ONU

5 Febbraio 2015

La Giordania reagisce all’omicidio del pilota e non esclude la possibilità di inviare truppe di terra

Iraqi refugees in Erbi

 

L’Isis uccide, tortura e violenta sistematicamente bambini e famiglie di gruppi minoritari in Iraq: è quanto emerge da un rapporto dell’Onu pubblicato a Ginevra. I bambini, riporta il documento, in molti casi vengono anche “crocifissi”, “decapitati” e “sepolti vivi”. Il comitato delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini lancia un appello affinché le forze di governo irachene si impegnino maggiormente per proteggere i bambini e le loro famiglie.  Il rapporto cita “molti casi di esecuzioni di massa di bambini, cosi’ come notizie di decapitazioni, crocifissioni di bambini e sepolture di bambini vivi”. Il governo iracheno ha chiesto ripetutamente di avere più armi dall’occidente e un maggiore addestramento delle sue forze. Da parte sua, l’agenzia dell’Onu ha esortato a fare di più, sottolineando che l’Iraq deve “prendere tutte le necessarie iniziative per assicurare la sicurezza e la protezione dei bambini e delle loro famiglie”.

 

Bimbi venduti mercato nero come schiavi sesso

 

I militanti dell’Isis vendono i bambini iracheni rapiti come schiavi del sesso, li utilizzano come kamikaze, produttori di bombe, informatori o scudi umani per proteggere alcune strutture contro gli attacchi aerei della coalizione guidata dagli Usa: lo afferma il rapporto della Commissione Onu sui diritti del fanciullo.

Il comitato delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini lancia un appello affinchè le forze di governo irachene si impegnino maggiormente per proteggere i bambini e le loro famiglie. Il rapporto cita “molti casi di esecuzioni di massa di bambini, cosi’ come notizie di decapitazioni, crocifissioni di bambini e sepolture di bambini vivi”. Il governo iracheno ha chiesto ripetutamente di avere più armi dall’occidente e un maggiore addestramento delle sue forze. Da parte sua, l’agenzia dell’Onu ha esortato a fare di più, sottolineando che l’Iraq deve “prendere tutte le necessarie iniziative per assicurare la sicurezza e la protezione dei bambini e delle loro famiglie”

 

60 uccisi tra cui civili in raid coalizione

 

Circa 60 persone, per lo più civili tra cui minori, sono stati uccisi nel nord della Siria, in una zona controllata dallo Stato islamico (Isis), in raid aerei compiuti dalla Coalizione internazionale lo scorso 28 dicembre ma la notizia è stata resa nota solo oggi grazie a un dettagliato rapporto di un’accreditata organizzazione umanitaria

 

 

Hollande,risposta globale a minaccia globale

 

“A minaccia globale, risposta globale”: lo ha detto il presidente francese, Francois Hollande, riferendosi ai terroristi dell’organizzazione dello Stato islamico (Isis).

 

 

La Giordania “non esclude” la possibilità di inviare truppe speciali di terra per operazioni contro lo Stato islamico

 

 

(Isis)dopo l’esecuzione del pilota giordano, secondo una fonte governativa anonima citata oggi dal quotidiano panarabo Asharq al Awsat. La notizia fa seguito ad un’altra, anch’essa impossibile per ora da verificare, data ieri da account Twitter vicini ai Peshmerga curdi secondo la quale l’aviazione giordana avrebbe bombardato postazioni dell’Isis a Mosul, nel Nord dell’Iraq, uccidendo 55 jihadisti

 

 

Tre jihadisti cinesi uccisi perchè cercavano di lasciare lo stato islamico

 

Tre miliziani jihadisti cinesi sono stati messi a morte dall’Isis nei mesi scorsi perché avevano cercato di lasciare l’organizzazione, secondo quanto riferito dal quotidiano ufficiale cinese Global Times, che cita una non precisata fonte curda. I tre appartenevano al Movimento islamico dell’Est Turkestan (Etim), organizzazione separatista della regione cinese dello Xinjiang accusata dalle autorità di Pechino di avere compiuto decine di attentati mortali.

