Etihad

9 Novembre 2016

Meno personale, potrebbero esserci fino a 2.000 esuberi. Meno aerei di medio raggio, potrebbero essere messi a terra tra 15 e 20 Airbus della famiglia 320. Nei voli fino a tre ore, tranne qualche eccezione in classe economica si pagherà per avere panini, snack e bevande, secondo il modello «buy on board» che scatterà da gennaio sui voli di British Airways in Europa, come sui voli low cost.

 

Questi i principali interventi all’esame del vertice di Alitalia per tentare di raddrizzare i conti della compagnia, secondo quanto riferito al Sole 24 Ore da fonti autorevoli.

di Gianni Dragoni

La strategia è: meno attività nel breve-medio raggio dove c’è la concorrenza di Ryanair e altre low cost e sviluppo dei voli a lungo raggio.

alimerdaccitua

L’azienda dice che ogni anticipazione o indiscrezione è prematura. Nessuna decisione è stata presa. Domenica c’è stata una riunione ad Abu Dhabi, a casa di Etihad, il socio forte di Alitalia con il 49%, con il numero uno emiratino James Hogan, l’a.d. di Alitalia Cramer Ball e il Cfo James Rigney. Il presidente, Luca Cordero di Montezemolo, si è collegato in videoconferenza.

Le azioni verranno ufficializzate nel nuovo piano industriale la cui approvazione è stata più volte rinviata. Il prossimo consiglio di amministrazione, il 23 novembre, esaminerà le linee del piano. Lo stesso giorno si riunirà anche l’assemblea degli azionisti, per convalidare le scelte economiche, patrimoniali e le esigenze di cassa.

Verrà ratificato il sostegno di Etihad, che si accollerà debiti finanziari della compagnia per 216 milioni, si tratta di obbligazioni, per rafforzare il patrimonio di Alitalia e rimandare la ricapitalizzazione.

Etihad rimborserà le obbligazioni a scadenza, nel 2020, ma adesso non verserà denaro, sottoscriverà «Strumenti finanziari partecipativi» (Sfp), che daranno diritto a una prelazione in caso di distribuzione di utili futuri, se Alitalia farà profitti.

Questi titoli, detti «quasi equity», non hanno diritti di voto e non faranno aumentare la quota azionaria di Etihad, che non può oltrepassare il 49% altrimenti, secondo le norme Ue, Alitalia perderebbe i diritti di traffico. Gli interessi sul debito continuerà a pagarli Alitalia.

Per lo sviluppo del piano oltre il breve termine occorreranno massicci capitali, per investire in nuovi jet wide body: Alitalia ne ha 24 (A330 e B777), l’a.d. Ball dice che vorrebbe altri 20 aerei in tre anni.

I soci italiani, a partire da Unicredit e Intesa Sanpaolo, non sono disponibili a versare altri soldi.

Etihad insieme al vertice di Alitalia sta esplorando altre strade per trovare partner europei disposti a mettere soldi. Si tenta di convincere Lufthansa.

La scorsa settimana è stato a Francoforte il capo della pianificazione di Alitalia, John Shepley. I tedeschi ascoltano, ma non hanno preso impegni. Questa è la parte del piano più critica.

Alitalia stima per quest’anno una perdita netta di gestione sui 400 milioni, prima di voci straordinarie, l’anno prossimo le perdite potrebbero superare i 500 milioni.

L’utile non verrebbe raggiunto prima del 2021. Sono state fatte varie bozze di piano con diverse opzioni. L’ipotesi più sensibile riguarda la riduzione di circa 2.000 addetti tra terra e staff, pari al 16% del personale a fine 2015 (12.428 addetti), compresi 300 contratti a termine che non verrebbero rinnovati e le esternalizzazioni (400 addetti dei call center).

Sugli esuberi il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo sarebbe più cauto, preoccupato per i riflessi sociali e politici, mentre Ball e Hogan vorrebbero una terapia d’urto. Ulteriori esuberi deriverebbero dalla messa a terra degli aerei.

Alitalia ha una flotta operativa di 122 jet, di cui 78 Airbus per il medio raggio: secondo Ball e Hogan se ne potrebbero eliminare da 15 a 20. Per ogni aereo a terra, ci sarebbero 30-40 ulteriori esuberi, compresi piloti e assistenti di volo.

