2012 Agosto

Tutte le news dall’Aeroclub di Modena


Olbia, Italia – Si tratta probabilmente di controlli di tipo fiscale

(WAPA) – La Guardia di Finanza e l’ufficio doganale dell’aeroporto di Olbia-Costa Smeralda stanno svolgendo dei controlli sugli aerei privati in arrivo ed in partenza dallo scalo sardo.

Le verifiche non hanno risparmiato nessuno, compresi gli apparecchi di sceicchi, principi e magnati della finanza che hanno nello scalo della Gallura la porta d’ingresso privilegiata per l’isola: secondo le poche indiscrezioni trapelate si tratterebbe di indagini di tipo fiscale, simili a quelle già messe in atto negli ultimi mesi in numerose località di villeggiatura come Cortina d’Ampezzo e Portofino.

Uno dei principali aspetti di questo tipo di controlli è accertare l’applicazione delle direttive dell’Agenzia delle entrate, in particolare la verifica della coerenza tra dichiarazioni dei redditi e beni posseduti e la circolazione dei contanti.

L’aeroporto di Olbia-Costa Smeralda si trova a circa 3 km dalla città gallurese: nel 2011, con 1.874.696 passeggeri in transito, è stato il 19° scalo italiano a livello di traffico.

Fonte:www.avionews.it



Roma, Italia – Aeroporti di Puglia: “Stime irrealistiche del ministro Passera”

(WAPA) – Un quotidiano di Bari replica al piano del Governo di ridurre gli aeroporti sul territorio italiano (in merito è possibile consultare anche la seguente AVIONEWS), pubblicando le dichiarazioni di Domenico Di Paola, amministratore di Aeroporti di Puglia.

Il piano aeroporti riguarderebbe infatti anche la situazione dei due maggiori scali pugliesi, quelli di Bari e Brindisi. Gli scali di Bari, Brindisi, Taranto e Foggia (riporta il quotidiano) andranno a costituire il polo dell’aerea meridionale. Ryanair avrà sede a Brindisi, mentre Bari punterà sui voli di linea. Ricordiamo che tale piano, approntato insieme all’Enac sulla base delle ricerche effettuate da OneWorks, Kpmg e Nomisma potrebbe essere discusso questo stesso venerdì in Consiglio dei ministri.

“A Roma probabilmente non sanno che non esistono in Italia aeroporti di proprietà dello Stato, ma solo strutture gestite da privati, o a partecipazione mista privati/Regione, o come nel nostro caso con un’azionista pubblico prevalente che è la Regione […] Quella del ridimensionamento del numero degli aeroporti italiani è ormai una questione ciclica di cui si discute da anni. Ma ancora è un mistero su quali siano gli oneri a carico dello Stato”.

Sempre in base a quanto riportato, un “Anello debole” del piano Passera sarebbe anche altre due questioni: ovvero il traffico-merci, che, secondo Di Paola, sarebbe inferiore allo standard europeo avendo quindi bisogno di essere ampliato, e l’eccessivo ottimismo delle previsioni.

“Quali e quanti saranno i passeggeri in più nei prossimi anni se non si accompagna questa crescita con innovazioni nei sistemi turistici, industriali ed economici in genere?”
Fonte:www.avionews.it



Mosca, Russia – Tre prototipi per tre serie di prove

(WAPA) – La nuova serie di test in corso per l’aereo da caccia di quinta generazione russo Sukhoi Pak-50 (oggi ancora prototipo T-50) ha reso questo velivolo nuovamente popolare sulle pagine della stampa internazionale.

Il caccia ha oggi completato la prima parte delle prove di volo mirate al rifornimento in quota. Il T-50/2, il secondo protitpo, ha effettuato un avvicinamento a un aereo Il-78 aviocisterna, scortato a vista da un cacciabombardiere biposto Sukhoi Su-25UB Frogfoot.

Allo stesso tempo, il prototipo numero uno si prepara al prossimo giro di boa del programma, ovvero i test per gli angoli di attacco e manovrabilità estrema. Sempre ad agosto, il prototipo numero 3 ha iniziato i test del nuovo radar Aesa e della strumentazione di bordo. In particolare il radar Aesa di produzione russa avrebbe mostrato eccellenti risultati nella tracciatura combinata di bersagli aerei e terrestri.

Gli appassionati sapranno bene che un quarto esemplare sarà consegnato alla fine dell’anno, e il caccia è previsto in servizio dal 2015. Considerando che i primi esemplari del Lockheed Martin F-35 Joint Strike Fighter sono già stati consegnati, si può affermare che, su scala globale, il programma Pak-Fa è in ritardo di tre anni. L’inizio di test per ogni caratteristica del velivolo fa tuttavia ben sperare che il progetto sia ad uno stadio maturo, pronto per la produzione in serie.

Sviluppato in partnership con l’Indian Air Force, il Sukhoi Su-50 (T-50) Pak-Fa promette di essere un caccia dalle prestazioni eccezionali. A differenza dell’F-35, per il cui scopo commerciale è stata allestita una vera e propria campagna mediatica, gli sviluppi del Pak-Fa sono scarsamente pubblicizzati.

Il suo profilo alare, la posizione delle derive e la configurazione bimotore lo rendono molto somigliante all’YF-23, il caccia di quinta generazione che perse l’appalto per il nuovo intercettore degli Stati Uniti, vinto dalla Lockheed Martin con l’F-22 Raptor.

Fonte:www.avionews.it



Un PD-808 con una speciale colorazione del 14º Stormo

Il Piaggio-Douglas PD-808 era un bireattore da nove posti, con ala bassa e impennaggio convenzionale, realizzato dall’azienda italiana Piaggio in collaborazione con la statunitense Douglas Aircraft Company. L’unico utilizzatore era l’Aeronautica Militare che lo utilizzò in diverse versioni. L’ultimo esemplare è stato radiato dalla linea di volo il 17 maggio 2003

Storia

Nel 1957 la Douglas iniziò lo studio di un nuovo velivolo executive imbarcato per la United States Navy e giunse ad un progetto preliminare chiamato D-808. La Marina però non era disposta a sostenere da sola il costo del progetto ma si dichiarò disponibile ad acquistare 200 esemplari nel caso in cui ne fosse stata prima realizzata una versione civile.

La Douglas, che non aveva grande esperienza nello sviluppo di questo tipo di velivoli, cercò di coinvolgere la Northrop che non accettò ma che indicò la Piaggio Aero Industries come partner aziendale ideale per questo progetto.

