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11 Novembre 2016

L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), in coordinamento con l’ECAC (European Civil Aviation Conference) e con Leonardo, attraverso la sua divisione Elicotteri, ha ospitato il 45° meeting del Gruppo di esperti dell’ECAC sulle investigazioni degli incidenti e degli inconvenienti aeronautici.

 

L’evento si è tenuto nei giorni 9 e 10 novembre presso la sala conferenze della sede di Vergiate della Divisione elicotteri di Leonardo Finmeccanica.

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Il 45° meeting, infatti, era incentrato sulla sicurezza del volo nel campo elicotteristico ed ha approfondito sia aspetti tecnico-operativi, sia aspetti correlati alle inchieste di sicurezza.

Al meeting hanno partecipato circa 50 persone, in rappresentanza delle autorità investigative per la sicurezza dell’aviazione civile, delle istituzioni aeronautiche, nonché dell’industria aeronautica.

ansvL’ANSV, in particolare, ha tenuto una relazione sull’attività svolta nell’ambito del readout del registratore di volo Multi-Purpose Flight Recorder (MPFR), di nuova concezione tecnologica. I partecipanti, a conclusione dei lavori, hanno potuto visitare alcuni stabilimenti di Leonardo divisione elicotteri.

Fondata nel 1955 come organizzazione intergovernativa, l’ECAC mira ad armonizzare le politiche nel settore dell’aviazione civile e le pratiche operative a livello dei suoi Stati membri, promuovendo, parallelamente, la comprensione delle politiche in materia tra gli stessi suoi Stati membri ed il resto del mondo.

In particolare, la missione dell’ECAC consiste nella promozione di un sistema europeo di trasporto aereo sicuro, efficiente e sostenibile. Dell’ECAC fanno attualmente parte 44 Stati.

(Ufficio Stampa ANSV)

Fonte: www.md80.it/


28 Dicembre 2015

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Il 2015 è stato un anno ricco di avvenimenti per quanto riguarda l’aviazione e il trasporto aereo. Purtroppo non sono mancati anche episodi tragici: in totale sono stati 16 gli inconvenienti gravi (solo per quanto riguarda i voli civili) dell’anno appena trascorso, che hanno causato un totale di 560 vittime. I numeri sono ampiamente sotto la media degli ultimi 10 anni, in cui si registrano 31 incidenti e 714 morti in media all’anno.

Almeno trenta invece gli incidenti con aerei militari nel 2015, tra cui si ricordano lo schianto dell’Airbus A400M a Siviglia e soprattutto, quello del Lockheed C-130 Hercules dell’Aeronautica militare indonesiana del 30 giugno, che ha causato la morte di 143 persone (121 a bordo e 22 a terra, nell’immagine).

Andiamo a vedere cos’è accaduto negli ultimi dodici mesi, con una consapevolezza quindi: terrorismo a parte, volare è sempre più sicuro.

TransAsia Airways GE235, errore in cabina

Il 4 febbraio 2015 il volo TransAsia Airways GE235 – operato da un aeromobile turboelica ATR72-212A marche B22816 e numero di serie 1141 – in partenza da Taipei e diretto a Kinmen, con a bordo 53 passeggeri e 5 membri del crew, pochi minuti dopo il decollo è precipitato nel fiume Keelung dopo aver colpito un taxi sul Boulevard Huangdong vicino all’aeroporto di Songshan.

L’aereo era in servizio da un anno (aveva volato per la prima volta il 28 marzo 2014), era stato consegnato alla TransAsia Airways il 15 aprile successivo, e aveva subito l’ultima manutenzione il 26 gennaio 2015. Dall’analisi delle scatole nere è emerso che il comandante, Liao Jian-Zong (4914 ore di volo all’attivo sull’ATR72-600), ha spento erroneamente l’unico motore funzionante dell’aereo – dopo che il primo aveva cessato di funzionare durante il decollo – causando lo stallo e l’impatto successivo nel quale morirono 43 dei 58 occupanti il velivolo.

L’aereo avrebbe potuto volare con un motore soltanto, ma nella concitazione del momento Liao ha tirato giù la cloche sbagliata: nell’audio del VCR si ascolta indistintamente la frase «Wow, pulled back the wrong side throttle» («ho azionato la leva sbagliata»). Il comandante ha cercato poi senza successo di riprendere il controllo dell’ATR, ma la situazione era irrimediabilmente compromessa: nell’audio si sente il Primo Ufficiale urlare: «Impatto, preparatevi all’impatto».

E’ opportuno rilevare che Liao, nel maggio 2014, non aveva superato l’esame per affrontare l’emergenza di un motore in fiamme durante il decollo. L’ha poi superato qualche mese dopo, sebbene fosse stato riconosciuto come «nervoso e frettoloso» nel gestire la situazione di avviamento del motore.

Germanwings 9525, schianto intenzionale del Primo Ufficiale

Il 24 marzo 2015 il volo Germanwings 4U9525, decollato da Barcellona alle 9,55 e diretto a Düsseldorf, è rimasto in aria fino alle 10:30, quando i controllori di Aix-en-Provence hanno parlato con l’equipaggio, che in quel momento pilotava l’aereo a 11400 metri di altezza.

Subito dopo l’aereo ha cominciato a scendere rapidamente senza autorizzazione, senza che i piloti potessero interagire con l’ATC e dichiarare l’emergenza: non fu propriamente una caduta verticale, ma una discesa brusca.

L’A320 si è schiantato 8 minuti dopo sulla catena montuosa Trois Eveché’s, in Alta Provenza, sul Massiccio dei Tre Vescovi.

L’aereo era un Airbus A320 marche D-AIPX con 24 anni e tre mesi di anzianità: secondo Lufthansa era stato controllato il giorno prima dell’incidente in seguito a un problema con il Nose Landing Door (lo sportello che si apre e chiude sotto la fusoliera per ospitare il carrello anteriore) ed era poi stato ritenuto in grado di riprendere il servizio. A bordo vi erano in totale 150 persone: 142 passeggeri, 2 piloti e 6 membri dell’equipaggio. Tra loro, 2 neonati e una scolaresca di 16 alunni accompagnati da due insegnanti.