 

 

Giordania, il tempo dell’ira e della vendetta

 

 

Lo shock ha lasciato il posto alla rabbia e alla vendetta. Dopo le agghiaccianti immagini diffuse dall’Isis del pilota giordano bruciato vivo, ad Amman sono stati impiccati all’alba di oggi due terroristi di Al Qaida, tra i quali la donna della quale l’Isis aveva chiesto il rilascio promettendo la liberazione dell’ostaggio. Mentre la società giordana, che nei mesi scorsi era parsa divisa sulla partecipazione alla Coalizione internazionale a guida americana, sembra ora fare quadrato intorno al re Abdallah, intenzionato più che mai a continuare i raid contro lo Stato islamico in Siria: tanto che in serata caccia giordani, secondo fonti vicine ai Peshmerga curdi, hanno massicciamente bombardato Mosul, la ‘capitale’ del Califfato in Iraq, uccidendo 55 membri dell’Isis, tra cui un loro leader, Abu-Obida Al-Tunisian. Anche Ahmed al Tayyeb, l’imam dell’università Al Azhar del Cairo, il centro teologico più importante dell’Islam sunnita, ha espresso tutta la sua ira contro i responsabili dell’uccisione del pilota ventiseienne Muaz al Kassesbeh, arrivando ad affermare che i jihadisti dovrebbero essere “crocifissi” e mutilati, e definendo lo Stato islamico “un’organizzazione terroristica satanica”

 

Isis ordina rimozione croci da chiese in Siria

 

 

I jihadisti dello Stato islamico hanno imposto la rimozione delle croci e crocifissi dalle chiese di Tel Hamis, una località a maggioranza cristiana nel nord-est della Siria. Lo riferiscono media siriani delle opposizioni, che a loro volta citano fonti della Chiesa siriaca siriana e della comunità assira. L’informazione non può essere verificata in maniera indipendente.

 

 

Fonte: www.ansa.it


19 Agosto 2014

Un Lockheed Martin F-16 C\D Fighting Falcon  nominativo radio BUZZARD 24 (o Viper ) del 510th Fighter Squadron dell’US Air ForceUSAFE US Air Force in Europe ) di stanza sulla Aviano Air Base (PN) durante un volo addestrativo sull’ Adriatico settentrionale tra Cervia e Pesaro.  

buz24

 

 

Ma chi sono i ” BUZZARDS “

510th Fighter Squadron

 

Il 510th Fighter Squadron venne riattivato sulla base di Aviano, il 1° luglio 1994, come parte del 31st FW. Si riequipaggiò con gli F-16 Fighting Falcon ed entrò immediatamente in azione fornendo piloti al 555th FS, impegnato nella conduzione dell‘Operazione Deny Flight, il mandato delle Nazioni Unite per imporre una zona di non volo sulla Bosnia-Erzegovina.Lo squadron è equipaggiato con 18 F-16 C/D blocco 40.

Il suo compito è quello di condurre operazioni difensive ed offensive, con vari sistemi d’arma, secondo le direttive NATO, Supreme Allied Commander Europe e nazionali.

Il reparto venne creato il 24 febbraio 1943, come 625th Bombardment Squadron (Dive), presso la base di Drew Field in Florida. Il primo tipo di aereo utilizzato fu il Douglas A-24, la versione terrestre del bombardiere in picchiata “Dauntless” dell’US Navy.

Lo Squadron fu incorporato nel 405th Bombardment Group (più tardi ridesignato Fighter Bomber Group e poi Fighter Group). Il 10 agosto 1943, il reparto venne ribattezzato 510th Fighter Bomber Squadron e trasferito, il 13 settembre, al Waterloo Army Air Field in South Carolina.

In questo periodo lo squadron venne riequipaggiato prima con i Bell P-39 Aircobra e poi con i Republic P-47 Thunderbolt.

Raggiunto il teatro di operazioni europeo il 6 marzo 1944, iniziò le operazioni belliche da Christchurch in Inghilterra.