Dopo essersi assicurata l’interesse dell’Aeronautica Militare, l’azienda genovese firmò nell’aprile del 1961 un accordo che prevedeva la costruzione da parte sua degli esemplari destinati al mercato civile, mentre la Douglas si riservava il diritto di costruire nei suoi stabilimenti gli esemplari eventualmente ordinati dalla Marina americana ed opportunamente modificati per l’impiego sulle portaerei. L’azienda americana inoltre non avrebbe investito denaro ma avrebbe messo a disposizione il personale, i progetti e le conoscenze necessarie per lo sviluppo del velivolo.

Nel 1961 il progetto fu gradualmente trasferito dallo stabilimento di El Segundo in California a Finale Ligure (Savona) sotto la responsabilità dell’ingegner Alessandro Mazzoni.

I primi due prototipi furono costruiti a Finale Ligure e il primo volo ci fu il 29 agosto 1964 all’aeroporto di Genova-Sestri Ponente, a poco più di tre anni dall’avvio del progetto. La certificazione RAI/FAA fu rilasciata il 20 novembre 1966; inoltre il PD-808 fu il primo aereo italiano progettato e certificato con le severe norme FAR-25 per i velivoli da trasporto.

Nel 1967 la Douglas e la McDonnell si fusero dando vita a una delle più importanti industrie aerospaziali del mondo: la McDonnell Douglas. Uno dei primi atti della nuova società fu la cancellazione del programma del PD-808, ritenendo che non interessasse più la Marina americana.

Senza un partner così importante, la Piaggio non ritenne in grado di poter affrontare da sola la produzione, la vendita e il supporto sul mercato civile; l’Aeronautica Militare ne ordinò però 22 esemplari, risollevando così le sorti dell’azienda.

Venne utilizzato per un’ampia gamma di ruoli, come l’addestramento alla guerra elettronica (versione GE, con equipaggiamento ECM), radiomisure (RM) o trasporto VIP (TP).

Impiego operativo

Il PD-808 venne impiegato solamente in Italia, dall’Aeronautica Militare, ad iniziare dal 1966 e dalle I.A.M.Rinaldo Piaggio SpA con l’esemplare NC 504 I-PIAL.

L’ultimo esemplare, un GE, volò il 17 maggio 2003, dopo aver raggiunto il limite di vita operativa.

Varianti

Complessivamente prodotti 24 esemplari: 2 prototipi (NC501 MM577 e NC502 MM578), 2 velivoli civili (NC503 I-PIAI e NC 504 I-PIAL), 4 trasporti VIP a 7 posti(NC506 NC507 NC508 NC509), 8 velivoli GE (NC505 NC510 NC513 NC516 NC517 NC518 NC519 NC520), 4 trasporti TA (NC 511 NC512 NC514 NC515 ed infine 4 velivoli RM (NC 521 NC522 NC523 NC524) tutti in dotazione all’AMI:

  • PD-808 RM: radiomisure (calibrazione di radioassistenza alla navigazione) (4 esemplari)
  • PD-808 GE: contromisure elettroniche (8 esemplari)
  • PD-808 TA: addestramento equipaggi (4 esemplari – 6 in origine poi 2 trasformati GE)
  • PD-808 VIP: trasporto VIP (4 esemplari)

Utilizzatori

bandiera Italia
Tipo Aereo executive
Equipaggio 2 piloti + 1 assistente
Costruttore Bandiera dell'Italia Piaggio
Bandiera degli Stati Uniti Douglas
Data primo volo 29 agosto 1964
Data ritiro dal servizio 17 maggio 2003
Utilizzatore principale Bandiera dell'Italia Aeronautica Militare
Esemplari 24
Dimensioni e pesi
 
Lunghezza 12,85 m
Apertura alare 13,20 m
Altezza 4,80 m
Superficie alare 20,92 m²
Peso a vuoto 4.830 kg
Peso max al decollo 8.165 kg
Passeggeri 9 nella versione da trasporto
Propulsione
Motore due turbogetti Rolls-Royce Viper Mk.526
Spinta 1.524 kg/s
Prestazioni
Velocità max 920 km/h
Autonomia 6.760 km
Tangenza 13.700 m
Equipaggiamento ECM per la guerra elettronica

Fonte:http://it.wikipedia.org



  

 

 

Particolare del mozzo del rotore di un elicottero; si notano gli attacchi elastici dellle pale al mozzo e i complessi leveraggi per la variazione del passo ciclico e di quello collettivo. L’elicottero può percorrere in salita e in discesa traiettorie verticali e può fermarsi in volo stazionario all’altezza voluta.

 

Per risolvere il problema, lasciato insoluto dall’autogiro, del volo verticale con l’ala rotante, l’esperienza ha mostrato che una sola può essere la soluzione: partire col rotore in movimento ad una velocità tale da generare una forza portante superiore al peso dell’aerodina, il che può essere ottenuto solo collegando il rotore direttamente con un motore a scoppio o a turbina.

Si arriva così, dopo l’ala battente e quella autorotante, all’ala rotante per mezzo di un motore, cioè a quella dell’elicottero.

Quest’ala non sviluppa solo la forza portante, ma può essere utilizzata anche per produrre contemporaneamente una forza propulsiva in tutte le direzioni. Infatti quando la forza portante o portanza è verticale, l’elicottero è costretto a muoversi solo verso l’alto, ma se la portanza viene inclinata in avanti ed è maggiore del peso, una parte serve per il sostentamento e la rimanente forza come spinta propulsiva. Lo stesso accade inclinando la portanza a destra, a sinistra, indietro: l’elicottero si sposta a destra, a sinistra, indietro, ed è per questo uno dei pochissimi aeromobili che ha tutte le libertà di movimento (gli altri sono i vari tipi di gettosostentati e gli elicotteri compound, che vedremo parlando delle aerodine a sostentazione mista).

Come la portanza possa inclinarsi a piacimento del pilota risulta chiaramente dalle illustrazioni; per fissare il principio fondamentale basta dire che è sufficiente inclinare tutto il rotore nel senso e nella direzione voluti: si fa questo con un meccanismo situato nel mozzo del rotore. Tale dispositivo cambia continuamente l’incidenza delle pale – seguendo il comando del pilota – durante ogni giro del rotore, quindi, ciclicamente, in modo che una pala possa aumentare la sua forza portante mentre la pala opposta da una portanza minore. La differente forza sviluppata dalle due pale opposte, costringendo una ad alzarsi e l’opposta ad abbassarsi, provoca la voluta inclinazione del rotore in avanti o indietro o lateralmente.