Purtroppo, la causa dello schianto non è stata un problema tecnico, come le prime indagini erroneamente hanno portato a pensare. Approfittando di una tappa alla toilette del comandante Patrick Sondenheimer, il Primo Ufficiale Andreas Lubitz si è chiuso all’interno del cockpit e ha iniziato la sua missione suicida, dirigendo deliberatamente l’aereo contro la montagna.

Già nel 2009 Lubitz aveva sospeso l’addestramento per depressione e manifestazioni di impulsi suicidi, patologie dalle quali era poi stato dichiarato guarito. Il giorno dello schianto, tuttavia, Lubitz non sarebbe risultato idoneo a volare, stando al documento che la polizia rinvenne nella sua casa. Da allora, gran parte delle compagnie aeree hanno adottato la procedura, sul modello statunitense, secondo cui in cabina di pilotaggio devono esserci sempre almeno due membri dell’equipaggio.

Come annunciato nelle ultime settimane, Germanwings verrà gradualmente inglobata da Eurowings, sempre sotto il controllo di Lufthansa. «Vorrei fosse chiaro a tutti che la scelta di passare da Germanwings a Eurowings è stata fatta prima del tragico evento di quest’anno – ha dichiarato Thomas Eggert, country manager Italia di Lufthansa – Comunque serviranno 2 anni per effettuare il passaggio di macchine da Germanwings a Eurowings».

«Un giorno tutti parleranno di me», era solito confidare Lubitz alla compagna. Purtroppo, la sua profezia si è avverata. Qui la ricostruzione al simulatore dello schianto.

Trigana Air Service, colpa del maltempo?

Il TGN-257 era un volo regional di Trigana Air Service di soli 45 minuti decollato da Jayapura e diretto a Oksibil (Indonesia) operato con un ATR-42-300, registrazione PK-YRN, con 49 passeggeri (di cui cinque neonati) e 5 membri dell’equipaggio, in volo il 15 agosto.

Dopo aver perso il contatto radio con i controllori, il velivolo è stato trovato ad un’altitudine a circa 2500 metri sulla montagna Pegunungan, dopo aver urtato contro una roccia delle montagne di Bintang ed essere precipitato in un burrone. Il velivolo aveva effettuato il primo volo oltre 27 anni fa, il 28 maggio del 1988.

Secondo quanto ricostruito, non c’è stata alcuna chiamata di emergenza e durante la fase di atterraggio, con i carrelli già estesi, la scarsa visibilità ha portato i piloti a schiantarsi contro la montagna.

Il vettore indonesiano proprietario dell’ATR-72 aveva iniziato le operazioni nel 1991 e ad oggi ha una flotta di 22 aerei e 21 destinazioni nel network; in tutti questi anni ha avuto 14 incidenti aerei gravi con la perdita di 10 aerei e 11 decessi.

Dal 2007 è inserito nella black list delle compagnie che non possono volare in Europa a causa dei bassi standard di sicurezza e di regolamentazione, in quanto montano a bordo dei sistemi ritenuti obsoleti. Ad oggi il caso è ancora al vaglio del National Search and Rescue Agency (BASARNAS).

Metrojet, incidente o terrorismo?

Il volo Metrojet 9268 – operato da un Airbus A321 marche EI-ETJ con a bordo 217 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio – il 31 ottobre scorso era in servizio tra l’Aeroporto Internazionale di Sharm el-Sheikh, in Egitto, e l’Aeroporto di San Pietroburgo-Pulkovo, in Russia.

L’aereo – spinto da due motori IAE-V2500 con alle spalle 56000 ore di volo in 21000 voli – è precipitato  in seguito ad un’esplosione sulla penisola del Sinai uccidendo tutti gli occupanti. In ordine cronologico è l’ultimo incidente di quest’anno e, naturalmente, non si hanno ancora riscontri riguardo le cause. Ma il fattore più preoccupante, che conseguentemente allungherà i tempi delle indagini, è certamente legato a una possibile matrice terroristicasecondo cui sarebbe stato il sedicente Stato Islamico (ISIS) a collocare a bordo dell’aereo una bomba.

A dare forza a questa teoria sono state le dichiarazioni del governo di Mosca, che il 17 novembre ha fatto sapere che a bordo dell’Airbus era stata collocata una bomba, elemento compatibile con la vasta area (13 km²) di ritrovamento dei detriti.

L’ISIS – forse approfittando della scia di terrore – ha rivendicato l’attentato pubblicando sulla sua rivista Dabiq l’immagine di una lattina contenente l’esplosivo collocata sotto uno dei sedili dell’aereo, nella parte posteriore, la cui detonazione avrebbe fratturato il velivolo. Tale rivendicazione – per quanto in linea con quanto affermato dal governo russo – non ha ancora trovato riscontro da parte del governo egiziano, che di concerto con l’EAAIA (Egypt’s Accident Investigation Commission) sta tuttora indagando su altre piste.

Nel 2014 ventuno incidenti e 990 vittime

Nonostante gli eventi tragici, il 2015 è stato un anno molto positivo per l’aviazione. Al contrario del 2014, in cui si sono verificati ben 21 incidenti ad aeromobili che trasportavano civili, causando in totale 990 vittime.

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Il primo in ordine cronologico è il Nepal Airlines 183 del 16 febbraio (precipitato a Dhikura, Nepal, 18 morti a causa del meteo avverso e della cattiva coordinazione dell’equipaggio); poi c’è la misteriosa sparizione datata 8 marzo del MH370 di Malaysian Airlines con 239 passeggeri a bordo, presumibilmente avvenuta nelle acque dell’Oceano Indiano.