E’ probabile che non tutte le carte vengano scoperte al cda del 23 novembre.

Fino al referendum del 4 dicembre, la cifra degli esuberi potrebbe rimanere coperta.

Fonte: www.ilsole24ore.com/


1 Marzo 2014

È sempre più consistente l’ipotesi del numero uno della Ferrari al vertice dell’Alitalia. Per Boccia (Pd) si tratterebbe di una scelta «autorevole». Intanto il primo marzo scattano i contratti di solidarietà e la cassa integrazione .

Per ora c’è Ulisse. Più avanti si vedrà se e come ci sarà anche Alitalia. La nuova edizione riveduta e corretta della rivista della compagnia (un tempo si sarebbe detto house organ) – presentata ieri a Milano dall’amministratore delegato Gabriele Del Torchio – uscirà il 1° marzo, in concomitanza con l’inizio della cassa integrazione per 4.524 lavoratori di terra e dei contratti di solidarietà per i 4.946 tra piloti e assistenti di volo, secondo l’accordo sugli esuberi firmato una decina di giorni fa dalle parti.

Una scelta di immagine e forse di buon augurio, in attesa che si compia la due diligence di Etihad prevista per fine aprile.

Intanto si fanno sempre più consistenti le voci su un impegno diretto di Luca Cordero di Montezemolo in Alitalia, dove arriverebbe come presidente al posto di Roberto Colaninno. Lo stesso Del Torchio ieri, rispondendo ai giornalisti, ha detto che il numero uno della Ferrari sarebbe «il benvenuto», salvo poi precisare di essersi voluto riferire al «ruolo positivo» che Montezemolo sta svolgendo come «facilitatore nei contatti tra il nostro governo e quello degli Emirati Arabi».

«Il punto è che Alitalia ha un fatturato pari ai suoi debiti, 2,5 miliardi – spiega a Europa Francesco Boccia, presidente della commissione bilancio della camera – e ha una necessità stringente di alleanze internazionali, senza le quali la situazione è pressoché disperata». Per Boccia l’eventuale arrivo di Montezemolo sarebbe positivo, perché potrebbe dare «autorevolezza e continuità» al progetto avviato dal governo Letta. Una continuità invocata anche dai vertici della compagnia, che infatti hanno salutato con favore la riconferma di Maurizio Lupi ai Trasporti.

Prima della formazione del governo, di Montezemolo si era ripetutamente parlato come candidato per un ministero – l’economia o il made in Italy – ma in ballo c’è sempre stata anche la questione Alitalia, visto che Matteo Renzi e il capo della Ferrari hanno incontrato insieme l’amministratore delegato del fondo emiratino Mubadala.

Potrebbe Montezemolo presiedere la compagnia aerea e contemporaneamente continuare ad essere tra i principali azionisti di Ntv? «La scelta spetta ai soci, tutti privati – risponde Boccia – tuttavia non vedo problemi particolari di conflitto di interesse. L’unica sovrapposizione con Italo sarebbe la tratta Roma-Milano, a meno che non si ritenga che in prospettiva Alitalia debba coprire solo tratte interne. Ma non mi sembra questa la mission per la quale si lavora».

@mcolimberti

Fonte:www.europaquotidiano.it


14 Febbraio 2014

A prescindere da come andrà a finire la vicenda Alitalia, nei cieli italiani il tricolore è ormai passato di moda. Il più che probabile sbarco nel nostro Paese di Etihad, prossimo partner dell’ex-compagnia di bandiera, rende ancora evidente quello che da tempo era sotto gli occhi di tutti: la fetta più grande del traffico aereo italiano se la dividono le compagnie straniere.

Siano esse le low cost britanniche o spagnole o i nuovi dominatori del trasporto aereo mondiale: Emirates, Etihad, in testa. Senza dimenticare le cugine Qatar Airways e la quasi-europea Turkish Airlines.