L’elicottero differisce perciò strutturalmente dall’autogiro per il modo con il quale è risolto il problema della propulsione, appunto perché non ha un motopropulsore per la spinta in avanti e perché la sua ala rotante è motorizzata ed è capace di dare sia il sostentamento che al forza trattiva. Anche l’elicottero non può fare a meno del dispositivo che genera il flappeggio delle pale, inventato da La Cierva, che consiste, come già detto approposito dell’autogiro, nelle cerniere situate nel mozzo del rotore per permettere alle pale di alzarsi o abbassarsi di un certo angolo per compensare automaticamente, quando l’elicottero si muove in una direzione qualsiasi, l’asimmetria della portanza dovuta alla differente velocità di traslazione della pala che avanza rispetto a quella che retrocede. Se le pale fossero invece rigidamente fissate al mozzo, l’elicottero, come l’autogiro, si capovolgerebbe tutte le volte che una delle pale fosse più portante dell’altra (o delle altre). Questa differenze di portanza si verifica allorquando i due aeromobili traslano in avanti: infatti se il rotore gira in senso antiorario rispetto al pilota, la pala che si trova sulla sua destra è più veloce di quella che nello stesso momento si trova alla sua sinistra, perché, oltre a girare, avanza, e la velocità di rotazione si somma alla velocità di traslazione dell’aeromobile. Il contrario avviene per la pala sinistra.

 

 

Rotore orizzontale. La portanza è superiore al peso: l’elicottero sale verticalmente fino a quando la forza trattiva eguaglia la forza di gravità più la resistenza.

 

Col comando del passo collettivo delle pale, il pilota può variare contemporaneamente l’incidenza delle pale, detta anche “passo”, in modo che possano incontrare l’aria con una inclinazione maggiore o minore. Se l’inclinazione aumenta, a parità di giri e di potenza, aumenta anche la forza portante (fino a limite dello stallo), e viceversa. Il dispositivo serve quindi al pilota per ottenere il volo verticale verso l’alto o verso il basso: l’elicottero sale se la portanza complessiva delle pale è maggiore del peso dell’elicottero e della resistenza opposta dell’aria, e scende se tale portanza è minore. Il comando del passo collettivo delle pale serve anche per il volo stazionario, cioè permette all’elicottero di rimanere fermo rispetto al suolo quando il pilota gradua accuratamente l’inclinazione delle pale e la potenza del motore in modo che vi sia un perfetto equilibrio tra la forza sostentatrice (portanza) che ha senso verso l’alto e la forza peso che ha senso verso il basso. In questa manovra, sempre delicata e talvolta anche pericolosa, il sostentamento dell’elicottero può aumentare se il volo stazionario si verifica in vicinanza del suolo. In tal caso si forma sotto il rotore e tra il rotore e la terra una zona d’aria di maggiore densità rispetto a quella circostante, che aumenta la forza sostentatrice: si tratta del cosiddetto “effetto suolo”.

 

 

La pala aumenta il suo angolo di incidenza quando è in posizione posteriore, lo diminuisce quando è in quella anteriore. Il rotore si inclina in avanti e la portanza si scompone in due forze: una (A) equilibra il peso (A1) e l’altra serve da forza trattiva (B).

 

E’ ovvio che un elicottero rimane più facilmente in volo stazionario se è vicino al livello del mare che no su un alto monte, perché in quest’ultimo caso la minore densità dell’aria e la conseguente minore potenza del motore rendono le manovre molto più delicate e difficili, e oltre certi limiti anche impossibili.

Il rotore dell’elicottero e quindi un organo aerodinamico che fornisce:

– la forza portante (forza aerodinamica sviluppata dall’ala rotante);

– un incremento (verso l’altro) o un decremento (verso il basso) di portanza (col comando del passo collettivo);

– la spinta propulsiva in tutte le direzioni (con l’inclinazione del rotore ottenuta per mezzo del passo ciclico);

– la stabilità automatica contro la tendenza dell’elicottero a capovolgersi (flappeggio delle pale ottenuto con cerniere che permettono alle pale stesse di inclinarsi verso l’alto o verso il basso).

Il movimento del rotore non è sufficiente di per sé a far sollevare da terra l’elicottero. Perché ciò avvenga occorre che la portanza sviluppata dalle pale in rotazione sia maggiore della forza peso. Così se il numero dei giri al minuto non è sufficiente,oppure se l’incidenza delle pale è minima, oppure se si verificano tutte e due le condizioni contemporaneamente, l’elicottero resta al suolo.

Non appena la forza sostentatrice sviluppata dal rotore supera la forza peso, esso si solleva da terra, ma nello stesso tempo si verifica un fenomeno che turba l’equilibrio dell’aeromobile: la fusoliera si mette a girare in senso opposto a quello delle pale.        

 

 

L’elicottero non si solleva perchè la forza portante delle pale (A+B) è minore del peso (C).

 

Questo fenomeno è dovuto al principio di Newton: è infatti una vera e propria reazione che la fusoliera è costretta ad avere per equilibrare l’azione del rotore. ciò non avviene, invece, nel caso dell’autogiro il cui rotore (folle) è fatto girare dall’aria: in questo caso, infatti, è proprio l’aria – che esercita l’azione – a subire la reazione del rotore.

il principio di Newton dice infatti che ad ogni azione corrispondente una reazione uguale e contraria, e che ad ogni quantità di moto in un senso ne corrisponde sempre un’altra uguale in senso opposto: nel caso dell’elicottero, poiché la massa del rotore è molto piccola rispetto alla massa di tutti gli altri organi dell’aeromobile, la velocità del rotore essere molto maggiore della velocità con la quale la fusoliera gira in senso opposto.

Per questo fenomeno l’elicottero non potrebbe mai avere una fusoliera fissa ed orientata nel senso del movimento se non avesse un dispositivo capace di annullare questa sua tendenza a girare. Per neutralizzarla basta disporre l’asse longitudinale della fusoliera un pò deviato rispetto al suo moto in avanti e mettere in coda un’etichetta verticale e laterale che, collegata al rotore, possa dare, girando, una spinta da una parte. Il dispositivo, oltre a mantenere la fusoliera ferma, viene usato anche per orientarla nella direzione e nel senso che vuole il pilota, perché riducendo od aumentando la forza prodotta dall’elica, la fusoliera è costretta a ruotare, a destra o a sinistra. Si tratta quindi di un dispositivo che è nato per contrastare il fenomeno della reazione, ma è diventato un vero e proprio timone, ed è inoltre il timone più efficace perchè funziona anche a velocità zero e permette all’elicottero di ruotare attorno al suo asse verticale senza spostarsi.

 

 

Il pilota ha aumentato il passo collettivo delle pale e l’elicottero si solleva perché la portanza (A+B) è superiore al peso (C) più la resistenza dell’aria.

