ministero della Difesa

11 Luglio 2015

È lunga 280 metri e pesa 65mila tonnellate. Parte dei motori e delle turbine sono forgiati a Morra de Sanctis, in Irpinia, dove Rolls-Royce ha una fonderia.

HMS Queen Elizabeth

Ancora qualche mese di collaudi e rifiniture e poi la Royal Navy potrà festeggiare l’entrata in servizio della Queen Elizabeth, la portaerei più grande d’Europa.

Con i suoi 280 metri, qualcosa come 28 autobus messi in fila, è più lunga della Charles de Gaulle, orgoglio francese, che di metri ne misura 261. Anche più pesante: 65 mila tonnellate a pieno carico contro le 42 mila della francese.

Gioiello supertecnologico, la nave non sarà sola, stanno costruendo la sua gemella che solcherà le acque fra 5 anni, nel 2020. Porterà un nome impegnativo, Prince of Wales, come la nave da battaglia affondata nel 1941 dai bombardieri giapponesi nelle acque della Malesia.

Le due portaerei costeranno 6,2 miliardi di sterline, quasi 9 miliardi di euro, molto più del previsto. E questo ha scatenato un bel po’ di polemiche a Westminster. Ma il Ministero della Difesa non sembra curarsene perché ha annunciato altre spese per la costruzione di alcune fregate.

Il contributo italiano

La turbina Come ai vecchi tempi, l’Inghilterra torna regina dei mari. Lo fa con un importante contributo italiano. Perché alcuni pezzi delle turbine e dei motori montati sulla Queen Elizabeth sono forgiati a Morra de Sanctis, in Irpinia, dove la Rolls-Royce ha impiantato una fonderia di alta precisione che non ha uguali al mondo. La dirige Otello Natale, ingegnere napoletano che ha reso gradevole la vita agli operai con asilo nido e zone di ricreazione. Le palette metalliche fabbricate in Irpinia sopportano temperature di 1200 gradi.

Vengono spedite a Bristol, nei cantieri della Rolls-Royce, dove i tecnici le uniscono ai complessi meccanismi che formano giganteschi impianti propulsori. «L’Italia – ci spiega Tomas Lehay, direttore dei programmi navali dell’azienda – è un Paese al quale guardiamo con grande interesse». Non solo per la produzione di parti meccaniche, anche per una collaborazione in campo navale. «In Europa – conferma David Kemp, vicepresidente del settore vendite della Rolls-Royce -, la nostra attenzione è tutta rivolta all’Italia che ha varato un programma di rinnovo di buona parte della sua flotta. Vogliamo fare accordi con Fincantieri per offrire i migliori motori, la turbina Mt30, la più potente del mondo, già adottata dalla Lockheed negli Stati Uniti.

Contiamo molto sull’eccellenza degli ingegneri italiani, con cui potremo sviluppare una collaborazione che assicurerà molti posti di lavoro in Italia».

La «partita» con la Scozia

Sulla Queen Elizabeth viaggeranno 40 caccia bombardieri, gli Harrier e, quando saranno pronti, i contestati F35. A bordo anche 3 tipi di elicotteri, gli Apache, i Chinook e i Merlin antisommergibile.

In attesa che diventi un gioiello della Royal Navy, attorno a questa portaerei Londra sta giocando una sottile partita politica. Dato che la nave, come pure la sua gemella Prince of Wales, è costruita a Rosyth, sulla costa scozzese, il primo ministro Cameron ha fatto capire a Edimburgo, con parole neanche troppo velate, che se gli scozzesi tirano troppo la corda con la storia della secessione, l’Inghilterra potrebbe spostare i cantieri navali e più di 4 mila posti di lavoro andrebbero a farsi benedire. Ogni mossa è studiata con cura. Il varo della portaerei, che precede gli aggiustamenti tecnici finali, è avvenuto a luglio del 2014, un paio di mesi prima del 18 settembre, data in cui gli scozzesi dovevano votare il referendum sull’indipendenza.

Alla cerimonia si è presentata la regina in persona per lanciare un messaggio unionista e, invece del tradizionale champagne, ha mandato a schiantarsi contro la fiancata un tipico prodotto scozzese, una bottiglia di whisky.

