2013 Dicembre

Tutte le news dall’Aeroclub di Modena

29 Dicembre 2013

L’Ilyushin Il-76 ( in caratteri cirillici Ильюшин Ил-76, nome in codice NATO Candid ) è un quadrigetto da trasporto strategico multiruolo progettato dall’OKB 39 diretto da Sergej Vladimirovič Il’jušin e sviluppato in Unione Sovietica tra i tardi anni sessanta ed i primi anni settanta.

File:Aeroflot Ilyushin Il-76TD at Zurich Airport in May 1985.jpg

Venne impiegato operativamente dalla Sovetskie Voenno-vozdušnye sily (VVS), l’aeronautica militare sovietica, e, dalla sua dissoluzione, principalmente dalla successiva russa Voenno-vozdušnye sily Rossijskoj Federacii, dove è attualmente operativo nelle sue diverse versioni più recenti, oltre ad un buon numero di forze aeree mondiali.

Storia

Sviluppo

Verso la metà degli anni sessanta il ministero dell’industria aeronautica sovietica espresse la necessità di dotare la VVS di un nuovo aereo da trasporto militare medio dotato di quattro motori turboventola adatto a compiti di prima linea ed in grado di effettuare lanci di paracadutisti, equipaggiamento e beni militari tramite aviolanci. A questo scopo, in data 28 giugno 1966, emise una specifica alla quale rispose l’ufficio di progettazione (OKB) Nr.39 che, sotto la direzione di Sergej Il’jušin e con la collaborazione dell’OKB 19, diretto da Pavel Aleksandrovič Solov’ëv, al quale fu demandata la progettazione e lo sviluppo della parte motoristica, presentò il progetto dell’Il-76. La commissione tecnica incaricata in data 25 febbraio 1967 valutò positivamente il progetto ed il successivo 27 novembre il consiglio dei ministri approvò la risoluzione che ne avviava il programma di sviluppo.

La fase di sviluppo venne affidata al vicedirettore dell’OKB, Genrih Vasil’evič Novožilov, che diresse la costruzione di un mock-up in scala 1:1 da presentare alla commissione esaminatrice del governo, completato nel 1969 e valutato dalla stessa, presieduta dal tenente generale Georgij Nikolaevič Pakilev, tra il 12 ed il 31 maggio dello stesso anno.

La nuova approvazione avviò lo sviluppo definitivo del programma, iniziato con la costruzione del prototipo nello stabilimento di Mosca. Il velivolo venne portato in volo per la prima volta il 25 marzo 1971, ai comandi del pilota collaudatore I.E. Kuznecóv, staccatosi dalla pista dell’aeroporto Ramenskoe ( citato anche come aeroporto di Žukovskij ), sede di un centro segreto di collaudo in volo. Kuznecóv ne espresse valutazioni entusiastiche, ed anche se il fatto si rivela insolito per la casistica relativa a prototipi, sembra che l’Il-76 risultasse un apparecchio abbastanza solido, dato che il prototipo venne portato in volo fino in Francia il successivo 25 maggio per essere esposto al pubblico nell’ambito del 29º Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget.

Il velivolo venne descritto alla stampa, con la tipica disinformazione sovietica del periodo, come un “aereo puramente commerciale” destinato al trasporto aereo in zone remote altrimenti inaccessibili, sicuramente tra gli scopi originari del progetto. La NATO in quell’occasione gli assegnò il codice identificativo “Candid”, diventato successivamente “Candid-A” quando cominciò ad essere osservata un’altra linea di varianti di Il-76 dotate di diverso armamento difensivo, i “Candid-B”.

File:IlyushinIl76a.jpgVenne in seguito realizzata una seconda cellula destinata a prove di collaudo statico, seguita da un secondo prototipo che volò nell’estate 1973 e che partecipò al salone di Parigi-Le Bourget in quello stesso anno. In quell’occasione venne mantenuta la notizia riguardante ad un uso commerciale anche se alcuni funzionari sovietici timidamente ammisero che l’aereo avrebbe potuto avere “applicazioni militari”. I due prototipi continuarono ad essere utilizzati in un programma di collaudo durante il quale l’Il-76 riuscì a conquistare una serie impressionante di record per velivoli della sua categoria.

I risultati ottenuti convinsero il governo sovietico ad avviarne la produzione in serie, assegnata allo stabilimento statale Nr.84 situato a Tashkent, ora capitale dell’Uzbekistan. L’impianto aveva già precedentemente costruito gli Antonov An-12 ed altri modelli da trasporto ma l’Il-76 rappresentava una sfida, dato che era molto più sofisticato di qualsiasi velivolo costruito prima. Risolti gli iniziali problemi la prima unità della produzione di serie volò in data 8 maggio 1973.

Il periodo di valutazione in condizioni operative iniziò alla fine del 1973 e che terminò, utilizzato in servizio dalla VTA, nel 1975. Tutta la produzione degli Il-76 verrà costruita nello stabilimento di Tashkent. Dopo che primi dieci esemplari di produzione sono stati costruiti, lo stabilimento iniziò la costruzione della versione migliorata Il-76T, esternamente molto simile ma caratterizzata da un serbatoio di carburante supplementare nella sezione centrale dell’ala e da alcune piccole altre modifiche. Questa nuova versione mantenne il nome in codice NATO “Candid-A“.

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https://www.youtube.com/watch?v=vi_6zkIl-EU ( …PUP UP THE VOLUME …  )

Russian Air Force Ilyushin IL-76 Screaming Loud Departure from Boston

Descrizione tecnica

L’Il-76 è un velivolo da trasporto che racchiude le caratteristiche generali oramai comuni a gran parte dei modelli di ultima generazione: ampia fusoliera in grado di ospitare gran parte dei mezzi utilizzati dell’esercito con portellone posteriore dotato di rampa d’accesso, ala posizionata alta sulla fusoliera dotata di angolo di freccia positivo, impianto propulsivo basato su 4 motori turboventola alloggiati in altrettante gondole motore montate su piloni subalari, coda dotata di impennaggio a T e carrello d’atterraggio multiruote a bassa pressione per una migliore distribuzione del peso sulla pista.

File:IL-76MD-90A - MAKS2013firstpix11.jpg

Si può affermare essere, per il ruolo a cui era stato destinato in fase di progettazione e per la configurazione generale, l’equivalente sovietico dello statunitense Lockheed C-141 Starlifter. A differenza dell’aereo statunitense, prodotto in meno di 300 esemplari, l’Il-76 è stato esportato per una buona parte degli oltre 900 esemplari costruiti, e le ultime versioni, equipaggiate con impianto motore più recente, sono rimaste in produzione almeno fino alla metà degli anni novanta. Più essenziale del pari ruolo in dotazione all’Air Mobility Command, la componente da trasporto dell’United States Air Force, beneficiava dell’opportunità di poter operare, oltre che su piste di lunghezza limitata, anche su quelle semi preparate, caratteristica richiesta per la particolare tipologia del territorio sovietico e che era presente nelle caratteristiche dell’An-12 “Cub che lo ha preceduto come principale aereo da trasporto strategico e tattico sovietico.

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 https://www.youtube.com/watch?v=qK01R1vA8eY

BRQ/LKTB, Dramatic take off Ilyushin from Brno IL-76, 11.7.2009

Versioni AEW

A partire dall’IL-76 è stata sviluppata dalla Beriev (altro ufficio di progettazione noto per i suoi idrovolanti) la versione AWACS, lo A-50 (nome in codice NATO Mainstay), che costituisce l’equivalente russo del Boeing E-3 Sentry, ben riconoscibile a causa del rotodome (radome rotante) che contiene l’antenna radar.

Anche la Israeli Air Industries stava lavorando ad una versione AEW derivata dal Il76-MD con un radar Phalcon, con la Cina come potenziale acquirente, ma l’affare non andò in porto. Versione ora acquistata dall’ India in tre esemplari, la cui consegna del primo è prevista per gli inizi del 2009.

In Iraq invece sono state sviluppate due varianti indigene, il Baghdad-1 che montava un radar di sorveglianza Thomson-CSF Tigre che si dimostrò inefficiente, e tre cellule di Il 76-MD con un radar inserito in un rotodome di 9 metri di diametro; di queste, una venne distrutta in azione di guerra nel 1991 da un F-15 e le altre due volarono in Iran dove si trovano tuttora.

Versioni

Il-76
versione da trasporto militare, prima versione avviata alla produzione in serie.
Il-76M
versione da trasporto militare.
Il-76MD
versione da trasporto militare.
Il-76MD-90
versione da trasporto militare.
Il-76MD-90A (Il-476)
versione civile da trasporto medio modernizzata con i turbofan Pavel Solov’ëv PS-90A-76 e l’avionica digitale col peso massimo al decollo di 210 t e con raggio d’azione con il carico massimo di 52 t di 5,000 km.
Il-76MDPS
versione da ricerca e salvataggio.
Il-76MF
versione da trasporto medio.
Il-76P
versione aereo antincendio.
Il-76PP
versione ELINT.
Il-76SK
posto di comando aereo.
Il-76T
versione civile da trasporto medio.
Il-76TD
sviluppo del Il-76T, versione civile da trasporto medio a lungo raggio.
Il-76TDP
versione aereo antincendio.
Il-76VPK
posto di comando aereo.

Utilizzatori

File:UK-76805 Uzbekistan.jpgGli Ilyushin Il-76 utilizzati dall’aeronautica militare russa volano di norma con i contrassegni dell’Aeroflot ( e senza armamento, che però può essere facilmente installato ).

Tra gli operatori militari stranieri troviamo la Bielorussia, la Cina, l’India, l’Iran, la Libia, l’Algeria, l’Ucraina.