 

La forza di reazione alla rotazione del rotore può essere contrastata anche con un altro rotore che giri in senzo inverso al primo. Gli elicotteri birotori, infatti, non hanno elichetta in coda e il funzionamento del timone di direzione viene assicurato con la riduzione dei giri di uno dei rotori.

Se il rotore non è accoppiato ad un motore, ma ruota per reazione a getti d’aria o di gas uscenti dalle estremità delle pale, non vi è reazione della fusoliera, perchè le azioni delle pale si compensano automaticamente e l’elicottero non ha bisogno di eliche in coda, ma di un vero e proprio timone come quello dei velivoli, timone che però agisce sulo se l’elicottero ha una certa velocità.

 

 

Schema delle forze generate dalla rotazione del rotore che agiscono sulla fusoliera (A) e sono contrastate dall’elichetta di coda (B)

 

Il rotore dell’elicottero, oltre alle caratteristiche tecniche finora esaminate, ha quella importantissima di poter continuare a ruotare se si ferma il motore al quale  è collegato. E’ ovvio che in tal caso la rotazione diventa un’autorotazione ossia una rotazione libera come quella del rotore dell’autogiro, generata dalla corrente d’aria che investe le pale. L’aeromobile non può far altro che scendere, ma può farlo anche con una traettoria di caduta molto vicina alla verticale, frenato dalla portanza ridotta  generata dal rotore libero. Nella fase immediatamente precedente l’impatto col suolo, un rapido aumento di portanza, ottenuto dal pilota attraverso il comando del passo delle pale, può ridurre la velocità entro i limiti di normale atterraggio.

Con la possibilità di scendere in autorotazione, se il motore è in avaria, l’elicottero è diventato una macchina sicura perchè ha il sostentamento sempre possibile, anche mentre sta cadendo. E’ bene però precisare che occorre un certo tempo per permettere al rotore di passare dalla rotazione motorizzata che aveva a quella di libera rotazione. Ciò comporta che la manovra può essere compiuta con successo solo se l’elicottero ha almeno 90-100 metri di quota, partendo dal volo stazionario, o una velocità di traslazione molto elevata se il motore si ferma (“pianta”, come si dice in gergo dei puiloti) a quota più bassa. 

 

 

Senza l’azione equilibratrice dell’elichetta di coda, la fusoliera ruoterebbe in senso opposto a quello del rotore.

 

La discesa in autorotazione, però, è sempre una manovra che richiede prontezza e molto allenamento, è rappresenta una importante fase dell’addestramento del pilota, perchè gli permette di avere una assoluta fiducia della macchina in tutte le evenienze possibili.

In questa fase l’elicottero è perfettamente simile ad un autogiro che scende in volo librato, spinto da una componente del suo peso e sostenuto dalla sua ala rotante.

In una sia pur rapida rassegna dei comandi dell’elicottero un ruolo di primo piano riveste il passo collettivo delle pale. Si tratta di una leva simile ad un freno a mano d’autovettura azionata dal pilota con la mano sinistra: tirandola in su il passo aumenta e l’elicottero decolla verticalmente o guadagna quota; abbassandola, il passo diminuisce e l’elicottero si abbassa.

detta manovra non può essere fatta da sola, perchè la maggior resistenza dell’aria, dovuta all’aumentata incidenza delle pale, deve essere compensata con un aumento di potenza e viceversa, il che viene eseguito dal pilota ruotando la manopola della stessa che comanda il passo collettivo, proprio come si fa con le motociclette per aumentare e diminuire il gas. La manovra è molto delicata, non solo perchè il pilota deve compensare la perdita o l’aumento di giri del rotore aumentando o diminuendo rispettivamente la potenza, ma anche perchè varia contemporaneamente la forza di reazione che fa ruotare la fusoliera dell’elicottero in senso opposto a quello del rotore. Il pilota deve quindi compiere nello stesso tempo una terza manovra indispensabile per tenere la posizione della fusoliera nel modo voluto. Questa manovra viene compiuta con i piedi azionando la pedaliera in questo modo: se la prua ruota a destra deve spingere avanti il piede sinistro finchè la prua non ha ripreso la giusta posizione. Deve dare pedaliera a destra, invece, se la prua tende a girare a sinistra.

\La variazione della posizione della prua comandata dalla pedaliera è data dall’elichetta verticale situata all’estremità posteriore della fusoliera. Questa elichetta è collegata col mozzo del rotore per mezzo di una trasmissione ad ingranaggi e ruota quando il rotore gira: ad ogni variazione di giri del rotore variano anche i giri dell’elichetta. Il comando della pedaliera agisce sul passo delle pale dell’elichetta, in modo che la spinta laterale aumenti o diminuisca e sposti di conseguenza la coda della fusoliera secondo la volontà del pilota. E’ ovvio che il movimento della fusoliera dipende non solo dalla spuinta dell’elichetta, ma anche dalla resistenza dell’aria che tende a favorire o a rallentare la rotazione della fusoliera, a seconda di come viene investita dal vento della traslazione. Il comado dell’elichetta richiede molta abilità da parte del pilota, perchè ad ogni minima variazione di giri e di portanza del rotore  la fusoliera tende a girare in un senso o nell’altro. Lo stesso avviene quando l’elicottero si muove in un senso o in quello opposto, perchè la fusoliera viene investita asimmetricamente dal vento dovuto alla sua traslazione in avanti, a destra, a sinistra, indietro.

Si può dire, generalizzando, che la pedaliera dell’elicottero si deve muovere tutte le volte che si muovonbo gli altri comandi, il che vuol dire, in definitiva, che ci deve sempre essere un coordinamento fra tutti i comandi, perchè solo così le manovre possono risultare corrette ed efficaci.

 

 

Nel comandare il passo collettivo e nel variare la potenza si verifica certamente la tendenza della fusoliera a ruotare da una parte, in questo caso a sinistra.

 

Dopo aver esaminato il comando del passo collettivo, quello del motore e quello dell’elichetta compensatrice di coda, rimane il quarto ed ultimo comando, che agisce sul passo ciclico delle pale del rotore e permette di trasformare una parte della forza sostentatrice dell’elicottero in forza propulsiva. Esso, infatti, sfutta per la traslazione la spinta fornita dalla stessa ala rotante sostentatrice, perchè, quando il disco del rotore non ruota in un piano orizzontale, ma è inclinato, si genera una componente della forza portante nel senso dell’inclinazione. Poichè il rotore si può inclinare in tutti i sensi, l’elicottero si può immaginare come un veicolo che, trovandosi al centro di una sfera, si può muovere intutte le direzioni, anche senza puntare il muso nel senso del movimento. L’elicottero, cioè, si può muovere anche di fianco e può indietreggiare avanzando con la coda.

