Aerei, la paura nei cieli

Dall’avvistamento di droni al carburante in riserva. Fino ai danni causati dagli stormi di uccelli. I possibili rischi in volo.

L’avvistamento di un drone da parte di un pilota Alitalia nei dintorni dell’aeroporto Jfk di New York del 4 marzo fa riporta prepotentemente alla ribalta il tema della pericolosità dei cieli. Tra aerei che volano con poco carburante, droni che sovrastano le nostre teste, code sharing effettuati con compagnie poco affidabili e impatti tra velivoli e uccelli, i nostri cieli sono davvero sicuri?
 droni, per esempio, sono molto più diffusi di quel che immaginiamo: aerei nati per essere utilizzati in missioni militari, ma oggi impiegati anche per scopi civili e commerciali, che vengono comandati a distanza e sfrecciano a velocità eccezionali.
 

AEROPORTO CIVILE E TRAFFICO MILITARE. La loro concentrazione è maggiore nelle vicinanze degli aeroporti: basti pensare allo scalo di Birgi, nel Trapanese, un aeroporto militare aperto al traffico civile in cui gli aerei di linea possono incrociare i droni con disagi evidenti. Nell’estate del 2012, per esempio i piloti di aerei in transito dallo scalo, vista la circolazione dei droni, hanno dovuto sospendere, nelle fasi di partenza e atterraggio degli aerei, le procedure strumentali standard. Per lo stesso motivo, anche i piloti in transito all’aeroporto catanese di Fontanarossa sono stati chiamati a seguire procedure diverse dal comune.

 

OBIETTIVOLA SICUREZZA NAZIONALE. Le “disposizioni in materia di aeromobili a pilotaggio remoto delle forze armate” (legge 178 del 14 luglio del 2004) identificano i droni (chiamati Apr) come velivoli impiegati «per la difesa e la sicurezza nazionale», il cui impiego «avviene nell’ambito di spazi aerei determinati» sulla base delle limitazioni prefissate da Aeronautica militare ed Enac in collaborazione con Enav. Il fatto, però è che spesso tali droni non appartengono alle forze armate italiane: chi vive dalle parti di Sigonella o Birgi potrà confermalo. I disagi, quindi, sono evidenti. Soprattutto in Sicilia

I velivoli con i serbatoio mezzi vuoti

Non solo droni, comunque: i pericoli nei cieli possono provenire anche dagli aerei civili. La denuncia di qualche anno fa dei piloti Rayanair che svelarono come la compagnia irlandese li obbligasse a volare con serbatoi non pieni (con la riserva d’emergenza prevista per legge ridotta al minimo per risparmiare) non è rimasta un caso isolato.

L’ATTERRAGGIO D’EMERGENZA. Il 26 luglio dell’anno scorso, per esempio, tre voli Ryanair sono stati costretti ad atterraggi d’emergenza a Valencia a causa della scarsa quantità di carburante a disposizione. Secondo la compagnia low cost, il minimo carburante di riserva permette ai velivoli per volare per circa 300 miglia, per almeno mezz’ora.
Insomma, quando prendiamo un aereo dobbiamo sperare che non si verifichino inconvenienti che possano provocare deviazioni impegnative o troppo prolungate, per evitare conseguenze disastrose.

LE REGOLE DEI VETTORI SUL CARBURANTE. L’European Air safety authority, d’altra parte, lascia un certo margine di indipendenze alle compagnie: spetta, infatti, al singolo vettore stabilire le regole sul carburante. Lo scorso settembre, per esempio, fece scalpore un comunicato della Fit Cisl Piloti in cui si sosteneva che alcuni comandanti associati di Alitalia avessero ricevuto telefonate da parte di membri dell’azienda in cui venivano richieste giustificazioni a proposito della quantità di carburante imbarcato: richieste percepite come pressioni psicologiche per imbarcare, in futuro, meno carburante, e quindi favorire il risparmio.

I voli di linea affidati ad altre compagnie

 

Aerei della compagnia di volo Alitalia.Ad allarmare i passeggeri, poi, è – soprattutto negli ultimi tempi – anche il code sharing, cioè la pratica secondo cui una compagnia aerea copre una tratta ponendo il proprio codice sui voli di un’altra compagnia. Un accordo di cui, per esempio, molti italiani sono venuti a conoscenza lo scorso 2 febbraio, quando un aereo Carpatair (che gestiva in subappalto la linea Pisa-Roma per Alitalia) è finito fuori pista all’aeroporto di Fiumicino. La compagnia romena, con sede a Timisoara, già nel recente passato era stata protagonista di incidenti: dall’allarme incendio dello scorso maggio a Firenze alla perdita di carburante di un volo Pisa-Roma a dicembre, fino alla depressurizzazione in cabina di un volo Ancona-Roma di gennaio.

LA PREOCCUPAZIONE DEI PILOTI. Una sequenza di episodi preoccupante, che aveva allarmato non poco sindacati e piloti: proprio questi ultimi, tra l’altro, si erano lamentati delle livree italiane che rivestivano i velivoli. Secondo l’Associazione nazionale piloti aviazione commerciale, si trattava di un’assenza di «chiarezza e trasparenza: con piloti e assistenti di volo addestrati in Romania, i clienti vengono imbrogliati».
Chi pensa di volare con una determinata compagnia, dunque, dovrebbe controllare il codice del vettore riportato sul biglietto, per evitare sgradite sorprese

Gli stormi di uccelli in volo

Un aereo in volo.Non badano alla nazionalità delle compagnie, invece, i cosiddetti bird strike, vale a dire gli impatti violenti tra aerei e stormi di uccelli, che, secondo quanto riferisce l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile), rappresentano «un problema estremamente concreto ed importante a causa degli altissimi costi, sia di natura umana che di tipo economico, che esso comporta per i vettori e per gli stati maggiori dell’Aeronautica di tutto il mondo».

DANNI GRAVI AL VELIVOLO. Anche un uccello di piccole dimensioni, infatti, può provocare danni molto gravi nel caso in cui venga colpito dal velivolo a velocità elevata: se ingerito dalle turbine, addirittura, può causarne il danneggiamento e lo spegnimento, così che l’aereo non riesce più a volare, o comunque deve farlo in condizioni di emergenza.
Solo negli Stati Uniti, tra il 1912 e il 2004, sono stati 243 i morti causati da incidenti dovuti a impatti tra aerei e uccelli. Sempre secondo l’Enac, esiste il 25 % di probabilità «che nei prossimi 10 anni avvenga un incidente disastroso tra un grande jet da trasporto e i volatili in Usa o in Canada».
Più che i droni, insomma, sembra che dobbiamo temere rapaci, pavoncelle e gabbiani.

Fonte:www.lettera43.it

PIERGIORGIO GOLDONI

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