Air Force Research Laboratory

19 Maggio 2015

di Gianluca Casponi

Una nuova tecnologia in grado di migliorare l’efficienza delle ali degli aerei, permettendo anche di risparmiare milioni in termini di carburante. La stanno testando i ricercatori della Nasa, in collaborazione con l’Air Force Research Laboratory e l’azienda FlexSys Inc utilizzando un Gulfstream III, un piccolo aereo sul quale sono stati installati flap di nuova generazione.

L’idea si basa sulla sostituzione di alcune delle parti mobili delle ali con altre in grado di migliorare, tra le altre cose, anche la silenziosità degli aerei in fase di decollo e atterraggio. Nel dettaglio, la novità riguarda proprio i flap, elementi delle ali che durante queste fasi vengono estese per cambiare il profilo dell’ala per adattarsi alle necessità del volo. Il design delle ali “a riposo” è infatti perfetto per il volo livellato e ad alta quota ma in parte inadatto quando l’aereo deve alzarsi o prepararsi a tornare verso terra. In questi momenti è necessaria una maggiore portanza delle ali. Questa è la capacità di generare una spinta verso l’alto sfruttando lo scorrimento dell’aria sulle ali e viene potenziata proprio dall’attivazione dei flap.

I modelli attualmente installati si basano sull’estensione di superfici che però costituiscono un corpo separato rispetto all’ala, specialmente in fase di atterraggio, quando la loro inclinazione può superare i 30 gradi e creando il “gap” tra ala e flap. Si tratta di un sistema in parte inefficiente, che crea turbolenze ed effetti aerodinamici indesiderati che, sommati, rendono peggiore il rendimento dell’ala. Le superfici sperimentate dalla Nasa promettono di correggere questi difetti, costituendo un corpo unico con il resto dell’aereo. Pur modificando la propria forma e la propria angolazione, infatti, non se ne separano, ottimizzando il flusso dell’aria che scorre sulle ali.

Il sistema, che è stato battezzato Acte (Adaptive compliant trailing edge), ha dimostrato di poter essere sfruttato per raggiungere inclinazioni variabili tra -2 e +30 gradi. “Siamo entusiasti dei risultati ottenuti durante i test”, ha commentato Pete Flick, uno dei responsabili della sperimentazione presso la Wright-Patterson Air Force base in Ohio, “durante i quali non abbiamo riscontrato nessun problema tecnico di rilievo. Siamo arrivati alla finalizzazione di 17 anni di evoluzione di questa tecnologia che adesso crediamo pronta a essere introdotta nell’industria aeronautica”.

Secondo quanto si legge sul sito della FlexSys, le nuove superfici potrebbero sostituire quelle attualmente montate su aerei già in servizio, oppure essere installate su velivoli di nuova produzione. Secondo stime della stessa Nasa, se i nuovi flap fossero presenti sull’intera flotta degli aerei che quotidianamente volano negli Stati Uniti, ogni anno potrebbero essere risparmiati circa 800 milioni di litri di carburante.

Riferimenti: Nasa

Credits immagine: Nasa

Fonte: www.galileonet.it/



Un viaggio di 240 secondi: il velivolo X-51A ha superato
la soglia dei cinque Mach spinto da un motore Scramjet

Al quarto tentativo il velivolo ipersonico senza pilota Boeing X-51A WaveRider è riuscito a compiere il suo volo più lungo: tre minuti e mezzo alla velocità di 5.1 Mach. Si è superata dunque la soglia dei cinque Mach entrando nella fascia del volo ipersonico che rappresenta il sogno per i futuri aeroplani. Il programma di ricerca, il più avanzato finora realizzato a livello internazionale, è condotto congiuntamente dall’Air Force Research Laboratory e dalla Darpa, l’agenzia di ricerca del Pentagono. La costruzione è stata affidata alla Boeing.

 IL PIÙ VELOCE – Questo quarto test avvenuto il 1° maggio segna un successo a lungo atteso perché il programma è costellato da fallimenti, a dimostrazione che la strada è ancora lunga da percorrere per padroneggiare la futuristica tecnologia dello scramjet. Un propulsore scramjet non ha parti meccaniche in movimento come un jet supersonico con turbine, compressori eccetera. Quando la sua velocità sale verso la fascia ipersonica nella geometria della camera di combustione viene iniettato il combustibile (il JP-7 per l’occasione) che, acceso, consente appunto di volare a velocità ipersonica. Il primo test avvenne tre anni fa, il 26 maggio 2010. Raggiunge i 5 Mach ma non i 300 secondi di volo come pianificato, ma solo 200. Il secondo si effettuava il 13 giungo 2011 dopo vari rinvii. Però non funzionò a causa di un’anomalia nel sistema d’ingresso dell’aria. Il terzo esperimento condotto il 14 agosto dell’anno scorso fu un insuccesso totale perché una delle quattro alette stabilizzatrici posteriori rivelò movimenti anomali sino a portare fuori controllo il velivolo che finì nel Pacifico. Ora i problemi sembrano superati e il passo è dunque storico perché si è raggiunta la lunga durata stabilita dimostrando il buon funzionamento dei complessi sistemi.

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 http://video.corriere.it/test-riuscito-il-waverider-primo-scramjet-ipersonico-superare-mach-5/df17024a-b681-11e2-9456-8f00d48981dc

SFIDA AL FUTURO – La difficoltà a gestire un volo ipersonico è duplice. Da una parte c’è alla base una incompleta conoscenza delle condizioni nelle quali il velivolo si proietta, a livello soprattutto di interazione tra mezzo e atmosfera. Il secondo aspetto riguarda al tecnologia non ancora matura per padroneggiare le ardue situazioni. Vari infatti sono a livello internazionale i progetti di ricerca mirati a questi obiettivi. Una volta conquistati si pensa di poter costruire dei velivoli militari con motori scramjet e in un futuro più remoto anche dei velivoli passeggeri, consentendo il collegamento fra i continenti in tempi molto più rapidi. Ma inoltre si ipotizzano pure dei velivoli combinati capaci di facilitare l’accesso allo spazio.

240 SECONDI – Il quarto test si è effettuato con la partenza dell’X-51A appeso all’ala di un bombardiere B-52 dalla base di Edwards in California. Una volta raggiunta l’area di test sul Pacifico l’X-51A si è staccato ed ha acceso un propulsore a razzo ausiliario a propellenti solidi che lo ha portato alla velocità di 4.8 Mach necessaria all’accensione del motore scramjet il quale lo ha poi spinto al regime ipersonico mantenuto per 240 secondi, fino all’esaurimento del combustibile. I dati venivano trasmessi in diretta e il prototipo alla fine è caduto in mare come stabilito. Questo era l’ultima prova stabilita dal programma che ora tutti sperano di poter continuare verso altre tappe ancora più complicate ma determinanti per l’aviazione del futuro.

Fonte:www.corriere.it


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