Civili

L’Ilyushin Il-76 viene utilizzato per i voli cargo dalle compagnie aeree russe e straniere:

Armenia Armenia
Azerbaigian Azerbaigian
Bielorussia Bielorussia
Georgia Georgia
Kazakistan Kazakistan
Kirghizistan Kirghizistan
Lettonia Lettonia
Russia Russia
Siria Siria
  • Syrian Arab Airlines
Turkmenistan Turkmenistan
Uzbekistan Uzbekistan

Ordinazioni

( SOTTO ) Diffusione dell’Il-76

File:World operators of the Il-76.png

Incidenti

Il 27 novembre 2010, un Ilyushin Il-76 della georgiana Sun Way (ICAO: MGC) con la base tecnica all’aeroporto Internazionale di Tbilisi, è precipitato su un complesso residenziale della Marina a Dalmia, nel quartiere di Gulistan-e-Johar, meno di due minuti dopo il decollo dall’aeroporto Internazionale Jinnah di Karachi in Pakistan. Le vittime oltre alle otto membri d’equipaggio sono quattro operai edili che si trovavano nell’edificio in costruzione su cui il velivolo è precipitato.  L’aereo decollato alle 01.45 (ora locale) effettuava un volo cargo per conto delle Nazioni Unite, ed era diretto a Khartoum, in Sudan.

 L’equipaggio dell’aereo precipitato è stato composto da un cittadino russo e sette cittadini ucraini come ha precisato il Diretto Generale della compagnia aerea Gjemal Tamazashvili (in russo: Джемал Тамазашвили). Inoltre, tra le possibili cause dell’incidente è stato nominato la collisione dell’aereo cargo georgiano con uno stormo di uccelli dopo il decollo.

13 Ilyushin Il-76 sono stati persi in seguito agli incidenti.

Il 12 novembre 1996 il volo Kazachstan airlines 1906 andò in collisione con il volo Saudi Arabian Airlines 763; la colpa era del pilota kazaco, che non aveva rispettato le indicazioni del controllore di volo. L’incidente, avvenuto dentro lo spazio aereo indiano, è la peggiore collisione aerea della storia per numero delle vittime.

Descrizione
Tipo aereo da trasporto strategico
aereo cargo (civile)
Equipaggio 6-7
Progettista URSS OKB 39 Ilyushin
Costruttore URSS aziende statali sovietiche
Russia Ilyushin Aviation Complex
Data primo volo 25 marzo 1971
Data entrata in servizio 1973
Data ritiro dal servizio in servizio
Utilizzatore principale URSS VVS
Altri utilizzatori Russia VVS
Ucraina Viys’kovo-Povitriani Syly Ukrayiny
India Bhartiya Vāyu Senā
Esemplari oltre 900

  • 450 in servizio in Russia
  • 300 in servizio al estero
Altre varianti Ilyushin Il-78
Beriev A-50
KJ-2000

 

File:Ilyushin Il-76.svg

Dimensioni e pesi

Lunghezza 46,59 m
Apertura alare 50,50 m
Altezza 14,76 m
Superficie alare 300,00 m²
Peso a vuoto 92 000 kg
Peso carico 88 000 kg con D-30KP-II
90 500 kg con D-30KP “Burlak”
Peso max al decollo 190 000 kg con D-30KP-II
195 000 kg con D-30KP “Burlak”
Capacità 140 soldati o
128 paracadutisti o
fino a 48 000 kg
Propulsione
Motore 4 turboventole Aviadvigatel’ D-30KP-II
4 Aviadvigatel’ D-300KP “Burlak”
Spinta 117,68 kN (12 000 kg) ciascuna (D-30KP-II)
127,49 kN (13 000 kg) ciascuna (D-30KP “Burlak”)
Prestazioni
Velocità max 770 km/h con D-30KP-II
780 km/h con D-30KP “Burlak”
Autonomia con D-30KP-II 7.500 km, il carico 20.000 kg
con D-30KP “Burlak” 7.950 km, il carico 20.000 kg
Tangenza 12 000 m
Armamento
Cannoni 2 Gryazev-Shipunov GSh-23L calibro 23 mm
Inquinamento acustico Rumore secondo il Capitolo 2 ICAO, le emissioni secondo le norme del 1996 con D-30KP-I
Rumore secondo il Capitolo 4 ICAO, le emissioni secondo le norme del 2008 con D-30KP “Burlak

 

Fonti:

http://it.wikipedia.org 

www.youtube.com 

 www.airliners.net 

 http://air-ace.blogspot.it


28 Dicembre 2013

Uscito dal bar dell’Aeroporto di Marzaglia verso le 11,15 dopo un caffè  mi dirigo verso l’auto per rientrare a casa quando vengo attratto da un macchinone grigio metallizzato che da Via dell’Aeroporto s’immette nel viottolo d’accesso allo scalo.

Santino…! “ penso tra me e me . “ Beh allora rimango un attimo per salutarlo…”

E cosi gli vado in contro mentre scende dalla sua enorme Mercedes, lui sempre molto carino mi saluta e mi abbraccia chiedendomi di fargli compagnia per un voletto attorno al Cimone a bordo del suo Saratoga.

Beh ,come invitare un’oca a bere…

Nel frattempo Enzo e Giorgio, usciti poco dopo di me dal Bar si dirigono verso l’hangar per estrarre l’aereo di Santino, il quale li aveva precedentemente informati circa le sue intenzioni.

Sul Piazzale anche Luca con Stefania, sua moglie ed il piccolo Riccardino aspettano che venga estratto l’I-EMHW per fare un volo “in famiglia” .

 Il buon Santino approfittando dell’occasione invita la famiglia ad unirsi a noi per il tour sull’Appennino modenese.

 GUARDA VIDEO

http://www.youreporter.it/video_In_volo_con_Santino_sul_Cimone_innevato

Pochi minuti e siamo già a bordo del PA-32 e rulliamo verso la pista 29 dell’Aeroporto di Marzaglia.

 Il  possente ruggito del 6 cilindri  Lycoming  da 300 cavalli  traina il l’ I-TECO  ed in poche centinaia di metri siamo in volo.

Un ronzio elettrico  seguito da un “TOC ”  sordo  ed i carrelli sono retratti, qualche secondo ancora e sentiamo l’aereo protendersi in avanti al ritirarsi dei flaps.

Una virata a sinistra in salita e via verso la “grande montagna”.

Raggiungiamo 7200 piedi ed avvicinandoci alla catena del Cimone vediamo una spessa coltre di nubi bianche imprigionate nel versante toscano dell’Appennino che come un muro naturale blocca l’avanzata del fronte.

 Il Cimone si avvicina sempre più fin tanto da averlo sotto l’ala sinistra del Piper.

Una larga virata a sinistra svela la vetta completamente bianca e l’Osservatorio Meteorologico sulla sua sommità risulta coperto da ghiaccio che cristallizzatosi sulle irte antenne di rilevazione le fa sembrare veri e propri ghiaccioli.

Sorvoliamo il Cimoncino  ed iniziamo la discesa verso Pavullo.

Avvicinandoci alla pianura deviamo verso Vignola , sorvoliamo la casa di campagna di Luca per poi rientrare verso Baggiovara.

La radio dell’Aeroporto di Modena-Marzaglia ci istruisce ad un sottovento per la pista 29.

Il ronzio si ripete ma questa volta il carrello è in uscita.

L’estensione dei flaps sembra un freno. 

La discesa continua, viriamo verso la pista  dell’ Aeroporto modenese. 

Atterrati invertiamo la marcia del velivolo e rulliamo verso il parcheggio. 

Il ruggito del 6 cilindri cessa di colpo .  

“TAC” sblocchiamo i portelli e scendiamo. 

Un volo inaspettato e una giornata magnifica a dispetto delle meteo che davano per oggi brutto tempo.

Per

 www.aeroclubmodena.it

 Piergiorgio”pierinoinflight” Goldoni


28 Dicembre 2013

Appuntamento alle 9.00 in Aeroporto e poi si vedrà, questa la mail del “President” inviata al solito manipolo di  “eroi” dell’Aero Club di Modena.

E così è stato, le meteo annunciavano una tregua tra la cosiddetta “Tempesta di Natale” e l’altra perturbazione in arrivo per il fine settimana del  28 e 29 Dicembre.

Le mete prefissate, basandosi sul meteo erano alcune, Bastia o Calvì in Corsica, l’Isola d’Elba o Genova.
Una consultazione  col responsabile della linea volo nonché Capo istruttore invece ci ha portato a optare per parte opposta, Venezia o Portoroz, queste le destinazioni in ballo.

Ovviamente la seconda l’ha fatta da padrona, ed infatti….

Ore 09,48 si accendono i motori dei due Piper 28.
Gli equipaggi all’andata erano nell’ordine: I-EMHWLoris ai comandi col “President” Attilio a far da secondo, Valler ed io a far zavorra.
I-MODU, Federico pilota in comando  con Mirko secondo, Manuel e Marcello zavorre anche loro.

Dopo  il decollo dallo scalo emiliano la rotta sarebbe stata la seguente: Cento, NDB di Ferrara, VOR di Chioggia ROTAR, UMBEK e finalmente Portoroz.

Verso Ferrara un dubbio ci ha assaliti:” ma siamo sicuri…”
Già perché man mano che ci si avvicinava al Po la visibilità calava e ciuffi di nebbia densa e grigiastra sembravano piovere dal cielo sbarrandoci la strada per la Slovenia.

Dopo poco però i Colli Euganei hanno cominciato a far capolino e la grigia tenda fumosa che ci aveva circondato si apriva davanti a noi facendoci intravedere il delta del grande fiume.

