DC-9

9 Gennaio 2014

Ha iniziato a volare con Delta Airlines e con la compagnia Usa ha terminato la sua carriera. Il McDonnell Douglas DC-9, uno degli aerei più noti e diffusi, ha compiuto il suo volo finale da Minneapolis ad Atlanta. Va in pensione così il bireattore più famoso del mondo, contraddistinto da un’inconfondibile linea, con le ali a “delta” molto arretrate, quasi a ridosso degli impennaggi di coda, dove spiccavano, caratteristici, i due  turbofan posti nei pressi del cono di coda ai lati del timone e non alloggiati, sostenuti da gondole, sotto le ali come in tanti altri jet, uno fra tutti il mitico Boeing 737, ancora in servizio e costantemente aggiornato, o gli Airbus 319/320. A dire il vero il DC-9 era molto simile Caravelle SE 210 della francese Sud Aviation, bireattore della prima generazione dei jet per l’aviazione civile nato nel 1955, ma in realtà la casa americana aveva collaborato con l’azienda transalpina e il DC-9 nacque esattamente dieci anni dopo, nel 1965, quando ormai i rapporti tra le due aziende si erano interrotti.

Delta lo ha dismesso per ultima, visto che altre compagnie lo avevo ritirato dal servizio già all’inizio degli anni Novanta, rimpiazzandolo con i suoi successori MD-80 e 90, che mantenevano, migliorando, il design del DC-9, e del Boeing 717 (anch’esso fuori produzione) nato a seguito della fusone tra McDonnell Douglas e Boeing avvenuta nel 1997. Il DC-9 è stato costruito in 976 esemplari e Alitalia fu tra le compagnie di bandiera che lo scelsero. 

Il DC-9 venne costruito in 5 serie (10, 20, 30, 40 e 50), l’ultimo fu consegnato nel 1982. Era lungo originariamente 31,82 metri e esibiva un’apertura alare di 27,25 metri, ma a partire dalla serie 30 il bireattore fu progessivamente allungato e arrivò ad ospitare fino a 139 passeggeri mentre il raggio di azione si aggirava intorno ai 2.600 chilometri

Fu coinvolto in 117 incidenti e fra questi la memoria va subito alla tragedia di Ustica del volo Itavia 870 del 27 giugno del 1980 costato la vita a 81 persone in una delle vicende più torbide, intricate e mai chiarite della storia di Italia. Dieci anni dopo, il 14 novembre del 1990, un DC-9 Alitalia, AZ 404, si schiantò nei pressi dell’aeroporto di Zurigo. 

Fonte: www.ilsole24ore.com


27 Giugno 2013

Francesco Pinocchio nella strage di Ustica ha perso il fratello Giovanni e la sorella Antonella. Elisabetta Lachina, insieme ai suoi due fratelli maggiori e la sorella minore, ha perso i genitori, Giuseppe Lachina e Giulia Reina. Giancarlo Nutarelli il 28 agosto 1980 ha perso nell’incidente di Ramstein suo fratello Ivo, pilota della Pattuglia Acrobatica Nazionale, da più parti ritenuto testimone oculare del volo IH-870 qualche minuto prima della sua scomparsa dai radar. Roland Fuchs, quel 28 agosto 1988, nell’incidente aereo di Ramstein, perde la moglie e la figlia, di soli tre anni. È convinto dell’innocenza del pilota Ivo Nutarelli. Maurizio Landieri, appassionato di aeronautica, studia il caso Ustica e tutta la vicenda processuale, di cui conosce ogni dettaglio. Daniele Osnato è il legale rappresentante di diverse decine di familiari della Strage di Ustica. Giovanni Campana e Tiziana Davanzali da anni si battono per fare luce sulla vicenda che rappresenta una delle pagine più nere della storia del nostro Paese.

Ed è proprio ai familiari delle vittime della strage di Ustica che si rivolge oggi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per riconoscere l’impegno che hanno dimostrato negli ultimi trentatré anni.

Perché la Strage di Ustica è fatta di persone che cercano e pretendono di ottenere giustizia. È intrisa di dolore per i familiari delle vittime che tengono ancora vivo il ricordo dei propri cari. E ha sete di verità, perché questa storia coinvolge ognuno di noi. Non si può pensare di avvolgere per sempre il caso Ustica nel mistero, soprattutto sapendo che sono state già prodotte 5468 pagine di sentenza – ordinanza. Oggi, a distanza di trentatré anni da quel 27 giugno 1980 sembra che la verità sia sospesa. Ci sono diversi elementi che provano i tentativi di depistaggio, il collegamento con altri strani incidenti, come quello di Ramstein, sono state ascoltate decine di persone, altre si sono impegnate a ricercare e ricostruire la dinamica dei fatti ma la verità processuale sembra viaggiare disgiunta da quella che ognuno di noi si è creato nel corso di questi anni. Napolitano nel giorno dell’anniversario chiede di “accertare responsabilità anche estere”.

Oggi, proprio per fare e far fare memoria della Strage, un ragazzo di soli 20 anni, Francesco Perrella, che non accetta di vivere in un Paese in cui la verità scompare in mezzo al mare assieme alla carcassa del Dc9 Itavia, ha scelto di raccontare le storie di Ustica, ascoltando soprattutto i familiari delle vittime e chi – a diverso titolo – è coinvolto in questa vicenda, per esortare anche le nuove generazioni a non dimenticare. E lo ha fatto pubblicando un ebook, “Ustica l’orizzonte degli eventi” edito da Malitalia, in cui con il piglio del ricercatore, si mette a scavare gli atti, legge fra le righe quanto trascritto dopo il processo penale e si fa portavoce dei familiari e di tutti quelli che, in questa storia, vogliono ancora vederci chiaro. “La vittima eccellente di Ustica – afferma il giovane studente di giurisprudenza che sogna di fare il giornalista – è il diritto di ciascuno di noi di poter leggere con sicurezza e fiducia la storia recente del paese in cui vive. Quel diritto per cui, in tre decenni di storia italiana, si sono compiuti sforzi immani che non meritano di essere relegati all’oblio di qualche cronaca dal sapore documentaristico. La verità sulla strage di Ustica non merita di essere degradata a qualcosa di cui dobbiamo convincerci perché ci piace o perché ci conviene. Non lo dobbiamo solo alle 81 persone che in quel volo hanno perso la vita, e non lo dobbiamo solo ai loro cari. Lo dobbiamo innanzi tutto a noi stessi”.

Ecco perché “L’orizzonte degli eventi”: come ipotizzano gli astrofisici, quel limite teorico situato all’interno dei buchi neri, da cui nemmeno la luce può sfuggire, ed entro il quale è impossibile osservare qualsiasi fenomeno fisico. “Ed è come se – spiega Francesco Perrella – dalle 20.59.45 di quel 27 giugno di trentatré anni fa, l’ora fatale in cui si spegne il transponder del DC9 – il volo IH870 con alla cloche i piloti Gatti e Fontana, non sia precipitato e stia proseguendo nel suo viaggio inesorabile verso l’orizzonte degli eventi. Quel limite oltre il quale sarà impossibile osservare e comprendere la realtà”.

Quel viaggio che attraversa tre decenni fra ipotesi, sentenze, ricostruzioni, depistaggi e sospetti

fonte:www.ilfattoquotidiano.it


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