tagli

16 Settembre 2016

Tratta sopra la parità il titolo di Boeing a Wall Street e segna un rialzo dello 0,06% a 127,75 dollari portando la propria capitalizzazione a 79,64 miliardi circa.

boing-logo

127,75 dollari portando la propria capitalizzazione a 79,64 miliardi circa. Di qua dall’Atlantico il competitor di sempre Airbus cede l’1,12%, nonostante la sigla di un contratto con Hong Kong Airlines per nove ulteriori aeroplani A330-300 (capitalizzazione a poco meno di 41 miliardi di euro).

Boeing ha annunciato nuovi e severi limiti alla paga degli straordinari dei propri dipendenti in un piano che sarà attivato dal prossimo 14 ottobre e dovrebbe coinvolgere circa 80 mila persone (circa la metà del personale complessivo del gruppo). Il Seattle Times, che riporta la notizia, ricorda anche il recente taglio di 4 mila posizioni e altri interventi tesi al taglio dei costi.

Nel secondo trimestre Boeing ha registrato una perdita netta da 234 milioni di dollari.

(GD)

Fonte:www.trend-online.com/

 


1 Marzo 2014

La compagnia di bandiera australiana Qantas ha annunciato oggi il taglio di 5.000 posti di lavoro, su uno staff totale di circa 30 mila.

SYDNEY – La compagnia aerea ha pure  annunciato la riduzione di 50 aerei dalla flotta, denunciando una perdita pre-tasse di 252 milioni di dollari australiani (circa 164 milioni di euro) nel secondo trimestre del 2013.

Il Ceo Alan Joyce ha presentato un piano di taglio dei costi di due miliardi di dollari (1,3 miliardi di euro) nei prossimi tre anni, citando la durissima concorrenza sia nelle operazioni internazionali che domestiche.

La Qantas Domestic ha registrato un profitto di 57 milioni di dollari nel secondo semestre 2013, contro i 218 milioni dello stesso periodo dell’anno prima, mentre la perdita della divisione internazionale è salita a 262 milioni dai 91 milioni del secondo semestre 2012. Risultati definiti “inaccettabili”, tali da imporre misure “senza precedenti come portata e profondità”. Joyce ha citato la ‘distorsione’ del mercato da parte dell’agguerrita concorrente Virgin Australia, che ha accesso a massicce partecipazioni straniere (Air New Zealand, Singapore Airlines e Etihad, Ndr), che per la Qantas sono limitate per statuto al 49%.

La Qantas cerca ora di convincere il governo che merita sostegno finanziario, almeno a livello di garanzie, e chiede di allentare le regole che limitano le partecipazioni straniere. Una concessione che permetterebbe di trasferire all’estero posti di lavoro e di esternalizzare la manutenzione degli aerei.

Nei mesi scorsi sia Standard and Poor’s che Moody’s hanno ridotto il rating della Qantas sotto il grado di investimento e con prospettiva negativa. Il sindacato dei servizi Asu, che rappresenta il personale di prima linea e dei servizi ai clienti, sostiene che i dipendenti sono puniti per le cattive decisioni imprenditoriali prese dalla compagnia e promette di “difendere tutti e ciascuno dei posti di lavoro”.

ATS

Fonte:www.tio.ch/News



Nonostante crisi e deficit, l’Italia non accenna a tagliare le spese per la Difesa: pochi giorni fa la AgustaWestland ha consegnato un altro dei 116 elicotteri che il nostro paese sta pagando 39 milioni di euro l’uno. Che ne pensa il ministro Mauro?

Crisi o non crisi, alla faccia della spending review e dei tagli annunciati alla casta, l’Italia continua a spendere milioni (anzi, miliardi) di euro in armamenti. AgustaWestland (gruppo Finmeccanica) ha infatti consegnato lo scorso 2 maggio all’Esercito italiano il primo elicottero NH-90 Tth in configurazione Foc (Final Operational Capability) durante una cerimonia ufficiale svoltasi nello stabilimento AgustaWestland a Venezia-Tessera, alla presenza dei generali Giangiacomo Calligaris e Francesco Langella.