Fiumicino sempre più forte
A dare retta ai rumors più recenti, per il matrimonio tra Etihad e Alitalia sembra di essere davvero arrivati al capitolo finale. Soprattutto dopo che la prospettiva che il ricorso effettuato da Lufthansa all’UE – il vettore tedesco ha minacciato di ricorrere all’Antitrust contro Alitalia perché l’ingresso di Etihad configurerebbe un aiuto di Stato – possa avere successo si sta allontanando sempre di più perché l’Antitrust europeo non può intervenire se l’acquirente ha origine extra-comunitaria.
Dal punto di vista operativo, poi, le conseguenze sarebbero tali da modificare in modo significativo il quadro del trasporto aereo made in Italy. Le indiscrezioni, infatti, parlano di una decisa riduzione dei voli sulla rotta Milano-Roma, già usciti sconfitti dalla competizione con l’Alta Velocità. Risultato: a Linate, dove pur sempre si concentra il ricco traffico del Nord Italia, si libererebbero alcuni preziosi slot a disposizione di Alitalia. Il risultato sarebbe scontato: indebolire Malpensa a favore di Fiumicino che, nelle intenzioni degli arabi, è destinato a giocare un ruolo fondamentale come hub tra l’Oriente e le Americhe, Nord e Sud. E non è tutto, perché l’aeroporto romano potrebbe diventare il punto di riferimento anche per le rotte operate dai vettori regionali partecipati da Etihad: airberlin, Darwin Airlines, Air Serbia. Obiettivo: riempire gli aerei del Golfo in partenza da Abu Dhabi verso est, sottraendo alle big europee il traffico italiano diretto ai loro hub. Sul medio raggio poi la nuova Alitalia potrebbe provare a sfidare le low cost, contendendo loro le sovvenzioni che oggi gli scali locali elargiscono a piene mani.
Infine, ma non meno importante, sarà la questione tariffaria. «L’ingresso di Etihad in Alitalia porterà a un calo dei prezzi dei biglietti», ha detto Andrea Giuricin dell’Istituto Bruno Leoni. I motivi sono semplici: in primo luogo, il governo italiano ha appena tagliato le tariffe Enav di una percentuale tra il 20 e il 27%. E in secondo, Etihad può contare su forti vantaggi competitivi e fiscali: dal costo del lavoro inferiore del 33% rispetto ai competitor europei, ai risparmi di carburante garantiti dall’utilizzo di aerei di ultima generazione.

Addio alle low cost?

L’arrivo di Etihad fa sorgere alcune domande: che fine faranno le low cost che affollano il panorama nazionale? È vero quello che si vocifera, e cioè che il governo italiano ha in qualche modo promesso ai nuovi alleati arabi di intervenire contro di loro? In effetti, nella bozza del recente decreto Destinazione Italia è contenuta una norma che obbligherebbe gli aeroporti a fare bandi d’asta pubblici fra vettori per l’apertura di ogni nuova tratta. Con il risultato di rendere le procedure troppo burocratiche per chi, come Ryanair & co., vorrebbe lanciare nuove rotte. Al contrario di quanto accade ora, dove le decisioni sugli slot vengono prese con accordi diretti e lasciando ampio spazio di manovra agli scali che puntano sulle low cost.
Il colpo, per i consumatori e gli aeroporti italiani, sarebbe forte. Per i primi, perché la rivoluzione low cost degli scorsi anni ha prodotto un taglio delle tariffe; per i secondi, perché sono molti gli scali italiani dove i vettori no frills detengono la maggior parte del traffico. Per averne una conferma, basta osservare come, nel solo 2013, l’Italia sia stata più che mai al centro dei piani di investimento dei vettori a basso costo. Per occupare gli slot lascati liberi dai vettori tricolori, si sono mosse le due big del settore, Ryanair e easyJet, senza dimenticare Vueling, Volotea, Germanwings e Wizz Air.
Così easyJet inaugurerà una nuova base a Napoli da marzo 2014, oltre a potenziare con l’avvio dell’orario estivo Catania, e introdurre altre cinque rotte su Fiumicino, nuova base del vettore in Italia. Dallo scorso dicembre Ryanair ha lanciato tre nuove rotte per Catania, Palermo e Lamezia da Fiumicino, anche in questo caso diventata per il vettore una nuova base italiana dove, entro settembre, verranno posizionati 12 aerei. E le spagnole Vueling e Volotea non si tireranno indietro: la prima arriverà ad aprire a Roma la seconda base italiana dopo Firenze, posizionandovi otto A320 e triplicando l’offerta attuale; la seconda invece punta a rafforzare la sua presenza sia su Venezia che in Sicilia. Risultato: la quota di traffico a basso costo sui nostri cieli è destinata ad aumentare rispetto ai 60 milioni di passeggeri senza fronzoli che l’Enac ha stimato per il 2012. Più o meno la metà di quelli totali.