L’abbattimento in volo con un missile (russo o ucraino non è dato saperlo) delMH17 sempre di Malaysian è avvenuto invece il 17 luglio nei cieli di Donetsk(Ucraina), con 298 passeggeri a bordo.

Vanno ricordati anche i 48 morti causati dalla collisione, in fase di atterraggio, contro i palazzi di Penghu (Taiwan) il 23 luglio del volo TransAsia Airways GE222 a causa del meteo avverso; e il ghiaccio che ha probabilmente determinato la caduta dell’Air Algerie 5017 a Gossi (Mali) il 24 luglio (le indagini sono ancora in corso).

Altro episodio è stato lo schianto. del volo Sepahan Airlines 4915, avvenuto il 10 agosto in seguito allo spegnimento, subito dopo il decollo, del motore 2. Nell’incidente sono morte 39 persone nei pressi di Teheran (Iran). Infine, va ricordato il guasto al timone che ha causato lo schianto dell’Air Asia QZ8501 il 28 dicembre nel Borneo (162 morti).

Secondo l’International Air Transport Association (IATA) gli incidenti nel 2014 hanno coinvolto 0,15 aerei ogni milione di voli, mentre se si considera il periodo che va dal 2009 al 2013 la media degli aeromobili persi per milione di voli è stata di 0,24.

La sicurezza aerea è migliorata in quanto – stando al rapporto – si verifica un incidente aereo ogni 4,4 milioni di voli. Questo dato è in linea con quanto dichiarato dal National Transportation Safety Board, (NTSB), l’agenzia americana che si occupa della sicurezza dei trasportisecondo cui un volo ogni 1,2 milioni incorre in un incidente. La Commissione Europea ha rilasciato pochi giorni fa lablack list delle compagnie aeree che non possono volare in Europa.

Nel 2014, secondo l’Aviation Safety Network, nel 2014 gli incidenti sono avvenuti:  3 durante la salita iniziale, 13 con l’aeromobile in crociera, 3 durante l’approccio finale e 2 durante l’atterraggio.

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Curiosamente, se consideriamo che non si sono avute fatalità durante il decollo, è ancora lecito pensare che decollo e atterraggio siano le fasi più critiche del volo?

Fonte:www.flyorbitnews.it/


19 Maggio 2015

wind share.jpgOra, la notizia che fa più scalpore è che Alitalia si sia affrettata a rimuovere il suo logo dalla carcassa dell’aereo caduto a Fiumicino lo scorso 2 febbraio. Sebbene il velivolo Atr 72 battesse bandiera italiana, era gestito dalla compagnia romena , già responsabile di numerosi incidenti. Ma questa volta la colpa non può essere attribuita solo alla mancanza di controlli tecnici adeguati. Sul banco degli indagati c’è anche il wind shear, un fenomeno atmosferico in grado di mettere in pericolo gli aerei in fase di atterraggio.

Le probabili cause dell’incidente infatti sarebbero in parte dovute proprio alle atmosferiche che hanno colpito Roma nei giorni passati. Ma, benché i servizi meteorolgici fossero al lavoro, sarebbe stato impossibile accorgersi di fenomeni improvvisi come il wind shear. Infatti, si tratta di una condizione atmosferica nella quale le correnti d’aria invisibili cambiano velocità in modo imprevisto, tanto da far precipitare gli aerei troppo vicini al suolo, soprattutto in fase di atterraggio.

Secondo una nota del Cnr, una fatalità simile potrebbe aver colpito anche l’aereo dellaCarpatair caduto a Fiumicino. Un evento improvviso che, tuttavia, non sarebbe stato del tutto imprevedibile. Basta dare un’occhiata al progetto Rivona,”RIschi per il VOlo e Nowcasting Aeroportuale” promosso dall’Istituto Isac Cnr. Si tratta di una stazione diradar sperimentali, installati presso l’aeroporto di Brindisi, capaci di individuare fenomeni atmosferici in tempo reale.

Nello specifico, il progetto comprende due radar progettati per individuare e localizzare le correnti di gravità che originano il wind shear. Dato che il fenomeno si verifica in intervalli di tempo molto ridotti (qualche minuto) e in porzioni di cielo estese per 3-5 kilometri, Rivona trasmette le informazioni direttamente alla cabina di comando degli aerei in fase di decollo e atterraggio. Con una manovra di correzione, i piloti possono così evitare la zona a velocità ridotta e prevenire un eventuale schianto.

Visto lo scalpore suscitato dall’incidente di Fiumicino, la tecnologia di proposta da Rivona potrebbe presto prendere piede anche in altri aeroporti. A pensarci bene, dovrebbero essere le stesse compagnie aeree a valutare il rischio di rimanere in balia del vuoto legale causato dal wind shear. Il caso della Carpatair potrebbe infatti sollevare un caso giuridico senza precedenti. Proprio come è accaduto con lasentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del gennaio scorso. I giudici hanno ripreso Ryanair per non aver prestato assistenza ai viaggiatori durante lo stop dei voli causato dall’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010 (Vedi Galileo: Un modello per difendersi dalle ceneri vulcaniche). Ma questa volta c’è di mezzo solo qualche sbuffo di vento.

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Credits immagine: Nasa

Fonte: www.galileonet.it/


23 Agosto 2014

Aerei militari precipitati: tutte le stragi
di Nadia Francalacci

 “Stavo lavorando al computer nella mia casa ad Ascoli Piceno,quando ho sentito passare un aereo sopra di me. Mi sono affacciato alla finestra e pochi secondi dopo, all’incirca dalla direzione opposta, ho visto giungere un altro caccia  – ricorda un testimone – ho visto i due velivoli scontrarsi e poi l’esplosione”. “Non ho potuto vedere dove sono caduti gli aerei”

Sono le 16.30 e dal luogo dell’impatto, all’incirca fuori dalle mura di Ascoli, si alza una nube di fumo nera. “Si sentono le sirene di ambulanze e vigili del fuoco”. I testimoni raccontano di avere visto i due velivoli toccarsi in volo, uno dei due ha preso immediatamente fuoco ed entrambi sono precipitati al suolo. I due aerei sarebbero due Tornado dell’Aeronautica Militare che stavano svolgendo attività addestrativa.