 

 

Il pilota può correggere questo movimento della fusoliera con la pedaliera, dando piede dalla parte contraria. In questo caso piede destro, che agisce sulla spinta del rotore anticoppia, che aumenta sino a bilanciare la tendenza della fusoliera a ruotare.

 

Il comando del passo ciclico delle pale è azionato dal pilota per mezzo di una lkeva impugnata con la mano destra. Come la barra di comando dei velivoli, anche quella dell’elicottero ha movimenti istintivi ed è facile per il profano imoparare subito come deve essere manovrata: per andare avanti, leva in avanti; per andare a destra, leva a destra, e così per tutti i movimenti di traslazione. Un pilota d’aeroplano, però, trova il passo ciclico molto complicato, nelle prime ore d’istruzione, perchè è abituato con la cloche dell’aeroplano: spinde la leva in avanti e l’elicottero, invece di picchiare, avanza; la sposta a destra e l’elicottero, invece di inclinarsi, si sposta lateralmente a destra, e, cosa ancora più sorprendente, tirandola indietro l’elicottero non cabra, ma addirittura retrocede. Dopo qualche ora d’istruzione, però, un pilota d’aeroplano si accorge che i due comandi sono invece molto simili nella manovrapiù essenziale, perchè la leva del passo ciclico diventa una vera e propria cloche di aeroplano se contemporaneamente si aziona il passo collettivo e il gas che danno la forza sostentatrice: pertendo dal volo stazionario, infatti, se il pilota riduce il passo collettivo e il gas, mettendo contemporaneamente la leva del passo ciclico in avanti, l’elicottero scende in picchiata come un aeroplano, perchè perde quota e va avanti. E’ questa la classica manovra che i piloti di velivoli e di elicotteri fanno nei momenti di emergenza, quando i loro aeromobili sono in perdita di portanza. E’ la picchiata infatti che attraverso l’aumento di velocità che ne consegue, in tutti e ddue i casi risolve la situazione critica, evitando il cosiddetto “stallo”, cioè la caduta dell’aeromobile per una brusca perdita di portanza.

Quando il pilota dell’elicottero spinge la leva in avanti, il rotore, sempre continuando a ruotare, si inclina in avanti. L’inclinazione avviene perchè la leva, agendo sugli organi del mozzo, fa aumentare l’incidenza della pala che si trova nel settore posteriore mentre fa diminuire l’incidenza della pala che si trova nel settore anteriore. Risultato: quella di dietro si solleva, quella davanti si abbassa, e il rotore è costretto a ruotare rimanendo inclinato in avanti. E’ bene, a questo punto, notare che l’elicottero può traslare orizzontalmente solo se la portanza è maggiore della forza peso, poichè quando il rotore è inclinato la forza sostentatrice si divide praticamente in due parti: una verticale, che deve essere uguale al peso, l’altra orizzintale nche fa da spinta e viene equilibrata dalla resistenza dell’aria. Ovviamente se il pilota non provvede ad aumentare la forza sostentatrice (tirando con la mano sinistra la leva del passo collettivo e ruotando la manopola del gas del motore), la portanza è sufficiente e l’elicottero si muove nel senso voluto dal pilota, ma perdento quota. Se la portanza, invece, è eccessiva, l’elicottero, oltre a traslare, guadagna quota. Anche per il passo ciclico si verifica quanto è stato detto per gli altri comandi, e cioè che ad ogni movimento della leva del passo ciclico l’elicottero reagisce in modo da richiedere una giusta dosatura di tutti gli altri, passo collettivo, potenza e pedaliera.

Il pilotaggio dell’elicottero richiede quindi molta attenzione appunto per questo indispensabile coordinamento di tutti e quattro i comandi. La tendenza della tecnica moderna è infatti quella di rendere automatico questo coordinamento, in modo che i comandi possano essere abbandonati dal pilota come quelli dei velivoli, una volta regolati per il regime di volo prescelto.

La leva che comanda la variazione del passo ciclico delle pale permette dunque il volo di traslazione in tutti i sensi. La manovra diventa istintiva con l’addestramento e l’elicottero ubbidisce, sia pure un po in ritardo rispetto ai velivoli, e si sposta tanto più velocemente quanto più il movimento della leva è stato ampio nel senso del moto. Se però si aziona la leva in senso  oipposto, si verifica una frenata in questo movimento, frenata tanto più energica quanto più la manovra è stata rapida ed ampia.

Il passo ciclico serve quindi anche per graduare la velocità di traslazione, dal massimo fino a ridurla a zero, come avviene nei rallentamenti, nelle frenate e nell’ultima fase dell’atterraggio, o addirittura serve per invertire il senso di marcia. Anche per il volo con traiettoria curva si deve azionare il passo ciclico: l’elicottero in tal caso può compiere delle vere e proprie virate, comportandosi come un velivolo. Il pilota, infatti, deve inclinare il rotore nel senso della virata, deve aumentare kla forza sostentatrice e deve azionare la pedaliera per dare al muso l’orientamento che deve mantenere durante la curva, cioè tangente alla traiettoria.

 

 

E’ bene ricordare che se l’elicottero è in volo stazionario per cambiare la direzione dell’asse coda-prua non è necessario virare, ma basta azionare la pedaliera per orientare la fusoliera facendola girare su se stessa, attorno al suo asse vertivale, fermandola poi con un contromovimento quando si trova nella direzione voluta.

Una manovra molto comune che si esegue azionando la leva del passo ciclico è quella della correzione della deriva durante il volo stazionario e durante l’atterraggio . Se il vento sposta l’elicottero rispetto al punto prestabilito del terreno, il pilota può annullare questo spostamento (detto deriva) dando leva nel senso opposto, in quantità sufficiente per annullare la traslazione dovuta al vento, stimata ad occhio osservando il movimento dell’aeromobile rispetto al terreno. Negli elicotteri più recenti si può trovare un pilota automatico asservito ad un dispositivo inerziale che fa mantenere all’aerodina la posizione in assetto di hovering (o volo stazionario) senza bisogno dell’intervento del pilota.

In definitiva, il passo ciclico, quarto ed ultimo comando dell’elicottero serve per:

– far muovere l’elicottero in tutti i sensi;

– graduare la velocità di traslazione e quindi ottenere le frenate che si rendessero necessarie;

– correggere gli spostamenti durante il volo rettilineo (leva in senso opposto allo spostamento verificatosi);

– virare durante il volo traslato (coordinato con la pedaliera);

– regolare la posizione longitudinale della fusoliera.