Cosa accade nel mondo

Se in Italia il modello low cost continua a mietere successi, altrove le cose vanno ancora meglio. In Africa, ad esempio, da più di un anno sono partiti i voli della nuova low cost panafricana fastjet, fondata da Stelios Ioannou, padre di easyJet, mentre nei primi mesi del 2014 dovrebbe finalmente debuttare anche Jambo Jet, la low cost di Kenya Airways (ma entro il 2020 nasceranno almeno sette nuove compagnie no frills). In Medio Oriente, Flydubai, la low cost collegata ad Emirates, sarà presto affiancata dai vettori a basso costo creati da Qatar Airways e Oman Air, mentre in Asia Singapore Airlines vuole aumentare la sua quota di partecipazione in Tiger Airways, budget airline basata a Singapore e concorrente di AirAsia e Jetstar Airways.
Ma è ancora una volta è l’Europa la regione dove il modello a basso costo sta subendo le più grandi trasformazioni. Nel Vecchio Continente, dagli inizi degli anni Duemila i vettori economici sono arrivati a detenere quasi il 40% del traffico continentale, ed entro il 2020 il 53% dei viaggiatori all’interno dell’Unione Europea salirà a bordo di un volo low cost.
E nei prossimi mesi un’altra novità potrebbe dare un’accelerazione a tutto il settore. «Accadrà quando le low cost faranno il loro ingresso nel mercato del lungo raggio, andando così a sottrarre quote alle legacy sulle tratte più redditizie», ha detto David Jarach, esperto di trasporto aereo e chairman della società diciottofebbraio, a un seminario organizzato da Carlson Wagonlit. La data è già fissata: il 29 marzo 2014, quando la giapponese Skymark lancerà il primo volo sulla Tokyo-Los Angeles. Da parte sua Norwegian ha appena aggiunto alla propria flotta un B787 Dreamliner, per inaugurare a luglio una base a Londra Gatwick per raggiungere New York, Los Angeles e Fort Lauderdale.
Cambiamenti in vista anche per i vettori a basso costo che operano sul breve e medio raggio. «In Europa stanno aprendo nuove basi negli aeroporti principali, come Fiumicino e Bruxelles», ha proseguito Jarach. Senza contare che le compagnie low cost e quelle tradizionali hanno modelli di business sempre più simili. «Le une introducono servizi ancillary propri dei vettori tradizionali. Le altre si legano a vettori low cost di proprietà, come Lufthansa con Germanwings e Air France KLM con transavia.com e Hop!, e come farà la russa Aeroflot con Dobrolet, un vettore con tariffe più basse del 40% rispetto ai prezzi attuali». Quanto alle compagnie regionali, «sono in via di estinzione perché hanno aerei troppo piccoli e il feederaggio viene ormai assegnato ai vettori low cost dei gruppi aerei», ha concluso Jarach.
Insomma, le tendenze sono già delineate: consolidamento nei cieli, dove «i piccoli resteranno esclusi dalla competizione, perché le regole per entrare nei mercati deregolamentati sono stringenti e ci vogliono tanti aerei», un mercato globale dove non si opera da soli, «ma attraverso partnership e integrazioni». A fare da corollario al tutto, il successo sempre più spiazzante dei vettori del Golfo e mediorientali, in grado di rendere più competitive le rotte di connessione fra Europa e Asia. I motivi? Il costo del carburante, ma anche la collocazione geografica dei loro hub: a metà strada del mondo, quindi in grado di massimizzare i ricavi dei voli di feederaggio e di quelli intercontinentali veri e propri.

Giorgio Maggi
 

14 Febbraio 2014

Roma, Italia – L’attuale numero 1 di Ferrari è molto apprezzato negli Emirati

(WAPA) – L’attuale presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, grazie agli ottimi rapporti dei quali gode negli Emirati Arabi Uniti, sarebbe il favorito per assumere il ruolo di presidente in Alitalia, dopo che sarà stato trovato l’accordo per l’ingresso di Etihad Airways nel principale vettore aereo italiano.

Secondo le indiscrezioni trapelate nelle ultime settimane, la compagnia medio-orientale potrebbe entrare in Alitalia con un investimento tra i 300 ed i 350 milioni di Euro, per una quota oscillante tra il 40% ed il 49%.