Ma questo è solo l’ultimo degli incidenti aerei che vede coinvolti velivoli militari in addestramento. L’ultimo risale solamente a due mesi fa.

9 giugno 2014: in Spagna precipita un caccia Eurofighter vicino alla base militare di Siviglia
Il caccia Eurofighter è precipitato mentre si apprestava ad atterrare alla base militare di Moron de la Frontera, vicino Siviglia. L’aereo stava svolgendo un volo di addestramentoed era da poco decollato. Il pilota non riesce ad uscire dall’abitacolo e muore nello schianto al suolo.
Ma questo è il terzo incidente di un caccia del modello “Eurofighter” negli ultimi anni avvenuto in Spagna, di cui due avvenuti proprio sulla base di Moron

Nel 2010 era caduto un esemplare saudita in addestramento, sempre a Moron, ed anche in quel caso era morto il pilota.

23 novembre 2009 Un C130 dell’Aeronautica Militare precipita a Pisa. Cinque le vittime. “L’aereo è decollato alle 14.10 e subito dopo c’è stato il crash” spiega l’ufficio stampa dell’aeronautica militare. L’incidente è avvenuto in località Le Rene, vicino a Coltano. L’aereo è caduto in parte sulla linea ferroviaria Pisa-Collesalvetti-Cecina, una tratta secondaria della linea tirrenica. I resti dell’aereo si spargeranno in un raggio di circa 150 metri.  
Il velivolo sarebbe precipitato da un’altezza che i responsabili dell’Aeronautica militare ipotizzano possa essere stata di 100-150 metri e dopo il primo decollo. Il generale Stefano Fort, comandante della 46esima Brigata Aerea ha spiegato che, a differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, l’incidente non è avvenuto durante una manovra «touch and go». Dopo essersi alzato in volo l’aereo ha virato verso sinistra poi si è inclinato sulla destra ed è precipitato. Fort che l’aereo era «ineccepibile dal punto di vista manutentivo e perfetto in tutti i suoi componenti». 

1 luglio 2008: Volo Marina Militare Italiana (AB212) a Grottaglie

20 agosto 1999: Volo Aeronautica Militare Italiana (Tornado IDS) a Porto Empedocle

27 gennaio 1994: Volo Aeronautica a Monte Molinatico

18 novembre 1993: Volo Aeronautica Militare Italiana (MM7069) Tornado IDS a Garessio

14 settembre 1993: Volo Aeronautica Militare Italiana (MM61953Piaggio PD-808TP Aeroporto di Venezia-Tessera

8 gennaio 1992: Volo Aeronautica Militare Italiana (MM62116)  G-222TCM a Monte Iavello – Montemurlo

22 agosto 1991: Volo Aeronautica Militare Italiana a Minturno

Questi invece gli incidenti in cui i velivoli militari  hanno causato la morte di civili.

3 febbraio 1998: Strage del Cermis, un disastro aereo avvenuto a Cavalese , nel quale un aereo militare Grumman EA-6B Prowler statunitense tranciò il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme, causando la morte di 20 persone

6 dicembre 1990: Strage dell’Istituto Salvemini a Casalecchio di Reno. Un aereo militare Aermacchi MB-326 cadde su un istituto tecnico causando la morte di dodici studenti e il ferimento di altre 88 persone. Il pilota ed unico membro dell’equipaggio, il tenente Bruno Viviani di 24 anni, dopo essersi reso conto che l’aereo si era reso ingovernabile, lo abbandonò lanciandosi con il seggiolino eiettabile per poi posarsi con il paracadute sulle colline di Ceretolo. Lui riportò solo alcune fratture. Nel frattempo, il velivolo ormai con nessuno a bordo, andò a schiantarsi contro la succursale dell’Istituto TecnicoSalvemini prendendo fuoco.

28 agosto 1988: l’incidente di Ramstein è l’incidente aereo che ha coinvolto le Frecce Tricolori durante un’esibizione acrobatica il 28 agosto 1988. Si stava svolgendo l’Airshow Flugtag ’88 nella base NATO di Ramstein in Germania. Morirono 67 persone e oltre 300 rimasero ferite.

3 marzo 1977: incidente del Monte Serra. E’ l’incidente aereo che ha visto coinvolto un C-130H Hercules della allora 46ª Aerobrigata (oggi 46ª Brigata Aerea) dell’Aeronautica Militare italiana, con a bordo 38 allievi dell’Accademia Navale di Livorno.  Giovedì 3 marzo 1977, alle ore 15.05, decollò dall’aeroporto di Pisa-San Giusto. Il velivolo trasportava 38 allievi della prima classe dei corsi normali dell’Accademia Navale di Livorno, a bordo per una attività di ambientamento al volo, un ufficiale accompagnatore e 5 membri d’equipaggio. Dopo circa 5 minuti dal decollo, alle 15.10, il grosso aereo impattò sulle pendici del Monte Serra, nel territorio di Calci, dopo aver effettuato, per motivi non accertati, una virata a sinistra che lo portava ad imboccare la vallata del Serra, rivelatasi fatale in condizioni di volo a bassa quota e scarsa visibilità, quali erano quelle del momento.

Fonte: http://news.panorama.it/


3 Aprile 2014

Dal pilota che fece guidare il figlio, all’aereo che perse un pezzo di fusoliera: episodi della storia dell’aviazione rimasti inspiegati, tragici o eroici.