In tutte e cinque queste funzioni principali il passo ciclico deve sempre essere coordinato con gli altri comandi, cioè con il passo collettivo, con la potenza del motore e con la pedaliera che aziona l’elichetta di coda. Una delle manovre dove tutti questi comandi intervengono e richiedono la massima abilità è certamente la discesa in autorotazione. Come è dimostrato dall’autogiro, l’ala rotante permette una discesa di sicurezza anche se non è collegata con il motore, ma ruota per la forza aerodinamica che si crea a causa del suo stesso movimento di caduta. Tale rotazione a folkle si chiama autorotazione e viene sfruttata dall’elicottero per l’atterraggio d’emergenza, quando fi ferma il motore. Ovviamente, la manovra viene compiuta anche per l’addestramento  con motore funzionante, ma ridotto al minimo.

La discesa in autorotazione è una manovra molto delicata e richiede la massima attenzione e l’uso di tutti i comandi: motore escluso;leva del passo collettivo al minimo (leva abbassata); leva del passo ciclico in avanti (per dare la necessaria velocità di traslazione e per mantenere l’elicottero su una traiettoria inclinata e rettilinea come quella del volo librato dei velivoli); la pedaliera energicamente azionata per correggere gli sbandamenti della fusoliera dovuti alla reazione per la rotazione non più motorizzata del rotore. Vicino a terra, tirando indietro la leva del passo ciclico, si ottiene la necessaria frenata. Poi, con la stessa leva, si dispone la fusoliera perfettamente orizzontale e si deve aumentare rapidamente il passo collettivo, in modo che subito prima dell’impatto  col suolo un brusco aumento della portaanza equilibri l’accellerazione di caduta dovuta alla forza peso. La manovra non può essere effettuata in tutte le circostanze con successo, perchè il rotore richiede un certo tempo per passare dalla rotazione a motore akll’autorotazione: come già detto, se l’elicottero si trova in volo stazionario a meno di 90-100 metri dal suolo e si ferma il motore, il pericolo è grave, poichè il pilota non fa in tempo ad eseguire tutta la manovra. Se invece va a quota più alta o in volo traslato molto veloce, anche se è a quota più bassa, la manovra può essere compiuta. Se è effettuata con prontezza e decisione, l’atterraggio non presenta alcun pericolo.

Prima di chiudere l’argomento è bene ricordare ancora che l’elicottero è diventato ormai un aeromobile indispensabile in molte attività umane, sia nel campo civile che in quello militare: per collegamenti fra luoghi impervi, per salvataggio, per sollevamento e trasporto di carichi ingombranti su brevi tragitti.

 

 

 

Fonte:http://utenti.quipo.it

 

 

 

 



Teorie errate sulla Portanza

I piloti che seguono la rubrica di Aviazione su TLN (e nono solo!) sanno com’è difficile rispondere alla classica domanda che viene rivolta da amici e parenti: “Come fa un aereo a volare?”.

Per evitare di cadere in spiegazioni errate e luoghi comuni, la NASA ha pubblicato una serie di documenti (corredati da illustrazioni ed esperimenti interattivi) che dimostrano quali sono le teorie errate e qual’è la “verità”.

La prima spiegazione da confutare, errata ma molto popolare, è nota come teoria dello stesso tempo di percorrenza. Secondo questa teoria due particelle di fluido appaiate che vengono divise da un profilo solido devono necessariamente ricongiungersi sul bordo d’uscita. Poiché il tempo di percorrenza delle due particelle sul dorso e sul ventre del profilo deve essere lo stesso, l’aria che passa sul dorso deve avere una velocità più elevata, e quindi, si dice, per il principio di Bernoulli (o anche per effetto Venturi) una pressione inferiore rispetto a quella presente sul ventre.
Tale spiegazione è errata, in primo luogo, perché non si verifica che due particelle di fluido percorrono dorso e ventre nello stesso tempo, in secondo luogo perché richiederebbe una grande differenza di curvatura tra il dorso e il ventre, portando a conclusioni paradossali. Infatti il mito dello stesso tempo di percorrenza viene smentito dalla teoria della circolazione: se due particelle percorressero rispettivamente dorso e ventre di un profilo aerodinamico nello stesso tempo non ci sarebbe circolazione e, dunque, portanza. Vi è portanza verso l’alto solo se il tempo di percorrenza sul dorso è inferiore a quello sul ventre, generando una circolazione non nulla.
La differenza di lunghezza tra dorso e ventre, in un profilo alare di uso comune, è troppo piccola per sviluppare una portanza sufficiente alla sostentazione secondo tale teoria: sta di fatto che possono volare anche aeroplani con profilo alare simmetrico. Ciò che genera portanza verso l’alto è la deviazione delle linee di corrente verso il basso. Tale deviazione è governata in gran parte dalla presenza di un angolo d’attacco.

La seconda teoria è basta sull’idea che la portanza è la forza di reazione delle molecole d’aria che colpiscono la parte inferiore dell’ala, poichè esso si muove attraverso l’aria. Questo fenomeno è simile all’effetto che ha un sasso piatto quando viene lanciato ad un basso angolo d’incidenza sull’acqua ( = il sasso rimbalza sull’acqua). Quindi la portanza viene erroneamente concepita come la forza risultante di una azione reazione dovuta alle molecole d’aria che ‘impattano’ la superficie inferiore dell’ala. Viene soprannominata teoria newtoniana della portanza (o “skipping stone”, cioè “pietra salterina”) perchè coinvolge la terza legge di Newton (noto principio di azione e reazione).
Tale spiegazione è in parte errata, in quanto tiene in considerazione solo il flusso d’aria d’aria che investe il ventre dell’ala, e trascura le proprietà fisiche del fluido (in questo caso l’aria)

Il terzo mito da sfatare si rifà al tubo di Venturi e a Bernoulli; immaginate il dorso dell’ala come una strozzatura del tubo di Venturi, dove viene costretto il passaggio dell’aria. Quando la massa d’aria sarà in corrispondenza della strozzatura (cioè l’ala), subirà un’accelerazione, ed aumenterà il flusso d’aria. Per l’equazione di Bernoulli, ad un aumento di velocità corrisponde una diminuzione di pressione; diminuendo la pressione sul dorso dell’ala (cioè la parte superiore), si genererà portanza (è come se l’ala venisse “risucchiata” verso l’alto dalla diminuzione di pressione).
Questa teoria non è del tutto esatta. Prima di tutto si presuppone che l’ala formi una strozzatura con il flusso d’aria che la attraversa, paragonandolo al tubo di Venturi (che invece è tutt’altra cosa); inoltre si tiene in cosiderazione solo il flusso d’aria che investe il dorso dell’ala, a differenza della seconda teoria di cui abbiamo parlato in precedenza, dove veniva preso in considerazione solo il ventre dell’ala.