Montezemolo è molto legato a Khadem Al Qubaisi, presidente di Aabar, fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che nell’ottobre 2012 supportò la nomina del numero 1 di Ferrari a vice-presidente di Unicredit. Il fondo possiede infatti oltre il 5% delle quote della banca italiana, che a sua volta detiene il 12,99% delle quote di Alitalia (terzo più grande azionista dopo Intesa Sanpaolo e Poste Italiane).

Nei prossimi giorni Gabriele Del Torchio e James Hogan, rispettivamente amministratori delegati di Alitalia ed Etihad, si incontreranno per discutere alcuni dettagli dell’ingresso della compagnia medio-orientale in nel vettore italiano. La trattativa sarebbe comunque in uno stato molto avanzato: secondo indiscrezioni gli azionisti di Alitalia avrebbero scelto Citi come advisor, e l’accordo dovrebbe essere concluso entro il 4 marzo.

Martedì 11, nel corso di un media briefing al “Singapore Airshow” (l’evento internazionale del settore dell’aviazione che si chiuderà il 16 febbraio), Hogan aveva dichiarato che rappresentanti di Etihad Airways si trovano a Roma per discutere con le banche creditrici di Alitalia. (Avionews)
(0092)

Fonte:www.avionews.it


19 Novembre 2013

Il governo «chiama» Etihad per il salvataggio

 

Non rinnovati 1.300 i contratti a termine. A terra anche 220 piloti, 400 steward . Della Valle: no a svendita della compagnia.

Il piano industriale a cui sta lavorando l’Ad di Alitalia Gabriele del Torchio prevede fra i 2.500/2.600 persone suddivise fra 1.300 contratti a tempo determinato e il resto fra piloti, steward e personale di terra con contratto a tempo indeterminato. Lo riferiscono alla Reuters fonti sindacali. «I numeri del piano industriale parlano di 2.500/2.600 persone in esubero: 1.300 sono i contratti a termine. Per il resto si tratta di 220 piloti, 400 steward e 600/700 dipendenti fra il personale di terra», ha detto una delle fonti.

NUOVI PARTNER – Il governo deve «pensare in grande» per risolvere la questione Alitalia. Lo afferma Diego Della Valle, numero uno di Tod’s, che invita a studiare un piano complessivo per il turismo. «È un grande errore andare a fare la questua per trovare chi possa comprare la compagnia oggi. Il turismo è la vera carta da giocare per lo sviluppo futuro del Paese e avere una compagnia che perde un po’ di denaro può far parte del progetto». Ad Abu Dhabi intanto è volato un consigliere del Governo, Fabrizio Pagani, che ha incontrato il sottosegretario agli esteri emiratino e discusso di varie questioni bilaterali, tra cui – secondo quanto si apprende – anche della situazione della compagnia italiana, per la quale non ha mai nascosto il proprio interesse la compagnia di bandiera degli Emirati, Etihad. Alla missione negli Emirati, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe presente anche un socio forte della compagnia italiana.

CONVOCATE LE SIGLE SINDACALI – Comunque martedì19, riferiscono fonti ad Agi, l’Alitalia dovrebbe convocare le organizzazioni sindacali per un confronto entro la settimana nel corso del quale verrà illustrato il piano e inizierà la discussione su come affrontare il problema occupazionale. Nel frattempo mercoledì prossimo, 20 novembre, è convocato il tavolo ministeriale sul trasporto aereo dove saranno presenti le associazioni di tutti i protagonisti del settore aereo: le compagnie aeree (Assaereo), gli aeroporti (Assoaeroporti), i sindacati, l’Enac e l’Enav. Con l’occasione, molto probabilmente non si potrà non discutere anche del futuro dell’Alitalia e, in quella sede, potrebbe già uscire una comunicazione ufficiale del personale in esubero dell’Alitalia-Cai.

Fonte:www.corriere.it


17 Novembre 2013

Grandi manovre nel settore aeronautico, durante l’Air Show di Dubai. Investimenti decisi in Europa anche per Etihad, che acquista una quota nella svizzera Darwin. I timori dei sindacati: “Anche loro abbandonano Alitalia?”