  La scomparsa del volo MH370, avvenuta l’8 marzo scorso mentre l’aereo stava volando – con 239 persone a bordo – da Kuala Lumpur (Malesia) a Pechino (Cina), è uno degli episodi recenti più drammatici e letterari che abbiano riguardato l’aviazione civile. Ma nei poco più di cento anni in cui sono esistiti gli aeroplani ci sono state molte altre storie straordinarie che hanno suscitato dubbi, sorprese o misteri – a partire dal famoso “volo 19″ alla base della leggenda del cosiddetto triangolo delle Bermude – mentre in altri casi è stato l’eroismo del pilota a rendere celebre una vicenda, come quando un Airbus A320 riuscì a compiere un incredibile ammaraggio sul fiume Hudson, nel centro di New York. Nonostante molte di queste storie possano far nascere qualche preoccupazione, volare rimane comunque il modo più sicuro per spostarsi – e con il tempo lo diventa sempre di più.

Tutti svenuti a bordo: il volo Helios Airways 522
Il volo Helios Airways 522 partì da Cipro alle nove di mattina del 14 agosto 2005, diretto a Praga e con uno scalo previsto ad Atene. Subito dopo il decollo in cabina suonò un segnale di allarme: il pilota tedesco e il copilota cipriota non riuscirono a individuare la causa e continuarono l’ascesa sopra il Mediterraneo. Superata l’altitudine di ottomila metri, venne perso il contatto radio con l’equipaggio. Il pilota automatico continuò l’ascesa e si stabilizzò poi sulla rotta per Atene una ventina di minuti dopo il decollo. La causa dell’allarme era la mancanza di pressurizzazione della cabina: la scarsità di ossigeno causò rapidamente lo svenimento dell’equipaggio. Dopo due ore di tentativi inutili di comunicazione con l’aereo – durante gran parte dei quali l’aereo volò probabilmente senza nessuno al comando – i piloti dei caccia militari dell’aeronautica greca che lo avevano raggiunto per controllare la situazione videro un uomo senza maschera di ossigeno entrare in cabina e sedersi ai comandi, ma non riuscirono a mettersi in contatto con lui. Pochi istanti dopo il motore sinistro prese fuoco per mancanza di carburante – l’aereo aveva ormai superato Atene di diversi chilometri – seguito dopo dieci minuti da quello destro. Il Boeing perse quota rapidamente e si schiantò in un territorio collinare a due chilometri da Grammatiko, un paese a 30 chilometri dal centro di Atene. Morirono tutti i 115 passeggeri e i sei membri dell’equipaggio.

Secondo quanto ricostruirono le indagini successive, la prima causa dell’incidente fu la manutenzione effettuata la sera prima del volo: il sistema di controllo della pressurizzazione in cabina venne lasciato su “manuale” invece che su “automatico”. L’equipaggio non se ne accorse e, quando suonò il primo allarme, pensò che si trattasse di un altro problema segnalato da un suono identico.

Un indicatore per un altro: il volo Tuninter 1153
Il 6 agosto 2005 il volo charter Tuninter 1153, un ATR-72 con 39 persone a bordo, era partito da Bari ed era diretto a Djerba, in Tunisia. Alle 15.24 l’equipaggio chiamò l’aeroporto di Palermo-Punta Raisi facendo richiesta di un atterraggio di emergenza: avevano inspiegabilmente terminato il carburante ed entrambi i motori si erano spenti, nonostante gli strumenti di bordo indicassero 1.800 chili di carburante nei serbatoi. Ma l’aereo non riuscì ad arrivare a Palermo e un quarto d’ora dopo la richiesta di atterraggio effettuò un ammaraggio circa 30 chilometri a nordest della Sicilia: nella manovra morirono quattordici passeggeri e due membri dell’equipaggio. Le inchieste successive mostrarono che, durante la manutenzione della sera prima a Tunisi, era stato installato l’indicatore del carburante di un aereo molto più piccolo, l’ATR-42, e di conseguenza i livelli di combustibile registrati a bordo furono molto più alti di quelli reali in tutti i controlli successivi.
Nell’aprile 2013 la Cassazione ha confermato la condanna di sette cittadini tunisini, tra piloti e tecnici: la pena più pesante è stata quella del pilota del volo Tuninter 1153, condannato a sei anni e 8 mesi. Durante il processo emerse che il pilota avrebbe avuto la possibilità di atterrare a Palermo.

Un sedicenne al comando: il volo Aeroflot 593
Il volo Aeroflot 593, un Airbus A310, stava sorvolando la Siberia nella notte tra il 22 e il 23 marzo 1994, proveniente da Mosca e diretto a Hong Kong. Il capitano Yaroslav Kudrinsky, poco dopo la mezzanotte, fece sedere al suo posto sua figlia di 12 anni Yana e suo figlio 16enne Eldar. Mostrò loro alcune manovre mantenendo inserito il pilota automatico, ma poi acconsentì alla richiesta del figlio di provare a far virare leggermente l’aereo. Lo fece e riportò i comandi in posizione normale, ma il pilota automatico entrò in conflitto con i comandi manuali: entrarono in azione una serie di dispositivi di controllo, ma nonostante il capitano avesse riguadagnato rapidamente i comandi l’aereo andò in stallo e cominciò a precipitare.

Il dialogo in cabina tra Eldar e il padre – registrato dalla scatola nera – fu il seguente:

– «Giralo! Guarda verso terra mentre giri. Andiamo a sinistra. Gira a sinistra! (pausa) L’aereo sta girando?»
– «Grande!» rispose Eldar. Quattro minuti più tardi chiese al padre: «Perché sta girando?»
– «Si sta girando da solo?», rispose il capitano.

A quel punto il copilota lanciò un urlo e l’aereo cominciò a perdere quota. Per i due minuti e mezzo successivi, le registrazioni di bordo documentano i drammatici tentativi dell’equipaggio di riprendere il controllo dell’aereo, che si schiantò al suolo poco prima dell’una di notte del 23 marzo 1994. Morirono tutti i 63 passeggeri e i dodici membri dell’equipaggio.