Un holding sul VOR di Chioggia   poi via, ci tuffiamo nord Adriatico verso il punto ROTAR.
I velivoli sobbalzano sferzati da forti raffiche di vento frontale che portano la velocità indicata sul DME a soli 87 nodi.
Uno due sobbalzi ancora, il vento ci colpisce e ci accorgiamo che il parabrezza del piccolo Piper si punteggia di goccioline di pioggia.
Oops! Un’altro bel saltone, intanto la costa slovena inizia a farsi più vicina.

Contattiamo il controllo d’area di  Portoroz che ci istruisce all’ avvicinamento.

Eccoci finalmente, i sobbalzi ed il forte vento finiscono quasi di colpo.
Iniziamo la discesa.
La visibilità è migliorata di molto mentre iniziamo il sottovento sullo scalo sloveno.

Viriamo in finale, giù sulla pista…Siamo arrivati.

GUARDA VIDEO

 http://www.youreporter.it/video_Gita_di_fine_anno_a_Portoroz_con_mangiata_di_pesce_a_Piran

Una pioggerellina leggera svolazza su di noi, un’hostess di terra ci viene in  contro porgendoci un ombrello e ci da il benvenuto.
Ciao , ben arrivati!
L’estrema vicinanza col confine italiano e l’intensa frequentazione da parte dell’italico turismo fanno si che la maggior parte della popolazione slovena e soprattutto il personale aeroportuale conoscano bene la nostra lingua.

Saliamo sul pulmino che in 15 minuti ci scarica a ridosso della Piazzetta principale di Piran che s’affaccia sulla marina colma d’alberi di barche a vela .
Col passar del tempo il cielo si apre e qua e  la sprazzi d’azzurro si fan largo tra le grigiastre nubi che ci hanno accompagnati per buona parte del volo.

Una passeggiata sul lungo mare è quel che ci vuole per stimolare l’appetito che comunque non ci manca…

Il mare mosso spruzza tra i frangiflutti posti a ridosso della banchina tanto che ogni tanto allarghiamo la passeggiata per non venir bagnati da ruscelli d’acqua schiumosa  che filtrano tra i massi fino ai gradoni del camminamento.

Entriamo al ristorante, il Pavel 2, già conosciuto da qualcuno del gruppo.
Conchiglie, gamberi seppie rosate e pesci , il tutto innaffiato da un vinello bianco che va giù come l’acqua fresca, una Crepes alla Nutella un caffè  e via, ci incamminiamo verso il punto di ritrovo col pulmino che ci riporterà all’Aeroporto.


All’uscita dal ristorante le chiazze d’azzurro sono diventate un tutt’uno ed il sole splende donandoci qualche istante di ristoro.
La visibilità è più che ottima e pensar di dover tornare a casa, beh intristisce un tantino.
Mentre torniamo verso il pulmino una piccola flotta di barche a vela naviga davanti al porticciolo e i Gabbiani si lasciano sostenere dal vento .

“Dai ragazzi è ora di andare, dobbiamo essere a Modena prima delle effemeridi” ci esorta Attilio.
In pochi minuti siamo davanti al piccolo terminal.

Pagate le tasse d’atterraggio ci dirigiamo ai velivoli che ci aspettano sul piazzale.

Per il rientro cambiano le formazioni.
I-EMHW: ai comandi Mirko e secondo Federico, io e Loris a far zavorra.
I-MODU: Marcello comandante con Attilio secondo,Valler e Manuel zavorre.

Decolliamo.
Il cielo pulito ed il sole splendente creano colpi d’occhio e giochi di riflessi sull’acqua da cartolina.
Il vento che ci rallentava è ormai scemato ed i due monomotori viaggiano tranquilli e spediti verso i punti rotta prefissati.

In circa 25 minuti siamo già sul delta del Po e L’I-MODU, decollato prima di noi ci compare davanti e sopra di noi di un centinaio di piedi.
In un  volo in formazione piuttosto largo dirigiamo su Ferrara, la visibilità davanti a noi peggiora  ed il sole viene nascosto da una grigia coltre di nubi e foschia che ci porteremo dietro fino a casa.

Alla nostra destra vediamo illuminata dal sole la catena dolomitica innevata e tinta di rosa dai riflessi del tramonto.

I laghetti di Campogalliano ci aprono la discesa verso li campo di Modena.

Atterriamo, a pochi istanti da noi anche l’I-MODU tocca terra sfilandoci dietro mentre usciamo dalla pista diretti al parcheggio.

L’anno volatorio 2013 finisce qui, il 2014 è alle porte e già stiamo pensando al 2 o al 3 di Gennaio per una nuova avventura…

Vedremo cosa succedera.

Ciao e alla prossima.

Per

www.aeroclubmodena.it

Piergiorgio”pierinoinflight”Goldoni

FOR TRIP  TO PORTOROZ AIRPORT

INFO AT

http://www.portoroz-airport.si/en


24 Dicembre 2013

<- Lockheed A-12 ->

Il Lockheed A-12 (nome in codice OXCART) era un aereo militare da ricognizione prodotto dalla sezione Skunk Works della Lockheed Corporation per conto della CIA, sulla base dei disegni di Clarence “Kelly” Johnson. Sviluppato tra il 1962 ed il 1964 e operativo dal 1963 al 1968, è considerato il precursore di altri due aeroplani da ricognizione prodotti dalla Lockheed e poi utilizzati dalla USAF, il caccia intercettore YF-12 ed il famoso SR-71 Blackbird. Partecipò a diverse missioni legate all’operazione Black Shield nel corso della Guerra in Vietnam, l’ultima delle quali venne effettuata nel maggio del ’68 ed il programma A-12 terminò nel giugno dello stesso anno.

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SR-71 Blackbird 1/5

https://www.youtube.com/watch?v=n8F1UENcm-k

Pare sia stato, anche se meno conosciuto, un aereo che ha più volte avuto la capacità di viaggiare a velocità più elevate del successivo SR-71, arrivando a Mach 3.35 contro i 3.2 del famoso ricognitore.

Storia, sviluppo e caratteristich

Produzione

 
Lo sviluppo dell’A-12 iniziò nei tardi anni cinquanta, a causa della necessità da parte del governo degli Stati Uniti di trovare un successore del Lockheed U-2. Essa crebbe quando un esemplare di questo modello venne abbattuto dalle forze sovietiche nel maggio 1960, infatti, fu proprio in seguito alla cattura del pilota che si scatenò la famosa crisi degli U-2. Il progetto, chiamato Archangel (arcangelo) o più semplicemente Angel (angelo) ebbe quindi inizio e per questo motivo, i vari prototipi degli aerei sviluppati vennero denominati con le sigle A-1, A-2, A-3 e così via. Il dodicesimo fu poi selezionato come definitivo.

Nel 1959, la CIA scelse l’A-12 tra gli aerei da utilizzare in sostituzione dell’U-2 insieme ad un prototipo della Convair chiamato KINGFISH. Il 26 gennaio 1960 ne furono ordinati dodici modelli e, dopo questa selezione, venne avviato un programma speciale per la produzione degli aerei-spia (Black Projects) denominato OXCART.

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SR-71 Blackbird 2/5

https://www.youtube.com/watch?v=WsOzayCjo0s

I primi test

 
Una volta terminata la loro produzione agli stabilimenti della Skunk Works, divisione della Lockheed Corporation con sede a Burbank, California, i dodici esemplari vennero trasportati a Groom Lake, nei pressi della Nellis Air Force Base, dove avvennero i primi test. Il primo volo, pilotato da Louis Schalk, decollò il 26 aprile 1962 anche se ufficialmente, l’A-12 si staccò dalla pista della famosa base solo il 30.Nel corso del suo primo volo a regime supersonico, avvenuto nel maggio dello stesso anno, il Blackbird raggiunse Mach 1.1, nessuno sapeva ancora che in realtà esso avrebbe potuto arrivare a velocità molto più elevate, addirittura oltre Mach 3 ad altezze elevatissime (90.000 piedi).

Inizialmente, i primi cinque aeromobili prodotti viaggiavano grazie ad una spinta di circa 17,000 lbf (pari a circa 76 kN) delle turbine Pratt & Whitney J75, con le quali si poteva sperare di raggiungere Mach 2.

Il 5 ottobre 1962, la nuova turbina J58, da poco sviluppata, venne montata in sostituzione ad una J75 su un A-12, mentre, all’inizio del ’63, per la prima volta un velivolo del programma OXCART effettuò un volo spinto da due J58 toccando la velocità di Mach 3.2, mai raggiunta prima di allora. Sempre nello stesso anno, il Blackbird subì il suo primo incidente, quando nei pressi di Wendover (Utah), il velivolo pilotato da Kenneth S. Collins si schiantò al suolo. Il pilota ne uscì indenne e la CIA insabbiò la cosa dichiarando che l’aereo era in realtà un F-105.

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SR-71 Blackbird 3/5

https://www.youtube.com/watch?v=4mAp2DRGY-g

Nel giugno 1964, l’ultimo A-12 prodotto si unì alla flotta a Groom Lake dove essa completò circa 2.850 test di volo.

Nel corso del programma OXCART vennero prodotti 18 aerei militari, tredici A-12, tre YF-12 e due M-21. Un tredicesimo A-12, utilizzato per i voli d’addestramento venne costruito con un ulteriore cabina di pilotaggio per l’istruttore, e conservò le J75 per l’intera durata della sua carriera. A causa della forma del suo muso venne soprannominato Titanium Goose (oca di titanio), ed è tuttora esposto al California Science Museum di Los Angeles.

