in volo

6 Novembre 2016

Partono con aereo ma non accorgono del gatto che stava dormendo sull ala prima di partire….


Il pilota di un ultraleggero nella Guyana Francese non ha controllato bene l aereo prima di partire per far fare un giro ad una turista che ecco, ormai già belli che decollati, si presenta loro un terzo passeggero…

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Fortuna per il micio che il pilota lo ha notato subito… lieto fine 😀

Fonte:Haze Weed


1 Maggio 2016

The Economist, Regno Unito

L’uso dei droni a scopo ricreativo è decollato l’anno scorso. 
dron
Nel 2015, in tutto il mondo un milione circa di robot senza equipaggio ha spiccato il volo.

Perciò non è stata una sorpresa la notizia che il 17 aprile un aereo di British Airways è stato colpito da quello che era probabilmente un drone mentre stava atterrando all’aeroporto di Heathrow, a Londra.

Sebbene non sia stato confermato, questo incidente, che ha coinvolto un A320 proveniente da Ginevra con 137 tra passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo, potrebbe essere il primo del genere nel Regno Unito.

E in pochi pensano che sarà l’ultimo.

Lo scorso anno nel Regno Unito ci sono già stati sette casi di mancata collisione di “categoria A”, quella più grave.

I dati di fatto veri e propri sull’incidente del 17 aprile scarseggiano. Il colpevole non è stato trovato, perciò non si sa se la persona che controllava il drone avesse cattive intenzioni.

Ma la vicenda pone comunque due questioni.

In primo luogo, occorre interrogarsi su come bisogna agire nei confronti di chi mette in pericolo gli aerei senza volerlo (o ritiene la sua azione solo uno scherzo innocente).

La questione è simile al problema dei laser proiettati sui finestrini della cabina di pilotaggio, di cui si è già parlato in questo blog. Far volare un drone nei pressi di un aeroporto è illegale nel Regno Unito; i colpevoli rischiano fino a cinque anni di carcere.

E tuttavia nessuno può ancora dire con sicurezza quanto questi oggetti possano minacciare gli aerei di linea. Steve Landells della British airline pilots association (Balpa) ha dichiarato alla trasmissione della Bbc Today che ancora non sono stati effettuati test rigorosi per accertarlo.

La sua impressione è che, nel caso di impatto con un aereo, i droni siano una minaccia più pericolosa degli uccelli se colpiscono un motore, a causa delle loro batterie.

Nell’ultimo incidente è stata colpita la prua, ma si è dovuto comunque ispezionare l’aereo prima di dargli il via libera per il prossimo volo.
Se lo si sfruttasse per trasportare degli esplosivi sarebbe di sicuro una minaccia

Molti ritengono che il rischio maggiore sia legato alla possibilità che un terrorista si serva di un veicolo privo di pilota per provocare una catastrofe, per esempio attaccandovi sopra una bomba e intercettando un aereo.

Un’ipotesi simile non deve essere esclusa a priori, ma occorre fare alcune precisazioni.

Al momento il carico di un drone per uso ricreativo è piccolo, spesso solo un paio di chili. Se lo si sfruttasse per trasportare degli esplosivi, piuttosto che una videocamera o una fotocamera, sarebbe di sicuro una minaccia.

Ma abbattere un aereo sarebbe comunque molto difficile. Per avere maggiori possibilità di successo, un dispositivo militare o commerciale – o una cara vecchia granata a razzo – sarebbe una scelta migliore di un giocattolo.

(L’utilità dei droni a buon mercato per i terroristi va ricercata altrove, per esempio nella possibilità di trasportare un’arma batteriologica o commettere un omicidio.

Proprio per questo motivo, quando l’anno scorso il papa ha compiuto un viaggio in America, è stata istituita una zona vietata ai droni).

Questo non significa che non si debba affrontare in modo efficace il problema dei droni in volo nei pressi degli aeroporti. Trovare e punire i responsabili sarebbe utile.

Con qualche sentenza particolarmente pesante la gente ci penserebbe due volte prima di farlo.

Stesso discorso vale per un’anagrafe obbligatoria dei proprietari, simile a quella già in vigore negli Stati Uniti.

Occorrerebbe inoltre attuare una “georecinzione” più efficace, limitando l’area di funzionamento di un drone tramite il gps.

Il rischio sarà anche minimo, ma con la diffusione crescente dei droni, le possibilità di un brutto incidente non possono che aumentare.

Fonte: www.internazionale.it/


7 Febbraio 2014

Mario Sardu, 62 anni di Riola, era il responsabile del centro radar di Marsala. «La notte del 27 giugno 1980 nel Tirreno erano in volo soltanto jet “amici”»

 

SASSARI. Il muro di gomma che protegge il segreto della strage di Ustica non è più da tempo un vergognoso bastione impenetrabile che respinge la legittima domanda di verità. È come se il cemento che per anni ha tenuto insieme bugie, complicità, omissioni e depistaggi si stia lentamente sbriciolando, facendo intuire lo scenario di guerra nel quale, il 27 giugno del 1980, finì il Dc9 Itavia, con 81 persone a bordo.

