L’agonia infinita di Alitalia

17 Ottobre 2012da PIERGIORGIO GOLDONI

Vi ricordate la cordata dei volenterosi? Ovvero quel gruppo d’industriali, imprenditori e uomini di potere chiamati a raccolta da Silvio Berlusconi per evitare che quel cattivone di Romano Prodi vendesse Alitalia ad Air France?

C’E’ LA CRISI – All’epoca i fautori della “missione italianità” che portò alla nascita della Cai, Compagnia Aerea Italiana, che rilevò il marchio Alitalia lasciando in carico i debiti della compagnia al Tesoro, debiti che rappresentano un totale di 3 miliardi di euro, furono Bruno Ermolli e Corrado Passera, con il secondo oggi Ministro per lo Sviluppo Economico. Bene. Quella cordata a quattro anni dal Piano Fenice torna ancora a far parlare di sé visto che ha deciso per mille esuberi che vanno a sommarsi ai quattro mila esodati del 2008. La giustificazione? “C’è la crisi”.

LOTTA ALLA CONCORRENZA – E siamo a punto ed a capo. E meno male che Alitalia è riuscita negli anni ad azzoppare la concorrenza rappresentata dalle low cost italiche, con l’assorbimento di Air One (ed i saluti di Carlo Toto, unico ad aver “vinto” nell’operazione visto che ha ceduto i suoi debiti alla Cai), la cancellazione di Volareweb ed il killeraggio di Windjet. Nonostante questo, il piano industriale prevede tagli a causa del minor numero di passeggeri e della concorrenza degli stranieri.

 NUMERI DEGLI ESUBERI – Pronti 690 esuberi tra i personale a contratto a tempo indeterminato, con un risparmio di circa 30 milioni di euro. Gli esuberi riguarderebbero 300 assistenti di volo, 300 dipendenti dello staff di terra e 90 nella manutenzione. A comunicare questi numeri ai sindacati l’amministratore delegato di Alitalia, Andrea Ragnetti, in occasione della presentazione ai sindacati del nuovo piano industriale. A questi vanno sommati i 750 posti in Cig a zero ore nel 2011. Per costoro la storia assume i contorni di una beffa: nonostante la cassa integrazione, l’azienda ha giurato che non rappresentavano un esubero perché l’azienda “andava benissimo”. A cosa serva la Cig a zero ore quando una società va bene resta un mistero. L’unica certezza, anche per loro, è che non torneranno più in Alitalia.

MEGLIO GIOVANI – Intanto da sabato 4.300 dipendenti, terminata la cassa-integrazione, sono entrati in mobilità. Peccato che la riforma Fornero ha spostato la pensione per alcuni di loro anche di sette anni. Di questi 4.300, 1.500 sono “esodabili”. Gli altri? Boh. Non una gran risposta, ma al momento è l’unica che si riesce a dare loro. La Cai potrebbe assumerne una parte, no? No. Per i “capitani coraggiosi” è meglio avvalersi di giovani, costano meno. Anzi, i nuovi arrivi hanno addirittura dovuto scucire duemila euro a testa per un corso di formazione.

ALTRO CHE CONTI IN ORDINE – Insomma, come tornare indietro di quattro anni, ovvero al piano dei volenterosi amici inclusi nel “piano Fenice”. Peccato che Alitalia abbia perso in 48 mesi la stessa cifra persa in 20 anni di gestione pubblica la quale poteva contare su seimila dipendenti in più. Oggi i lavoratori di Alitalia sono 14 mila, il loro orario di lavoro è più lungo, i contratti sono derogabili, gli stipendi sono più bassi. Il tutto senza dimenticare la presenza nel capitale azionario di Air France al 25 per cento.

POCHI AEREI DI PROPRIETA’ – Per chi non lo ricordasse, il patto tra i “capitani coraggiosi” è vincolato per cinque anni. Ciò vuol dire che nel 2013 questi potrebbero vendere. Ed a chi darebbero le loro quote se non ad Air France, la quale prenderebbe a meno della metà e senza i debiti pregressi una compagnia aerea? Di italiani oggi restano i debiti. Chi dovremmo ringraziare? Tremonti? Passera? Sacconi? Silvio? Chissà. E’ vero, Alitalia ha 155 aerei e la flotta è tra le più nuove del mondo. Ma quanto velivoli sono di proprietà? Meno del 20 per cento. Il resto è di una società di leasing irlandese. Come fare a capirlo? Semplice, se la registrazione del velivolo inizia per EI, vuol dire che non è di proprietà.

I DILEMMI DI PASSERA – Il piano Fenice, la cordata dei volenterosi, i capitani coraggiosi, ci hanno portato a questo. E certo Passera non avrebbe mai pensato di doversi occupare nuovamente della questione Alitalia, sopratutto in veste di Ministro per lo sviluppo economico. Anche perché ora si trova a dover agire su un piano diretta conseguenza di quello da lui stesso ideato, piano che sta facendo oggettivamente acqua da tutte le parti. Come dimenticare l’abolizione degli obblighi sociali legati all’articolo 2112 del codice civile, il quale ha permesso alla dirigenza Cai di scegliersi il miglior materiale umano al minor costo?

L’APPALTO AI RUMENI – Come dimenticare i precari assunti nonostante le migliaia di lavoratori in cassa integrazione? E la scelta di avvalersi di equipaggi rumeni a seguito di un appalto con CarpatAir da usare sulle rotte nazionali? E l’eliminazione professionale dei vecchi sindacalisti? Ed il bello è che i debiti della “vecchia” Alitalia sono rimasti in carico allo Stato, cioè a tutti noi. La newco nata grazie all’appoggio di un governo complice invece ha devastato quel poco di buono che è rimasto grazie ad un piano studiato dall’attuale Ministro dello Sviluppo Economico. E produce più perdite dell’Alitalia di Cimoli.

IL RECUPERO DI BANCA INTESA – E poi c’è stato il prestito ponte di 300 milioni, l’acquisto da parte della simpatica gang di tutta la struttura a 200 milioni di euro. Passera è riuscito grazie all’affare Alitalia a mettere a posto i conti di Air One in quanto creditrice di Banca Intesa, con Toto rimasto nel board di Alitalia. 300 milioni di euro. Questo il prezzo dei velivoli e degli slot dell’airone, con 100 euro investiti nella nuova avventura. Dove sono gli altri 200 milioni? Chiedere a Passera. Altro che bandiera dell’italianità. Prossimo appuntamento nel 2013, quando si scioglierà il legame dei capitani coraggiosi. Allora li sì che ne vedremo delle belle.

Fonte:www.giornalettismo.com

PIERGIORGIO GOLDONI

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