Fonte: www.corriere.it


22 Febbraio 2014

La campagna “Taglia le ali alle armi” lancia la sua ‘operazione verità’ sui cacciabombardieri e, date e cifre alla mano, accusa Mario Mauro di aver “aggirato le prescrizioni del Parlamento” e di avere acquistato altri aerei, nonostante le mozioni votate a metà 2013 che imponevano la sospensione degli ordini

L’ombra degli F35 si allunga sulla nascita del governo Renzi. In attesa di capire chi finirà a guidare la Difesa (in lizza ci sono Roberta Pinotti, Federica Mogherini e Arturo Parisi), la campagna “Taglia le ali alle armi”, promossa da Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace, lancia la sua ‘operazione verità’ sui cacciabombardieri della discordia e, date e cifre alla mano, muove una grave accusa al ministro Mario Mauro: aver “aggirato le prescrizioni del Parlamento” procedendo di nascosto all’acquisto di quattordici dei costosissimi aerei da guerra americani, nonostante le mozioni votate a metà 2013 che imponevano la sospensione degli ordini.

Nel rapporto “F35, la verità oltre l’opacità“, presentato a Roma dai pacifisti, è spiegato nel dettaglio come lo scorso autunno (27 settembre) la Difesa, “non informando correttamente il Parlamento” e sfruttando surrettiziamente “la pratica dei pre-accordi non vincolanti”, abbia non solo completato l’acquisto dei primi tre aerei, ma abbia anche confermato definitivamente l’ordine per ulteriori tre velivoli. “Non contento di una scelta già grave”, prosegue il rapporto, il ministero della Difesa “pochissimi giorni dopo l’approvazione delle mozioni” (il 18 luglio 2013) ha avviato da zero una nuova tornata di ordini versando anticipi per ulteriori otto F35. “Un precedente grave – secondo i promotori della campagna – che rischia di compromettere qualsiasi controllo parlamentare sul programma F35 e un meccanismo che forse si cercherà di mettere in moto anche nelle prossime settimane”.

Il riferimento è alle insistenti voci di un ordine definitivo che starebbe per essere firmato per due di questi ulteriori otto aerei proprio in questi giorni: “Un’azione che chiediamo ai parlamentari di fermare con decisione presentando documenti che possano vincolare il governo a un effettivo stop o cancellazione della partecipazione al programma Joint Strike Fighter“. Oltre a non informare il Parlamento degli acquisti – denuncia il rapporto – la Difesa italiana, al contrario di quella statunitense, tace sui “gravi problemi tecnici” degli F35 che “portano a continui abbassamenti anche degli standard operativi, tali da mettere in dubbio il raggiungimento di quelle capacità militari che hanno spinto le forze armate di molti paesi ad imbarcarsi nel programma”.

Per non parlare della tendenziosa sovrastima fornita riguardo alle ricadute occupazionali: “Fonti della Difesa ed esponenti politici in Parlamento continuano a rilanciare i 10mila posti di lavoro (i vertici di SegreDifesa sono passati a 6mila) non considerando che la stessa industria (Finmeccanica) è passata da una stima di 3-4mila addetti ad una più realistica di circa 2.500 (vicina a stime sindacali) e parla di 5mila addetti solo se riferiti a una fase successiva alla produzione industriale: manutenzione e alle altre attività tecniche che accompagneranno la vita operativa degli aerei.

Secondo Analisi Difesa per la fase produttiva probabilmente valgono ancora i dati di un recente documento riservato di Alenia Aermacchi secondo cui a Cameri almeno fino al 2018 il totale degli addetti tecnici e impiegatizi non raggiungerà le 600 unità”. Lo stesso dicasi per i ritorni economici, su cui la Difesa e i vertici militari hanno sempre fornito previsioni e stime mirabolanti: “Anche nella migliore delle ipotesi – si legge nel rapporto – siamo di fronte a un ritorno di meno di 700 milioni di euro a fronte di una spesa già effettuata di almeno 3,4 miliardi di euro (fasi di sviluppo + primi acquisti) con un ritorno quindi pari a circa il 19 per cento”. Qui si arriva all’altro spinoso argomento: quello dei costi dei contratti finora sottoscritti per i primi F35.