Non si tratta di una consegna come tutte le altre, però. Il programma NH-90 è infatti il maggior contratto europeo per la fornitura di elicotteri militari di tutti i tempi, come affermato dalla stessa azienda produttrice: si tratta infatti di fornire 529 unità a 19 forze armate di 14 Nazioni, tra cui paesi in grave crisi economica come Italia, Portogallo, Spagna e perfino Grecia.

La storia di questi velivoli parte da lontano, dagli anno ’80, quando venne varato il programma internazionale per la realizzazione del nuovo NATO Helicopter; con la caduta del muro di Berlino e lo sgretolamento dell’URSS tuttavia il progetto subì dei rallentamenti (era scomparso il nemico numero uno per cui gli elicotteri erano stati concepiti) per poi riprendere vita nel 2000, quando l’Italia, insieme ad altri paesi, formalizzò la commessa per la fornitura di 116 nuovi NH-90, 60 per l’esercito e 56 per la marina militare. Il primo elicottero venne consegnato nel nostro paese nel dicembre 2007, ma in una versione diversa da quello uscito dalla linea di produzione giovedì scorso, che è stato il primo con capacità operativa completa (FOC = Full Operational Capability). Il debutto purtroppo non fu dei migliori: pochi mesi dopo la consegna, il primo NH-90 si inabissò durante un’esibizione sul lago di Bracciano, affondando a 150 metri dalla riva e causando la morte del pilota, il capitano Filippo Fornassi.

Ma quanto sono costati questi elicotteri di ultima generazione, adatti – sempre secondo AugustaWestland – a missioni di trasporto tattico, trasporto di carico, operazioni speciali, ricerca e soccorso, di addestramento ed evacuazione di feriti, ma che la Difesa definisce anche anti sommergibile e anti nave, quindi da guerra – e già impiegati dall’Italia in Afghanistan?

Qui le cose si complicano un po’. Secondo l’unica informazione ufficiale rintracciabile sul sito del ministero della Difesa, ma datata 2007 l’impegno finanziario previsto dall’Italia per il programma “Ala Rotante” di cui fanno parte gli Nh-90 “ammonta a circa 3.890 milioni di euro per la fornitura di n. 50 elicotteri TTH per l’EI e di n. 50 elicotteri per la MM”, per un costo unitario che ammonta (o ammontava, visto che i dati sono vecchi di sei anni) a circa 39 milioni di euro per unità. AgustaWestland parla però esplicitamente di una commessa italiana pari a 116 elicotteri, pari a una spesa totale che supera i 4,5 miliardi di euro.

La Grecia ha ordinato 20 elicotteri NH90, di cui 4 sono stati già consegnati; ne restano ancora 16 da pagare, ma è noto che il paese ellenico, stretto nella morsa del deficit, ha già annunciato di voler tagliare il bilancio della difesa; tuttavia non è ancora chiaro se le sforbiciate riguarderanno proprio il programma NH-90. Per quanto riguarda l’Italia, il nuovo ministro Mario Mauro, obiettore di coscienza storico, non ha ancora dichiarato che cosa prevede di fare riguardo al bilancio delle spese  militari italiane: l’avanzamento del programma “Ala rotante” potrebbe dargliene l’occasione?

Fonte:www.vita.it


6 Febbraio 2013

Washington taglia le commesse dei cargo italiani e a Roma tutti tacciono

di Gianandrea Gaiani

La spesa militare non porta voti. Se ne sono accorti in questi giorni tutti i leader politici italiani impegnati a smarcarsi dal programma per il cacciabombardiere F-35 che negli ultimi 15 anni tutti i governi avevano sottoscritto. Con i costi in crescita e i mille problemi tecnici da risolvere il programma militare più costoso e sofisticato della storia è al centro del dibattito politico e industriale negli Stati Uniti e in molti Paesi che hanno aderito al programma mentre in Italia il cacciabombardiere è diventato un “orfanello” del quale tutti negano la paternità. Eppure proprio la politica e soprattutto il governo dovrebbero alzare i toni con gli Stati Uniti circa le scelte sulle acquisizioni militari. Perché mentre l’Italia si è impegnata a spendere una quindicina di miliardi di euro (almeno) per dotare Marina e Aeronautica dei cacciabombardieri americani F-35 il Pentagono, impegnato a far quadrare i conti con i tagli imposti da Barack Obama, cancella le commesse per gli aerei italiani da trasporto C-27J Spartan destinati alle forze armate e alla Guardia Nazionale e per i vecchi G-222 che gli americani avevano acquistato ammodernati da Alenia Aermacchi (Gruppo Finmeccanica) per consegnarli alle forze aeree afghane.