Il 28 dicembre 1966 la CIA decise di sospendere il programma degli A-12 a partire dal 1º giugno del 1968. Ciò nonostante, con lo scoppio della Guerra in Vietnam, diversi Blackbird partirono per Okinawa nel 1967 e verso la fine di maggio di quello stesso anno operarono nel corso di diversi voli di ricognizione nel Vietnam del Nord, dediti soprattutto a scovare postazioni SAM, fino al giugno dell’anno successivo.

Pare che quando gli A-12 furono prossimi alla sostituzione con i nuovi SR-71 Blackbird, la CIA avesse ordinato alla Lockheed di liberarsi di tutte le apparecchiature utilizzate nel corso della loro realizzazione.

Operatività

Questo esemplare scomparve dai radar senza lasciare traccia poco dopo il suo decollo da Okinawa, il 4 giugno 1968.

La prima operazione militare eseguita dall’A-12 fu la Black Shield (scudo nero) svoltasi nel corso della Guerra in Vietnam, tra il 1967 ed il 1968, con base operativa ad Okinawa, in Giappone. Essa, guidata da Mel Vojvodich, consistette nel fotografare delle postazioni SAM nel Vietnam del Nord, da un’altezza di 24.000 m a Mach 3.1. In seguito, partecipò ad altre 21 operazioni militari, sempre nel corso del medesimo conflitto.

Prestò servizio anche sui cieli Corea del Nord in missioni destinate a tenere d’occhio le armate del paese contro un possibile attacco delle armate nemiche a danno del sud della penisola.[5] Fotografò anche diverse immagini della nave-spia statunitense USS Pueblo, dopo la sua cattura da parte di navi nordcoreane.

L’ultima di esse, svoltasi a partire dall’8 maggio 1968 sui cieli della Corea del Nord segnò la fine della carriera dell’A-12, che fu poi subito sostituito dall’SR-71.

Durante la sua permanenza ad Okinawa, gli A-12 e più tardi gli SR-71 saranno chiamati Habu, dal nome di una vipera velenosa tipica della zona, con la quale gli abitanti delle isole avevano notato una certa somiglianza.

L’ultimo volo ufficiale dell’A-12 fu il suo viaggio di ritorno fino a Palmdale, California, effettuato da Francis Murray il 21 giugno 1968.

Il 26 giugno 1968, il vice ammiraglio Rufus L. Taylor, assegnò la medaglia al valore ai piloti Kenneth Collins, Ronald L. Layton, Francis J. Murray, Dennis B. Sullivan e Mel Vojvodich per la loro partecipazione all’operazione Black Shield. La vedova di Jack W. Weeks, pilota disperso in Viet Nam, accettò la medaglia assegnata al marito. Pare che questi piloti avessero inoltre partecipato ad alcune pericolose missioni di ricognizione sui cieli dell’Unione Sovietica.

Incidenti

 L’A-12 Blackbird subì nel corso della sua carriera quattro diversi incidenti, in uno dei quali il pilota perse la vita. Nel corso degli altri tre, i piloti riuscirono a salvarsi eiettandosi. Un ulteriore esemplare rimase disperso nei pressi di Okinawa, mentre era diretto in Vietnam del Nord, il 5 giugno 1968, pochi giorni dopo la fine del programma. Le cause di questa perdita sono tuttora sconosciute.

Tutti gli altri esemplari rimasero operativi fino alla fine del programma, avvenuta il 1º giugno 1968

GUARDA VIDEO

SR-71 Blackbird 4/5

https://www.youtube.com/watch?v=4mAp2DRGY-g

Il ritiro

Circa un decennio era passato dal concepimento del programma OXCART alle prime operazioni dell’A-12. Esso era stato chiuso ufficialmente il 26 dicembre 1966 a causa del costo che richiedeva mantenere il ricognitore, ancora prima che quest’ultimo avesse iniziato a servire la USAF, nel 1967. L’SR-71 fu inoltre scelto al posto dell’A-12 grazie alla sua nuova strumentazione avanzata che avrebbe reso non più necessario entrare nello spazio aereo nemico.

Gli A-12 rimasti vennero quindi conservati a Palmdale per circa 20 anni. Dopodiché essi furono inviati a vari musei negli Stati Uniti eccetto uno, il 60-6924, che rimase nella cittadina californiana. Il 20 gennaio 2007, malgrado le proteste degli abitanti della città, l’A-12 60-6931 esposto a Minneapolis, Minnesota, è stato spostato al quartier generale della CIA a Langley (Virginia) dove è stato smantellato.

Esemplari

Lista degli A-12

Numero di serie Modello Dove si trova o fato
60-6924 A-12 Il primo A-12 a volare, (The Article), è conservato all’Air Force Plant 42, a Palmdale (California).
60-6925 A-12 Intrepid Sea-Air-Space Museum, parcheggiato sul ponte di volo della portaerei USS Intrepid a New York City.
60-6926 A-12 Distrutto nel corso del primo incidente dell’A-12 a Wendover (Utah), il 24 maggio 1963.
60-6927 A-12 Unico esemplare costruito a due posti per l’addestramento dei piloti, il Titanium Goose, è esposto al California Science Center di Los Angeles.
60-6928 A-12 Distrutto in un incidente il 5 gennaio 1967.
60-6929 A-12 Distrutto in un incidente il 28 dicembre 1967.
60-6930 A-12 United States Space & Rocket Center, Huntsville (Alabama).
60-6931 A-12 Quartier generale della CIA ad Langley (Virginia).
60-6932 A-12 Disperso poco dopo il decollo da Okinawa il 5 giugno 1968.
60-6933 A-12 San Diego Aerospace Museum, Balboa Park, San Diego (California).
60-6937 A-12 Southern Museum of Flight, Birmingham (Alabama).
60-6938 A-12 Battleship Memorial Park (USS Alabama), Mobile (Alabama).
60-6939 A-12 Distrutto in un incidente il 9 luglio 1964.
60-6940 M-21 Museum of Flight, Seattle.
60-6941 M-21 Distrutto in un incidente il 30 luglio 1966.

Utilizzatori

Stati Uniti Stati Uniti

Varianti

Lockheed YF-12

L’YF-12 era un caccia intercettore, una variante dell’A-12 a produzione limitata che volò per la prima volta nel 1962. La Lockheed aveva infatti convinto la USAF del fatto che un aereo da ricognizione basato sull’A-12 avrebbe comportato costi minori rispetto al North American XF-108 (il cui programma era stato da poco cancellato) fin da quando l’esercito aveva stanziato dei fondi per la produzione dell’ambizioso progetto. L’undicesimo ed il dodicesimo posto della coda di produzione del programma OXCART furono destinati quindi a due esemplari del caccia, che fu completato col nome di YF-12A ed inviato a Groom Lake.

Oltre ad essere stato l’unico Blackbird armato, vennero aggiunti un radar per il controllo dei missili lanciati nel muso dell’aereo e una seconda cabina per un ulteriore membro dell’equipaggio. Queste modifiche influenzarono molto l’aerodinamicità del velivolo, tanto da richiedere la presenza di alette ventrali sotto la fusoliera e gondole per motori in modo da mantenere la stabilità. L’equipaggiamento da ricognizione dell’A-12 era scomparso per far posto ai missili.

Durante uno dei test sui caccia, uno degli YF-12A raggiunse la velocità di 3 331,505 km/h, ad un’altezza di 24 462,6 metri. Anche i lanci dei missili si svolsero senza inconvenienti.

Nonostante i grandi risultati riconosciuti anche dalla USAF, che ne ordinò appunto diversi esemplari, il programma venne interrotto a causa del costo troppo elevato per degli aerei che, anche rispetto ai migliori bombardieri sovietici, erano troppo veloci. Diveniva quindi inutile mantenere aerei fin troppo veloci coi relativi costi quando si poteva benissimo utilizzarne di più lenti dei Blackbird ma comunque più veloci e potenti dei caccia russi. I due esemplari rimasti (uno era stato distrutto nel corso di un incidente), vennero lasciati alla NASA, che li utilizzò nel corso dei suoi esperimenti.

L’M-21 e il drone D-21

La seconda variante dell’A-12 all’interno del programma OXCART era stato il Lockheed M-21, di cui si produssero solamente due esemplari, destinati ad essere utilizzati per il lancio del drone D-21, un velivolo UAV da ricognizione. Il progetto dell’aereo (inizialmente denominato Q-12), facente parte dell’OXCART e finanziato dai fondi dei Black Projects, nacque dalla necessità di effettuare missioni di ricognizione in territori particolarmente difesi e nei quali l’abbattimento di un normale aereo sarebbe stato molto probabile.

Gli A-12 scelti (il 60-6940 ed il 60-6941), furono pesantemente modificati per poter controllare il lancio del drone. Fu sistemato, al centro della fusoliera e tra i piani di coda, un pilone di sostegno del drone, puntato leggermente verso l’alto, e venne aggiunto un posto a sedere per l’addetto al lancio del D-21, l’LCO (Launch Control Operator/Officer, lett. Operatore per il controllo del lancio, il navigatore del drone). Una volta lanciato, il drone avrebbe viaggiato lungo una grande distanza per poi sganciare con paracadute i dati che aveva raccolto lungo il suo percorso a bordo di un Lockheed C-130 Hercules ed autodistruggersi.

Tuttavia, data l’alta pericolosità dei test (nel corso del quarto ed ultimo lancio il navigatore LCO morì in quanto al momento della sua partenza il D-21 finì con lo schiantarsi contro l’M-21), l’alta percentuale di insuccessi e gli alti costi che comportò, anche questo programma fu da lì a poco abbandonato.

