carburante

13 Ottobre 2013

Zanoni: «Siamo di fronte ad un disastro ambientale che non può essere minimizzato»

PAESE – Il 1 agosto scorso, nel deposito del 51esimo Stormo di Istrana a Padernello di Paese, a due passi dalla discarica Tiretta, 30 mila litri di carburante per aerei militari sono fuoriusciti, riversandosi e contaminando la falda acquifera più superficiale a 27 metri di profondità. La notizia del grave sversamento è stata comunicata ai sindaci di Istrana, Quinto di Treviso e Paese solo all’inizio di questa settimana.

Lo sversamento sarebbe causato da un buco coperto da ruggine sul fondo di uno dei serbatoi di stoccaggio nel sito dell’Aeronautica a Padernello, di recente controllato e certificato due volte dai tecnici di una ditta specializzata. L’allarme è scattato con la scoperta della mancanza di carburante. Le cinque cisterne di cui fa parte il serbatoio con il foro sono state svuotate, l’area circostante sarebbe stata scavata e isolata.

L’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della Commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo ha affermato: «Se le cisterne fossero state a norma, secondo le leggi vigenti, avrebbero avuto la doppia camera di contenimento come accade per tutti i distributori di benzina e si sarebbe evitato un  disastro di tale portata, perché il combustibile sarebbe stato trattenuto. È ora di farla finita con le troppe deroghe ambientali di cui godono gli insediamenti militari: aeroporti come quello di Padernello andrebbero chiusi perché non hanno più motivo di esistere e rappresentano solo fonti di inquinamento dell’aria, oltre che acustico e adesso pure della falda acquifera. L’Unione europea si è prefissata importanti obiettivi per risanare le acque di tutta Europa ma se noi continuiamo così, minimizzando in modo che oserei dire scandaloso eventi gravissimi come questo, ci allontaneremo sempre più dagli standard comunitari. Da agosto, solo ora, le autorità sono state avvisate: è un fatto molto grave. I vertici dell’Aeronautica devono subito attuare tutte le vie legali possibili per chiedere all’azienda responsabile della certificazione e manutenzione il risarcimento dei danni».

Dalle analisi del terreno e dell’acqua in falda, a una profondità di circa 27 metri, è emersa la presenza di idrocarburi. Parte del carburante fuoriuscito sarebbe stata assorbita dal terreno e un’altra è finita in falda. Il combustibile incriminato, il JP8, è un idrocarburo, ovvero una sostanza leggera, che penetra nella falda che poi si sposta alla velocità di circa 3 metri al giorno verso il comune di Quinto di Treviso.

Per il momento non sono state emesse ordinanze cautelative da parte dei Comuni interessati, che hanno sottolineato che “le poche case vicine sono servite da acquedotto e in quella zona, che ricade sotto Paese, c’è già il divieto di utilizzo dell’acqua di falda per irrigare”. La situazione dell’area interessata dalla fuoriuscita, come hanno affermato i Sindaci nel vertice di mercoledì 9 ottobre, è già compromessa da cave e discariche, tra cui Tiretta e Geo Nova e le abitazioni si trovano a circa 500 metri dal deposito. Nel prossimo mese sarà elaborato il piano di caratterizzazione dell’area da presentare alla Conferenza dei Servizi.

«Trovo da irresponsabili minimizzare l’episodio, rallegrandosi del fatto che la falda è già inquinata – ha concluso Zanoni – Con trentamila litri di combustibile si possono inquinare decine e decine di milioni di litri di acqua e con il tempo l’inquinamento può raggiungere le falde più profonde dalle quali viene emunta l’acqua che arriva ai nostri rubinetti. È pericolosamente riduttivo liquidare tutto affermando che la falda acquifera è già contaminata dalla discarica Tiretta, la cui messa in sicurezza ha richiesto fino ad oggi oltre sette milioni di euro di fondi regionali, ovvero di soldi dei cittadini. Cosa dire poi del Comune di Quinto, danneggiato dall’inquinamento della Tiretta, che si è visto arrivare da Padernello via falda acquifera il bromacile che ha inquinato decine e decine di pozzi e che ora riceverà anche gli idrocarburi? Queste sostanze che hanno raggiunto la prima falda, con il tempo, anche tra dieci anni, potranno arrivare anche negli strati più profondi, mettendo a rischio anche i pozzi del Consorzio Vesta, ubicati a sud di Quinto con gravissime conseguenze.

