Gao, nel nord del paese. “Oltre 60 islamici sono stati uccisi a Gao e in basi situate non lontano dalla città. Durante la notte i miliziani sono usciti per recuperare i corpi dei loro compagni”, ha detto per telefono un residente. “Gli integralisti sono stati sorpresi durante una riunione”, ha aggiunto.

Le foto del soldato ucciso. Intanto dalla Somalia i terroristi di Shabaab hanno pubblicato sul loro account twitter le foto di un soldato francese morto in seguito alle ferite riportate sabato nel tentativo di liberare un ostaggio. “Francois Hollande, ne valeva la pena?” si legge nel commento. Il blitz risale alla notte tra venerdì e sabato quando i soldati francesi hanno tentato di liberare, nella Somalia meridionale, un loro agente dei servizi segreti, Denis Alex, tenuto prigioniero dagli Shabaab dal 2009. La missione ha incontrato una forte resistenza da parte dei miliziani islamici: secondo le autorità di Parigi l’ostaggio è morto insieme a due soldati. Secondo gli Shabaab invece, un soldato ferito sarebbe stato fatto prigioniero e l’ostaggio sarebbe ancora vivo.

All’annuncio di un portavoce degli Shabaab, che avvertiva della diffusione a breve delle immagini del cadavere, la Francia aveva reagito, parlando di macabra esposizione: “Purtroppo tutte le indicazione ci lasciano pensare che gli Shebaab si stiano preparando a organizzare un’orribile e macabra mostra” dei cadaveri, ha detto il ministro della Difesa Le Drian.

Conquistata Diabaly. Sul terreno i gruppi islamici armati hanno ripiegato nella parte est del Mali ma per le forze francesi resta “un punto difficile” nella regione occidentale del paese, ha dichiarato oggi il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian: la situazione in Mali “si sta evolvendo in modo favorevole”, ha sottolineato Le Drian, non nascondendo però le difficoltà nell’ovest del Paese. I gruppi armati intanto hanno occupato la città di Diabaly, situata 400km a nord della capitale, Bamako. Lo ha riferito una fonte della sicurezza maliana, sostenendo che i ribelli provengono dalla zona vicino al confine con la Mauritania, in fuga dai bombardamenti degli ultimi giorni dalle truppe francesi.

Intanto i ribelli Tuareg si dicono “pronti ad aiutare” le forze francesi impegnate in Mali contro i gruppi islamici che controllano il nord del paese. “Noi appoggiamo assolutamente l’intervento aereo francese e siamo pronti ad aiutare l’esercito francese” e a “fare il lavoro sul terreno”, ha detto Moussa Ag Assarid, raggiunto telefonicamente a Tinzawatane, nell’estremo nord del Mali dove il movimento è riunito in congresso da diversi giorni.

Germania “non lascerà sola Parigi”.
Sul piano internazionale, la Germania considera “seria” la situazione. Lo scenario è “in continuo cambiamento”, e bisogna fare qualcosa ha riferito il portavoce del ministero della Difesa tedesco a Berlino in conferenza stampa. “Per il ministro degli Esteri Guido Westerwelle è chiaro che la Germania non lascerà sola la Francia in questa situazione difficile”, ha detto il portavoce Andreas Peschke. Il governo tedesco sta valutando la possibilità di un “supporto medico e logistico” in Mali e auspica un vertice straordinario dei ministri degli Esteri dell’Unione europea.

Ue accelera missione di addestramento
. Nel pomeriggio, intanto, si riunisce la “piattaforma di crisi” dei servizi Ue per fare il punto della situazione. La Ue sta accorciando i tempi per l’invio di una missione per l’addestramento dell’esercito maliano, previsto per metà febbraio-inizio marzo, ha comunicato il portavoce dell’alto rappresentante per la politica estera della Ue Catherine Ashton. Rimarrà una missione di addestramento e non si trasformerà in una missione di combattimento, ha ribadito Ashton.

Il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy ritiene sia “urgente fermare i terroristi” e “i gruppi ribelli” che hanno ripreso l’offensiva in Mali. “Ho ribadito la profonda preoccupazione dell’Unione europea di fronte alle azioni dei terroristi e dei gruppi ribelli in questo paese”, ha dichiarato dopo un incontro al Cairo con il segretario generale della Lega Araba, Nabil Al Arabi.

Fonte:www.repubblica.it


SOCIAL NETWORKS

Seguici sui Social

Aeroclub Modena è presente sui maggiori canali Social. Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci. Sapremo rispondere puntualmente ad ogni vostra necessità.