L’aereo scoperchiato: il volo Aloha Airlines 243
Alle 13.25 del 28 aprile 1988, un Boeing 737 della Aloha Airlines partì dall’aeroporto di Hilo, nelle Hawaii, diretto alla capitale dell’arcipelago, Honolulu. Era il quarto viaggio tra le isole hawaiane che effettuava nello stesso giorno il vecchio aereo, che avevo quasi vent’anni di servizio e oltre 89 mila voli. Mentre l’aereo volava a quota 7300 metri, i piloti sentirono uno colpo molto forte e un rumore di vento alle proprie spalle. Il capitano vide che la porta della cabina di comando era saltata via e che «c’era il cielo azzurro al posto del soffitto della prima classe». I novanta passeggeri e quattro membri dell’equipaggio stavano volando all’aria aperta, trattenuti solo dalle cinture di sicurezza, a più di seicento chilometri orari; un’assistente di volo venne risucchiata all’esterno e morì subito. Il rumore era così forte che i piloti comunicarono inizialmente a gesti, mentre riducevano la velocità e cominciavano le procedure per un atterraggio di emergenza a Maui. Dopo una ventina di minuti di volo in quelle condizioni, in cui la restante struttura dell’aereo resse al cedimento della fusoliera, il Boeing riuscì ad atterrare e venne subito soccorso dai mezzi di emergenza. Le inchieste successive dimostrarono che le continue decompressioni, la corrosione dei materiali e in generale la vecchiaia dell’aereo furono la causa dell’incidente.

Il volo FAU 571
Il 13 ottobre 1972 il volo 571 dell’Aeronautica Militare Uruguaiana stava trasportando la squadra di rugby degli Old Christians – che esiste tuttora ed è una delle più forti dell’Uruguay – da Montevideo a Santiago del Cile, dove erano attesi per una partita. I giocatori erano accompagnati da amici e familiari: in totale, il volo aveva 45 persone a bordo. A causa del cattivo tempo sulle Ande, il volo iniziato il giorno prima aveva dovuto fermarsi per la notte nella città di Mendoza, in Argentina, al di qua della catena montuosa.

Il pomeriggio del 13 ottobre il volo riprese e l’aereo si diresse a un passo montuoso per valicare le Ande. Il passo era coperto dalle nuvole: per sapere quando iniziare la discesa oltre la catena montuosa, i piloti si affidarono al tempo di percorrenza usuale per quel tratto di cielo, una procedura nota come navigazione stimata o dead reckoning (oggi molto poco utilizzata grazie ai miglioramenti dei sistemi di posizionamento satellitare come il GPS). Ma i forti venti falsarono il calcolo e l’aereo iniziò a scendere in mezzo alle spesse nuvole quando si trovava ancora in mezzo alle montagne, dirigendosi involontariamente verso un picco montuoso contro cui si schiantò a circa 4.200 metri di altitudine.

Lo schianto uccise circa un quarto dei passeggeri sul colpo, mentre le temperature gelide dell’alta montagna e le ferite nell’incidente causarono la morte di altre persone nell’arco dei primi giorni successivi. La trentina di persone rimasta, bloccata a migliaia di metri di altitudine senza nessun equipaggiamento specifico per resistere al freddo e quasi senza cibo, venne lentamente decimata. Dopo alcuni giorni, il gruppo decise di nutrirsi con i cadaveri delle persone morte nello schianto e nei giorni successivi, mentre alla fine di ottobre sentirono da una radio che le ricerche erano state sospese. Gli ultimi sedici sopravvissuti vennero ritrovati il 23 dicembre del 1972, oltre due mesi dopo l’incidente: riuscirono ad essere salvati grazie alla marcia di dieci giorni in mezzo alle montagne di due di loro, Nando Parrado e Roberto Canessa, che si imbatterono in una piccola carovana di mulattieri cileni. La storia del volo 571 è stata raccontata in innumerevoli trasmissioni televisive, documentari, libri e in almeno un film di discreto successo, Alive del 1993.

La “pattuglia perduta”: i TBM Avengers
Alle 14.10 del 5 dicembre 1945, cinque TBM Avengers – chiamati in codice volo numero 19 – decollarono dalla base di Fort Lauderdale, in Florida, per un volo di addestramento. Gli aerei, con diciannove persone a bordo, scomparsero senza lasciare traccia, e lo stesso accadde ai tredici uomini di un aereo di esplorazione che venne mandato alla ricerca della “pattuglia scomparsa” (che in realtà non era una pattuglia).

L’episodio lanciò una delle più grandi campagne di ricerca della storia, con centinaia di navi e aeroplani in centinaia di migliaia di chilometri quadrati. Diversi particolari aiutarono a nutrire la leggenda del volo 19: a quanto risultò dalle conversazioni radio con la base di Fort Lauderdale, circa novanta minuti dopo il decollo, i piloti sembrarono a non riconoscere più i punti di riferimento a terra. La bussola del leader della spedizione Charles Taylor, l’unico veramente esperto del gruppo, non funzionava bene e la pattuglia si diresse verso il mare aperto, nonostante i tentativi di aiuto della torre di controllo. Dopo diverse comunicazioni radio in cui i membri della pattuglia apparivano confusi e disorientati, i contatti con la base vennero persi. Un aereo di ricognizione si alzò in volo per andarli a cercare, ma dopo un messaggio radio a dieci minuti dal decollo anche di lui non si seppe più nulla. A grandi linee, i motivi della scomparsa del volo 19 sono stati ricostruiti – il dissenso tra Taylor e gli studenti sulla loro posizione, il malfunzionamento degli strumenti di bordo, l’inesperienza del gruppo e un peggioramento delle condizioni meteo – ma l’episodio fu all’origine della popolare leggenda del “triangolo delle Bermude”.