Va subito calcolato il danno, la quantità di combustibile sversata e tracciata la direzione dell’inquinamento. Il conto da pagare a danno dell’ambiente e dei cittadini arriverà, magari tra dieci o vent’anni, ma purtroppo arriverà. Invito la Magistratura ad indagare per accertare le responsabilità penali perché deve essere rispettato il principio europeo di “chi inquina paga”. Nel caso contrario il responsabile resterà anonimo e chi pagherà, come nel caso della Tiretta, saranno i cittadini. Ora valuterò tempi e modi per denunciare l’episodio al Commissario Ue Janez Potočnik ».

Fonte:www.oggitreviso.it

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Il carburante caricato è tarato per spendere meno possibile. I “may day” si susseguono. E i sindacati dei piloti protestano.

Il Faro on line – Volare in sicurezza è una priorità. Risparmiare anche. E’ su questi binari paralleli che si sviluppa tutto il sistema aeroportuale attuale, sia che si parli di low cost sia che si parli di grandi compagnie di bandiera. Ed è evidente che l’uno in qualche modo esclude l’altro. Tra le “voci” che sono ormai da un po’ di tempo sotto i riflettori delle compagnie c’è quella dei carburanti. Diamo subito la notizia: il carico viene fatto al minimo delle tabelle di sicurezza, buono per essere in regola con le norme internazionali, ma senza quella discrezionalità del comandante utile a gestire eventuali situazioni di emergenza totale. Semplificando: gli aerei – per quanto riguarda la capacità di restare in volo – sono sicuri finché non accade una vera emergenza. La notizia è confermata non solo da alcuni incidenti, per fortuna risolti senza gravi conseguenze, ma dai sindacati piloti di diverse nazioni. Il Cockpit Vereinigung, sindacato dei piloti tedesco, ha protestato dopo il triplice may-day lanciato dalla Ryanair lo scorso anno in Spagna. Compagnie come British Airways, Air France e American Aerlines hanno avuto i loro problemi. A lanciare l’allarme è anche l’associazione dei piloti inglesi (Balpa), l’Eca (sindacato europeo dei piloti) nonché, dalle parti di casa nostra, l’Anpac – Associazione nazionale piloti, la Federazione italiana lavoratori trasporti Filt Cgil, la Fit Cisl, la Uil Trasporti e l’Ugl Trasporti (che sul tema-carburanti hanno avuto un incontro appena il mese scorso). Insomma, seppur dentro i limiti imposti dalla legge, il problema esiste. E non è certo secondario, visto che in ultima analisi riguarda la sicurezza dei passeggeri.

L’organizzazione

malpensaCominciamo col dire – e perché è così importante lo vedremo in seguito – che la responsabilità di un volo, compreso il carico di carburante da fare, è esclusivamente del comandante.
Funziona così: i quantitativi minimi prevedono che un aereo per decollare abbia il trip fuel che serve ad andare dall’aeroporto di partenza a quello di arrivo, l’alternate fuel che serve a coprire l’eventuale dirottamento su un secondo aeroporto, il contingency fuel che nella maggior parte dei casi è il 3% del trip, e la final reserve che consente un’ulteriore attesa di mezz’ora in volo. Se però il volo presenta turbolenze annunciate o se il comandante prevede possano esserci problemi particolari, può decidere il cosiddetto extra fuel cioè l’imbarco di una ulteiore quantità di carburante utile per stare sicuri. Ma quel carburante in più rende l’aereo più pesante, dunque maggiori consumi. A lungo andare tutto ciò provoca un sostanzioso esborso di denaro per le compagnie, che tendono a mettere un freno.

Gli abusi
In passato, quando i vincoli di bilancio erano meno stringenti, non ci si faceva molto caso. Ma diversi comandanti utilizzavano l’extra fuel come prassi, incidendo molto sui costi aziendali nella maggior parte dei casi senza reali motivi di sicurezza. In un periodo di vacche magre come quello che dal 2011 sta passando l’economia mondiale, quel tipo di atteggiamentio non era più tollerabile. Tanto meno con l’arrivo delle compagnie low cost, che hanno messo in campo prezzi concorrenziali che hanno eroso mercato ai vettori tradizionali. Per tenere bassi i costi le nuove compagnie hanno ridotto al minimo le spese, con controlli ferrei anche sul carburante utilizzato. Le grandi compagnie, con profitti in calo, hanno fatto altrettanto. E pur se nessuno si è esposto al punto tale da mettere nero su bianco raccomandazioni a non fare carichi eccessivi, di fatto si è innescato in tutte le compagnie un modus operandi fatto di “consigli” e di “controlli” che rasenta il mobbing.