Oltre trecento aerei in un giorno, per un investimento che sfiora i 150 miliardi di dollari. Le compagnie degli Emirati Arabi e del Golfo movimentano l’air show di Dubai, con una shopping record dei cieli, diviso tra Airbus e Boing. Etihad, su cui sono puntati gli occhi degli osservatori per la vicenda Alitalia dopo che Air France si è defilata dall’aumento di capitale e Aeroflot ha reso noto di non essere interessata, ha inoltre annunciato l’acquisizione del 33,3% della compagnia svizzera Darwin Airline, il cui brand diventerà Etihad Regional.

I timori dei sindacati
E’ un acquisto che il ceo James Hogan annuncia come “un cambiamento radicale” che potrebbe essere esteso ad altri mercati. Ma il segretario generale dell’Ugl Giovanni Centrella teme che “sfumi molto probabilmente l’interesse verso l’Italia di un altro eventuale investitore straniero”. Dubai comunque non delude le aspettative della vigilia per le case costruttrici di vettori aerei. L’Italia è presente con Finmeccanica e le sue società Alenia Aermacchi, Augusta Westland e Selex es.

Lo shopping delle compagnie arabe
Del resto i Paesi del Golfo rappresentano il 20% dei ricavi del gruppo che al salone presenta il velivolo multi-missione MC-27J dei Alenia Aermacchi e i mock-up degli elicotteri di nuova generazione AW169 e AW189 di AgustaWestland. Nel primo giorno lo shopping annunciato dalle compagnie aeree dell’area è record. Emirates annuncia l’acquisto più importante nella storia dell’aviazione civile: duecento aerei, tra Airbus e Boeing, per un valore complessivo di 99 miliardi di dollari.

Gli acquisti di Emirates ed Etihad
L’ordine per la compagnia di bandiera degli Emirati è articolato in 150 Boeing 777X con opzione per ulteriori cinquanta aerei per un valore di 76 miliardi di dollari, e in cinquanta Airbus A380s per un valore di 23 miliardi di dollari. “Le consegne degli aerei inizieranno nel 2020”, ha dichiarato lo sceicco Ahmad Bin Saeed Al Maktoum, presidente e ceo della Emirates Airline, sottolineando che il volume dell’ordine odierno riflette la crescita futura degli Emirati Arabi Uniti.

L’industria aeronautica in grande sviluppo
Attualmente il settore aeronautico di Dubai contribuisce al 28% del Pil, mentre l’intero Medio Oriente avrà bisogno nei prossimi vent’anni di almeno quattromila piloti e 53mila addetti al supporto tecnico. Etihad, la compagnia di bandiera di Abu Dhabi, emirato capitale della Federazione degli Emirati Arabi Uniti, ha invece annunciato l’ordine di 82 aerei Boeing fra cui 777x e 787s, per un valore di 25,2 miliardi di dollari e un ordine per 27 miliardi di dollari ad Airbus che comprende 36 velivoli A320 Neo.

Fonte:www.rainews24.rai.it



La compagnia aerea degli Emirati Arabi Etihad e quella serba Jat hanno stretto un accordo per servire congiuntamente decine di destinazioni. Etihad garantirà voli giornalieri per Belgrado da metà giugno. L’intesa potrebbe essere il preludio all’acquisizione del 49% di Jat da parte di Etihad.

Guarda video

http://it.euronews.com/2013/04/15/aerei-partnership-etihad-jat/

Fonte:http://it.euronews.com


16 Settembre 2012

 ALITALIA/ C'è un “cavaliere moro” che può salvare gli aerei d’ItaliaIl recente accordo tra Cai-Alitalia e il vettore saudita Etihad, di cui si è già parlato su queste pagine, apre la porta a una serie di ipotesi che vanno un po’ più in la dei rumors che ormai da molto tempo circolano nel mondo dell’aviazione commerciale. Perchè se è vero che manovre del genere sono all’ordine del giorno tra vettori, c’è da considerare la situazione di estrema gravità nella quale versa da molti anni il trasporto aereo nel nostro Paese, fatto finalmente “scoperto” pure da Enac. Cosa che impone non solo di adottare misure urgentissime a livello generale, ma anche di cercare di assicurare un futuro a una compagnia aerea (Alitalia), che dovrebbe essere il principale vettore italiano.