L’incredibile ammaraggio sull’Hudsonil volo US Airways 1549
Nel primo pomeriggio del 15 gennaio del 2009 un Airbus A320 della US Airways decollò dall’aeroporto LaGuardia di New York, diretto a Charlotte, in North Carolina. Pochi minuti dopo alcuni uccelli di uno stormo di oche del Canada, che aveva incrociato l’aereo a poco più di 800 metri di altitudine, vennero risucchiati nei due motori dell’Airbus, causando il loro arresto dopo una serie di esplosioni. L’aereo perse quota e si stabilizzò su una altitudine di circa cinquecento metri, lentamente e inesorabilmente discendente. Il pilota Chesley Sullenberger e il suo primo ufficiale, Jeffrey B. Skiles, si resero presto conto che non sarebbero riusciti a tornare al LaGuardia né a raggiungere altri aeroporti vicini. Sullenberger disse allora al primo ufficiale, mentre l’aereo continuava a planare: «Andiamo nell’Hudson», il fiume che attraversa New York.

Alle 3.31 del pomeriggio, a circa sei minuti dal decollo, l’Airbus terminò il proprio volo a motori spenti nel fiume Hudson, mentre era diretto verso sud a una velocità di circa 240 chilometri orari. Il pilota riuscì a eseguire un perfetto ammaraggio facendo planare lentamente l’aereo con un grado di inclinazione tale da evitare un forte impatto, che avrebbe potuto spezzare in più parti la cabina. Dopo avere toccato l’acqua, l’aereo proseguì per diversi metri prima di fermarsi. Poi iniziò a imbarcare l’acqua gelida del fiume. Tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio furono recuperati e portati sulla terra ferma: Sullenberger diventò un eroe e lavorò ancora un anno come pilota alla US Airways.

Fonte:http://www.ilpost.it


3 Aprile 2014

La tecnologia di questo dispositivo ha molti limiti ed è obsoleta, ma le alternative costano o sono troppo complicate da portare a bordo.

di Marco Morello

La corsa contro il tempo per ritrovare la scatola nera del volo MH370 prima che la batteria del segnalatore si esaurisca, dunque prima che rischi di andare persa per sempre la traccia più utile per ricostruire cosa sia successo davvero a bordo nelle drammatiche ore che hanno preceduto la scomparsa dell’aereo, sono la prova di un fatto evidente: la tecnologia di quello che è, nei casi più estremi, l’ultimo testimone di un problema in quota (o, purtroppo, mentre la si sta rapidamente perdendo) è obsoleta. Superata. Insufficiente e inefficiente.  

Possiamo visualizzare sul nostro computer o sul telefonino immagini e video ripresi su pianeti lontani anni luce, trasmessi da satelliti potentissimi grazie a sistemi raffinatissimi, però c’è una data di scadenza – abbastanza stringente – per recuperare un pezzo di metallo e chip che ha un doppio e vitale compito: registrare l’audio delle ultime due ore di un aereo, sovrascrivendo le informazioni precedenti di volta in volta se tutto è in ordine; memorizzare un lungo elenco di parametri, circa duemila, indispensabili per qualsiasi analisi successiva: la velocità, l’altitudine, la rotta.  

La maggior parte delle scatole nere oggi usate dalle compagnie aeree sono identiche, almeno per le dinamiche basilari del loro funzionamento, a quelle perfezionate nella seconda metà degli Anni Cinquanta. Innanzitutto, non sono affatto del colore che le definisce: sono generalmente arancioni, per essere notate con maggiore facilità durante le ricerche. Ammesso di sapere dove guardare. Sono sottoposte a ogni tipo di stress contro urti e scossoni, per essere immuni a impatti anche violenti, grazie anche a possenti scudi di metallo che le proteggono; sono a prova di incendio e resistenti all’acqua, anche negli abissi marini, fin sotto i 6 mila metri di profondità. Il problema, è ormai evidente e stranoto, è la durata delle batterie: dopo 30 giorni il «ping», il segnale che inviano per consentire di ritrovarle e ricevibile per numerosi chilometri, si affievolisce fino a spegnersi. Trasformando la preziosa scatola in un relitto come un altro in mezzo a una moltitudine di rifiuti che affollano gli oceani.

In verità esisterebbero dispositivi con una durata della batteria maggiore, pari all’incirca a 90 giorni, che moltiplicherebbero per tre le speranze di ritrovarli e renderebbero la corsa contro il tempo un po’ più lenta. Ma non sono obbligatori e dunque tutto dipende dalla buona volontà delle compagnie, tra cui c’è per esempio Air France, decidere se acquistarle oppure no. Purtroppo i vettori, che devono sottostare a rigidissimi e costosi protocolli di sicurezza, dove non sono costretti da una norma ad aprire il portafogli, tendono a evitare investimenti corposi e a tappeto. Ecco perché non trova applicazione nemmeno una scatola nera alla James Bond, che viene espulsa dalla cabina di pilotaggio non appena quella si inabissa nell’acqua, con un effetto catapulta che ricorda quello dei sedili dei velivoli militari. Se galleggia, trovarla è più facile. La spesa per implementarla, però, è improponibile.

Un doppio ostacolo blocca invece un’alternativa che eliminerebbe del tutto la scatola nera. La soluzione sarebbe quella di trasmettere costantemente ai satelliti tutte le informazioni che la strumentazione dell’aereo registra, in una sorta di streaming continuo. Così, in ogni momento, si potrebbe sapere dove si trova il velivolo, il punto esatto in cui la comunicazione si è interrotta, ascoltare cosa sta succedendo a bordo. E però, attrezzare tutta la flotta di una compagnia a trasmettere questo tipo di informazioni, sarebbe un vero salasso. Senza parlare delle enormi implicazioni sul piano della privacy: i piloti e l’equipaggio sarebbero sempre intercettati, registrati sul posto di lavoro; anche se acconsentissero tutti per il bene comune della sicurezza loro e dei passeggeri, servirebbero strutture adatte – data center inespugnabili – per custodire queste informazioni in modo che non finiscano nelle mani sbagliate. E comunque non sarebbe una garanzia sufficiente, gli hacker sono capaci di violazioni ben più complesse. Con tutta una cascata di conseguenze immaginabili e impensabili.