Il 510th seguì l’avanzata delle truppe alleate verso la Germania trasferendosi successivamente sulle basi di Picauville e St.Dizier in Francia, Ophoven in Belgio e Kitzingen in Germania, dove il reparto si trovava al termine delle ostilità. Gli uomini e le donne del 510th meritarono sette insegne di campagna durante la seconda guerra mondiale.

Il 27 ottobre lo  Squadron venne smobilitato a Camp Kilmer nel New Jersey.Il reparto venne riformato il 1° dicembre 1952 presso la Goodman AFB nel Kentucky e fu di nuovo denominato 510th Fighter Bomber Squadron, essendo equipaggiato con i cacciabombardieri Republic F-84 Thunderjet.

Il 17 aprile 1953 si trasferì sulla Langley AFB, in Virginia, contemporaneamente all’arrivo del nuovo caccia North American F-100 Super Sabre.

Altro trasferimento il 13 marzo 1964 alla England AFB, in Louisiana, con passaggio nei ranghi del 3rd Tactical Fighter Wing.

Il 10 novembre 1965 il 510th TFS fu rischierato sulla base di Bien Hoa, Repubblica del Vietnam, da dove effettuò oltre 27.000 missioni di combattimento, guadagnandosi altre undici insegne di campagna.

Lo Squadron venne smobilitato il 15 novembre 1969 e riattivato il 1° ottobre 1978 a Bentwaters in Inghilterra, dove divenne il secondo reparto dotato di Fairchild Republic A-10 Thunderbolt II ad iniziare l’attività con l’81st Tactical Fighter Wing.

Nella foto: l’F-16C 88-413 “Buzzard 1”, aereo personale del comandante del 510th Fighter Squadron Lt.Col.Edward J.Ryder, caratterizzato dalla testa di aquila sulla coda.

 

Nell’ autunno del 1991, il 510th svolse un ciclo operativo di tre mesi nell’ambito delle forze delle Nazioni Unite impegnate nell’Operazione Desert Storm e nell’Operazione Provide Confort, agendo dalla base di Incirlik in Turchia.

Il 14 gennaio 1993, il 510th fu assegnato al 52nd Fighter Wing di Spangdalhem in Germania, restando l’unico squadron con A-10 dell’USAFE.

Il reparto venne disattivato il 25 febbraio 1994 per essere riformato ad Aviano il 1° luglio 1994, riequipaggiato con F-16 ed inserito nell’organico del 31st FW.

Lo Squadrone assunse immediatamente un ruolo attivo, insieme al 555th FS, nello svolgimento dell’Operazione Deny Flight, il mandato ONU per l’imposizione di una zona di non volo sulla Bosnia-Erzegovina.

Nel novembre 1994, il 510th FS fu tra i primi reparti del USAFE ad utilizzare il sistema LANTIRN (Low-Altitude Navigation and Targeting Infra-Red for Night) in missioni di guerra.

Nell’aprile 1995 lo squadrone assunse l’ulteriore ruolo operativo FAC (Forward Air Control). Nel settembre dello stesso anno il 510th FS svolse 206 missioni di guerra nell’ambito dell’Operazione Deliberate Force sulle ex Iugoslavia e successivamente iniziò il ciclo operativo per l’Operazione Decisive Edge.

LEGGI ANCHE

it.wikipedia.org/wiki/General_Dynamics_F-16_Fighting_Falcon

E

www.comandantionorariaviano.it/510th_Buzzards_ita.htm

 

 

Fonte:www.aeromedia.it & www.flightradar24.com



Biden: nessun dubbio sull’uso di armi chimiche. Cameron: prepariamo risposta militare. No di Mosca e Iran: conseguenze catastrofiche.

NEW YORK – A ritmo serrato, la potente macchina da guerra Usa scalda i motori: già da giovedi potrebbe arrivare la luce verde per una dura azione punitiva contro il regime di Damasco, accusato di aver oltrepassato la ‘linea rossà usando micidiali armi chimiche contro i ribelli e la popolazione civile in Siria.

Ufficialmente, il presidente Obama non ha ancora preso una decisione definitiva, fa sapere la Casa Bianca, ma i suoi più stretti collaboratori e i suoi alleati incalzano con dichiarazioni pubbliche inequivocabili.