Nel primo caso il taglio al programma dei cargo tattici ha fatto infuriare la Giardia Nazionale statunitense che aveva selezionato l’aereo italiano (che sta ottenendo un buon successo di export nel mondo) perché meno costoso sotto tutti i profili del più grande aereo cargo C-130 e degli elicotteri da trasporto CH-47 .
Il Pentagono ha però deciso di cancellare l’ordine che prevedeva 38 aerei (inizialmente erano 78) e i 21 già in servizio (costati 1,6 miliardi di dollari) verranno probabilmente venduti sul mercato dell’usato. Una decisione che danneggerà ulteriormente l’azienda italiana che avrà maggiori difficoltà a vendere aerei nuovi se gli Stati Uniti metteranno sul mercato C-27J a “chilometri zero”.

Nel caso dei G-222 (il predecessore del C-27J) lo smacco al “made in Italy” ha il sapore della beffa. Gli Stati Uniti hanno cancellato il programma per 20 aerei da trasporto alle neonate forze aeree afghane lamentando improvvisamente la scarsa operatività dell’aereo, della quale si soni accorti stranamente solo dopo che 16 velivoli su 20 erano stati consegnati a Kabul. Inoltre una disponibilità giornaliera di 8/10 aerei su 16 non sembra certo scandalosa se si considerano i turni manutentivi e l’incompleto addestramento dei tecnici afghani. La decisione del Pentagono di cancellare i G-222 comporterà inoltre risparmi solo per 60 milioni di dollari a fronte dei quasi 600 già spesi ma priverà gli afghani dei velivoli sui quali stanno addestrandosi da due anni.
Il taglio dei programmi C-27J e G-222 pare in realtà pretestuoso e teso non a risparmiare denaro ma a passare le commesse sottratte all’industria italiana a quella statunitense. Basti considerare che i tagli avvantaggeranno Lockheed Martin , la stessa azienda che produce il cacciabombardiere F-35, che fornirà i suoi cargo C-130 Hercules sia alla Guardia nazionale statunitense sia alle forze afghane al posto dei velivoli italiani. Un’ulteriore conferma dell’applicazione della linea “autarchica” varata da Barack Obama già nel 2009 e sintetizzabile con lo slogan “buy american” che impone al Pentagono di acquistare prodotti “made in USA” .

Spiace però constatare che Roma ingoi il rospo e taccia senza reagire o minacciare “rappresaglie” commerciali. Già molti Paesi hanno espresso perplessità sui costi e le prestazioni degli F-35 e se anche l’Italia lo facesse le sorti del mega-programma  americano diverrebbero ancora più incerte. E’ accettabile che a Roma nessuno negozi l’acquisizione dei 90 jet con il rispetto delle commesse americane di aerei italiani? A metà gennaio è giunto in visita a Roma il Segretario alla Difesa, Leon Panetta (in procinto di lasciare l’incarico a Chuck Hagel ) che ha firmato molti dei tagli apportati al bilancio del Pentagono. E’ ammissibile che nel governo Monti nessuno abbia lamentato i danni inflitti alla nostra industria aeronautica?

Fonte:http://news.panorama.it


8 Dicembre 2012

L’ad: “Sarà un piano di sopravvivenza”

Meridiana fly ha annunciato ai sindacati il drastico piano di ridimensionamento. Dai primi mesi del 2013 resteranno a casa 650 dipendenti.

Dieci aerei fermi negli hangar e 650 dipendenti a terra. Questo il piano di ridimensionamento che l’amministratore delegato Giovanni Gentile ha annunciato ai sindacati dopo averlo discusso col socio Karim Aga Khan: “E’ un piano di sopravvivenza”. Mercoledì sarà discusso insime al cda ma l’ad assicura: “I tagli non riguarderanno la Sardegna, dove sia i collegamenti che le frequenze rimarranno le stesse”.

Fonte:www.unionesarda.it


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