“La Difesa ha sempre cercato di diffondere notizie tranquillizzanti relativamente ai costi di acquisto dei caccia, riferendo anche in sedi ufficiali (audizioni presso Commissioni parlamentari con documenti annessi) stime non aggiornate o costi di sola produzione base, incapaci quindi di dare conto dell’effettivo costo per le casse dello Stato di ogni singolo velivolo. L’opacità nelle comunicazioni non ha poi permesso un accesso diretto ai dati contrattuali del programma tramite le strutture del nostro Ministero della Difesa, ma grazie ai dati recuperabili da fonti ufficiali del Dipartimento della Difesa statunitense si può a questo punto della partecipazione italiana programma definire già un primo consuntivo di costi per gli aerei acquisiti: nel triennio 2011-2013, ovvero nella fase più acuta della crisi, l’Italia ha sottoscritto contratti di acquisto relativi a velivoli F-35 per complessivi 735 milioni di euro (di cui 480 solo nell’anno 2013).

In mancanza di una revisione del proprio impegno – si legge nel rapporto – il governo italiano impegnerà nel triennio 2014-2016 quasi 2 miliardi di euro per l’acquisto di altri 8 F35, in media 650 milioni l’anno. Parallelamente, solo per fare un confronto esemplare, secondo quanto previsto dalla Legge di stabilità 2014, gli stanziamenti per il Servizio sanitario nazionale subiranno un taglio di 1 miliardo e 150 milioni di euro negli anni 2015-2016″. Seguono altri numeri e altri confronti esemplari. “La nostra stima di costo medio finale per un F-35 si attesta sui 135 milioni di euro. Con questa cifra si potrebbero assumere 5.400 ricercatori per un anno, oppure si potrebbero costruire 405 nuovi asili per 12.500 bambini creando 3.645 nuovi posti di lavoro, o ancora si potrebbero mettere in sicurezza 135 scuole o acquistare 21 treni per pendolari con 12.600 posti a sedere. Gli oltre 14 miliardi complessivi per l’acquisto e lo sviluppo dei cacciabombardieri (che diventano almeno 52 miliardi per l’intera gestione del programma) potrebbero essere spesi molto meglio: ciascuna componente acquistata di un F-35 sottrae le risorse necessarie per affrontare le vere priorità del Paese, quelle con le quali i giovani, gli studenti, i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione, gli abitanti di territori abbandonati all’incuria si confrontano ogni giorno”.

Il rapporto della campagna “Taglia le ali alle armi” non può che concludersi con la richiesta di rinunciare agli F35. Una richiesta considerata non utopistica, bensì in linea con le decisioni già prese dai governi di altri Paesi alleati: “Il Canada ha azzerato (soprattutto in ragione dei costi esplosi rispetto alle previsioni) la propria partecipazione facendo ripartire la gara d’appalto per la fornitura di caccia alla propria Aeronautica Militare, i Paesi Bassi hanno confermato solo 37 degli 85 velivoli inizialmente previsti e recentemente la Gran Bretagna ha definito l’acquisto di soli 14 velivoli in versione B – con l’esorbitante costo di 2,5 miliardi di sterline – sui 48 in attesa di conferma entro il 2015″. Ora vediamo cosa deciderà l’Italia guidata dal nuovo governo Renzi che, giova ricordarlo, durante la campagna per le primarie del Pd aveva dichiarato: “Gli F35 sono soldi buttati via, io sono per il dimezzamento”.

Riceviamo e pubblichiamo dal Segretariato generale della Difesa

SEGRETARIATO GENERALE DELLA DIFESA E DIREZIONE NAZIONALE DEGLI ARMAMENTI UFFICIO GENERALE DEL SEGRETARIO GENERALE Servizio Pubblica Informazione
La difesa non nasconde nulla in merito alla notizia riportata da codesta testata, che sostiene l’impegno dell’Italia all’acquisto di 14 F35, si precisa che i dati contenuti si riferiscono al vecchio profilo di acquisizione dell’aereo che prevedeva, infatti, 14 macchine. In particolare, 3 aerei per il lotto 6, 3 aerei per il lotto 7, 4 aerei per il lotto 8 e 4 aerei per il lotto 9. Come è stato riferito in Parlamento, tale profilo non è più attuale e, nel merito, qualsiasi iniziativa non potrà che conformarsi a quando indicato dal Parlamento nella propria specifica mozione.