Insomma, per quanto obsoleta, la scatola sembra al momento l’opzione più sensata per ricostruire il peggio a bordo di un aereo. Non sarà la più efficiente, ma finché non saranno obbligate a dotarsi di un’alternativa o di una versione più evoluta, è probabile che le compagnie aree la difenderanno con tutte le loro forze.

Fonte:http://mytech.panorama.it



Massa incidente bis, Alonso solo settimo

Doveva essere la corsa anti-sorpassi: ce ne sono stati tanti, e altrettanti brividi. A Monaco non è formula noia, perché tra caos e schianti, bandiere rosse, safety car e partenza bis, il Gp del Principato ha viaggiato sul filo del thrilling: i 78 giri resi interminabili da una sosta durata oltre mezzora per le barriere finite sul tracciato dopo l’ennesimo incidente alla fine hanno premiato Nico Rosberg che al terzo tentativo di fila partendo dalla pole è riuscito a piazzare la sua Mercedes sul gradino più alto del podio. Nel Principato, trent’anni dopo la vittoria di suo papà Keke. Alle sue spalle le solite Red Bull con Sebastian Vettel e Mark Webber. Solo settima la Ferrari di Fernando Alonso, con gara da dimenticare e tre sorpassi incassati nelle vie tortuose del tracciato monegasco.

Una giornata davvero no per le Rosse. Perché è vero che nella corsa 2013 di Montecarlo è successo di tutto, e tutto male per la Ferrari. A partire dell’incidente bis con cui l’altro ferrarista Felipe Massa ha riavvolto la triste bobina già vista nelle ultime libere del sabato andandosi a stampare sulle protezioni della curva St.Devote. Un altro botto che ha fatto tremare il muretto della Ferrari, identico a quello che aveva tagliato fuori il brasiliano dalle qualifiche: molto spavento con la macchina ancora distrutta e il pilota subito soccorso in pista con collarino di protezione e poi portato al centro medico per accertamenti. “Massa sta bene” rassicura il team del Cavallino a gara in corso. Ma dopo una partenza regolare il caos comincia dal nono giro quando la Caterham di Pic si ferma all’altezza della Rascasse: fumo nel retrotreno, auto rimossa e gara finita per il pilota. Mentre i primi alternano un giro veloce a uno più lento, arrivano i primi pit stop: si ferma Massa al 27/o, due giri dopo lo segue Alonso, partito con le supersoft come i primi dieci in griglia e le cambia con le soft. Al 30/o giro lo schianto di Massa: corsa finita per lui e prima safety car in pista. Rosberg tiene la testa, ma dietro ci sono le Red Bull, perché l’altro di casa Mercedes, Lewis Hamilton è quello che ci rimette, e perde due posizioni. Per otto giri si va dietro alla macchina di sicurezza: al 42/o giro contatto tra Button e Alonso, ne approfitta Perez che mette a segno uno splendido sorpasso su Button.

Il pilota della McLaren scatenato prova anche a passare il ferrarista che riesce però a tenere la posizione. Poche tornate dopo (46/o) un altro incidente condiziona la gara: la Marussia di Chilton prova a chiudere Maldonado, la Williams del venezuelano finisce contro le barriere alla curva del Tabaccaio e tocca Bianchi: bandiera rossa e gara sospesa per le protezioni finite in pista. Tutti al lavoro per rimuovere quanto finito sul tracciato: tanta paura anche per Maldonado, che esce comunque sulle sue gambe. La manovra finisce sotto investigazione e Chilton viene sanzionato con un drive-trough. Nuova partenza dopo 35 minuti di stop. Alonso ricomincia dal settimo posto, avendo dovuto cedere una posizione a Sutil per il taglio di una chicane fatto per evitare una collisione dopo il tentativo di sorpasso all’uscita dal tunnel. 63/o giro e nuovo incidente: stavolta alla chicane tra Grosjean e Ricciardo: la Lotus del francese tampona la Toro Rosso, quest’ultima costretta al ritiro. Grosjean prova a cambiare il musetto, ma poi si ritira (con lui alla fine fuori gara Ricciardo, Perez, Bianchi, Maldonado, Massa e Pic). Ma non è finita: a otto giri dalla fine Perez prova a superare Raikkonen, i due si toccano e vola un alettone. Il finlandese ai box per cambiare le gomme rientra sedicesimo e chiuderà solo decimo. Il tempo per la passerella di Rosberg: la sua Mercedes, pure al centro delle polemiche per un test proibito fatto una settimana fa a Barcellona, riesce a vincere. E canta vittoria Vettel, che dal caos di Montecarlo rafforza il primato.


26 Dicembre 2012

Non hanno fine gli incidenti aerei di questo Natale. Dopo la tragedia avvenuta in Birmania, si uniscono all’elenco anche Kazakistan e Ucraina.

Redazione26 dicembre 2012 – Del disastro aereo della Birmania, dove un aereo è atterrato in una risaia spezzandosi in due e causando la morte di tre persone, abbiamo parlato qui. Ma in questo Natale, che sembra ostico ai viaggi via aria, vanno aggiunti altri due incidenti avvenuti entrambi in stati dell’ex blocco sovietico.

Il primo è accaduto alle 13.55, ore italiane, quando un aereo militare dei servizi segreti è precipitato non lontano dalla città di Shymkent, nella zona meridionale del Kazakistan, vicino al confine con l’Uzbekistan. L’An-72 trasportava 27 persone: venti guardie di frontiera e sette membri dell’equipaggio. A seguito dello schianto, di cui ancora si sta cercando di capirne le cause, tutti i passeggeri sono morti, compreso il colonnello Turbanbek Stambekov, di recente nomina provvisoria a capo del servizio di protezione dei confini di stato.

Il secondo incidente è avvenuto nell’Ucraina centrale, dove un elicottero è precipitato non lontano da Kirovograd causando la morte di cinque persone, di cui tre membri dell’equipaggio. Il Mi-8 apparteneva al ministero dell’Interno. Anche in questo caso le cause dell’incidente saranno oggetto di indagini.

Fonte:www.articolotre.com


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