Per comprendere meglio la portanza non dobbiamo rifarci alle singole teorie di Bernoulli e Newton, ma devono essere integrate con ulteriori elementi, come la teoria della circolazione.

Per evitare spiegazioni troppo sommarie, avremo modo di tornare su questo argomento con un nuovo articolo.

Per chi volesse approfondire il discorso, può consultare i seguenti link:

[NASA] 1^ Teoria errata

[NASA] 2^ Teoria errata

[NASA] 3^ Teoria errata

[NASA] Cos’è la Portanza

[NASA] Portanza generata dalla Circolazione

Perchè un aereo vola? Proviamo a spiegarlo…

Nel precedente articolo abbiamo visto quali sono le teorie errate o incomplete che vengono utilizzate per spiegare cosa sia la portanza.

Oggi cercheremo di capire meglio com’è generata quella forza che permette al nostro aeroplano di rimanere in volo, senza dover entrare in dettagli che ci richiederebbero nozioni di ingegneria aeronautica.

Essendo la materia ancora non molto chiara, vengono utilizzati 3 modi per descrivere la portanza.

Una è la teoria della circolazione, che richiama teoremi di Helmholtz, teorema di Kutta-Žukovskij, Equazioni di Navier-Stokes… (non fa per noi!) – è l’unico modo per calcolare esattamente e matematicamente la portanza, ma non ci aiuta a capire perchè un aereo vola!
La seconda è la teoria più comune, che si ritrova nella maggior parte dei manuali, e si basa su Bernoulli ed il principio di uguale percorrenza – come abbiamo visto la volta scorsa, “il principio di uguale percorrenza” si è rivelato incompleto ed approssimativo.
Infine il terzo modo per descrivere la portanza è dato dalle 3 leggi della dinamica (Newton) e da un fenomeno noto come “effetto Coanda” – si tratta di una descrizione fisica, che aiuta a capire quali sono i fenomeni che rendono possibile il volo, e che fornisce gli strumenti per stimare la portanza.

Iniziamo prendendo in esame le 3 leggi della dinamica.

La 1^ legge della dinamica afferma che un corpo in quiete rimarrà in quiete e un corpo in moto continuerà il suo moto in linea retta se non soggetti ad una forza esterna, ovvero per far cambiare direzione ad un flusso d’aria o per metterla in moto se inizialmente era in quiete, occorre applicare una forza.

Dalla 3^ legge della dinamica possiamo dedurre che ogni azione è accompagnata da una reazione opposta e di uguale intensità; ad esempio un corpo poggiato su un piano esercita una forza sul piano d’intensità pari al suo peso, ed il piano eserciterà sul corpo una forza opposta a questa.

Quindi tra aria e ala si stabilirà una relazione di azione-reazione, dove l’azione è data dall’ala che incontra una massa d’aria che viene deviata verso il basso (1^ legge), e la reazione è una forza opposta diretta verso l’alto (3^ legge), cioè la portanza.

Ma quanta portanza deve essere generata affinchè un aereo possa mantenersi in volo?

Per saperlo dobbiamo fare riferimento alla 2^ legge della dinamica, cioè F = m * a (Forza=Massa x Accelerazione). Possiamo dedurre che quando una massa viene accelerata, si genera una forza; quindi la portanza di un’ala è proporzionale alla massa dell’aria deviata verso il basso, moltiplicata per la componente verticale della velocità di quell’aria.

Cerchiamo di stimare quale massa d’aria debba essere deviata da un’ala per sostenere un aereo. Prendiamo in esame un Cessna 172 di massa circa 1050 kg, che viaggia alla velocità di 220 km/h. Se si suppone che l’angolo d’incidenza delle ali sia 5° si trova che l’aria esce dall’ala con la velocità verticale di circa 18 km/h. Assumendo che la componente verticale media della velocità dell’aria deviata sia metà di questo valore, applicando la seconda legge di Newton troviamo che l’ala deve deviare più di 4 tonnellate d’aria al secondo. Un Cessna 172 in condizioni di volo normale devia dunque ogni secondo una massa d’aria più che quattro volte la sua.

Se tentassimo di risolvere lo stesso problema tenendo in considerazione il teorema di Bernoulli ed il principio di uguale percorrenza, ci troveremo davanti ad un paradosso.
A pieno carico le ali del Cessna 172 devono sostenere una massa di circa 1050 kg. Il percorso lungo il dorso dell’ala è dell’1,5% maggiore del percorso lungo il ventre. Applicando Bernoulli, alla velocità di circa 100 km/h (che per questo aeroplano è “volo lento”) l’ala produrrebbe solo il 2% della portanza richiesta. I calcoli portano a concludere che per sviluppare una portanza sufficiente la velocità dell’aereo deve superare i 640 km/h, e se calcoliamo la differenza tra i due percorsi lungo il profilo dell’ala che consentirebbe di sostenere il velivolo in condizioni di volo lento troviamo che dev’essere pari al 50%. L’ala dovrebbe essere spessa quasi quanto è larga.

Tornando al primo problema, come può un’ala cosi “piccola” muovere una quantità d’aria così “grande”?

Alla base di questo fenomeno c’è la viscosità dell’aria, che fa si che i filetti fluidi al di sopra dell’ala interagiscano con quelli vicini, quasi da scatenare un effetto domino. Questo effetto si può notare molto bene nell’animazione sottostante.

Come si può vedere, l’aria che scorre sulla superficie superiore dell’ala (dorso) subisce un’ accelerazione verso il basso, che permette all’ala di rimanere in volo!

Perchè l’aria viene deviata verso il basso?

Questo fenomeno, denominato “effetto Coanda”, è dovuto al fatto che un fluido in movimento tende a seguire la superficie con la quale viene a contatto. Nel nostro caso, l’aria tende a seguire la superficie dell’ala; lo strato d’aria che aderisce alla superficie dell’ala è detto “strato limite”, ed il suo spessore non supera i 2 cm.
Il coefficiente di viscosità dell’aria non è molto elevato, quindi riuscirà a seguire la superficie finchè la curvatura non sarà troppo pronunciata.

Per sfruttare al meglio questà proprietà dell’aria, sono stati sviluppati vari tipi di profili alari, al fine di poter adottare il profilo giusto in base alle necessità del velivolo.
Ad esempio abbiamo il concavo-convesso, utilizzato sui primi aerei e sui aerei ultraleggeri;
concavo-convesso moderno, utilizzato per prestazioni a bassa velocità (alianti);
biconvesso-simmetrico, adatto per il volo rovescio (aerei acrobatici);
biconvesso-asimmetrico, utilizzato nella maggior parte degli aerei moderni;
laminare, che permettono di avere uno strato limite più lungo, opponendo una resistenza minore all’avanzamento.