I D-21 rimasti furono ridisegnati come GTD-21B e sistemati in un magazzino presso la Davis-Monthan Air Force Base, nei pressi di Tucson. In seguito, quattro esemplari vennero consegnati alla NASA, che pensò di utilizzarli per lo sviluppo di un sistema di propulsione. Alla fine l’agenzia spaziale preferì ripiegare su una versione del famoso X-43, che raggiungerà in seguito la velocità ipersonica di Mach 7. Gli altri D-21 rimasti furono ceduti a musei e tuttora ne esistono ancora otto esemplari.

Descrizione
Tipo aereo da ricognizione
Equipaggio 1 (2 nell’unico esemplare per l’addestramento)
Progettista Stati UnitiLockheed Corporation, Clarence Johnson
Costruttore Stati UnitiLockheed Corporation
Cantieri Burbank (California)
Data impostazione 1962
Data primo volo 25 aprile 1962
Matricola 60-6924 / 60-6941
Data entrata in servizio 1967
Data ritiro dal servizio 8 maggio 1968
Utilizzatore principale Stati UnitiUSAF
Esemplari 13
Destino finale sostituito dall’SR-71 Blackbird. Gli otto modelli restanti furono consegnati a musei o smantellati.
Sviluppato dal Stati UnitiSkunk Works
Altre varianti Lockheed SR-71
Lockheed YF-12
Lockheed M-21/D-21
Dimensioni e pesi
File:A12Blackbird.jpg 
Lunghezza 31, 16 m
Apertura alare 16, 97 m
Rivestimento titanio
Freccia alare 60°
Altezza 5, 64 m
Superficie alare 170 m²
Carico alare 320 kg/m²
Peso a vuoto 30.600 kg
Peso carico 53.000 kg
Peso max al decollo 53.000 kg
Propulsione
Motore 2 turbine Pratt & Whitney J58 (2 J75 solo sul Titanium Goose, il modello costruito per l’addestramento dei piloti)
Spinta 144 kN
Prestazioni
Velocità max Mach 3.35 (2.200 mph, 3.500 km/h) a 75.000 ft (23.000 m)
Velocità di salita 60 m/s
Autonomia 4.000 km
Tangenza 23.000 m

 

<- Lockheed YF-12 ->

File:YF-12A.jpgIl Lockheed YF-12A era un prototipo per un aereo da intercettazione ad altissime prestazioni, sviluppato partendo dal Lockheed A-12. Dopo alcune valutazioni da parte dell’USAF, a causa dei suoi alti costi, il programma venne cancellato e gli aerei furono utilizzati dalla NASA fino al 1979.

Sviluppo

La base di partenza per lo sviluppo dell’YF-12 fu l’aereo spia Lockheed A-12, progettato in particolare per le esigenze della CIA. Questo era un aereo da ricognizione strategica capace di volare in modo continuo alla velocità di Mach 3.0, ed in un certo senso la Lockheed fu piuttosto abile ad attirare l’attenzione delle forze armate americane su questa macchina. In precedenza, infatti, vi era stata la cancellazione del programma relativo all’XF-108, un intercettore da Mach 3 che avrebbe dovuto sostituire l’F-106 Delta Dart.
Il progetto della Lockheed era stato elaborato da Clarence L. “Kelly” Johnson. Rispetto all’XF-108, tale realizzazione aveva dalla sua il fatto che era ampiamente basata su una macchina che era già in fase di sviluppo, e questo avrebbe dovuto comportare dei costi sensibilmente minori. Quindi, nel 1960, l’USAF decise di utilizzare la stessa linea di produzione dell’A-12: l’11°, il 12° ed il 13° esemplare che sarebbero usciti da tale linea sarebbero stati completati nella configurazione da intercettore, che ricevette il nome di YF-12A.
Il primo volo della nuova macchina ebbe luogo il 7 agosto 1963, un anno dopo l’A-12. Tuttavia, il programma venne portato avanti con una certa segretezza, tanto che l’esistenza dell’aereo non fu rivelata ufficialmente fino al 29 febbraio 1964. Nel luglio dello stesso anno, venne presentato all’USAF un simulacro della versione definitiva, che avrebbe dovuto ricevere il nome di F-12B.
Le prove di valutazione dei tre prototipi continuarono, e durante uno dei test, il 1º maggio 1965, uno degli YF-12A raggiunse la velocità di 3 331,505 km/h, ad un’altezza di 24 462,6 metri: questo strepitoso risultato dimostrò chiaramente le caratteristiche uniche che aveva questo aereo. Anche i lanci dei missili si svolsero senza inconvenienti.
Per le sue eccezionali prestazioni, l’aereo incontrò il favore dei vertici dell’USAF: nel 1965, venne emesso un ordine per ben 93 esemplari della versione F-12B, che era chiamato anche IMI (Improved Manned Interceptor, ovvero intercettore pilotato migliorato). Tuttavia, nel 1966, il programma fu interrotto: infatti, il Segretario della Difesa degli Stati Uniti Robert McNamara negò i 90 milioni di dollari necessari per il proseguimento.
Nello stesso anno, ci fu anche il primo incidente in cui rimase coinvolto un YF-12A: infatti, il 14 agosto, l’esemplare MM 60-6934 rimase seriamente danneggiato a causa di un incidente.  Comunque, il pilota collaudatore Bill Park era riuscito ad eiettarsi in tempo.
Gli altri due prototipi continuarono comunque a svolgere una limitata attività di valutazione fino al 1º febbraio 1968, quando il programma F-12B venne definitivamente cancellato.
L’interruzione del programma fu dovuta, probabilmente, al fatto che gli altissimi costi non erano giustificabili per un aereo con tali caratteristiche: infatti, l’Unione Sovietica non aveva bombardieri con prestazioni tali che richiedessero velocità di intercettazione nell’ordine dei Mach 3.

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SR-71 Blackbird 5/5

https://www.youtube.com/watch?v=S5Dj0PkyChs

Tecnica

Come detto in precedenza, l’YF-12A era ampiamente basato sul progetto del Lockheed A-12, tanto che la linea di montaggio era la stessa. Il materiale utilizzato per la costruzione della cellula era soprattutto il titanio. Tuttavia, vennero effettuate alcune modifiche. In particolare, fu necessario approntare diversi cambiamenti al muso dell’aereo, in modo da permettere l’installazione del radar Hughes AN/ASG-18, che era stato originariamente progettato per l’XF-108. Inoltre, furono aggiunti anche due vani laterali, che avevano lo scopo di ospitare i sensori IRST. L’aereo era biposto, visto che occorreva un secondo membro dell’equipaggio come navigatore e controllore del radar di tiro.
Le modifiche al muso cambiarono l’aspetto dell’aereo, e così pure l’aerodinamica: i cambiamenti furono tali da richiedere il montaggio di alette ventrali sotto la fusoliera, e gondole per motori in modo da mantenere la stabilità.
L’impianto propulsivo era costituito da due turboreattori a ciclo statoreattore parziale Pratt & Whitney J58-P-4 da 91,2 kN (14 747 kg) con postbruciatore al decollo, che consentivano all’aereo di avere una velocità elevatissima. Nello specifico:

  • velocità massima di crociera: 3 185 km/h (Mach 3.0)
  • velocità massima continua: 3 529 km/h (Mach 3.324)
  • velocità massima: 3 716 km/h (Mach 3.5)

I 38 400 litri di carburante JP-7 consentivano un’autonomia di 4 023 km, che poteva essere incrementata dal rifornimento in volo. La tangenza massima era di 25 900 metri.
L’armamento era costituito da tre missili a lungo raggio Hughes AIM-47 Falcon, che furono sistemati nelle insenature che ospitavano solitamente l’equipaggiamento da ricognizione. Vi furono anche numerosi lanci sperimentali, ed in seguito alla buona riuscita di questi l’YF-12A detiene il record di essere l’aereo da guerra che ha compiuto missioni di combattimento simulato con la velocità massima più elevata mai registrata: lanciò un missile contro un bersaglio telecomandato alla velocità di 3 298 km/h.

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Lockheed SR-71 Blackbird Must See Clips

https://www.youtube.com/watch?v=N31eEXjNAUU

Attività con la NASA

Le altissime prestazioni dell’aereo interessarono, ovviamente, la NASA, che mise a disposizione alcuni tecnici per collaborare con la Lockheed e l’USAF nell’ambito delle prove aerodinamiche ancora prima della cancellazione del programma. Il 5 giugno 1969, comunque, USAF e NASA siglarono un protocollo in base al quale l’ente spaziale poteva utilizzare i due YF-12, che erano fermi da circa un anno a causa dell’interruzione delle attività di valutazione. I due esemplari erano quelli con MM 60-6935 e 60-6936.
L’attività con la NASA cominciò l’11 dicembre 1969, quando l’esemplare MM 60-9636 iniziò un ciclo di voli nell’ambito di un programma che aveva lo scopo di sviluppare eventuali manovre e tattiche evasive che i bombardieri avrebbero potuto utilizzare per evitare i missili a lungo raggio. Quindi furono effettuati alcuni lanci simulati di AIM-47 Falcon. Tale attività si interruppe il 24 giugno 1971, quando, al 63° volo, poco prima dell’atterraggio, l’aereo prese fuoco a causa di una perdita di combustibile. Pilota e navigatore riuscirono a salvarsi, eiettandosi in tempo.
L’altro esemplare (MM 60-9635) fu impiegato in un ulteriore programma, costituito da 22 voli, che terminò il 16 giugno 1970. Si trattava di ricerche di tipo aerodinamico, che avrebbero dovuto essere utili alla Boeing per la realizzazione (mai avvenuta) di un aereo da trasporto supersonico per utilizzo commerciale. Inoltre, vennero condotte anche alcune esperienze che si rivelarono utili per la messa a punto del B-1 Lancer. A partire dal 22 marzo 1971, l’aereo fu poi utilizzato in un altro programma di quattro missioni, che aveva lo scopo di verificare la possibilità di rimuovere la pinna ventrale ribaltabile senza compromettere la stabilità direzionale dell’aereo.
La perdita dell’esemplare MM 60-9636 avrebbe potuto creare grossi problemi alla NASA, che necessitava di due aerei per rispettare il programma dei voli. Quindi, il 16 luglio 1971 ottenne dall’USAF un SR-71A (MM 64-17951) che fu reimmatricolato per ragioni di riservatezza 60-6937 ed indicato come YF-12C.
In generale, gli YF-12 furono di grande utilità alla NASA. Infatti, grazie alle prestazioni di questi aerei furono possibili scoperte sull’aerodinamica di notevole importanza. Inoltre, NASA, Honeywell e Lockheed realizzarono un sistema di autodiagnosi molto sofisticato, che fu adottato sull’intera flotta degli SR-71 di serie.
I due aerei superstiti terminarono la loro attività operativa alla fine degli anni settanta. L’YF-12A terminò la sua attività il 31 ottobre 1979, al 145°. Il 17 novembre successivo l’aereo fu trasferito presso il museo dell’USAF. L’YF-12C fu utilizzato fino all’8 settembre 1978, quando effettuò il volo numero 88. Poi fu riconsegnato alla Lockheed e conservato presso lo stabilimento di Palmdale (California). Oggi è al Pima Air Museum di Tucson.