Molti esperti del settore si associano alle voci che indicano il vettore arabo come prossimo partner di peso in Cai. L’accesso si attuerebbe attraverso Air France, nel cui gruppo Etihad entrerebbe mettendo le mani anche su quel 25% di quote Cai in possesso del vettore transalpino, che appare ormai disinteressato all’acquisto della compagnia italiana. Del resto stiamo assistendo da tempo all’acquisizione di marchi europei da parte di società degli Emirati, che profondono ingenti capitali per avere il controllo di settori dell’economia europea di ampia visione mediatica, come squadre di calcio o griffe della moda. Ora la loro attenzione si rivolge alle aerolinee, veri e propri cavalli di Troia per penetrare il ricco mercato aereo europeo, altrimenti precluso ai loro vettori in base alla legislazione Ue. Del passato, del presente e del futuro di Alitalia abbiamo parlato con il Comandante Carlo Galiotto, responsabile del dipartimento trasporto aereo dell’Italia dei Valori.

Sono passati quattro anni dalla nascita di Cai. L’aver eliminato gran parte del know-how della ex Alitalia attraverso la “fuoriuscita” di 10.000 dipendenti pare non aver risolto i problemi.

E come avrebbe potuto essere altrimenti? I progetti non si improvvisano e non si struttura una compagnia aerea di un network globale se non si ribadiscono determinati presupposti, se si confondono e banalizzano i criteri della gestione affidando la missione magari a un esperto di sex toys e depilatori elettrici. Cos’è cambiato rispetto al “prima”? Gettare migliaia di professionalità nel cestino (in cambio di un bel “regalo” dei contribuenti e di un carrozzone privato ripulito dai debiti) non ha risolto il problema, nonostante ci avessero raccontato che fossero proprio i privilegi dei lavoratori la causa principale del dissesto di Alitalia. Come una mucca davanti al passaggio a livello aperto, Alitalia non sa attraversare la crisi e tanto meno può decollare.

Riuscirà mai a farlo?

Ci riuscirà quando saranno state definitivamente abbandonate le pratiche del consociativismo sindacale, quando sarà premiata la vera meritocrazia, quando le regole e i contratti e gli accordi saranno rispettati totalmente e con essi i criteri di anzianità, quando la democrazia interna e il codice etico aziendale saranno oggetto di analisi concrete e non il pretesto per minacciosi proclami. Ovunque, una compagnia di bandiera sostiene il maggior peso nel ruolo del trasporto aereo nazionale: per farlo deve considerare le politiche, il sistema Paese, le strategie e le necessità, evitando di cedere alle tentazioni localiste della politica, alle speculazioni, alle correlazioni demagogiche. Una compagnia aerea non si affida né allo statalismo, né al liberismo, come penso dovrebbe essere per sanità, scuola, giustizia, i cui costi sono necessari, sostenuti dalla comunità perché rispondono all’esigenza fisiologica del vivere, del progresso.

Va detto che per un Paese come il nostro avere una compagnia aerea competitiva potrebbe davvero fare la differenza.

La vocazione turistica, le necessità del made in Italy, dovrebbero ovviamente indicare l’esigenza primaria di portare qui da noi i visitatori internazionali e di esportare ovunque nel mondo le nostre merci. La rete dei collegamenti (e quindi la flotta) dovrebbe dimensionarsi e i costi essere considerati alla stregua di un investimento strategico a sostegno dell’economia nazionale. I paradigmi del successo in questo campo sono la validità del network e delle sue connessioni, la bontà del servizio, le ricadute sull’immagine e sulle attività imprenditoriali. Se una piccola compagnia si avvale del cash-flow e della capacità di far emergere il proprio business nel segmento prescelto, una compagnia di bandiera ha bisogno di un’organizzazione complessa, di investimenti e quindi della fiducia e dell’orgoglio nazionale per poter affrontare la grandezza del suo mercato che è invece necessariamente mondiale.

Alitalia poteva essere il vettore di riferimento del bacino Mediterraneo. Questo ruolo pare che ora sia ambito da altri.

Se la mappa dell’Italia si estendesse dietro ai Balcani o lambisse l’Oceania probabilmente non si parlerebbe di trasporto aereo dentro ai suoi confini. Ma nel cuore dell’Europa e del Mediterraneo, al centro della storia, dell’arte, per non dire della cristianità, ma anche dell’enogastronomia e dell’agro-alimentare d’eccellenza, non si può prescindere dal nostro Paese e dalla sua straordinaria forza di attrazione. L’operazione Cai almeno questo lo annunciava ai quattro venti: preservare questo asset nazionale dall’invasione straniera. La propaganda spesso è pericolosamente impegnativa: basta non crederci! Invece, al termine del lock-up del 12 gennaio 2013, le quote dei “patrioti” Cai finiranno molto probabilmente per collocarsi fuori dall’Italia e forse addirittura fuori dall’Europa.