L’individual fuel report
Un esempio? Il cosiddetto “individual fuel report” che Alitalia Cai ha annunciato il 6 marzo scorso. Si tratta di una serie di telefonate “selettive” ai comandanti che risultavano aver imbarcato una quantità di carburante extra superiore a un valore prefissato dall’azienda. Una sorta di pressione psicologica fatta specificamente su chi si è reso “reo” di scelte che hanno avuto un costo aziendale evidentemente ritenuto da tenere sotto controllo. Un atteggiamneto diffuso in diverse compagnie che valutano i propri piloti anche sulla base dei rapporti di consumo carburante. Una mannaia, specialmente per coloro che hanno i contratti a tempo determinato, e ultimamente sono sempre di più.

L’intasamento
Il problema dell’extra fuel è che ti accorgi di quanto sia importante solo quando serve. Ma se la politica è di non calcare la mano su questo tasto, può accadere – e ci siamo andati vicini più di una volta – di rimanerne sprovvisti in caso di emergenza. Con conseguenze facilmente immaginabili. Se infatti tutte le compagnie scelgono di ridurre al minimo il carico di kerosene, automaticamente significa che tutti i piani di volo per una determinata tratta prevedono lo stesso scalo alternato; e in caso di maltempo dunque saranno diversi aerei a effettuare quella scelta. Con il risultato di un intasamento in alta quota che però dovrà fare i conti con la scarsità di carburante, per tutti.

L’allarme
Va ricordato che un atterraggio “in riserva”, anche se non provoca tragedie, è a tutti gli effetti un “incidente”. Dunque la politica delle compagnie deve cambiare strategia, a difesa dei passeggeri in primis, e anche a difesa della sicurezza aerea nazionale. A maggior ragione in un momento in cui Adr pensa al raddoppio di Fiumicino e Milano al rilancio.

Angelo Perfetti
(lanotiziagiornale.it)

Fonte:www.ilfaroonline.it


23 Gennaio 2013

 

(AGI) – Londra, 20 gen. – L’avveniristico caccia-bombardiere Usa di ultima generazione, l’F-35 Jsf di Lockheed Martin, potrebbe esplodere se venisse colpito da fulmine perche’ il serbatoio di carburante salterebbe in aria. A denunciare l’ultima grana del piu’ ambizioso e costoso programma militare Usa – cui partecipa anche l’Italia – e’ il Sunday Telegraph secondo il quale i tecnici hanno scoperto che la spasmodica ricerca di alleggerire il jet ha portato a ridurre eccessivamente lo spessore del serbatoio del carburante, rendendolo vulnerabile non solo al fuoco nemico rispetto ai jet piu’ antiquati, ma anche ad un fulmine. Lo scoperta e’ contenuta in un rapporto dell’ ‘Operational Test and Evaluation Office’ del Pentagono, che vieta ai 63 F-35 finora realizzati (il progetto complessivo e’ di 2.443 esemplari per un costo di 396 miliardi di dollari) di volare a meno di 45 km da un temporale. Il tutto fino a quando non sara’ modificato il serbatoio.
  Questo del rischio ‘fulmine’, (in inglese ‘lightining’ come il nome da battaglia dello stesso F-35), e’ solo l’ultimo problema in ordine di tempo che sta affliggendo il programma, che vede l’Italia interessata ad acquistarne 91. Altri difetti al serbatoio, infatti, impediscono al caccia di effettuare picchiate repentine per scendere di quota, una manovra indispensabile per un aereo da guerra. Entrambi i problemi sono definiti dal Pentagono, “inaccettabili per il combattimento”.
  (AGI) .

Fonte:http://www.agi.it


31 Dicembre 2012

L’Associazione dei Piloti Olandesi ha chiesto alle autorita’ di controllo sull’aviazione civile di aprire un’indagine sull’operato della compagnia aerea Ryanair, a seguito di un ‘reportage’ in cui quattro piloti dell’aerolinea irlandese criticano la politica di sicurezza del vettore. La denuncia e’ stata rilanciata dalla tv fiamminga KRO, secondo cui i piloti hanno detto di essere sotto pressione da parte di Ryanair per risparmiare carburante e volare con meno combustibile possibile. I piloti intervistati ricordano quanto accaduto nello scorso mese di luglio, quando tre aerei di Ryanair chiesero l’atterraggio di emergenza all’aeroporto di Valencia, in Spagna, perche’ il livello del carburante a bordo era al di sotto dei livelli di sicurezza. Il presidente dell’Associazione dei piloti olandesi, Evert Van Zwol, ha espresso tutta la sua preoccupazione per le accuse e ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta da e’arte dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea sull’operato della compagnia irlandese .


(29 dicembre 2012)

Fonte:www.repubblica.it


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