Così, proprio l’altro ieri, un altro mattone è caduto. Ad allargare la breccia è stato un ex maresciallo dell’Aeronautica sardo, Mario Sardu, 62 anni di Riola, che dopo oltre 33 anni ha deciso di rompere il silenzio, raccontando in una lunga intervista al quotidiano La Repubblica cosa vide e sentì la notte di Ustica. Quella notte maledetta Sardu era il responsabile del 35esimo Gram di Marsala, cioè il cervello del sistema radar militare che controllava il Tirreno e il canale di Sicilia.

Non sono verità sconvolgenti quelle che rivela Sardu, ma da lui arriva la conferma, forte e credibile, che il Dc9 Itavia fu abbattuto da un caccia della Nato. L’ex maresciallo prima di tutto smentisce quello che per anni ha costituito un comodo alibi per l’Aeronautica. E cioè che i radar erano impegnati in un’esercitazione Nato. Va da sè che così si trovava anche una giustificazione alla presenza di aerei da guerra dell’alleanza atlantica nel basso Tirreno. Ebbene Sardu dice invece che la sera del 27 giugno non era in corso alcuna esercitazione. La guerra simulata, in codice Synadex, era stata programmata per quella sera alle 21, ma non partì mai.

«Qualche minuto prima della caduta del Dc9 – ha detto Sardu – tutto il traffico era “friendly”, cioè erano in volo solo aerei amici». Una constatazione che ha il peso di un’accusa. Come dire: il Dc9 non può essere stato abbattuto da un aereo nemico, uno”zombi” come si dice nel gergo militare. Restano solo jet della Nato.

Sardu dice poi di non aver visto l’aereo dell’Itavia precipitare, scomparire dai monitor del centro radar, ma si accorse che a un certo punto la traccia non c’era più. Scomparsa. Sul chi può essere stato a lanciare quel missile che ha provocato la morte di 81 persone, l’ex maresciallo non azzarda conclusioni, ma è innegabile che restringe le possibilità.

Sta di fatto che lo scenario fatto intuire dall’ex sottufficiale sardo era stato in qualche modo anticipato nella primavera del 2011, quando la Nato aveva trasmesso un dossier alla procura di Roma in risposta alla rogatoria inoltrata circa un anno prima dalla magistratura italiana. I vertici dell’alleanza atlantica avevano trasmesso l’elenco delle tracce radar degli aerei militari che, la sera del 27 giugno del 1980, erano in volo nello spazio aereo italiano. Per alcuni velivoli mancherebbe ancora l’identificazione, ma tutto fa pensare che fossero cacciabombardieri francesi decollati dalla base di Solenzara, in Corsica.

Parigi ha sempre dichiarato che nella base dell’Armée dell’air di Solenzara il giorno di Ustica le attività erano state sospese alle 17. In precedenza, esattamente nell’ottobre del 1997, l’allora segretario generale della Nato, Javier Solana, aveva consegnato al nostro governo una documentazione nella quale si parlava di dodici caccia americani e britannici in volo quella tragica notte. Ma Solana omise di riferire di altri quattro aerei da combattimento. Si parlò anche allora della possibilità che si trattasse di aerei francesi, perché una registrazione radar di Poggio Ballone (Grosseto), stranamente non inghiottita dal gorgo oscuro nel quale sono svanite prove e testimonianze, indicava in Solenzara, in Corsica, la base di partenza dei quattro jet.

Per dire la verità, fu il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, braccio destro di Carlo Alberto Dalla Chiesa nella cupa stagione del terrorismo, il primo a mettere in relazione Solenzara con la strage di Ustica. La sera in cui il Dc-9 dell’Itavia precipitò in mare, infatti, dalla base corsa partirono decine di caccia-bombardieri. Bozzo era là in vacanza con alcuni parenti, e fu quindi testimone dell’intenso traffico aereo di quella sera. La sua testimonianza casuale – durante un briefing in Calabria successivo a un sopralluogo del giudice Priore che indagava sul misterioso Mig-21 trovato sulla Sila – smentì clamorosamente il ministero della Difesa francese. Diventa così sempre più realistica la possibilità che il Dc9 Itavia si sia trovato al centro di un’operazione di guerra reale e non simulata. E anche sull’obiettivo di quell’operazione restano pochi dubbi: il colonnello libico Muahammar Gheddafi

Fonte:http://lanuovasardegna.gelocal.it


15 Novembre 2013

In Finlandia due velivoli militari da esercitazione si son scontrati in volo, i piloti sono riusciti a catapultarsi dagli aerei.
In base ai dati preliminari l’incidente è avvenuto a nord di Kauhava, dove si trova la scuola militare dell’Aviazione Militare Finlandese Sono in corso le ricerche sul luogo in cui sono precipitati gli aerei.

Fonte:http://italian.ruvr.ru


20 Settembre 2012

Una settimana in volo, dal terminal alla pista di decollo fino a dentro le nuvole e poi di nuovo giù, avanti e indietro negli aeroporti di tutta Europa e non solo. Nantes, Praga, Catania o Fuerteventura. Una “routine” per un pilota di aerei come il ceco Jakub Vlk, che però ha voluto raccontare la sua settimana lavorativa con un video ripreso da una prospettiva rara: la sua cabina di pilotaggio. Dalla quale le fasi di atterraggio e decollo ma anche i transiti attraverso nuvole e temporali appaiono molto più suggestivi rispetto alla normale vista di un passeggero

Guarda il video

http://video.repubblica.it/mondo/una-settimana-in-volo-il-video-del-pilota-di-linea/105417?video=&ref=HRESS-6

Fonte:http://video.repubblica.it


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