Questo, a mio avviso, è il modo più intuitivo e semplice, ma allo stesso tempo completo, per dimostrare come viene generata la portanza. Riprendendo un celebre passo di Stick and Rudder (scritto nel 1944 da Wolfgang Langewiesche), potremmo dire:

La legge di Newton dice che, se l’ala spinge l’aria in basso, l’aria deve spingere l’ala in alto. Si può vedere la cose anche da un altro punto di vista: dato che l’ala sostiene l’aeroplano  nell’aria fluida e cedevole, ciò può essere solo in quanto l’aria viene premuta verso il basso. Tutti gli elaborati argomenti del teorema di Bernouilli, tutta la rarefatta matematica sulla circolazione dell’aria, tutti i diagrammi che mostrano il flusso aerodinamico di un’ala: bene, tutto ciò non è che una elaborata e dettagliata descrizione sul come la legge di Newton si esplica, come ad esempio l’osservazione, indubitabilmente interessante ma (dal punto di vista del pilota) assolutamente senza utilità pratica, che l’ala realizza la maggior parte della propria azione di deviare l’aria verso il basso per mezzo di una depressione esercitata con la superficie dorsale. Cercare di capire il pilotaggio degli aerei concentrandosi su Bernouilli o Prandtl è come cercare di afferrare il movimento del tennis studiando esattamente come le molecole di gomma si comportano quando la pallina batte contro la superficie del campo o come le corde della racchetta agiscono quando colpiscono la palla, invece di osservare che questa semplicemente rimbalza!”

Per chi volesse approfondire il discorso, può consultare i seguenti link:

[Wikipedia] Portanza, Teoria della Circolazione, Teorema di Bernoulli

[Wikipedia] Principi della dinamica

[Wikipedia] Lift

[NASA] Lift from flow turning

A Physical Description of Flight © – David Anderson
traduzione italiana a cura di Silvia Pugliese

Moto intorno ad un profilo alare

Stick and Rudder – Wolfgang Langewiesche

www.tempoliberoenatura.it



È accaduto la mattina del 16 Agosto  tra Manduria e Oria

L’ultraleggero era partito da Gallipoli

TARANTO – Un aereo da turismo con due persone a bordo è precipitato questa mattina nelle campagne tra Manduria, in provincia di Taranto e Oria nel brindisino. Miracolosamente feriti in maniera non grave il pilota, un 61enne di Udine e il passeggero di 76 anni, anche lui di Udine. I due erano partiti da Gallipoli ed erano diretti a Udine quando per un inconveniente tecnico l’ultraleggero ha cominciato a perdere quota.

Il pilota, un ex militare dell’aviazione, ha tentato un atterraggio do fortuna che è quasi riuscito. Il biposto, infatti, si è ribaltato poco dopo l’impatto spaccandosi in due tronconi ribaltando all’estero i due uomini. Soccorsi dal 118 sono stati entrambi ricoverati all’ospedale di Manduria. Non corrono pericolo di vita. Sul posto i vigili del fuoco e i carabinieri.

Fonte:http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it



Newark, Usa – Nessuna conseguenza per passeggeri e membri d’equipaggio

 

(WAPA) – Tre aerei di United Airlines hanno effettuato nel fine settimana altrettanti atterraggi di emergenza per problemi di diversa natura: fortunatamente nessuna delle persone a bordo, tra passeggeri e membri d’equipaggio ha riportato conseguenze.

Il primo episodio è accaduto nella notte di sabato 18/08/2012: una delle gomme del volo 96 di United in partenza da Newark e diretto a Berlino è esplosa durante il decollo, ed alcuni frammenti sono terminati dentro uno dei motori. Il Boeing 757 della compagnia americana, dopo aver volato in tondo sopra lo scalo del New Jersey per circa due ore per smaltire il carburante, è atterrato in sicurezza.

Domenica 19/08/2012 il volo 409 di United, in partenza da Newark e diretto a Seattle, ha invertito la rotta per atterrare nuovamente nello scalo di origine a causa della presenza di fumo in cabina. Secondo quanto dichiarato da un responsabile della Port Authority of New York and New Jersey all’emittente “Wcbs”, il fumo era presente in quantità minima, e si era comunque già dissipato prima dell’atterraggio.

Infine, sempre domenica, il volo 1124, un Boeing 737 partito dall’aeroporto internazionale “Bush” di Houston e diretto a Boston ha invertito la rotta per non meglio specificati problemi meccanici, facendo ritorno allo scalo texano, secondo quanto riferito dall’emittente televisiva “Khou”.

Fonte:www.avionews.it



L’Aquila, Abruzzo – “La durata dei lavori non sarà lunghissima”

(WAPA) – I lavori di riqualificazione dell’aeroporto di L’Aquila-Preturo dovrebbero cominciare entro la fine del mese, secondo quanto dichiarato Emanuela Iorio, assessore al Turismo ed allo Sport con delega all’aeroporto del comune del capoluogo abruzzese.

Xpress Srl, la società che si è aggiudicata la gestione dello scalo aquilano e che nel marzo scorso ha richiesto ad Enac (Ente nazionale aviazione civile) l’avvio della procedura per l’attivazione di voli commerciali, ha ricevuto dalla Giunta l’autorizzazione all’avvio dei lavori per la riqualificazione e ampliamento di una struttura situata all’interno dell’aeroporto, lavori indispensabili per la certificazione che dovrà essere ottenuta dalla massima autorità italiana in tema di aviazione civile.

“La durata dei lavori non sarà lunghissima -ha dichiarato la Iorio al sito internet ‘Abruzzoweb’- considerate sia la portata sia l’interesse che ha la società che gestisce lo scalo a partire il prima possibile, con i voli commerciali che potrebbero iniziare entro cinque o sei mesi. Sarà quello il nuovo capitolo per l’aeroporto di Preturo e per lo sviluppo di un intero territorio”.

L’aeroporto di L’Aquila-Preturo si trova a circa 6 km ad ovest del capoluogo abruzzese. Lo scalo è principalmente conosciuto per il suo intenso utilizzo nel corso del G8 tenutosi a L’Aquila nel luglio 2009: durante il meeting l’aeroporto, grazie anche a degli importanti lavori di ristrutturazione, fu in grado di ospitare il passaggio di 146 aerei. Al momento è dotato di una pista in asfalto della lunghezza di 1410 metri.

Fonte:www.avionews.it


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