Riepilogo sulle versioni

  • YF-12A: prototipo costruito in tre esemplari. Utilizzato per attività di valutazione dalla NASA fino al 1979.
  • F-12B: versione di serie della quale furono ordinati 93 esemplari. Nessuno di questi venne costruito a causa della cancellazione del programma.
  • YF-12C: designazione fittizia di un SR-71 di serie utilizzato dalla NASA per attività sperimentale.

Utilizzatori

Militari

Stati Uniti Stati Uniti

Governativi

Stati Uniti Stati Uniti
Descrizione
Tipo caccia intercettore
Equipaggio 2
Progettista Clarence Johnson
Costruttore Stati Uniti Lockheed
Data primo volo 7 agosto 1963
Data ritiro dal servizio 1º febbraio 1968 (USAF)
Utilizzatore principale Stati Uniti USAF
Altri utilizzatori Stati Uniti NASA
Esemplari 3
Costo unitario 18 milioni US$
Sviluppato dal Lockheed A-12

                               Dimensioni e pesi

File:Lockheed YF-12A 3view.png

Lunghezza 30,97 m (101 ft 8 in)
Apertura alare 16,95 m (55 ft 7 in)
Altezza 5,64 m (18 ft 6 in)
Superficie alare 167 m² (1 795 ft²)
Peso a vuoto 27 547 kg (60 730 lb)
Peso carico 56 200 kg (124 000 lb)
Peso max al decollo 63 500 kg (140 000 lb)
Propulsione
Motore 2 turbogetto
Pratt & Whitney
J58-P-4
con postbruciatore e statoreattore
Spinta da 91,2 a 140 kN ciascuno
Prestazioni
Velocità max 3,2 Ma
(3 332 km/h in quota)
Autonomia 4 023 km
Tangenza 25 900 m
Armamento
Missili aria aria:
3 AIM-47 Falcon
Piloni 1 stiva interna

 

<-Lockheed SR-71->

File:Lockheed SR-71 Blackbird.jpg

Il Lockheed SR-71, meglio conosciuto con il soprannome non ufficiale Blackbird, era un ricognitore strategico statunitense che prestò servizio dal 1966 fino al 22 novembre 1989, anno in cui tutti gli esemplari furono dismessi a causa della soppressione dei fondi per il loro utilizzo. Durante la sua carriera, l’SR-71 ha infranto alcuni record, come la maggior velocità mai raggiunta da un aereo (3.530 km/h) e l’altezza massima (quasi 26.000 metri).

L’SR-71 Blackbird fu sviluppato a “Groom Lake”, meglio conosciuta come Area 51. Attualmente non ci sono più modelli ancora in attività a causa degli elevatissimi costi di gestione. Dopo la fine della guerra fredda non è stata più effettuata nessuna ricerca per migliorarlo. Era affine al caccia intercettore YF-12A ed al ricognitore A-12, entrambi simili come forme e prestazioni.

Il 6 marzo 1990, un SR-71A prima del suo trasferimento al museo di Washington stabilì gli ultimi, nuovi record di percorrenza tra diverse località e nella traversata atlantica in particolar modo:

  • Coast to Coast Usa – Distanza: 2.404 miglia, Tempo: 1 h 07 min 53,69 sec, Velocità media: 2.124,51 mph (3417 km/h, Mach 3,2)
  • Da S. Louis a Cincinnati (Record)- Distanza: 311,44 miglia, Tempo: 8 min 31,97 sec, Velocità Media: 2.189,94 mph (3524 km/h, Mach 3,35)
  • Da Kansas City a Washington D.C. (Record): Distanza: 942,08 miglia, Tempo: 25 min 58,53 sec, Velocità Media: 2176,08 mph (3501 km/h, Mach 3,33)

Il suo record ufficiale di velocità è di 3529 km/h, ma in una di queste tratte mantenne una media di 3608 km/h pari a Mach 3,4, tanto che la USAF e la Lockeed non hanno ritenuto necessario richiedere l’omologazione del primato.

File:SR-71 flight instruments.triddle.jpgVale la pena sottolineare che nella famiglia dei Blackbird l’SR-71 non era il più veloce, l’YF-12A e l’A-12 erano capaci di volare ad almeno 100km/h in più.

Tecnica

A causa dell’aspetto pionieristico del progetto del Blackbird, il suo sviluppo fu costellato di problematiche e difficoltà mai affrontate o considerate sino a quel punto, e ciò portò a sviluppare una serie di accorgimenti e di tecniche di grande interesse ingegneristico. L’aereo fu costruito non in Nevada, ma in California, con precisione a Burbank. Il progetto fu pieno di problematiche in vari momenti, sia durante la costruzione sia durante l’utilizzo. Infatti, per trasportare l’aereo da Burbank all’Area 51, esso venne diviso dalle ali e da tutte le parti mobili. Vennero rimossi gli spartitraffico, vennero tolti gli alberi ai lati della carreggiata e l’intero intervento richiese l’appoggio della polizia del Nevada, della California e di molti altri.

Dopo l’arrivo all’area 51, si presentò un nuovo problema: gli hangar erano troppo piccoli, quindi per utilizzare l’aereo ogni volta si sarebbe dovuto mettere l’aereo sul supporto e montare le ali.Dopo l’atterraggio, si sarebbero dovute smontare.

L’aspetto ingegneristicamente più caratteristico di questo aereo sono sicuramente i suoi motori. Si tratta infatti di turboreattori convertibili durante la crociera a velocità supersonica a statoreattori tramite un particolare complesso di valvole e tubi che bypassano i compressori e le turbine. In questa modalità la struttura a cono, posta davanti all’imbocco delle due turbine, genera un complesso sistema di onde d’urto che rallentano successivamente l’aria aumentandone la pressione, portandola a 400 volte quella atmosferica e permettendo il funzionamento del reattore senza il compressore a turbina. Durante la sperimentazione del Blackbird, costituita da graduali prove di velocità, ci fu un problema a Mach 2,5-2,6: a questa velocità si verificò una perdita di potenza di un reattore; il problema era che, raggiunta questa velocità, la turbina non era più in grado di convogliare l’onda d’urto, e la respingeva scaricandola dall’imbocco. A questo difetto si è posto rimedio creando degli sfoghi che tengono la pressione costante.

Il suo particolare rivestimento è in titanio. A velocità così alte (oltre Mach 3) le superfici esterne dell’aereo, pur trovandosi a elevata altitudine e dunque ad una bassa densità atmosferica, raggiungono temperature superiori ai 300 °C per via della rapida compressione subita dall’aria che lambisce l’aereo, temperature che un normale rivestimento in lega di alluminio non sarebbe in grado di sopportare senza degrado delle caratteristiche meccaniche; l’elevata temperatura provoca addirittura un cambiamento di colore da nero a blu. Subito prima del decollo e dopo l’atterraggio si verificano perdite di carburante, ma ciò è voluto: i serbatoi sono progettati per diventare stagni grazie alla dilatazione termica durante il volo ad alta velocità evitando in tal modo anche la rottura dei serbatoi stessi. Per evitare che l’elevata temperatura dei pannelli esterni riscaldi l’intero aereo, il carburante viene pompato in intercapedini tra tali pannelli e la struttura dell’aereo, prima di essere mandato ai motori per essere bruciato, fungendo così da fluido refrigerante.

Durante le sue spedizioni non fu mai abbattuto né danneggiato: partecipò a missioni talmente segrete che ancora oggi non sono state rese pubbliche; basti pensare che come sistema di navigazione per evitare l’emissione di onde elettromagnetiche ed essere completamente autonomo da sistemi di guida esterni (tipo GPS) utilizzava un sofisticato teodolite computerizzato, visibile dietro la cabina del pilota (solo nella versione A). Le missioni del Blackbird erano, oltre che segrete, anche lunghissime. Per il sostentamento i piloti erano dotati di particolari razioni; esse venivano riscaldate semplicemente appoggiandole sul vetro, che alla velocità di ricognizione era comunque a qualche centinaio di gradi. Sebbene poco noto il Lockheed SR-71 fu il primo aeroplano statunitense progettato con tecnologie stealth.