Replica Enrico Piovesana

Le informazioni divulgate nel report della campagna ‘Taglia le ali alle armi’, provenienti da dati ufficiali Usa, mostrano come la Difesa abbia sottoscritto contratti per nuovi lotti di aerei F35 successivamente alle mozioni parlamentari di metà 2013 che sospendevano ogni ulteriore acquisizione. Notizie di questi nuovi contratti erano già trapelate da Oltreoceano nei mesi scorsi, spingendo i parlamentari della commissione Difesa a chiedere al ministero l’accesso a tutti i documenti relativi al programma di acquisizione degli F35 con il dettaglio delle fasi contrattuali. Tali documenti non sono stati forniti: il ministro Mauro si è limitato a ribadire (nemmeno di persona, ma per bocca di un messaggio letto in aula il 18 ottobre dal sottosegretario all’Agricoltura) che a suo giudizio le mozioni parlamentari “non incidono sulle politiche di acquisto già determinate”. La stessa richiesta è stata a più riprese rivolta alla Difesa anche da associazioni e giornalisti, sempre senza esito. Saremmo lieti che, in nome della trasparenza, queste informazioni venissero finalmente rese accessibili.

di Enrico Piovesana | 19 febbraio 2014

Fonte:www.ilfattoquotidiano.it

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21 Dicembre 2013

Un deciso taglio alla flotta aerea e alle auto blu. Si muove su questi binari la spending review messa in atto dalla Presidenza del Consiglio. A sintetizzare i contenuti degli interventi è il segretario generale Roberto Garofoli. «Con alcune mie direttive di giugno abbiamo provveduto ad una significativa contrazione degli aerei di Stato vendendone 3 di 10, con un valore ricavato di 50 milioni che il Presidente ha deciso di destinare alle esigenze della Protezione civile» afferma in un’intervista pubblicata sul sito dell’Agdp, Associazione dirigenti delle pubbliche amministrazioni. «Nelle nostre stime i restanti 7 aerei – spiega Garofoli – sono adeguatamente sufficienti a soddisfare le esigenze per le quali è prevista una flotta di Stato, tra cui, è bene ricordarlo, non solo gli spostamenti delle autorità politiche (sotto la attuale gestione ormai ridotti a numeri davvero esigui), ma anche quelli umanitari, sanitari e di sicurezza». «Abbiamo anche provveduto ad una significativa contrazione delle auto in dotazione alla Presidenza (16); è stata ridisciplinata l’intera materia delle missioni, con l’introduzione di condizioni molto rigorose». Inoltre, rimarca il segretario, «stiamo lavorando al tema degli immobili con l’obiettivo di ridimensionare la spesa per fitti passivi che la Presidenza sostiene: stiamo registrando una collaborazione dell’Agenzia del Demanio e del Ministero della Difesa. Spero non ci sfugga questa occasione».

Fonte:www.online-news.it



Il costo dell’operazione è di circa 17 milioni di dollari.

Il governo argentino ha approvato l’acquisto di due elicotteri Bell 412 per le forze armate del paese latino americano. L’acquisto, che costerà alle casse di Buenos Aires circa 17 milioni di dollari, è stato commissionato a un’azienda che fa capo all’esecutivo canadese ed è parte di un memorandum d’intesa tra il ministero della Difesa argentino e la Canadian commercial corporation (Ccc). L’intesa regola le transazioni tra gli esecutivi dei due paesi negli ambiti dei programmi di armamento, dei servizi e degli equipaggiamenti militari. A firmarlo il segretario del ministero della Difesa e l’ambasciatore di Ottawa a Buenos Aires il 13 luglio del 2009.

Fonte:www.ilvelino.it



La recente sostituzione di due vecchi aerei da trasporto militari L-410 con altri nuovi, un accordo del valore di circa 9,8 milioni di euro, è stata fatta con un occhio alle esigenze delle Forze armate e uno al budget disponibile al Ministero della Difesa, ha detto ieri il Ministro Martin Glvac in una conferenza stampa. Questo acquisto deriva da un impegno preso nel corso del precedente governo Fico (2006-2010), nel corso del quale vennero sostituiti altri due velivoli L-410 Turbolet.Il quotidiano Sme aveva riferito la settimana scorsa che per questo contratto non si era svolta alcuna gara pubblica, e tutta la procedura era stata condotta in modo opaco. In più, aveva scritto Sme, i bimotori a corto raggio sono stati acquistati non direttamente dal produttore ceco, come ci si sarebbe potuti aspettare, ma piuttosto dal distributore in Slovacchia. Il ministro Smer ha respinto le critiche del giornale, dicendosi certo che la sostituzione non abbia comportato alcun problema. Glvac dice che il prezzo pagato corrisponde al costo effettivo degli aerei corredati del loro equipaggiamento.