L’annuncio del vice di Obama. «Non c’è dubbio» che il regime siriano ha usato i gas, ha detto il vice-presidente americano Joe Biden. «Armi chimiche sono state usate, e il regime di Damasco è il solo che le ha», ha detto Biden parlando all’American Legion a Houston.

Allo stesso tempo, la Russia continua ad ammonire sulle possibili ricadute di un intervento, anche per l’intera regione: L’occidente, ha detto il vice-premier Dmitri Rogozine, si muove nel mondo islamico «come una scimmia con una granata». Per la Russia, ha inoltre affermato, i tentativi di aggirare l’Onu «creano per l’ennesima volta pretesti artificiali e infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa».

La posizione dell’Italia. Anche l’Italia tira il freno sulla possibilità di passare all’azione senza un mandato delle Nazioni Unite. «L’Italia non prenderebbe parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha precisato il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte. Fonti governative hanno poi precisato che senza un mandato dei Quindici è escluso anche l’uso delle basi militari italiane. Ma un passaggio attraverso le Nazioni Unite sembra del tutto improbabile.

Anche Pechino – che come Mosca ha diritto di veto in Consiglio di sicurezza – attraverso un editoriale dell’ agenzia Nuova Cina ha affermato che «è imperativo che gli Usa e i Paesi che la pensano come loro si astengano da qualsiasi avventato intervento armato e lascino le Nazioni Unite giocare la loro parte nel decidere come agire». Una soluzione negoziata sembra però sempre più lontana, anche perchè le relazioni tra Washington e Mosca si fanno sempre più tese. Il Dipartimento di Stato ha infatti oggi comunicato all’ultimo momento di aver rinviato l’incontro fra diplomatici americani e russi in programma domani a L’Aia, in seguito «alle consultazioni in corso per trovare una risposta appropriata» all’attacco del 21 agosto in Siria. In attesa che sia reso noto il rapporto dell’intelligence sull’uso di armi chimiche in Siria nei prossimi giorni, continuano a rullare i tamburi di guerra.

Le forze armate Usa sono «pronte ad andare» se il presidente Obama, ‘Commander in Chief’, ordinerà di passare all’azione, ha reso noto il segretario alla difesa, Chuck Hagel. Il Pentagono, ha detto, ha spostato tutti «gli asset necessari per essere in grado di onorare e assecondare qualsiasi opzione il presidente» decidesse di seguire. Opzioni, ha poi precisato il portavoce della Casa Bianca, che non riguardano un cambio di regime a Damasco e non sono solo limitate al solo uso della forza.

Anche Londra ha fatto sapere che le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una azione militare, mentre il premier David Cameron ha affermato che «la comunità internazionale deve rispondere» all’attacco chimico in Siria, e ha richiamato il Parlamento dalle ferie, convocandolo proprio per giovedì. «L’attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta», e la Francia è «pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti», gli ha fatto eco da Parigi il presidente Francois Hollande.

Il possibile scenario. Contemporaneamente, varie fonti di stampa raccolgono da fonti dell’amministrazione Usa indiscrezioni sui possibili obiettivi e sui tempi dei raid. Secondo la Nbc l’attacco scatterebbe giovedi e potrebbe avere la durata di tre giorni. Secondo il Washington Post nel mirino di «attacchi chirurgici» ci sono obiettivi di alto valore delle difese aeree, navali e di terra del regime, così come i centri di sostegno logistico e comando delle forze armate. Secondo l’agenzia Bloomberg, i piani all’esame non considerano truppe di terra o l’imposizione di una no-fly-zone, nè tantomeno di colpire direttamente il presidente al Assad. Damasco, intanto, si mostra a sua volta bellicosa: «In caso di attacco ci difenderemo con ogni mezzo a disposizione», ha detto il ministro degli esteri Walid al Muallim, minacciando anche una risposta con «mezzi di difesa che sorprenderanno».