Descrizione
Tipo ricognitore strategico
Equipaggio 2
Progettista Clarence Johnson
Costruttore Stati Uniti Lockheed
Data primo volo 22 dicembre 1964
Data entrata in servizio gennaio 1966
Data ritiro dal servizio 22 novembre 1989 (USAF)
9 ottobre 1999
(NASA)
Utilizzatore principale Stati Uniti USAF
Altri utilizzatori Stati Uniti NASA
Esemplari 32
Sviluppato dal Lockheed A-12

Dimensioni e pesi

File:Lockheed SR-71A 3view.png

Lunghezza 32,74 m (107 ft 5 in)
Apertura alare 16,94 m (55 ft 7 in)
Altezza 5,64 m (18 ft 6 in)
Superficie alare 167,22 m² (1 800 ft²)
Peso a vuoto 30 600 kg (67 500 lb)
Peso carico 77 110 kg (170 000 lb)
Peso max al decollo 78 000 kg (172 000 lb)
Propulsione
Motore 2 turbogetto
Pratt & Whitney J58-1
con postbruciatore
Spinta fino a 145 kN ciascuno
Prestazioni
Velocità max 3,35 Ma
(3 529,6 km/h in quota)
Velocità di salita 60 m/s
Autonomia 5 400 km
Tangenza 25 929 m

 

Fonte:http://it.wikipedia.org & www.youtube.com


23 Dicembre 2013

Bando da 7,3 milioni per avere a disposizione tre mezzi nell’arco di 12 ore. La Protezione Civile li utilizzerà per le emergenze.

TRIESTE. Un elicottero pronto in 15 minuti in situazioni d’emergenza. Un altro, eventualmente, disponibile in due ore. E un terzo in volo entro 12 ore. La Protezione Civile deve contare anche sui servizi aerei – operativi da 23 anni in Fvg – e la giunta regionale provvede. Vicino alla scadenza (14 marzo 2014) il contratto con il precedente fornitore, si apre la gara per un nuovo accordo triennale, eventualmente rinnovabile per ulteriori tre anni, da complessivi 7.320.000 euro, un incremento del 13% rispetto ai 6.480.000 del periodo 2008-2014. «È una cifra importante ma che non deve stupire – commenta l’assessore competente Paolo Panontin –, tenuto conto che il costo dell’utilizzo dei mezzi viaggia attorno ai 26 euro al minuto».

Di qui il calcolo di una spesa attorno a 1,2 milioni all’anno, poi spalmata su un contratto di tre anni più tre, non per acquistare elicotteri ma per averne a disposizione da uno a tre per il soccorso in emergenza anche in zona montana e la ricerca di persone disperse (ne è servito uno proprio di recente in Carnia per individuare una donna che si era smarrita nei boschi), per il controllo e lo spegnimento degli incendi (tra il Carso e le Giulie ben 12 l’estate scorsa), per il trasporto di attrezzature e personale specializzato in aree di difficile accesso, per la ricognizione di zone a rischio e infine per le esercitazioni proprio della Protezione Civile.

Per tutto il periodo di validità del contratto, si legge nel bando, la ditta aggiudicataria garantisce la disponibilità di una base operativa, e delle relative certificazioni previste, ubicata in regione in posizione baricentrica rispetto alla zona montana, nella quale schierare gli elicotteri destinati al servizio. Il velivolo di prima emergenza, fa sapere il direttore della Protezione Civile Fvg Guglielmo Berlasso, si trova infatti sempre o a Ronchi dei Legionari o a Tolmezzo. «A volte serve sul Carso, altre volte in montagna», spiega. «Negli ultimi anni – aggiunge l’assessore Panontin – il servizio è risultato fondamentale per agevolare e accelerare le attività della Protezione civile a salvaguardia della pubblica incolumità garantendo tempestività, efficienza e ampio successo delle operazioni anche in contesti transfrontalieri».

Non resta che attendere la migliore offerta via gara europea dopo che cinque anni fa a prevalere fu la Elifriulia di Ronchi (poi in Ati con Helica di Amaro) con sedi operative anche a Cortina, Tolmezzo e Roma.

Dalle due piste regionali sono partiti gli AS 350 Écureuil del gruppo francese Eurocopter con caratteristiche ben precise: peso a vuoto 1.400 kg, peso massimo al decollo con carichi esterni non inferiore a 2.700 kg, velocità massima non inferiore a 140 nodi, motore a turbine di potenza massima non inferiore a 557 Kw, gancio baricentrico di capacità non inferiore a 1.350 kg, porta scorrevole sul lato sinistro, disponibilità di almeno 5 sedili passeggeri, volume bagagliai di almeno un metro cubo. «Questi mezzi esprimono il miglior rapporto qualità/prezzo/prestazioni – chiarisce ancora Berlasso –, data la possibilità di trasportare 1,4 tonnellate di acqua».

La ditta dovrà anche garantire nel contratto la disponibilità di almeno tre piloti (con esperienza minima di volo di almeno 1.500 ore in qualità di comando, di cui almeno 500 ore di lavoro aereo per trasporti al gancio baricentrico), tre tecnici di terra e quattro operatori addetti all’assistenza. E ancora, oltre all’obbligo di mantenere la piena disponibilità di uno dei tre elicotteri del servizio e relativo equipaggio per l’attivazione immediata, ossia con decollo entro 15 minuti dall’attivazione da parte della Sala operativa regionale, dovrà pure mettere in agenda una miglioria rispetto all’attuale assetto: prevedere in situazioni di particolare emergenza l’ampliamento della flotta base di tre aeromobili con ulteriori elicotteri operativi entro 36 ore dall’attivazione della Protezione Civile.

Fonte:http://ilpiccolo.gelocal.it


23 Dicembre 2013

La società controllata dal Tesoro si è aggiudicata la fornitura dei modelli AW101, serviranno per operazioni di recupero e salvataggio

Finmeccanica vince contratto da 1 miliardo: alla Norvegia 16 elicotteri Agusta Westland

MILANO – Finmeccanica cerca di dimenticare i guai della sua controllata Agusta Westland con un nuovo contratto in Norvegia per oltre un miliardo di euro. La società controllata dal Tesoro, si è aggiudicata un contratto del valore di circa 1,15 miliardi di euro per la fornitura di 16 elicotteri AW101 in “configurazione ricerca e soccorso” al governo norvegese.
Una buona notizia per il maggiore gruppo industriale italiano (oltre 70mila dipendenti) al centrod ella cronaca proprio per le disavventure della sua controllata Agusta Westland. A causa di una inchiesta per corruzione internazionale, è finito agli arresti l’ex amministratore delegato Giuseppe Orsi, coinvolto nelle indagini per la vendita di una dozzina di elicotteri Agusta in India, con il governo di New Dheli che ha annunciato di voler stracciare il contratto.

La conquista della fornitura di velivoli in Norvegia avrà un impatto favorevole anche sui conti della società, impegnata nel rilancio della reddittività. Il contratto, tra l’altro, include un pacchetto completo di addestramento e supporto e prevede opzioni per ulteriori sei elicotteri. La consegna delle macchine avverrà a partire dal 2017 per concludersi nel 2020. La configurazione Sar dell’AW101 destinato alla Norvegia – si legge in una nota del gruppo – include anche un sistema radar di sorveglianza Aesa, realizzato da Selex Es, altra società di Finmeccanica. Inoltre, a sostegno dell’addestramento dei piloti, un Full Flight Simulator sarà disponibile in Norvegia,nel 2016, in anticipo rispetto alla consegna della prima macchina.
La notizia è stata saluta con soddisfazione dai vertici societari. “La scelta del governo norvegese – ha dichiarato il presidente di Finmeccanica, Gianni De Gennaro – rappresenta un’ulteriore testimonianza della leadership di AgustaWestland a livello mondiale sia in termini di credibilità che di valore tecnologico delle soluzioni offerte al mercato”. “Questo successo – ha dichiarato l’amministratore delegato di Finmeccanica, Alessandro Pansa – arriva al termine di un complesso iter di selezione che ha tenuto conto di severi criteri tecnici legati alla valutazione del prodotto. L’AW101 si è confermato ancora una volta come il migliore della sua categoria”. 


23 Dicembre 2013

Nell’ultimo rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi, tenuto dal dipartimento di Medicina del Lavoro dell’Inail :

Risulta che la scatola del rotore può essere coibentata con amianto […]. È segnalata inoltre la presenza di pannellature in amianto inserite nei pianali. […] Fra gli agenti cancerogeni, lamianto si caratterizza per una serie di fattori di particolare pericolosità […] con conseguenze di rischi per la salute

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Nelle sole Forze Armate si segnala un’incidenza del 2,6% . Il tema è al centro di un’interrogazione parlamentare depositata da parlamentari M5S che sottolineano come

Gli equipaggi degli elicotteri “inquinati”, non siano stati debitamente informati dei notevoli rischi cui erano giornalmente sottoposti durante l’orario di lavoro

Di seguito il testo integrale interrogazione parlamentare M5S:

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE

Al Ministro della Difesa, al Ministro dell‟Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al  Ministro della salute- ZOLEZZI, ARTINI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI, SEGONI