 Il ministro ha sottolineato come il governo slovacco sia in affari con l’azienda fin dal 1998, quando al potere era il partito oggi all’opposizione SDKU-DS. Dal momento che «il prezzo era buono e l’oggetto del contratto era in ordine», ha detto, «a me non interessa chi è il fornitore» se l’appalto è concluso secondo la legge.

 A rinverdire le critiche ci ha pensato il precedente Ministro della Difesa Lubomir Galko (SaS), che reputa assolutamente senza senso la sostituzione, un «acquisto scandaloso e inefficace». Il governo dovrebbe avere ben altre priorità che non un tale investimento per le Forze armate, ha detto. «Non abbiamo soldi per l’assistenza sanitaria, per l’istruzione e altre priorità, ma stiamo comprando aerei che possono a malapena fare il tragitto da Bratislava a Kosice o Praga», ha detto, riferendosi al fatto che gli aerei sono a corto raggio. E poi, come ha scritto Sme, sono piuttosto rumorosi e volano a una velocità massima di soli 380 chilometri all’ora. Meglio sarebbe stato spendere quei fondi per veicoli corazzati da trasporto personale o grandi aerei da trasporto militare, come lo Spartan – il velivolo C-27J dell’italiana Alenia. La società aerospaziale italiana ha in effetti vinto una gara di appalto per due velivoli nel 2008 (per sostituire vecchi Antonov russi), ma per motivi finanziari si era poi rimandato il termine del ritiro dei mezzi, ed il conseguente pagamento. Gli italiani, che hanno sbaragliato la concorrenza delle americane Lockheed Martin e Boeing, e della spagnola Eads Casa, hanno anche offerto, per ridurre i costi globali dell’operazione, di formare i nuovi piloti in Italia. La gara fu lanciata per soddisfare gli impegni presi con l’adesione del Paese alla NATO.

(La Redazione, Fonte Tasr) 

www.buongiornoslovacchia.sk



Il Ministero della Difesa filippino ha intenzione di acquistare per le forze aeree tre elicotteri italiani AW109E Power, per un contratto del volume di circa $32,5 milioni. L’acquisto delle macchine avverrà in regime d’urgenza, nell’ambito del programma di acquisti straordinari per la difesa. L’ordine è già stato effettuato.

Non sono specificati altri dettagli riguardanti l’affare. Non è noto se gli elicotteri AW109E destinati alle Filippine verranno equipaggiati con qualche armamento

Fonte:http://italian.ruvr.ru



Il governo compra due aerei di lusso per 800 milioni

ROMA – Antonio Di Pietro, leader dell’Idv. lancia una pesante accusa sul suo blog: “Alla faccia della spending review, il ministero della Difesa ha appena deciso di ordinare un paio di aeroplani nuovi di zecca. Che volete che siano due aerei? Dipende da che tipo di aerei si tratta. Se sono due , aeroplani che costano un occhio della testa, vuol dire una spesa di 750 milioni di dollari tondi. A che cosa ci servono questi due super-aerei dei quali, secondo quanto scrive oggi Il Fatto quotidiano, sono stati prodotti in 15 anni appena 200 esemplari, in buona misura adoperati per trasportare, con tutti i lussi, capi di Stato e dignitari vari? Ci servono, parola del ministro ammiraglio Di Paola, per fare la guerra elettronica. Cosa significhi non lo sa nessuno ma ci deve bastare, perché al ministro non piace che le informazioni circolino troppo. La sua visione della democrazia è che meno cose si sanno meglio è. Infatti persino il prezzo dei due gioiellini volanti lo si ricava andando a leggere i comunicati di chi ce li vende, l’industria aerospaziale israeliana perché, nel comunicato del ministero della Difesa italiana, a quel prezzo non si fa proprio cenno. Si vede che al ministro sembrava poco patriottico parlare di soldi quando c’è di mezzo addirittura la guerra elettronica”. 
L’annuncio è di sabato, ma è impressionante la spudoratezza del governo. Il Gulfstream V  non è e non può essere un aereo di guerra elettronica (che consiste nello spiare le emissioni radar e radio nei Paesi nemici), in quanto non ha motori in grado di volare a bassissime velocità e non ha una bassa osservabilità radar (quindi lo vedono a centinaia di chilometri di distanza dal suo obiettivo). Il Gulfstream V è semplicemente un aereo di lusso per Vip, con tutti i comfort del caso, dall’uso di fax, telefono, PC, ecc., fino alla possibilità di tenere pranzi o cene mentre l’aereo è in volo.

Fonte:www.julienews.it


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