A questo proposito, come vedrebbe un eventuale ingresso di Etihad in Alitalia?

Guardando ben oltre il patriottismo di facciata e a prescindere da banali operazioni di code-sharing, l’arrivo di un investitore straniero (asiatico, arabo, turco) avrebbe senso e valore solo nella misura in cui le aree geografiche coinvolte coniugassero gli sforzi per ottenere una sorta di fusione geo-politica e non solo e meramente un business. Il potenziale economico straniero, sposato alla gamma di valori offerta dal nostro Paese, monumentale porta meridionale dell’Europa, produrrebbe un progetto operativo in cui un management aeronauticamente competente (dote latitante in Italia da quasi 30 anni) realizzerebbe il sogno di connettere efficacemente via-cielo persone e merci alle nostre principali città e regioni, magari dotandosi di una vera flotta di lungo raggio con 30-40 macchine wide bodies. Il nostro Paese si è invece chiuso in una nicchia provinciale e auto-emarginata. Oggi imprenditori ed enti locali si stanno occupando di trasporto aereo facendo in gran parte edilizia, speculazione del territorio, finanza: tutto, fuorché efficienza e servizi per l’utenza.

Da questo punto di vista cosa dovrebbe fare il Governo?

 

Invece di continuare a disperdere risorse ed energie in progetti velleitari quanto inutili (Fiumicino-2, nuovi aeroporti immaginati a Viterbo, Frosinone, Siena, Brescia, Agrigento, Gioia del Colle e altrove), specie se incalzato da una partnership straniera, il Governo nazionale si dovrà necessariamente concentrare sulla più parsimoniosa e urgente implementazione delle infrastrutture esistenti a vantaggio del miglioramento tecnologico e strumentale per il controllo del traffico aereo, per l’accessibilità e i collegamenti intermodali, per la gestione dei servizi primari resi a compagnie aeree, passeggeri e merci. Il ruolo dell’Enac in questo senso è ora notevolmente disatteso. Può essere possibile, ad esempio, che Riggio scopra soltanto adesso che WindJet operasse i collegamenti da/per Milano senza disporre delle relative concessioni, i cosiddetti slots? E che non si avveda delle innumerevoli manchevolezze del sistema autorizzando progetti aeroportuali che persino un neo-ministro-banchiere si è affrettato a bocciare?

 

Il prossimo 13 ottobre, con la fine del commissariamento di Alitalia spa e la sua liquidazione, ben 4.500 ex dipendenti entreranno in mobilità.

 

Il 14 ottobre assisteremo impotenti alla fine di un’epoca, alla desolante e mortificante dispersione di un’azienda che ha contribuito nel dopoguerra alla ricostruzione italiana. Alitalia-Lai è stata affossata dalla cattiva gestione dei boiardi di Stato che hanno smantellato uno dopo l’altro i suoi punti di forza per compiacere interessi e poteri esterni all’azienda, sindacalisti e politici. Col Paese in ginocchio, oggi, pare non farci più caso nessuno. Le migliaia di donne e uomini cui è stato sottratto il posto di lavoro, siano destinati alla pensione o del tutto privi di una prospettiva di re-impiego o previdenziale, hanno forse, come unica speranza, quella del rilancio della “freccia alata” per mano straniera: una possibilità non più connessa alla logica propagandistica condivisa (solo quattro anni fa!) da Berlusconi e Veltroni, che almeno risponda oggi alla logica del buon senso. Nonostante ciò, e nell’imminenza di una scadenza tanto drammatica, quasi 5.000 famiglie principalmente del Lazio aspettano con ansia, ora dopo ora, che le varie interrogazioni urgenti che da mesi il mio partito ha rivolto in Parlamento al Governo trovino adeguate risposte da parte dei ministri Fornero e Passera in merito al tema degli esodati, della mobilità e del re-impiego.

(Guido Gazzoli)

FONTE:www.ilsussidiario.net


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