Per sapere-premesso che- Il 7 agosto 2013 il quotidiano online Huffington Post.it pubblicava un articolo dal quale si veniva a conoscenza che:” La flotta di elicotteri delle nostre forze armate è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in dotazione a Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri sarebbero in pratica scatole volanti piene di amianto”. E questa situazione andrebbe avanti da oltre quindici anni, nel silenzio più assoluto delle autorità. È ciò che si scopre leggendo una recentissima quanto belligerante corrispondenza fra il Ministero della salute e l’azienda che li ha fabbricati, l’AgustaWestland. In tale carteggio, è la stessa azienda a definire gli apparecchi “inquinati”. Come noto, l’Huffington Post ha potuto analizzare questa corrispondenza– adesso in mano ai magistrati delle procure militari di Roma e Napoli – grazie alla segnalazione del Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari. Da tale documentazione risulta evidente, come già dopo il ’92 (anno della legge che bandisce l’impiego dell’amianto), la controllata di Finmeccanica avesse
debitamente, e dettagliatamente, provveduto a informare la Difesa su quali e quanti modelli di velivoli da loro prodotti contenessero asbesto, in quali e quante parti delle rispettive carlinghe. Si legge, infatti, in proposito, che nella lettera del 6 giugno scorso inviata dall’AgustaWestland al Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti “Sin dal 1996 abbiamo trasmesso l‟elenco di tutti i materiali „pericolosi‟ presenti sui nostri elicotteri”, ossia quanto scritto nella loro lettera del 6 giugno scorso inviata dall’AgustaWestland al Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti, a dimostrazione del fatto che il Ministero semplicemente non poteva non sapere.
Dall’articolo si apprendeva, inoltre, che il Ministero della Difesa, pur essendo a conoscenza della gravissima situazione, non avrebbe mai provveduto alla bonifica degli elicotteri contenenti amianto, né tantomeno avrebbe informato (circostanza gravissima) gli equipaggi dei notevole rischi cui erano giornalmente sottoposti durante l’orario di lavoro, violando in tal modo, quanto stabilito dagli articoli 32 e 117 della Costituzione.
La legge 257/1992, anticipando quanto sostenuto dalla recente direttiva Direttiva 2009/148/CE detta le norme per la messa al bando di tutti i prodotti contenenti amianto,vietandone l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione nonchè la produzione di amianto e di prodotti che lo contengono,secondo un preciso programma di dismissione che definisce i criteri per il finanziamento delle imprese interessate alla riconversione produttiva e per i benefici previdenziali a favore dei lavoratori occupati nella produzione dell’amianto.

Con la Legge 271/93 venivano estesi tali benefici a tutti i lavoratori professionalmente esposti ad amianto. Il legislatore, tuttavia, non si limitava a prescrivere la cessazione dell’impiego dell’amianto ma metteva in evidenza alcuni problemi considerati particolarmente rilevanti ai fini della tutela della salute pubblica, connessi alla presenza nell’ambiente di prodotti di amianto liberamente commercializzati ed installati in precedenza.

2

Il D.lgs 81/2008, ovvero il T.U. sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, prevede delle forme di tutela dei lavoratori nei vari ambienti di attività, dai diversi agenti chimici cui possono venire in contatto. Tra questi, viene considerato anche l’amianto. In particolare, l’articolo 254 del decreto, stabilisce che il valore limite di esposizione all’amianto deve essere pari a 0.1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore, ponendo a carico dei datori di lavoro il controllo, affinché nessun lavoratore sia esposto ad una contaminazione di amianto nell’aria, che superi il valore limite. Il datore di lavoro, conseguentemente, (ex articolo 249 valore limite) è tenuto a valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali che lo contengono, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive da attuare, affinché non venga superato il prescritto valore limite di esposizione, di cui al predetto articolo 254. Ai fini del rispetto di questo valore limite, il datore di lavoro ha, altresì, l’obbligo di effettuare periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro (ex articolo 253 controllo dell’esposizione). I campionamenti che vengono effettuati a tale fine devono avvenire sempre previa consultazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti. Nel quarto rapporto Registro Nazionale Mesoteliomi del 2012, ovvero il sistema di sorveglianza epidemiologica istituito ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308 del 2002, redatto dal settore ricerca dipartimento di medicina del Lavoro dell’Inail veniva affermato che: “Fra gli agenti cancerogeni, l‟amianto si caratterizza per una serie di fattori di particolare pericolosità, legati alle quantità del materiale usato, in una gamma assai ampia di attività industriali, al numero di lavoratori esposti, alle ricadute in termini di matrici ambientali contaminate, con conseguenze di rischi per la salute non solo negli ambienti di lavoro. La legge che nel 1992 ha bandito l‟impiego dell‟amianto ha posto l‟Italia tra le nazioni che hanno condotto una politica di contrasto, di controllo e di prevenzione dei rischi specifici. Restano, tuttavia, ancora aperte le questioni della bonifica e del risanamento ambientale, della sorveglianza epidemiologica e sanitaria per la prevenzione primaria e secondaria, della tutela dei soggetti ammalati.
Inoltre, sempre nel documento sopracitato venivano riportate compiutamente delle percentuali inerenti ai casi di mesotelioma maligno riscontrati in alcuni lavoratori e più specificatamente tra coloro prestanti attività di servizio nella Cantieristica navale, la percentuale risulta essere del 9.6 %,
nei trasporti terrestri ed aerei del 6.3%, nella portualità e trasporto marittimo del 5.5% ed infine nella difesa militare del 2.6%. Nel quarto rapporto si evince anche che per quanto riguarda gli elicotteri militari:”Risulta che la scatola del rotore può essere coibentata con amianto e durante le manutenzioni programmate (ogni 30 ore di volo) debba essere smontata e revisionata. È segnalato inoltre la presenza di pannellature in amianto inserite nei pianali”.
Il ministro della Difesa in risposta ad un’interrogazione a risposta in commissione (Artini e altri n. 5/01298) in cui si sollevava il problema qui riportato ovvero quello relativo alla presenza di amianto a bordo degli elicotteri Augusta Westland rispondeva che:”l’impegno finalizzato a garantire che il personale non venisse sottoposto ad esposizioni all’amianto oltre il prescritto valore limite, non si è limitato soltanto ai componenti degli elicotteri, ma ha riguardato, fin dalla
sua messa al bando, tutti i mezzi e tutte le strutture delle Forze armate; ma anche che:”non è realistica, tuttavia, la prospettiva di una rimozione integrale della presenza di amianto, che, peraltro, possiamo trovare ancora in grandi quantità anche nelle fabbriche, negli edifici privati e pubblici e nell’ambiente”.

3

In relazione alla necessità di predisporre aggiuntive azioni e misure di protezione per il personale della Difesa così come annunciato dal Ministro competente il 20 ottobre 2013. se risulti, ai ministri interrogati per le rispettive competenze, che per le attività lavorative che comportano per i lavoratori, un’esposizione da amianto, sia stato redatto un documento di valutazione dei rischi al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare nonché il controllo dell’esposizione ai sensi del combinato disposto degli artt. 249 e 254 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 recante “Attuazione
dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” ed in relazione all’osservanza delle linee guida ministeriali per il corretto smaltimento dell’amianto e dei materiali e rifiuti contenenti amianto.

Fonte:http://news.you-ng.it


23 Dicembre 2013

A Milano al «Leonardo da Vinci», il primo esemplare di velivolo realizzato da Enrico Forlanini nel 1877.

MUSEO DELLA SCIENZA A MILANO: i Inaugurata la nuova sala

C’è una data poco conosciuta ma che rimane incisa nella storia dell’aviazione: nel 1877 Enrico Forlanini, ingegnere del Politecnico, faceva volare a Milano l’elicottero, primo oggetto più pesante dell’aria a sollevarsi da terra con un motore. A bordo non aveva passeggeri ma apriva la strada ad un nuovo mondo prima ancora che i fratelli Wright negli Stati Uniti compissero il loro storico balzo nel 1903.

Negli anni Cinquanta, nella brughiera lombarda, il sogno dell’ala rotante riprendeva l’antico filo di Forlanini e la fabbrica Agusta produceva i primi elicotteri su licenza americana. Era solo l’inizio di una storia bellissima che porterà alla nascita di uno dei grandi gruppi elicotteristici mondiali, l’AgustaWestland di Finmeccanica, cui si deve la produzione di macchine che si imporranno sul mercato internazionale. La storia di questa eccellenza italiana prende ora corpo in una nuova sezione del Museo della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci». E oltre a incontrare l’elicottero Forlanini si possono ammirare altri elicotteri (come l’AW 109 che ha portato al successo la fabbrica di Cascina Costa) e scoprire i segreti del convertiplano oggi in collaudo. Ma si ha pure la possibilità di salire su un simulatore per provare l’avventura e il piacere di pilotare.
«La scuola per fabbricare macchine volanti dove ha studiato Forlanini guarda adesso al futuro preparando gli ingegneri del domani», ricorda Giovanni Azzone, rettore del Politecnico. «E il museo – aggiunge Fiorenzo Galli, direttore generale del “Leonardo da Vinci – vede nella nuova sezione elicotteri un’altra tappa del suo sviluppo sempre più mirato a testimoniare il valore della tecnologia italiana fornendo nel contempo una palestra aggiornata per la formazione dei giovani».

Fonte:www.corriere.it


22 Dicembre 2013

Festeggiamento finito in tragedia…

Stava sorvolando il vigneto appena acquistato

Bordeaux – Il miliardario cinese Lam Kok, presidente del Brilliant, conosciuto nel mondo per essere uno dei pionieri degli investimenti asiatici nel settore vinicolo francese è deceduto ieri mentre con il figlio di 12 anni e un consulente finanziario stava sorvolando i 65 ettari di  vigneti che aveva appena acquistato. L’affare che aveva appena sottoscritto era stato indicato, in termini di valore economico, il più importante mai concluso da un cinese nel settore vitivinicolo della regione. James Gregoire, che aveva appena venduto i 65 ettari di Chateau de la Riviere, era ai comandi del veivolo precipitato. Dall’elicottero, caduto nel fiume Dordogna, è stato per il momento recuperato solo il corpo del figlio di 12 anni di Lam Kok.

Fonte:www.voceditalia.it


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