Di certo, di quest’atmosfera sembrano farne le spese gli ispettori dell’Onu sul campo: la loro visita prevista oggi ad un nuovo sito, hanno fatto sapere, è stata rinviata di un giorno, «al fine di migliorare la preparazione e la sicurezza per la squadra».

Fonte:www.ilmessaggero.it



L’Onu dà il via libera a nuove sanzioni

TOKYO – La Corea del Nord spara ad alzo zero e minaccia un attacco preventivo nucleare contro gli Usa, ma non evita il via libera unanime del Consiglio di Sicurezza dell’Onu alla stretta delle sanzioni in risposta al terzo test nucleare di Pyongyang, seguendo il testo concordato tra Usa e Cina. L’avvertimento del Nord, facendo ricorso a una buona e non nuova dose di retorica, è caduto anche nel mezzo delle manovre militari congiunte tra Washington e Seul che, avviate a inizio mese e destinate a chiudersi a fine aprile, entreranno lunedì nella cosiddetta ‘Key Resolvè, una simulazione al computer sugli scenari possibili di guerra, di difesa e attacco, avendo come riferimento un’azione delle forze armate nordcoreane. «Per tutelare l’interesse supremo del Paese e per affrontare la guerra nucleare da parte degli Stati Uniti, eserciteremo il nostro diritto di lanciare attacchi nucleari preventivi contro le roccaforti degli aggressori», ha tuonato un portavoce del ministero degli Esteri, secondo quanto rilanciato dalla Kcna.

«La Corea del Nord non otterrà nulla attraverso nuove minacce e provocazioni», ha ribattuto l’ambasciatrice americana all’Onu, Susan Rice, a voto ormai espresso e forte anche del sostegno della Russia. «L’unico risultato sarà quello di un ulteriore isolamento della Corea del Nord», ha continuato Rice, che ha definito le nuove misure restrittive varate dal Consiglio «le più pesanti mai approvate dalle Nazioni Unite». La Cina ha l’obiettivo che lo scomodo alleato del Nord opti per la «piena attuazione» della risoluzione, ha detto l’ambasciatore all’Onu, Li Baodong, chiedendo ora uno sforzo per smorzare le tensioni. Secondo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, è «un messaggio inequivocabile» della comunità internazionale, non più disposta a tollerare altri esperimenti atomici. «È necessario – ha aggiunto – invertire la rotta e puntare sulla costruzione della fiducia con i Paesi vicini».

La Corea del Nord, nelle parole del portavoce del ministero degli Esteri, ha denunciato il fatto che la risoluzione non sarebbe stato altro che «uno stratagemma di Washington per manipolare il mondo» e nascondere le sue trame di invasione. In altri termini, sono «gli Stati Uniti che stanno giocando con il fuoco nella polveriera del nordest asiatico ed è Washington, la minaccia principale alla pace mondiale». In precedenza, l’ esercito del Nord ha minacciato di trasformare le capitali di Corea del Sud e Stati Uniti in un «mare di fuoco» se avessero tentato di penalizzare il Paese per il test nucleare. La farsa dell’adozione di risoluzione e sanzioni contro la Corea del Nord, sostenute dagli Stati Uniti, «avrebbero avuto lo scopo di costringere la Dprk (la Repubblica democratica popolare di Corea, ndr) ad adottare seconde e terze contromisure più potenti», incluso l’annullamento dell’armistizio siglato per fermare la sanguinosa guerra di Corea del 1950-53, se fossero partite le manovre militari ‘Key Resolve’. Le minacce non hanno sortito gli effetti sperati e i margini di manovra per il regime del ‘giovane generalè Kim Jong-un sono strettissimi, a maggior ragione dopo la presa di posizione di Pechino: in base alla risoluzione, gli Stati che aderiscono all’Onu sono tenuti a controllare cargo marittimi e aerei «all’interno o in transito sul loro territorio» nel sospetto che trasportino merce illecita, oltre che a prendere «misure necessarie per vietare alle istituzioni finanziarie» l’operatività se riconducibile ai programmi di distruzione di massa (altri tre individui e due entità nordcoreane sono finiti nella lista nera).

Fonte:www.ilmessaggero.it


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